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mercoledì 24 giugno 2009

IRAN DISERTA G8 TRIESTE. OBAMA CONDANNA 'AZIONI INGIUSTE'

Il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, ha detto che non sara' domani alla riunione allargata dei ministri degli Esteri del G8 a Trieste sull'Afghanistan e il Pakistan. Lo riferisce l'agenzia Isna.
L'invito all'Iran per la conferenza di Trieste sull'Afghanistan era partito mesi fa ma Teheran non aveva mai dato una risposta. Negli ultimi giorni, in seguito agli avvenimenti provocati dalle contestate elezioni del 12 giugno, vi era stato un cambiamento di atteggiamento da parte di molte capitali e anche di Roma. "A tre giorni dalla conferenza non ho ancora una risposta: devo ritenere che l'Iran abbia declinato l'invito... La presidenza G8 non può aspettare molto". aveva detto lunedì il ministro degli Esteri Franco Frattini. Ieri Frattini aveva dichiarato che, vista l'incertezza sull'esito del voto e la violenta repressione delle manifestazioni, "a Trieste non si sarebbe potuto fare finta di niente". Ma rinunciando a partecipare alla riunione del G8, aveva aggiunta, l'Iran ha "perso un'occasione per dare un proprio contributo positivo".



ARRESTATI DIPENDENTI GIORNALE MUSSAVI
Venticinque fra giornalisti e dipendenti del giornale Kalemeh Sabz del candidato moderato Mir Hossein Mussavi, sconfitto nelle contestate elezioni presidenziali iraniane del 12 giugno, sono stati arrestati due giorni fa, secondo quanto denunciato oggi all'agenzia France Presse da un membro della redazione. "Si tratta di cinque o sei membri del personale amministrativo, mentre gli altri sono giornalisti. Sono stati arrestati lunedì", ha dichiarato Alireza Beheshti, aggiungendo che "gli agenti presentatisi al giornale non hanno esibito un mandato". Il giornalista ha detto che cinque donne che figuravano fra le persone arrestate sono state rilasciate ieri sera. Il giornale Kalemeh era stato autorizzato poco prima dell'elezione presidenziale ed è stato invece proibito dopo lo scrutinio, i cui risultati sono stati contestati da Mussavi.


MUSSAVI: SITO PUBBLICA DETTAGLI SU DENUNCE DI BROGLI
Uso improprio di fondi pubblici, nomine pilotate tra gli organizzatori della consultazione, schede senza numero di serie, troppi timbri in circolazione, rappresentanti di lista dell'opposizione tenuti alla larga dai seggi dove forse sono arrivate urne già piene di voti: sono queste alcune accuse di brogli lanciate dall'opposizione sconfitta in Iran alle elezioni del 12 giugno. E' quanto emerge da un comunicato di tre pagine pubblicato sul sito del principale candidato sconfitto, il moderato Mir Hossein Mussavi.

Nel testo, il "Comitato per la protezione dei voti" chiede la creazione di una "commissione", "accettabile per tutte le parti in causa", che operi "per esaminare tutta la procedura elettorale". Il documento denuncia "l'utilizzo su larga scala di mezzi del governo in favore del proprio candidato", il presidente uscente Mahmud Ahmadinejad. Viene poi criticata la scelta dei componenti dei comitati incaricati di organizzare le elezioni, selezionati fra i sostenitori di Ahmadinejad. "Schede sono state stampate la sera delle elezioni senza numero di serie, cosa senza precedenti nella storia del paese", si sostiene ancora nel comunicato (non è chiaro se si tratti del rapporto completo sui brogli annunciato dallo staff di Mussavi o solo di una sua sintesi). Il documento comunque denuncia anche la fabbricazione di timbri utilizzati per convalidare i voti in un numero "2,5 volte superiore" a quello dei seggi, "cosa che può favorire brogli". Secondo il comitato di Mussavi, ai rappresentanti di lista dei candidati alle presidenziali è stato impedito, per diversi motivi, di essere presenti nei seggi e di sorvegliare le operazioni di voto. Viene denunciata inoltre l'interruzione del servizio "della rete sms" che, se attivo, avrebbe permesso ai rappresentanti di Mussavi di avvertire il quartier generale di eventuali irregolarità. Infine vengono formulati "seri dubbi" sul fatto che le urne fossero vuote nel momento in cui sono state consegnate ai seggi: eventualità che non può essere esclusa proprio per l'assenza dei rappresentanti di lista.

CANDIDATO REZAI RITIRA SUO RICORSO
Il candidato conservatore alle elezioni presidenziali iraniane Mohsen Rezai ha deciso di ritirare il suo ricorso presentato per presunte irregolarità nello scrutinio del 12 giugno. Lo riporta l'agenzia ufficiale Irna, citando una lettera dello stesso Rezai. Il candidato conservatore ha giustificato la sua decisione affermando che "la situazione politica, sociale e di sicurezza del Paese è entrata in una fase sensibile e determinante che è più importante delle elezioni". Rezai ha però criticato "il poco tempo accordato dalle autorità per esaminare i ricorsi", nonostante ieri il Consiglio dei Guardiani della Costituzione ne abbia annunciato una proroga di cinque giorni.

BARACK OBAMA CONDANNA ''AZIONI INGIUSTE''


NEW YORK - Barack Obama ha abbandonato le cautele sull'Iran. Il presidente americano ha usato per la prima volta la parola "condanna" per caratterizzare le "azioni ingiuste" del regime iraniano sui cittadini che protestano e ha evocato "seri dubbi" sulla legittimità delle elezioni. E tuttavia con Teheran l'opportunità di un dialogo resta: se gli iraniani risponderanno all'offerta di dialogo diretto, gli Stati Uniti hanno la porta aperta. E' una condanna vibrante di indignazione quella di Obama, sull'onda emotiva delle drammatiche immagini di Neda Soltan morente e coperta di sangue sul selciato di Teheran, un video che ha "spezzato il cuore" al Commander in Chief degli Usa oltre che a milioni di altri cittadini del mondo che credono nel rispetto dei diritti umani: "C'e qualcosa di profondamente ingiusto".


Secondo Obama "la protesta di Teheran non è un esempio isolato, una piccola esplosione di rabbia qua e là". In assenza di osservatori internazionali allo scrutinio del 12 luglio, "ci sono seri dubbi sulla legittimità delle elezioni". Ciò nonostante, secondo il presidente americano, resta "aperto un sentiero" per Teheran, perché l'Iran possa migliorare i suoi legami con la comunità internazionale "nel rispetto della sua sovranità, delle sue tradizioni culturali, delLa sua fede". A parole la linea Obama non è cambiata, ma è cambiato il tono e non poteva essere altrimenti alla luce del video di Neda ma anche delle ammissioni sui voti in esubero fatte ieri dai leader di Teheran. L'Iran, a cui il presidente si è sempre riferito usando la denominazione ufficiale (Repubblica Islamica di Iran, segno di riconoscimento della sovranità), ha dominato la conferenza stampa dopo dieci giorni di reazioni misurate da parte di Obama che avevano provocato alla Casa Bianca accuse di eccessiva timidezza di fronte alla protesta. Pur usando toni più duri che in passato, il numero uno degli Usa ha ribadito che sta all'Iran decidere del suo futuro e che le manifestazioni non hanno niente a che fare con gli Stati Uniti e l'Occidente: "Ci sono tentativi di distrarre la gente da quel che sta succedendo veramente nel paese. La strategia stantia di fare di altri paesi un capro espiatorio non funzionerà più in Iran. Stati Uniti e Occidente non c'entrano. Questa crisi riguarda i cittadini iraniani, e il futuro che spetta a loro scegliere, e solo a loro".


Cautela dunque (anche perché le accuse di ingerenza degli Stati Uniti negli affari interni iraniani "sono assurde e palesemente false"). Obama non ha voluto entrare in merito a possibili conseguenze per le violenze degli ultimi giorni: "Non sappiamo ancora come andrà a finire", ha detto il presidente aggiungendo che c'é ancora tempo perché le autorità iraniane riconoscano e rispettino "le norme universali e i principi della liberta". La conferenza stampa, affollatissima nella sala dei briefing della Casa Bianca, era stata convocata per le 12:30, le 18:30 in Italia: un orario che ha messo il presidente fuori raggio del grosso del pubblico americano ma probabilmente mirata a un'altra audience: l'Iran. E in un momento in cui Internet ha avuto un ruolo chiave nel trasmettere informazioni sulle proteste, il presidente ha accettato la domanda di un giornalista del blog Huffington Post che a sua volta si è fatto portatore dell'interrogativo sulla legittimità delle elezioni posto da un "coraggioso" cittadino iraniano. E' stato in risposta a questa domanda che Obama ha osservato che "non sappiamo esattamente cosa sia successo ai seggi. Sappiamo che una vasta percentuale del popolo iraniano considera questa elezione illegittima. Non è un esempio isolato. Ci sono seri dubbi sulla legittimità delle elezioni".

KHAMENEI PROROGA ESAME VOTO, SCOPPIA CRISI CON GB


La Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, ha concesso oggi cinque giorni supplementari al Consiglio dei Guardiani per esaminare i ricorsi presentati contro le presidenziali del 12 giugno, da cui e' uscito rieletto Mahmud Ahmadinejad. Una notizia diffusa questa sera a sorpresa dalla televisione di Stato, dopo che negli ultimi giorni lo stesso Consiglio aveva insistito nel dire di non avere riscontrato ''irregolarita' importanti'' nello scrutinio e quindi la consultazione non sarebbe stata annullata. Oggi lo staff elettorale del candidato moderato sconfitto, Mir Hossein Mussavi, aveva annunciato che avrebbe presto presentato un rapporto dettagliato sui presunti brogli, a sostegno della richiesta di annullamento. Secondo la televisione, e' stato il Consiglio dei Guardiani ad avanzare la richiesta di proroga a Khamenei, che l'ha accettata. Impossibile dire se possa trattarsi di un primo passo verso un compromesso nel braccio di ferro che ha visto finora la Guida suprema sostenere la validita' dei dati ufficiali resi noti dal ministero dell'Interno e, sull'altro fronte, le proteste di Mussavi e del candidato riformista Mehdi Karrubi, con il tacito appoggio dell'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani.

La magistratura ha intanto preannunciato oggi condanne ''esemplari'' contro le centinaia di arrestati nelle manifestazioni dei giorni scorsi, mentre un giornalista greco che lavora per il quotidiano americano Washington Times e' stato arrestato. Tra l'Iran e la Gran Bretagna, accusata da Teheran di avere ordito un complotto contro le elezioni presidenziali, esplode nel frattempo una crisi diplomatica. Il premier britannico Gordon Brown ha reso noto oggi che la Repubblica islamica ha espulso ieri due diplomatici di Londra, la quale ha risposto espellendo due diplomatici iraniani. Secondo il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, Londra si sarebbe servita per il suo complotto sia dell'Intelligence sia dei suoi mezzi d'informazione. Domenica era stato espulso il corrispondente permanente della Bbc da Teheran, Jon Leyne. Ma piu' dure sono state le misure prese nei confronti di altri giornalisti.

L'agenzia Fars ha dato notizia dell'arresto di un reporter greco che lavora per il quotidiano americano Washington Times, Iason Athanasiadis-Foden. Mentre non si hanno ancora notizie di un giornalista di Newsweek, Maziar Bahari, con doppia cittadinanza iraniana e canadese, arrestato nei giorni scorsi. La televisione di Stato iraniana ha trasmesso presunte confessioni di alcuni arrestati durante i disordini dei giorni scorsi, che hanno affermato di essere stati ''provocati'' dai canali televisivi in persiano della Bbc e della Voice of America e di avere approfittato degli incidenti per darsi al saccheggio. Sempre sul fronte internazionale, l'Iran ha accusato di ''interferenza'' nei suoi affari interni il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che la notte scorsa aveva chiesto a Teheran ''lo stop immediato degli arresti, delle minacce e dell'uso della forza'' da parte delle autorita'.

Il Parlamento iraniano ha fissato tra il 26 luglio e il 19 agosto il periodo nel quale il presidente dovra' giurare per assumere la carica, senza tuttavia dire chi sara'. Ma il ministero dell'Interno, in un comunicato, ha invitato Mussavi ad accettare il risultato del voto, come aveva fatto in sostanza la Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, parlando alla preghiera collettiva a Teheran venerdi'. Il vice capo della magistratura, Ebrahim Raisi, ha preannunciato che le centinaia di arrestati nelle proteste dei giorni scorsi riceveranno condanne talmente severe da ''dare una lezione'' a tutta la popolazione. ''L'intera nazione deve fare attenzione a quello che dice'' e i giornalisti ''a quello che scrivono'', ha ammonito Raisi. Ma nonostante il divieto delle manifestazioni, l'ex candidato riformista Mehdi Karrubi ha chiesto agli oppositori di commemorare con speciali cerimonie giovedi' gli uccisi nelle proteste: almeno 17 secondo il bilancio ufficiale.

da ANSA.it

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