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domenica 14 giugno 2009

Iran, Ahmadinejad rieletto presidente

TEHERAN - Mahmud Ahmadinejad sarà alla guida dell'Iran per altri quattro anni. Ma la rielezione dell'ultraconservatore che ha più volte negato la Shoah e propugna l'eliminazione dello Stato di Israele dalle carte geografiche ha scatenato accese proteste, senza precedenti a Teheran dopo la rivoluzione islamica del 1979. Migliaia di persone sono scese in piazza per contestare i risultati ufficiali delle elezioni e sostenere il moderato Mir Hossein Moussavi, il principale sfidate di Ahmadinejad che da parte sua ha denunciato irregolarità e brogli. Le proteste sono sfociate in scontri tra i manifestanti e la polizia. E secondo la tv satellitare Al Arabiya hanno provocato almeno tre morti.

I risultati contestati. Stando ai dati resi noti dal ministero dell'Interno, Ahmadinejad ha ottenuto il 62,6 per cento dei voti contro il 33,7 per cento di Moussavi. L'affluenza alle urne è stata dell'85 per cento, un record per l'Iran.

Il candidato moderato, che ieri si era proclamato vincitore a seggi ancora aperti, come del resto aveva fatto anche il presidente uscente, ha immediatamente denunciato irregolarità dicendo che milioni di persone non hanno potuto esprimere la propria preferenza a causa della scarsità delle schede elettorali. Moussavi ha aggiunto che a molti osservatori del suo partito non è stato consentito l'ingresso ai seggi e che alcuni sono stati malmenati. E qualche ora dopo, ha rincarato la dose spiegando che la leadership di Teheran "ha manipolato il voto del popolo, e ha reso queste elezioni una pericolosa farsa".

A Moussavi ha replicato indirettamente la Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, dicendo che Ahmadinejad è "il presidente di tutta la nazione" ed esortando i sostenitori dei candidati sconfitti alla "calma e pazienza". Khamenei ha poi manifestato ancora una volta il suo appoggio al leader ultraconservatore: "I 24 milioni di voti per il presidente dimostrano la reale partecipazione che garantisce il progresso del Paese. Mi congratulo con il popolo per questo grande successo e chiedo a tutti di essere riconoscenti per questo dono divino".

A fine giornata Ahmadinejad ha parlato in televisione: ha detto che le elezioni sono state "libere e corrette", che "il popolo ha scelto la strada della dignità e dello sviluppo" e che tra le richieste della nazioni vi è quella di "vedere tagliate le mani al nemico".

Le proteste a Teheran. Diverse migliaia di sostenitori di Moussavi sono scesi in piazza già al mattino al grido di "Che ne è stato del nostro voto?", "Anche noi siamo iraniani" e "Moussavi è il nostro presidente". I dimostranti hanno bloccato il traffico e hanno continuato a scandire slogan contro Ahmadinejad.

La polizia è intervenuta pesantemente in diversi punti della città. Gli incidenti più gravi sono avvenuti nel tardo pomeriggio, quando un corteo di non meno di 5.000-6.000 giovani, fra i quali molte donne, è sceso per il Viale Vali Asr verso Piazza Fatemi, dove hanno sede il ministero dell'Interno e il quartier generale elettorale di Mussavi. Ne sono seguiti scontri durati almeno due ore: i manifestanti che gridavano "Morte al dittatore", incendiavano cassonetti dell'immondizia e lanciavano pietre contro le forze di sicurezza che rispondevano con cariche e lancio di lacrimogeni.
Gli incidenti si sono rapidamente propagati a una vasta area, lungo Vali Asr, verso nord e sud, mentre la polizia cercava di isolare l'intera zona. In almeno un caso, in piazza Vanak, ci sono stati scontri tra sostenitori degli opposti schieramenti.

Secondo alcuni testimoni nei pressi di una strada affollata nella zona Nord di Teheran sono stati sparati anche colpi d'arma da fuoco. In serata Al Arabiya ha riferito che negli incidenti tre persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite.

Troupe del Tg3 coinvolta negli scontri. Una delle cariche della polizia ha coinvolto anche una troupe del Tg3 guidata dall'inviata Lucia Goracci. L'interprete iraniana che accompagnava i giornalisti italiani è rimasta contusa da una manganellata alla schiena e il cameraman, Ettore Cianchi, è stato fermato per un quarto d'ora dagli agenti, che gli hanno sequestrato la cassetta con le immagini degli scontri. La Farnesina ha dato mandato all'ambasciatore in Iran di effettuare un passo ufficiale presso il ministero degli Esteri della Repubblica islamica.

Gli agenti hanno cercato di impedire in tutti i modi ai cameramen delle televisioni straniere di riprendere gli incidenti. Ma il canale tv in lingua persiana della Bbc ha mandato in onda alcune immagini dove si vede fra l'altro la polizia che picchia una ragazza.

Blackout dei cellulari. Dopo gli sms a Teheran sono state disattivate anche le comunicazioni cellulari. Secondo quanto riferito da alcuni abitanti il black out è cominciato quasi in contemporanea con l'inizio del discorso televisivo di Ahmadinejad alle 22 ora locale (le 19.30 italiane) e interessa entrambi gli operatori di telefonia cellulare iraniani. La stessa cosa è accaduta a Facebook. Entrambi gli strumenti sono stati usati negli ultimi giorni come sistema di comunicazione privilegiato dai sostenitori di Moussavi.

Reazioni internazionali. Per l'amministrazione Obama la partita delle elezioni iraniane non è ancora chiusa, anche se vengono implicitamente confermate le aperture fatte nelle scorse settimane. "Continuiamo a monitorare da vicino l'intera situazione, comprese le accuse di irregolarità", ha commentato il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, mentre il segretario di Stato Hillary Clinton ha auspicato che il risultato rifletta effettivamente la volontà del popolo iraniano.

Altro Paese particolarmente attento all'esito delle elezioni nella Repubblica islamica era ovviamente Israele. La posizione del governo Netanyahu è stata riassunta efficacemente dal vicepremier Silvan Shalom, uomo della destra moderata in seno al Likud: il risultato "sta esplodendo in faccia a chi pensava che l'Iran fosse pronto al dialogo con il mondo libero". Parole irrituali e insolitamente velenose verso l'alleato americano se si considera che a evocare il dialogo, in questi mesi, è stata proprio la nuova amministrazione di Washington. A questo punto, ha aggiunto Shalom, "gli Stati Uniti e il mondo dovrebbero riesaminare la loro politica verso l'Iran e i suoi programmi nucleari".

da La Repubblica

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