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giovedì 28 maggio 2009

LA RIVOLUZIONE CHE NON SI VEDE

Occupati come siamo a cercare di capire in che maniera Luigi Napoleone Berlusconi cercherà di uscire dalla quantità di trappole in cui si è cacciato, se con una qualche forma di colpo di stato o congedandosi educatamente, rischiamo di non vedere la rivoluzione che sta accadendo intorno a noi. Non la vediamo, aggiungo, nemmeno quando vi partecipiamo. E certo «rivoluzione» sembra una parola grossa. Eppure: i capelli lunghi e i pantaloni «a zampa di elefante», insomma i cambiamenti nel modo di vivere dei giovani di metà anni sessanta non furono forse i segnali che qualche grossa valanga sociale stava per cadere? Prendiamo ad esempio l’indagine secondo la quale nell’ultimo periodo un italiano su due [il 53 per cento] ha cambiato le sue abitudini di consumo, visto che «tende ad abbandonare – fa sapere la Coldiretti, che ha commissionato l’inchiesta alla Swg di Trieste – il dettaglio fisso tradizionale per privilegiare i mercati rionali, le bancarelle e soprattutto gli acquisti diretti dai produttori», il che significa «farmers market», cioè i mercati gestiti direttamente dai produttori, e i Gruppi d’acquisto solidale [Gas], forme di commercio e consumo alternativi che hanno avuto nell’ultimo anno un vero e proprio boom. Esplosione che non si spiega solo con la crisi economica, ovvero con la ricerca di prodotti a buon mercato, ma anche e forse soprattutto con l’aspirazione concreta a uno stile di vita che migliori sia il benessere individuale che quello sociale e ambientale.

La «tempesta perfetta», la somma di crisi climatica, economica e democratica, sta producendo i suoi effetti, anche in forma positiva. Così accade che quel che volonterose e intelligenti pattuglie hanno cominciato a fare già da diversi anni, come il commercio equo, l’agricoltura biologica o appunto i gruppi d’acquisto solidali, e che parevano ai più [sinistre in testa] interessanti esperimenti inevitabilmente messi in minoranza dalla monocultura del supermercato e della produzione industriale, sono diventati nel frattempo i pilastri di un fenomeno di massa, di una rivoluzione appunto che sta cambiando profondamente le abitudini, le relazioni tra le persone e lo stesso lavoro dei produttori. Come nel caso di quella rete di Gas milanesi che non si è limitata a comprare prodotti agricoli, ma ha commissionato ad agricoltori piemontesi la coltivazione, su terreni da tempo abbandonati, di quella certa qualità di patate ormai cancellata dalla omologazione forzata: uno tra miriadi di esempi.

E insomma, pare naturale che quest’anno la mostra-fiera-mercato chiamata Terra futura, che si fa da anni con successo nella fiorentina Fortezza da Basso e che ha molto aiutato a preparare l’esplosione di oggi, dedichi la nuova edizione, che si tiene questo fine settimana, al «buen vivir», come gli indigeni sudamericani chiamano uno stile di vita che rispetti gli equilibri sociali e naturali, o alla «decrescita serena», come dice il titolo dell’ultimo libro di Serge Latouche. Il senso è: l’economia sociale non è più solo un auspicio, o l’oggetto di teorie forse attraenti ma inattuali: accade il contrario, ossia che credere di poter all’infinito riproporre il consumo di natura, di territorio e di socialità che abbiamo avuto nel secolo scorso, e che è il motore di base del capitalismo, appare a un numero crescente di persone una utopia terrificante, un incubo dal quale è urgente svegliarsi. Dunque, i sostenitori della decrescita, che non è il crollo del Pil ma l’allusione a un altro genere di società, si stanno chiedendo – anche grazie a questa grande diffusione pratica dei nuovi stili di consumo – quali debbano essere le politiche concrete utili ad avvicinarsi a una società della decrescita.

Carta, come dice lo stesso Latouche con qualche enfasi, è stata tra le prime pubblicazioni in Italia a diffondere queste tesi, ed è quindi naturale che insieme a un paio di sorelle – Valori, la rivista legata a Banca etica, e il mensile Altreconomia – e con l’aiuto della Fondazione Banca etica e della Rete per la decrescita organizzi a Terra futura una intera giornata di discussione a largo raggio – dalla finanza all’energia, dal lavoro all’uso del territorio – con la partecipazione di personaggi come Edoardo Salzano, Tonino Perna, Gianni Tamino e così via. Si farà domenica 31, giornata conclusiva di Terra futura, alla Fortezza da Basso, dalle 10 alle 18. E di questo tema, anche con una intervista a Saskia Sassen, si occupa il nuovo numero del settimanale.

di Pierluigi Sullo

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