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venerdì 31 luglio 2009

Rai si fonde con Mediaset. Nasce Raiset, la televisione del sultanato

Viale Mazzini rinuncia a 400 milioni per sette anni, abbandonando la piattaforma di Sky e diventando praticamente la filiale di Cologno Monzese. Il Supergruppo sarà diretto strategicamente da Palazzo Chigi o da Villa Certosa, a seconda degli umori del Sultano

Oramai è un vero e proprio colosso televisivo, con sei canali in chiaro (Raiuno, Raidue, Raitre, Canale 5, Italia 1, Rete 4) e una miriade di canali sul digitale terrestre. Stiamo parlando di Raiset, il mostro uscito fuori dalla fusione fra Rai e Mediaset, avvenuta in sordina ma conclamata proprio ieri, con la notizia che l’ex Rai abbandona definitivamente la piattaforma del digitale satellitare, non rinnovando il contratto con la televisione di Rupert Murdoch e rinunciando così a circa 350 milioni di euro all’anno, come minimo garantito, che il magnate della stampa gli passava. Una decisione del tutto incomprensibile se Rai e Mediaset fossero state due aziende in concorrenza fra di loro, vale a dire due imprese autonome, con una distinta ragione giuridica. Ma, come detto, così non è più, dato che da oggi dobbiamo considerarle come il prodotto di una fusione.
A Silvio Berlusconi, proprietario di Raiset, è riuscito un capolavoro di acquisizione senza sborsare una sola lira. Infatti, gli italiani, nella loro insulsa dabbenaggine, con l’abbondante vittoria dell’aprile 2008, gli hanno regalato la Rai e lui mostra di aver gradito. Ma siccome la sua bulimia non riguarda soltanto gli affari di sesso (dove si dice sia davvero insuperabile), ecco che, a differenza del precedente periodo di governo (2001-2006), dove comunque aveva ritenuto doveroso salvare almeno le apparenze, ora ha deciso di appropriarsi definitivamente di Viale Mazzini, non limitandosi a nominare dirigenti, direttori di rete, di telegiornali e compagnia ballando, ma indirizzando le strategie dell’ex sua concorrente verso un lento e periclitante declino imprenditoriale.

Raiset dominerà il nuovo scenario televisivo italiano, creando, caso del tutto eccezionale in tutto il mondo, un supergruppo, con sedi istituzionali a Viale Mazzini e Saxa Rubra, filiali di Cologno Monzese, a Palazzo Chigi, Palazzo Grazioli e, forse, nei momenti di euforia erotomane, anche a Villa Certosa in Sardegna, dove si svolgeranno la maggior parte dei provini per veline e velinazze. L’obbiettivo dichiarato è quello di scardinare l’altro polo televisivo, cioè Sky dell’odiato Rupert, il quale – cosa insopportabile per il Cavaliere – ha mostrato come un imprenditore possa essere proprietario di un sistema di media senza per forza diventare anche Capo di governo (cosa vietata nelle democrazie anglosassoni, cioè nella perfida Albione).

Sempre ieri, il bulimico sultano di Arcore ha deciso anche il nuovo pacchetto di nomine, fra le quali spicca quella di Clemente Mimun a dirigere le fiction Rai. Già, perché l’”utilizzatore finale” di queste fiction è proprio lui, il sultano, non soltanto perché così può utilizzare l’assegnazione di ruoli da protagoniste alle sue favorite (l’altra possibilità, come noto, è quella di insediarle a Strasburgo o a Montecitorio-Palazzo Madama, dipende dal sollazzo che le fanciulle sono state in grado di procurargli), ma soprattutto perché, nella sua strategia immaginifica, i teleromanzi del futuro dovranno diffondere il pensiero unico del sultano, la sua voglia di dominazione e di voluttà e chi meglio del Mimun, già solerte produttore dei suoi comunicati stampa, può assolvere alla bisogna, dopo lo splendido interregno di Oliviero Saccà?

La prossima mossa sarà l’imposizione di un tetto pubblicitario alle tv che incassano già un canone di abbonamento. Il problema non investirà poi tanto la ex Rai (se pure dovesse fallire, non sarà un problema, si ritonerà alla vecchia ditta “Mediaset”) ma quasi esclusivamente Murdoch. Il sultano, infatti, ha vissuto con terrore il sorpasso nei ricavi compiuto dalla piattaforma del suo concorrente sul gruppo di Cologno Monzese ed ora, dopo l’aumento dell’Iva avvenuto nell’autunno scorso, la mossa vincente sarà proprio questa: limitare le possibilità di introiti pubblicitari per le televisioni del gruppo concorrente.

Nella strategia del Biscione, Raiset andrà interamente sul digitale terrestre, su una nuova piattaforma, “Tivù”, nella quale svolgerà un ruolo ancillare, con i dirigenti di Cologno Monzese che decideranno i suoi palinsesti, stando attenti a non disturbare eccessivamente la programmazione delle serate dei canali del sultano, per non incidere negativamente sui ricavi. L’obiettivo è quello di stracciare Rupert e di fargli rimangiare gli articoli sugli eccessi sessuali del Cavaliere pubblicati sui suoi giornali o mandati in onda sulle sue televisioni. Il sultanato non ammette la concorrenza e il magnate australiano dovrà accettare un’offerta che non si può rifiutare. O così o pomì.

da Indymedia

LA MAFIA CON LO SCUDO

Solo una parte trascurabile dei capitali rientrati in Italia con gli scudi fiscali dei primi anni Duemila si è diretta verso investimenti a rischio nell'economia reale. Del terzo scudo potrebbero ora approfittare le holding mafiose. Legalizzando a costi molto bassi somme che potrebbero alimentare circuiti di usura e di appropriazione di aziende in difficoltà. Nel Mezzogiorno avremmo così il paradosso di misure apparentemente di lotta alla criminalità organizzata, ma che invece finirebbero per facilitare l'aggressione a quel che resta di economia legale.
Le perduranti difficoltà di accesso al credito, denunzia il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, favoriscono fenomeni di usura e scalate alla proprietà di aziende, grazie alla disponibilità di liquidità acquisita illegalmente.
Sono due fenomeni molto diffusi elevati nel Mezzogiorno dove, secondo recenti dati, sono a rischio usura 500 mila famiglie e 600 mila piccoli imprenditori. (1)

CAPITALI RIENTRATI E INVESTIMENTI

Come si collega a questa situazione l’imminente rientro di capitali illecitamente esportati all’estero, il cosiddetto scudo fiscale ter, inserito nel pacchetto anticrisi? L’entità dei capitali italiani riparati nei paradisi fiscali, dopo i primi due scudi fiscali (2001-2003) che riportarono in Italia circa ottanta miliardi, non è facilmente stimabile: si parla di circa 500 miliardi di euro attualmente nei conti off-store di società e trust di tutto il mondo. E ne dovrebbero rientrare tra i 60 e i 100 miliardi.
Nella precedente esperienza si valuta che le somme rientrate in Italia non si sono dirette, o lo hanno fatto solo in parte trascurabile, verso investimenti a rischio nell’economia reale. Val la pena ricordare che i precedenti scudi fiscali tendevano a recuperare capitali fuggitivi per paura di una svalutazione dell’euro. Questo terzo scudo fiscale è dedicato a capitali che hanno cercato, con successo, soprattutto di sottrarsi all’imposizione fiscale.
Quel che interessa il Mezzogiorno non è tanto la quota spettante del “tesoretto” sanato quanto il pericolo che lo scudo fiscale si risolva a favore del crimine organizzato e vada ad alimentare circuiti di usura e di appropriazione di aziende in difficoltà.
Cosa sappiano della sorte effettiva toccata agli ottanta miliardi della passata manovra? Sono stati incamerati dal sistema bancario, sostiene il sostituto procuratore nazionale anti-mafia, Alberto Cisterna, senza che ne sia scaturito un numero significativo di operazioni sospette (meno di cento, in realtà). E senza alcun serio monitoraggio, continua Cisterna, sulle costituzioni delle provviste all’estero, sui loro titolari in Italia, sulle destinazioni degli impieghi ripuliti, con effetti negativi sul contrasto alla legalità. (2)

IL PERICOLO DELL'ANONIMATO

Proviamo a formulare una sintesi delle diverse posizioni sul punto. Il governo, a buon diritto, vanta il fatto che ora tutte le attività finanziarie detenute nei paradisi fiscali si presumono costituite, salvo la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione e che sono esclusi dai benefici dello scudo fiscale 2009 i proventi di ogni tipo di reato. Dunque, sempre secondo il governo, le sanzioni contro i patrimoni della mafia hanno raggiunto livelli di inedita severità.
Guardiamo alla questione sotto un altro profilo, riportandoci alle argomentazioni di Cisterna. L’azione del governo contro i patrimoni illegali serve a poco, viene osservato, se contestualmente non se ne accompagna il rientro con misure investigative e di controllo. Resta trascurato il tema che riguarda la predisposizione di strumenti d’indagine per individuare le ricchezze illegali. E sul piano delle risorse investigative non s’intravede alcuna prospettiva di potenziamento così come l’imminente intervento sulle intercettazioni rischia di lasciare sguarnite le indagini sulla criminalità economica e sui reati dei “colletti bianchi” contigui alla mafia: bancarotta, falso in bilancio, riciclaggio. Qualcuno obietta che nell’ambito di una manovra di rientro dei capitali è assai difficile distinguerne la natura. Ma, viene ribattuto dagli esperti, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza sarebbero in grado, se ci fosse la cosiddetta volontà politica, di progettare e realizzare un sistema di controlli tali da garantire la tracciabilità di capitali in rientro e stabilire gli effettivi titolari dei conti correnti.
È improbabile che lo scudo fiscale 2009 faccia rientrare capitali nel Mezzogiorno utili per sostenere la sua economia. Èinvece possibile che holding mafiose, approfittando dell’anonimato che caratterizza il provvedimento, approfittino dell’opportunità di poter utilizzare patrimoni “parcheggiati” all’estero e ora, “sdoganati” a costi risibili, per creare circuiti finanziari paralleli, approfittando di un “credit crunch”, che nel Mezzogiorno, per paradosso, gli istituti bancari negano, ma in tanti soffrono. E sarebbe opportuno che l’Antimafia ufficiale, giustamente impegnata oggi su “papelli” e “agende rosse”, rivolgesse un occhio attento anche a misure apparentemente di lotta alla criminalità organizzata ma che invece, a ben vedere, ed anche questo è un paradosso, potrebbero facilitare l’aggressione a quel che resta nel Sud di economia legale.pie.

da Indymedia

PAOLO BORSELLINO

“Un amico mi ha tradito, un amico mi ha tradito”… Sono le parole che Paolo Borsellino avrebbe affidato a due giovani colleghi, un uomo e una donna, ai tempi di Marsala con la voce rotta dal pianto e la testa tra le mani. Una testimonianza finora inedita (sulla quale i magistrati di Caltanissetta stanno indagando alla ricerca di questo “amico”) ma non sorprendente.

Infatti più volte la signora Agnese Borsellino, moglie del giudice, aveva riferito dello stato di profondo turbamento in cui suo marito, in preda all’esigenza di “fare in fretta”, visse quei 57 giorni che gli rimasero dopo la strage di Capaci.
Una sera, ha raccontato la signora, Borsellino era talmente sconvolto per quanto aveva scoperto che vomitò e tra le pochissime cose che, per proteggerla, le confidava, le disse che era disgustato dal grado di corruzione in cui si stava imbattendo. E ancora esclamò: “Sto vedendo la mafia in diretta”, commentando gli eventi che in quel folle mese e mezzo si avvicendavano palesemente e occultamente nel Paese.
La storia della mafia e dell’antimafia è sempre stata piena di tradimenti e di “Giuda”, così come Borsellino stesso ebbe a ricordare commemorando Falcone, e non è nemmeno un mistero che di nemici i due magistrati nel corso di svolgimento del proprio lavoro ne avessero collezionati tanti. Erano nemici quelli che avevano messo sotto ascolto i telefoni che rivelavano i suoi spostamenti e lo erano anche quelli che ne avevano pedinato fino all’ultimo l’itinerario da Villagrazia di Carini fino a Via D’Amelio ed erano nemici, forse ancora più pericolosi, quelli che sapevano che Borsellino annotava tutte le sue intuizioni investigative sulla sua agenda rossa, fatta sparire con una manovra da manuale, pochi secondi dopo che quella strada era stata devastata dal tritolo.
Ma forse Borsellino ne aveva scoperti altri di nemici, forse inaspettati, forse aveva saputo che alcuni pezzi dello Stato stavano trattando con la mafia, quello solo doveva essere il nemico, o ancora peggio si era accorto di aver parlato con la persona o con le persone sbagliate.
Forse aveva condiviso il risultato delle sue investigazioni con personaggi dal doppio volto e se ne era reso conto e per questo era assolutamente consapevole che sarebbe morto di lì a poco. Sapeva che i suoi nemici sapevano.
Nino Giuffré, in uno dei tanti interrogatori, spiegò che “non si sa come, ma Provenzano riusciva sempre a venire a conoscenza di tutto (…) era venuto a sapere che Borsellino era incorruttibile, irremovibile e per questo andava eliminato”.
Talpe, confidenti, accordi e trattative dietro i mandanti occulti della strage di via D’Amelio, ma altrettanti depistaggi, menzogne, finti pentiti anche per gli esecutori materiali dell’eccidio.
Il procuratore di Caltanissetta Lari e suoi aggiunti e sostituti Gozzo, Bertone, Marino e Luciani stanno infatti cercando di ricostruire daccapo anche le fasi preparative e attuative della strage oggi messe in discussione dalle dichiarazioni di due nuovi collaboratori di giustizia, Gaspare Spatuzza e Angelo Fontana, rispettivamente uomini d’onore di Brancaccio e dell’Acquasanta, che entrano in contrasto con quanto, seppur con perplessità, era stato consolidato dalle sentenze.
La valutazione di Vincenzo Scarantino, oggi considerato un falso pentito e accusato di calunnia, era stata sempre molto prudente perché sin da subito aveva mostrato incongruenze, contraddizioni per non parlare delle sue continue ritrattazioni. In ogni caso la sua versione era stata ritenuta valida a sufficienza per far condannare diversi uomini d’onore e non, come il suo complice Candura. Crollato al suo primo confronto con Spatuzza.
Ora si tratta di capire perché Scarantino si è autoaccusato e ha scontato anni in carcere in caparbio silenzio. E a beneficio di chi.
Primo passo i verbali. I magistrati hanno riesumato il primo anomalo verbale riempito da Scarantino il 24 giugno 1994. Stranezza numero uno: non sono indicati i presenti come invece è prassi fare, e numero due, la trascrizione è piena di appunti a penna nei quali si legge chiaramente come la deposizione venisse “aggiustata”.
La Procura ha individuato e sentito l’ispettore di polizia che si era occupato della protezione di Scarantino mentre si trovava ad Imperia e questi ha affermato di essersi limitato a trascrivere quanto lui gli dettava. “Ho scritto quegli appunti su richiesta di Scarantino che aveva difficoltà a leggere i verbali. Mi chiese anche delucidazioni su alcuni punti degli interrogatori e io gli risposi che per questo doveva rivolgersi al suo legale”.
A margine delle dichiarazioni si intravvedono nomi, annotazioni, orari insomma versioni da accordare e ricordare. Sin dagli inizi del suo parlare Scarantino aveva cercato di adeguare il suo racconto con quello degli altri coindagati, come fece con le deposizioni di Francesco Andriotta il criminale, ergastolano e trafficante di droga e armi, che per primo riferì all’autorità giudiziaria quanto aveva appreso da Scarantino sulla strage di via D’Amelio e con quelle di Candura, anche lui oggi indagato per calunnia.
A parte le menzogne c’è da scoprire chi le architettò e perché.
Per individuare le linee di quella che appare sempre più chiaramente come una lucida opera di depistaggio il procuratore Lari e gli altri pm hanno iscritto nel registro degli indagati anche poliziotti e uomini dei servizi segreti, ma sulla questione permane il più stretto riserbo.
Alle dichiarazioni di Spatuzza si sarebbero aggiunte su questo preciso punto anche quelle di Angelo Fontana, che avrebbe riconosciuto in alcune immagini della strage mostrategli dagli inquirenti uomini legati ai servizi segreti che mantenevano contatti con gli uomini di Cosa Nostra. Dalle rivelazioni di entrambi i pentiti sarebbero stati individuati inoltre altri due personaggi coinvolti uno nella strage di Capaci, un uomo organico a Cosa Nostra, già in carcere, ma di cui mai si era saputo nulla, e uno per il fallito attentato all’Addaura quando, nel 1989, una borsa sportiva piena di candelotti di dinamite venne posta sulla scogliera davanti la villa in cui Falcone stava lavorando con i magistrati elvetici Carla Del Ponte e Claudio Lehman.
Insomma le carte sono state rimischiate e ridistribuite sul tavolo. Il lavoro dei magistrati di Caltanissetta così come quelli di Palermo impegnati sul fronte della cosiddetta trattativa, in seguito all’importante testimonianza di Massimo Ciancimino, è estremamente delicato. Non è dietrologia immaginare che l’interesse su queste indagini sia altissimo e che provenga da più parti. Restano le domande: Chi ha guidato le false testimonianze di Scarantino e Candura? Chi ha beneficiato oltre alla famiglia di Brancaccio, guidata dai Graviano, di questa falsa pista? Cosa ci facevano i servizi segreti sul luogo della strage Borsellino? Da quale filo rosso sono legate l’Addaura, Capaci e via D’Amelio? E ancora più di tutto: cosa avevano capito Giovanni Falcone e Paolo Borsellino da ingenerare una tale mastodontica strategia eversiva e destabilizzatrice per eliminarli?
Intanto che resti alta l’attenzione della società civile e di tutte le forze oneste e positive in campo, la verità è un diritto, da pretendere fino in fondo.
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/18328/78/

da Indymedia

Sanità, Vendola: ESCLUDO ILLECITI IN PRC E SL

Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, esclude «con tranquilla coscienza qualunque ipotesi di coinvolgimento in fatti illeciti» di Rifondazione comunista e Sinistra e libertà. Lo ha detto a proposito dell’inchiesta del pm della Dda di Bari Desirè Digeronimo che oggi ha disposto l’acquisizione dei bilanci di partiti e liste del centrosinistra tra cui l’ex partito di Vendola, Prc, e la lista da lui fondata, Sinistra e libertà. Rispondendo a domande di giornalisti, Vendola ha escluso immediate ripercussioni politiche dell’inchiesta. «Credo che dobbiamo essere sereni – ha detto – i partiti devono rispondere per quello che viene loro concretamente addebitato». Vendola ha poi sottolineato che Sinistra e libertà «è nata da pochi mesi e non è neanche un partito ma un cartello elettorale che non ha gli stessi obblighi di legge dal punto di vista della presentazione dei bilanci». E ha poi evidenziato che l'attività di Rifondazione comunista e quella di Sinistra e libertà così come le campagne elettorali sono state improntate ad una «sobrietà di tipo francescano». «Per questo – ha concluso Vendola – mi sento di essere contento che siano stati acquisiti i documenti perchè porteranno rapidamente ad escludere qualunque coinvolgimento dei partiti. Se ci sono fatti penalmente rilevanti penso che vadano ascritti ad individui concreti per fatti determinati che sono eventualmente accaduti, se sono accaduti».

Una cascata di cemento

Il governo Berlusconi ha promesso di battere la crisi rilanciando il business del mattone. In realtà dietro ai piani dell'esecutivo, a cominciare da quello sulla casa, non c'è altro che un nuovo sacco edilizio. Regione per regione ecco la mappa della nuova speculazione

Più cemento per tutti. Con il cosiddetto piano casa, e con altri interventi ispirati alla stessa ideologia della deregulation edilizia, il governo Berlusconi promette di battere la crisi rilanciando il business del mattone.Ma la ripresa resta dubbia. La crisi e il crescente indebitamento delle imprese e delle famiglie compromettono le capacità di investimento dei privati. A guadagnarci sicuramente saranno pochi grandi speculatori. Mentre per la maggioranza dei cittadini il nuovo boom dei cantieri rischia di produrre danni a lungo termine molto più gravi dei benefici apparenti e immediati. Un colpo di grazia per il già moribondo territorio italiano. Un'ipoteca pesante sul futuro del turismo, dell'agricoltura di qualità e della nuova economia verde. A lanciare l'allarme,insieme a tutte le più importanti associazioni per la difesa dell'ambiente e del paesaggio, sono autorevoli studi tecnicoscientifici e perfino gli asettici rapporti dell'Istituto nazionale di statistica. A differenza dei politici, gli esperti concordano che gran parte delle regioni hanno già raggiunto un livello di «saturazione edilizia ». Una nuova ondata di cemento «in un Paese come l'Italia, in cui il territorio è da sempre molto sfruttato», avverte l'Istat, «non può essere considerata in nessun caso un fenomeno sostenibile». Ma il peggio è che il piano casa è come una scommessa al buio: l'Italia è l'unico Stato occidentale dove già ora l'edilizia è fuori controllo, perché mancano perfino le misurazioni di quanti boschi, prati e campi vengono ricoperti ogni giorno dalla crosta inquinante del cemento e dell'asfalto.

Assalto al territorio
Dagli anni Novanta i comuni italiani stanno autorizzando nuove costruzioni a ritmi vertiginosi: oltre 261 milioni di metri cubi ogni 12 mesi. Nel giro di tre lustri, dal 1991 al 2006, ai fabbricati già esistenti si sono aggiunti altri 3 miliardi e 139 milioni di metri cubi di capannoni industriali e lottizzazioni residenziali.
È come se ciascun italiano, neonati compresi, si fosse costruito 55 scatole di cemento di un metro per lato. Il record negativo è del Nordest, con oltre un miliardo di metri cubi, pari a una media di 98 scatoloni di cemento per ogni abitante. Il risultato, secondo l'Istat, è «impressionante ». Al Nord l'intera fascia pedemontana è diventata un'interminabile distesa di cemento e asfalto «quasi senza soluzioni di continuità»: città e paesi si sono fusi formando «una delle più vaste conurbazioni europee». Una megalopoli di fatto, cresciuta senza regole e senza alcuna pianificazione, che dalla Lombardia e dal Veneto arriva fino alla Romagna. Al Centro «stanno ormai saldandosi Roma e Napoli». E nel Mezzogiorno «l'urbanizzazione sta occupando gran parte delle aree costiere». L'escalation edilizia, come certifica sempre l'Istat, non ha alcuna giustificazione demografica. Tra il 1991 e i 2001, date degli ultimi censimenti, la popolazione italiana è lievitata solo del 4 per mille, immigrati compresi, mentre «le località edificate sono cresciute del 15 per cento».

Nonostante questo, dal 2001 al 2008 il consumo di territorio è aumentato ancora: in media del 7,8 per cento, con punte tra il 12 e il 15 in Basilicata, Puglia e Marche e un record del 17,8 in Molise. Fino agli anni '80 la Liguria era la regione più cementificata. Negli ultimi sette anni le capitali del mattone, come quantità assolute, sono diventate Lazio, Puglia e Veneto. Solo quest'ultima regione ha perso altri 100 chilometri quadrati di campagne. A colpi di condoni Le statistiche dell'Istatsegnalano un rapporto diretto tra i nuovi fabbricati e le sanatorie dei vecchi abusi, varate sia dal primo che dal secondo governo Berlusconi. Nonostante i proclami di regolarizzazione che accompagnavano ogni condono, l'edilizia selvaggia ha continuato ad arricchire i furbi: nel 2008 l'Agenzia per il territorio ha scoperto, solo grazie alle foto aeree, oltre un milione e mezzo di immobili totalmente sconosciuti al catasto, cioè non registrati neppure come abusivi. Uno scandalo concentrato al Sud. Al Nord invece la legge Tremonti del '94, che detassava gli utili per farli reinvestire in nuovi macchinari aziendali, in realtà ha fatto esplodere la costruzione e l'ampliamento dei capannoni industriali e commerciali: oltre 156 milioni milioni di metri cubi all'anno.

Dietro la cementificazione del territorio c'è anche un'altra ingiustizia fiscale. Damiano Di Simine, responsabile di Legambiente in Lombardia, spiega che «l'assurdità del caso italiano è che i comuni sono costretti a finanziarsi svendendo il territorio »: «Gli oneri di urbanizzazione, da contributi necessari a dotare le nuove costruzioni di verde e servizi, si sono trasformati in entrate tributarie, per cui le giunte più ricche e magari più votate sono quelle che favoriscono le speculazioni». Nei paesi europei più avanzati succede il contrario: apposite "tasse di scopo" puniscono chi consuma territorio. Mentre in Italia, come segnala l'Istat, la pressione edilizia è tanto forte da scaricare i cittadini perfino «in aree inidonee per il rischio sismico o idrogeologico ». E tra migliaia di enti inutili, non esiste neppure un ufficio pubblico che misuri l'avanzata del cemento. La distruzione del verde L'unico studio di livello scientifico è stato pubblicato all'inizio di luglio da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano, dell'Istituto nazionale di urbanistica e di Legambiente. L'Istat infatti può quantificare, scontando i ritardi delle burocrazie locali, solo i «permessi di costruire», cioè le licenze legali. Alle statistiche ufficiali, dunque, sfuggono tutti gli abusi edilizi, oltre alle chilometriche colate di asfalto, dalle strade ai parcheggi, che accompagnano e spesso precedono le nuove costruzioni.

Mettendo a confronto foto aree e mappe della stessa scala (GUARDA), disponibili solo in tre regioni e in poche altre province, i ricercatori di questo "Osservatorio nazionale sui consumi di suolo" hanno scoperto che in Lombardia, tra il 1999 e il 2005, sono spariti 26.728 ettari di terreni agricoli. È come se in sei anni fossero nate dal nulla cinque nuove città come Brescia. La media quotidiana è spaventosa: ogni giorno il cemento e l'asfalto cancellano più di 10 ettari di campagne in Lombardia e altri 8 in Emilia, dove tra il 1976 e il 2003 (ultimo aggiornamento geografico) è come se Bologna si fosse moltiplicata per 14. Lo studio smentisce anche il luogo comune che vede nel cemento l'effetto dello sviluppo produttivo. In Friuli, tra il 1980 e il 2000, è scomparso meno di un ettaro al giorno. Mentre il Piemonte ha perso più di 68 chilometri quadrati di campagne nel decennio 1991-2001, quando il suolo urbanizzato è aumentato dell'8,7 per cento, mentre la popolazione è scesa dell'1,4. Gli urbanisti del Politecnico ammoniscono che questo modello di sfruttamento (l'Istat lo chiama «consumismo del territorio») ha ricadute pesantissime sulla vita delle famiglie. «Il fenomeno delle seconde e terze case è legato anche alla fuga dalle città sempre più invivibili», riassume il professor Arturo Lanzani: «Ma la scarsissima qualità dei nuovi progetti finisce per spostare il traffico e lo smog verso nuovi spazi congestionati ». Paolo Pileri, il docente che dirige l'Osservatorio, fa notare che «in Germania, Olanda, Gran Bretagna, Svezia e Svizzera i governi cambiano le leggi urbanistiche per limitare fino ad azzerare i consumi di suolo. Mentre in Italia non abbiamo neppure dati attendibili». Anzi, il governo punta tutto su un nuovo boom edilizio.

Le pagelle al piano casa
Per il presidente di Italia Nostra, Giovanni Losavio, la riforma berlusconiana «è peggio di un condono, perché abolisce le regole anche per il futuro: permessi e controlli diventano inutili, ora basta la parola del progettista». «Bocciatura piena » anche da Legambiente, che ha fatto l'esame delle singole leggi (o progetti) regionali di attuazione: «promosse» solo Toscana, Puglia e provincia di Bolzano, che oltre a salvare parchi e centri storici, impongono rigorose migliorie ecologiche e risparmi energetici. A meritare i voti peggiori sono i piani casa delle regioni più cementificate: in Veneto la legge Galan concede aumenti di volume perfino ai capannoni più orribili, in Sicilia la giunta progetta «bonus edilizi fino al 90 per cento acquistabili dai vicini». E in Lombardia spunta il "lodo Cielle": un premio del 40 per cento per l'edilizia sociale, ma con «possibile vendita a operatori privati». «Rimandate con debiti» tutte le altre regioni, mentre in Val d'Aosta è pronto il «piano camere»: più cubatura anche per gli alberghi. Il bilancio nazionale è «un puzzle urbanistico con regole diverse in ogni regione». E se in generale le giunte di sinistra resistono al Far West edilizio, la Campania fa eccezione. Vezio De Lucia, urbanista di Italia Nostra, e Ornella Capezzuto, presidente del Wwf Campania, sono i primi firmatari di un appello che descrive il piano casa varato dalla giunta Bassolino come «un nuovo sacco edilizio»: «Il solo annuncio della liberalizzazione delle nuove residenze nelle aree dismesse, senza neppure il limite che le fabbriche interessate siano davvero già chiuse, ha fatto triplicare in pochi giorni il valore dei capannoni». Il consigliere regionale della sinistra Gerardo Rosania, che da sindaco di Eboli fece demolire 437 villette abusive, lancia una mobilitazione antimafia: «Ci si dimentica che qui siamo in Campania. Chi può fare incetta di industrie abbandonate pagando subito è solo la camorra».

Ma il peggio è che il piano casa è come una scommessa al buio: l'Italia è l'unico Stato occidentale dove già ora l'edilizia è fuori controllo, perché mancano perfino le misurazioni di quanti boschi, prati e campi vengono ricoperti ogni giorno dalla crosta inquinante del cemento e dell'asfalto.

Assalto al territorio
Dagli anni Novanta i comuni italiani stanno autorizzando nuove costruzioni a ritmi vertiginosi: oltre 261 milioni di metri cubi ogni 12 mesi. Nel giro di tre lustri, dal 1991 al 2006, ai fabbricati già esistenti si sono aggiunti altri 3 miliardi e 139 milioni di metri cubi di capannoni industriali e lottizzazioni residenziali. È come se ciascun italiano, neonati compresi, si fosse costruito 55 scatole di cemento di un metro per lato. Il record negativo è del Nordest, con oltre un miliardo di metri cubi, pari a una media di 98 scatoloni di cemento per ogni abitante. Il risultato, secondo l'Istat, è «impressionante ». Al Nord l'intera fascia pedemontana è diventata un'interminabile distesa di cemento e asfalto «quasi senza soluzioni di continuità»: città e paesi si sono fusi formando «una delle più vaste conurbazioni europee». Una megalopoli di fatto, cresciuta senza regole e senza alcuna pianificazione, che dalla Lombardia e dal Veneto arriva fino alla Romagna. Al Centro «stanno ormai saldandosi Roma e Napoli». E nel Mezzogiorno «l'urbanizzazione sta occupando gran parte delle aree costiere». L'escalation edilizia, come certifica sempre l'Istat, non ha alcuna giustificazione demografica. Tra il 1991 e i 2001, date degli ultimi censimenti, la popolazione italiana è lievitata solo del 4 per mille, immigrati compresi, mentre «le località edificate sono cresciute del 15 per cento».

Nonostante questo, dal 2001 al 2008 il consumo di territorio è aumentato ancora: in media del 7,8 per cento, con punte tra il 12 e il 15 in Basilicata, Puglia e Marche e un record del 17,8 in Molise. Fino agli anni '80 la Liguria era la regione più cementificata. Negli ultimi sette anni le capitali del mattone, come quantità assolute, sono diventate Lazio, Puglia e Veneto. Solo quest'ultima regione ha perso altri 100 chilometri quadrati di campagne. A colpi di condoni Le statistiche dell'Istatsegnalano un rapporto diretto tra i nuovi fabbricati e le sanatorie dei vecchi abusi, varate sia dal primo che dal secondo governo Berlusconi. Nonostante i proclami di regolarizzazione che accompagnavano ogni condono, l'edilizia selvaggia ha continuato ad arricchire i furbi: nel 2008 l'Agenzia per il territorio ha scoperto, solo grazie alle foto aeree, oltre un milione e mezzo di immobili totalmente sconosciuti al catasto, cioè non registrati neppure come abusivi. Uno scandalo concentrato al Sud. Al Nord invece la legge Tremonti del '94, che detassava gli utili per farli reinvestire in nuovi macchinari aziendali, in realtà ha fatto esplodere la costruzione e l'ampliamento dei capannoni industriali e commerciali: oltre 156 milioni milioni di metri cubi all'anno.

Lupi in agguato
Il cosiddetto piano casa (o piano-capannoni?) è solo il più pubblicizzato tra i programmi edilizi del governo. Italia Nostra denuncia anche «gli effetti perversi dell'abolizione di tutti i vincoli ambientali e paesistici per le grandi opere. L'esperienza dimostra che l'urbanizzazione più caotica si sviluppa proprio sulle direttrici delle nuove infrastutture». Vezio De Lucia e Antonello Alici temono soprattutto il ritorno del disegno di legge, approvato nel 2005 solo dalla Camera, che porta il nome di Maurizio Lupi, ex assessore ciellino a Milano, oggi sottosegretario del premier: «Una controriforma urbanistica che vuole applicare a tutta Italia il rito ambrosiano dell'edilizia contrattata direttamente dai privati. Un modello che cancella le quantità minime di verde e servizi abrogando lo stesso principio del governo pubblico del territorio». Un professore del Politecnico, Andrea Arcidiacono, ha provato a calcolare chi ci ha guadagnato davvero a Milano: «I maggiori programmi integrati hanno prodotto 2,3 milioni di metri quadrati di nuove costruzioni. Il settore pubblico ha ottenuto benefici lordi per 360 milioni, per lo più verde senza manutenzione e parcheggi di servizio agli stessi fabbricati (55 ettari su 200): si tratta del 4 o 5 per cento dei presumibili ricavi dei privati ». Come dire che, ogni cento euro, al Comune ne vanno 5 di incassi teorici, ai re del mattone 95 di soldi veri. Il titolo dello studio è una domanda: «E i cittadini cosa ci guadagnano?».

di Paolo Biondani da L'Espresso

La rivolta ingegnosa


Per quanto a uno sguardo superficiale verrebbe da dire il contrario, le proteste contro il regime in Iran non si sono affatto fermate. Secondo Robin Wright, su Time, hanno soltanto cambiato forma. “È iniziata la fase due. Sei settimane dopo le rivolte che hanno visto milioni di iraniani invadere le strade, oggi la protesta si è trasformata, diventando più ingegnosa e potenzialmente più duratura”.

“La seconda fase è cominciata col boicottaggio dei prodotti che si fanno pubblicità sulla tv di stato. Ho cercato di acquistare un prodotto di un certo marchio e un attivista iraniano dietro di me mi ha sussurrato: ‘Non comprarlo, è di un inserzionista’. Si prosegue poi con l’accensione di tutti gli elettrodomestici della propria casa poco prima dei telegiornali del regime, così da far saltare l’energia elettrica in interi quartieri. Senza contare le manifestazioni lampo: dei blitz lunghi abbastanza da poter gridare ‘Morte al dittatore!’ ma non da permettere alle forze speciali di localizzare e arrestare i dimostranti”.

“Si tratta di una strategia poco organizzata e senza leader, che sta muovendo i suoi primi passi. Per quanto il suo impatto sia ancora variabile, però, la fase due sta iniziando a mietere risultati. Fatemeh Haghighatjoo, un ex membro del parlamento, mi ha detto che alcune aziende hanno tagliato i loro spot sulle tv governative, e alcuni negozi hanno smesso di vendere i prodotti degli inserzionisti. Un nuovo boicottaggio degli sms potrebbe costare alla compagnia telefonica di stato un milione di dollari per ogni giorno. Le informazioni sulle tecniche di rivolta vengono diffuse via email o col passaparola, ma il loro ingegno e i risultati ottenuti mostrano come le recenti rivolte in Iran non sono destinate a passare come le proteste del 1999. Stavolta gli iraniani stanno vincendo le loro paure”.

da Interazionale

NIKI APRILE GATTI - LETTERA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ALFANO

Oggetto: ISPEZIONE CARCERE DI SOLLICCIANO –FI-

Al Ministro della Giustizia
On. Angelino Alfano

E per conoscenza

Onorevole Ministro della Salute, del lavoro e delle politiche sociali, Onorevole Ministro dell'ambiente e della tutela del Territorio, Onorevole Ministro Delle Pari Opportunità.

Onorevole Ministro Angelino Alfano,
chi le scrive è un cittadino italiano che non può rimanere inerme di fronte alle notizie allarmanti diffuse sulla Casa Circondariale di Sollicciano (Firenze).
Nell’arco di poco più di un mese sono morti piu’ di tre detenuti, ma questi che Le elenco sono “da accertare”:
24/04/2009 IHSSANE FAKHEDINE DI ANNI 30 CAUSA “DA ACCERTARE” 11/06/2009 ANNA NUVOLONI DI ANNI 40 CAUSA “DA ACCERTARE” 07/07/2009 DETENUTA DI PISA DI 27 ANNI CAUSA “DA ACCERTARE”

A queste terrificanti notizie mi preme aggiungere e sottolineare il caso di Niki Aprile Gatti , morto il 24 giugno 2008 sempre nel carcere di Sollicciano in circostanze sospette e tutte da chiarire.
Niki Aprile Gatti era incensurato ed era in CUSTODIA CAUTELARE!
La madre Gemini Ornella, nel tentativo di fare chiarezza, ha scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano(pregandolo di attenzionare Lei), è aperto presso il Tribunale di Firenze un procedimento di opposizione all'Archiviazione per “suicidio” ed inoltre è stata inoltrata un’ Interrogazione Parlamentare, i cui dati vengono di seguito riportati.
Seduta di annuncio:
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/01301
Dati di presentazione dell'atto Legislatura:
Seduta di annuncio N.162 del 20/04/2009
Firmatari
Primo firmatario:

CONCIA ANNAPAOLA
Gruppo:PARTITO DEMOCRATICO
Datafirma: 20/04/2009
Commissione assegnataria: IICOMMISSIONE(GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 20/04/2009

Stato iter:
IN CORSO

Si può tacere di fronte alla morte di un ragazzo? Si può tacere davanti a morti classificate “da accertare”?
Onorevole Ministro,
nessuno ha risposto! Anche Lei non ha risposto all’interrogazione Parlamentare! Le Istituzioni tacciono … e il silenzio,a distanza di un anno,comincia ad essere eloquente!
Le chiedo formalmente di ricercare le responsabilità e chiarire le tante incongruenze divenute dolorose per famiglie che attendono la Verità!
La situazione di Sollicciano ,oltre all’anomalia delle morti da accertare, le quali si ripetono ciclicamente, è grave anche per la capienza tollerata, perché è stata abbondantemente superata, costringendo i ristretti a condizioni di vita in cui i diritti umani fondamentali vengono ignorati.
Al sovraffollamento si accompagnano altre carenze che non sono degne di un Paese civile. (ricordiamo la frase di K. Popper “Il grado di civilta' di un Paese si misura dalle condizioni delle sue carceri” )
Ritengo,pertanto, necessario dover sottoporre nuovamente e con rinnovata urgenza, alla Sua attenzione, il caso di questo giovane Niki Aprile Gatti (è ormai trascorso piu’ di un anno per la sua famiglia…),augurandomi che Lei voglia prendere in considerazione con la tempestività che indubbiamente merita, questa incresciosa situazione.
A seguito di queste considerazioni, che sono certo da Lei condivise, Le chiedo quindi di intraprendere con urgenza tutte le iniziative necessarie affinché il nostro paese possa così colmare il ritardo che lo sta caratterizzando nell’accertamento della verità e nell’applicazione della giustizia.
Le chiedo di intervenire innanzitutto a tutela della garanzia dei “diritti delle persone” che si trovano nelle nostre carceri, ed in particolare date le estreme condizioni in cui verte, Sollicciano, del personale che vi opera, e per sollecitare azioni efficaci rispetto alle tante criticità presenti. In riferimento alle notizie sul carcere di Sollicciano, Le chiedo, con urgenza, una specifica ispezione per verificare le condizioni dei detenuti che, solo per il fatto di essere ristretti,non cessano di essere prima di tutto “esseri umani” e in quanto tali portatori di diritti umani!
Compito di questa Ispezione che Le chiedo, non è avvalorare o smentire una tesi, ma stabilire la Verità.
Voglio ricordare quello che disse l’Onorevole Sandro Pertini, che in galera passò lunghi anni:
-“ Ricordatevi quando avete a che fare con un detenuto, che molte volte avete davanti una persona migliore di quanto non lo siete voi.”
Confidando nell’accoglimento di questa mia richiesta, resto in attesa di un Suo cortese riscontro.
Con deferenti cordiali saluti e ossequi.
(nome e cognome)

NIKI APRILE GATTI

In seguito al contatto avuto su questo blog con mamma Ornella, è un obbligo far conoscere questa storia nella quale ancora una volta è lo Stato a perdere.
Una breve descrizione di come sono andati i fatti; ovviamente mamma Ornella siamo pronti a cancellare e a riscrivere se le informazioni non corrisponono alla verità.

Niki Aprile Gatti era un giovane informatico, arrestato per truffa insieme ad altre 17 persone. Di mezzo c'erano i famigerati 899 a tariffa maggiorata. Utenti raggirati per una cifra complessiva di 10 milioni di euro, finiti in società off-shore.Incarcerato a Sollicciano, sembra che volesse raccontare la sua verità al giudice. Questo non è successo, perché Niki a giugno è morto in carcere, impiccato. Suicidio è la versione ufficiale. La madre e molti altri non credono a questa versione.

Ora riporto un estratto del blog "un angelo chiamato Niki":

IO VOGLIO SAPERE:
•Perché e come Niki è Morto.

•Perché Niki incensurato, primo ingresso in un carcere, viene tradotto in un Istituto di massima sicurezza , Solliciano (Firenze) definito come uno dei carceri più duri d'Europa (con un Direttore definito "granitico-d'acciaio")

•Perché a Niki non viene concesso di fare la telefonata di rito alla famiglia (loro sostengono che Niki l'ha fatta, voglio vedere i tabulati telefonici, in quanto io non l'ho ricevuta, tant'è vero, che io sapevo che lui era nel carcere di Rimini e invece è stato subito portato a Sollicciano, ed io non l'ho mai più sentito dal giorno prima dell'arresto).

•Perché a Niki è stato cambiato l'Avvocato contrariamente alla mia volontà.

•Chi ha effettuato il telegramma a Niki dalla sua abitazione di San Marino in data 20 Giugno mentre lui era in carcere.

•Perché a Niki è stato dato nel carcere il telegramma visto che lui era in isolamento.

•Perché a Niki, essendo stato messo in cella con due detenuti ad "alta sorveglianza" che non potevano detenere i lacci perchéviolenti, invece i lacci sono stati lasciati (è cosa ovvia che gli altri due potessero usare quelli di Niki).

•Perché Niki, avendo chiesto di essere messo in cella con persone "non violente" viene invece inserito proprio con due persone violente e ad "alta sorveglianza".

•Perché Niki, non viene tutelato essendo un primo ingresso in un carcere...

•Perché sin dall'inizio si è sostenuto che Niki fosse andato ai "passeggi" ora dei passeggi 10.00/11.00 e quando è rientrato si è chiuso in bagno circa le 11,00 ed ha commesso il gesto (secondo la loro versione), e che alle 10.00 discuteva serenamente con un agente (verbale firmato dall'agente), ora di chiamata al 118 ore 11.20 e poi invece si scopre dall'autopsia che il decesso c'è stato alle ore 10.00???? con chi e dove ha parlato questo agente??? e dalle ore 10.00 alle 11.20 potevate salvare una vita umana???????

NIKI ERA IN PIGIAMA NELLE FOTO.... NIKI NON E' MAI USCITO DA QUELLA CELLA!!!!
•Perché sono completamenti incongruenti i verbali rilasciati dai due detenuti in cella con Niki.

•Perché nella cella non ci sarebbe neanche l'altezza necessaria per quello che voi sostenete essere accaduto?

•Perché non si sono seguite le procedure e sono stata avvisata sul mio telefono cellulare da un'agente con voce metallica che mi dice:"Signora è il carcere di Sollicciano, brutta notizia, suo figlio si è suicidato". Non mi è scoppiato il cuore Dio solo sa perchè....Perché non sono state seguite le procedure??? Me lo ha ribadito anche l'Ispettore Capo della Polizia di Avezzano,dovevano avvisare loro e loro si sarebbero fatti carico insieme ad una psicologa e assicurandosi che io avessi accanto la famiglia,di darmi la notizia. E invece...Perché??? e se avessi avuto una valvola cardiaca??? E se fossi stata in macchina????

•Perché e chi ha "ripulito completamente" l'appartamento di Niki a San Marino dopo appena 15 giorni dal decesso??? Chi aveva l'interesse a far sparire TUTTO?

•Perché nessuno risponde alle mie denunce fatte in ben 3 Tribunali 2 Italiani e 1 di San Marino??

•Perché il Presidente Onorevole Giorgio Napolitano non mi risponde??

•Perché gli Eccellentissimi Capitani Reggenti di San Marino non mi rispondono?

•Perché i nostri Parlamentari non rispondono all'Interrogazione Parlamentare?

•Perché il Tribunale di Firenze non risponde per l'Opposizione all'Archiviazione?

•Perché sul sito di "Informacarceri" che presumo essere quello ufficiale, la morte di Niki, nonostante un procedimento di opposizione aperto presso il Tribunale di Firenze, viene (e da sempre) definita come "suicidio" e non "da accertare"???? C'è un procedimento legale in atto....

E allora quanti "casi" ci sono come il mio in quell'elenco che noi leggiamo come "suicidio" e che non sono tali o comunque sono ancora in Tribunale per l'accertamento della reale causa di morte????

Mio figlio è stato ucciso,
voglio chiarezza e voglio risposte, è un anno e 18 giorni, voglio che qualcuno indaghi in quel carcere e fuori....voglio sapere perché e come è morto mio figlio, ho sempre rispettato lo Stato ed esigo lo stesso identico rispetto!

Ho pianto, ho pregato, ho urlato, non c'è cosa che non abbia fatto, ora esigo "rispetto" per mio figlio, per me e per la mia famiglia. Oggi mio marito in preda allo sconforto mi ha fatto una e-mail e mi ha scritto: "lo Stato è stato...e ora non è più" mi sono fermata a riflettere, mi ha fatto davvero riflettere... poi mi sono detta: "e no, non può essere, non mi arrendo a questo, io ho educato due figli nel rispetto delle Leggi, dello Stato, famiglia onesta, lavorato,pagato le tasse, e no, NO, lo STATO non può prendermi un figlio e ridarmelo dopo 4 giorni fatto a pezzi e NON RISPONDERMI, QUESTO E' TROPPO PER TUTTI!!!"

Con la mia lettera all'Onorevole Presidente Giorgio Napolitano avevo anche invitato a sollecitare il Ministro Alfano a disporre un’ispezione presso l’Istituto Penitenziario di Sollicciano per capire cosa è successo a Niki e ora, a maggior ragione si dovrebbe fare visto che in quel posto si continua a morire....
Sento sempre l'Onorevole Giorgio Napolitano invitare "al colloquio delle parti..."
e il Suo colloquio Onorevole con le parti, con me, cittadina del suo Stato Italiano, di cui Lei è Presidente?????

Leggo ancora sul Blog del "Sole 24 ore": ".....sono presenti in Parlamento 20 condannati in via definitiva e 70 dei nostri rappresentanti sono stati indagati e/o condannati......". Mi domando: "Ma queste persone lo conoscono lo stato delle carceri italiane? Sono a conoscenza, anche solo per ...sentito nominare il carcere di Sollicciano? Ma non si preoccupano???"
Loro siedono con aria condizionata e con lauti stipendi..... mentre mio figlio è lì...sotto 3 metri di terra con....una ipotesi di reato!!!

E che fine hanno fatto:

Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

In quale oscuro meandro o cassetto sono finiti questi Articoli della nostra Costituzione Italiana? Italiani svegliamoci, non possiamo più vivere senza Diritto... e qui non si tratta solo di "Lodo Alfano" ma di un ampliamento e di una interpretazione massificata ed allargata dello stesso.

NIKI AVEVA SOLO 26 ANNI INCENSURATO, MAI AVUTO PROBLEMI CON LA GIUSTIZIA

A Niki

giovedì 30 luglio 2009

Sanità: oggi a Bari, carabinieri in quattro sedi di partiti

-Le aquisizioni presso le sedi regionali di Pd, Socialisti, Prc e Lista Emiliano
-Sciacallaggio politico nei confronti di Sinistra e libertà

BARI- I carabinieri si sono presentati questa mattina in quattro sedi di partiti del centrosinistra a Bari. I militari hanno acquisito i bilanci dei partiti della Regione Puglia nell'ambito dell'indagine del pm Desirè Digeronimo sul presunto intreccio tra mafia, politica e affari nella gestione degli appalti pubblici nel settore sanitario. Indagate 15 persone tra cui l'ex assessore regionale alla Sanità Alberto Tedesco, ora senatore del Pd.

LE ACQUISIZIONI- I militari si sarebbero presentati nelle sedi regionali di Pd, Socialisti, Prc e Lista Emiliano. Gli accertamenti disposti dal magistrato, che ha firmato decreti di esibizione di documentazione, riguardano l'ipotesi di illecito finanziamento pubblico ai partiti in riferimento al periodo compreso dal 2005 ad oggi, comprese le ultime elezioni al Comune di Bari.

SCIACALLAGGIO- In un primo momento quasi tutte le testate giornalistiche hanno parlato anche di una perquisizione nella sede di Sinistra e Libertà, particolare poi smentito dai responsabili di partito. «Presso la sede regionale di Sinistra e Libertà a Bari non è stata effettuata alcuna acquisizione di documenti, né alcuna perquisizione da parte della Polizia Giudiziaria» ha precisato Nicola Fratoianni, esponente regionale del gruppo guidato da Vendola."Premesso che ogni atto utile a sgombrare il campo da sospetti di illeciti e' benvenuto - ha aggiunto - vorrei stigmatizzare ogni atto di sciacallaggio politico. Sinistra e Liberta', che da sempre e pubblicamente si e' battuta al fianco del presidente Vendola per garantire legalita' e trasparenza - ha concluso - e' naturalmente a disposizione della magistratura per tutto quello che puo' servire alle indagini".

L'INCHIESTA- Sono una quindicina le persone indagate tra cui l'ex assessore regionale alla Sanità Alberto Tedesco, ora senatore. Le ipotesi di reato sono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, alla concussione, al falso, alla truffa; per alcuni reati si ipotizza l'aggravante di aver favorito un'associazione mafiosa.

L'invito del sindaco di Predappio: "Turisti in camicia nera state a casa"

Emilia Romagna
Sindaco di Predappio: "Basta con raduni nostalgici"

Forli', 28 lug. - (Adnkronos) - Giorgio Frassineti all'ADNKRONOS: "Questa 'fascisteria' e' nemica di Predappio - aggiunge il sindaco - non ci permette di pensare al futuro, ci relega al passato, fuori dalla ricerca della verita', della storia"
Forli', 28 lug. - (Adnkronos) - "Basta con i raduni del 28 ottobre, del 28 aprile e del 29 luglio. Non vedo cosa c'entri Predappio ad esempio con la Marcia su Roma e quindi non colgo il senso di manifestazioni di questo tipo nella nostra citta'". Lo dice all'ADNKRONOS Giorgio Frassineti, sindaco del Pd di Predappio, paese del forlivese dove e' nato Benito Mussolini, alla vigilia dell'anniversario di nascita del Duce. "Questa 'fascisteria' e' nemica di Predappio - aggiunge il sindaco - non ci permette di pensare al futuro, ci relega al passato, fuori dalla ricerca della verita', della storia".

"Oggigiorno piuttosto che organizzare raduni di questo tipo - prosegue Frassineti - sarebbe piu' costruttivo discutere a 360 gradi della figura di Mussolini, in maniera piu' equilibrata. Noi sappiamo bene che il nome del nostro paese e' legato indissolubilmente a Mussolini ma vorremmo che la gente arrivasse a Predappio animata da curiosita' e non da nostalgie fasciste. Chi arriva qui deve porsi delle domande e non vestirsi in camicia nera".
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PREDAPPIO
L'invito del sindaco di Predappio: "Turisti in camicia nera state a casa"

Giorgio Frassineti, neoeletto primo cittadino del paese dove nacque Benito Mussolini, chiarisce che i predappiesi sono tolleranti ma dice no alle cerimonie nel cimitero del paese. Forza Nuova chiede più sobrietà ai nostalgici, ma critica "questa uscita"
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Il sindaco di Predappio Giorgio Frassineti (foto Sabatini) Predappio, 28 luglio 2009 - L'invito è chiaro, la presa di posizione pacata nei toni ma decisa: "Turisti del fascismo, per favore, state a casa''. A parlare è il sindaco di Predappio Giorgio Frassineti, neoeletto tra le fila del Pd, che si rivolge direttamente alle migliaia di persone che ogni anno arrivano nel paese dove è nato Benito Mussolini, per manifestazioni nostalgiche in camicia nera. Di solito le date sono quelle che segnano la storia del fascismo e del duce. Come per esempio quella di domani, anniversario della nascita di Benito Mussolini.

Il fenomeno, a Predappio, c'è sempre stato. Ma negli ultimi anni è notevolmente mutato: se da una parte sono spariti i nostalgici repubblichini, dall'altra sono comparsi in maniera sempre più massiccia i giovani che non si fanno mancare una foto ricordo nei luoghi simbolo.

La scorsa primavera il regolamento comunale ha messo alcuni paletti ai negozi di souvenir: non si possono più esporre manganelli, croci uncinate o magliette inneggianti all'odio razziale. Oggi il sindaco si esprime con toni pacati ma spiega la situazione chiarendo: "I predappiesi da buoni romagnoli sono sempre stati tolleranti e accoglienti con tutti ma dà fastidio vedere che queste discutibili cerimonie si svolgono nel cimitero, dove è sì sepolto Mussolini, ma dove la gente del paese va per far visita ai propri cari. E' il luogo del dolore, e non è un bello spettacolo incontrare queste persone vestite come dei gerarchi fascisti''.

Il leader di Forza Nuova dell'Emilia-Romagna, Gianni Correggiari, chiede ai nostalgici del turismo fascista più sobrietà, ma critica il sindaco per 'questa uscita'. ''Fa torto anche alla gente del posto - ha detto - perché è sulle decine di migliaia di persone che ogni anno rendono omaggio a Mussolini che prospera l'economia del paese. L'invito del sindaco è stupido, ma forse è mosso solo dalla constatazione che Mussolini qualcosa a livello emotivo ha lasciato: sulle tombe di De Gasperi e Togliatti non ci va nessuno''.

http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com/2009/07/28/211138-invito_sindaco_predappio.shtml

da Antifa

LECCE CARCERE DI BORGO SAN NICOLA - GUERRIGLIE FRA CLAN, AGENTI FERITI, CELLE SOVRAFFOLLATE

E' la fotografia che arriva dal carcere di Lecce. Nei giorni scorsi, scontri fra detenuti stranieri e italiani. In giornata, un agente finisce in ospedale. Celle sovraccariche rispetto al personale

LECCE - Guerriglia tra detenuti e aggressioni nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria, una situazione a dir poco ribollente nel penitenziario leccese pronta ed esplodere.Bande criminali multietniche sono sempre pronte a imbastire veri e propri combattimenti. Nel periodo estivo, le criticità del carcere di Borgo San Nicola riaffiorano, alimentate dalle condizioni di estremo disagio con cui i carcerati sono costretti a convivere.

Giorni or sono, è scoppiata una rissa tra reclusi per questioni legate al "controllo e al comando interno". Su un fronte, compatti i detenuti extracomunitari, dall'altra gli italiani. A mani nude, senza impugnare armi o bastoni, i facinorosi hanno suonato la carica e la "tenzone" è stata sedata a fatica dagli agenti di polizia. Il gruppo di ribelli è stato identificato e l'intera sezione di detenuti è stata trasferita, smistando i vari detenuti in zone diverse per evitare ritorsioni o nuovi incroci. Il clima nelle celle si è nuovamente arroventato in mattinata. Durante l'ora di passeggio, un detenuto leccese si è scagliato contro un agente dopo un banale litigio. Quest'ultimo ha dovuto fre ricorso alle cure dei sanitari per le varie ferite riportate.

"Preoccupa il notevole e fastidioso sovraffollamento in luoghi dove sicurezza, salubrità, igiene e sanità sembrno rappresentare la fiaba dei tre porcellini", comunica con una nota l'Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, che va sotto l'acronimo di Osapp. "Ciò che destabilizza la situazione nel supercarcere di Lecce è il numero elevatissimo di reclusi che ha raggiunto le 1350 utenze, tra cui moltissimi cittadini extracomunitari e di colore che si scontrano con gli italiani dei clan avversi probabilmente per gestirsi il territorio carcere”.

E in questa situazione di degrado, rimarca il sindacato di polizia "gli agenti, quei pochi rimasti in turni di 40/45 in tutto il sistema leccese, deve fronteggiare vere e proprie guerriglie urbane, senza armi e senza sistemi di autotutela di polizia che i colleghi dei restanti corpi utilizzano negli stadi e nelle manifestazioni esterne pubbliche". "Circa 300 reclusi sono stati ammassati un due sezioni detentive, altri 310 in sezione opposte, dai pochi poliziotti penitenziari costretti a lavorare 12 e 15 ore al giorno tanto che solo nelle giornate scorse sono state utilizzate oltre il normale orario di servizio circa 600/700 ore di straordinario non pagato". Il sindacato di polizia penitenziaria insiste "sulla ricerca delle istituzioni anche attraverso un disegno di legge". Sul tavolo la chiamata diretta di circa settemila uomini e mille donne da destinare urgentemente a compiti istituzionali del corpo così come nei precedenti mesi è stato parzialmente offerto all’intero comparto di polizia e alle forze armate dello Stato".

"In quest'ottica", l'Osapp invita il capo del Dipartimento dell'ammnistrazione penitenziaria, Franco Ionta e il ministro della Giustizia ad avviare in via sperimentale la “zattera galleggiante” per l’utenza detenuta extracomunitaria e di colore chiarendo con quale personale specializzato vigilarla". "Sarebbe interessante", segnala Domenico Mastrulli, vicesegretario generale dell'Osapp, "capire poi con quali mezzi e con quali risorse economiche il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria vorrà far fronte ai 16mila utenti tossicodipendenti di cui 2167 in trattamento metadonico, gli oltre 21mila e 400 extracomunitari delle varie etnie, i circa 5mila e 200 affetti da epatite virale cronica (Hbv e Hcv), i 2mila e 500 sieropositivi Hiv e le 6mila e 500 persone disturbate mentalmente".

"Attendiamo un chiaro segnale di apertura di un tavolo di concertazione con i neo parlamentari europei sulla questione sicurezza" scrive Masrtulli nella circostanzia nota, perchè è arrivata l'ora di concreti interventi e soluzione immediate".Per Mastrulli sarebbe necessario "bloccare le traduzioni e le assegnazioni per la Puglia e per Lecce in particolare da fuori regione e l'invio urgente di 100 uomini nel carcere di Borgo San Nicola ulteriori 100 del Gruppo operativo mobile", ossia i superagenti che si occupano della custodia e del controllo dei detenuti appartenenti alla criminalità organizzata.

da LeccePrima

Anguria City, Manni:"Il blitz del senatore Maritati"

Lecce (Salento) - Piero manni, consigliere regionale di Rifgondazione Comunista, commenta e non condivide l'atteggiamento di Alberto Maritati sulla delicata vicenda degli extracomunitari lavoratori nei campi di angurie a Nardò.

I cittadini stranieri, in particolare se abitano in gruppo e specialmente se in odore anche lieve di clandestinità, sono storicamente oggetto privilegiato dei blitz delle forze dell’ordine e di tutori (in)civili più o meno autorizzati o coperti dalle organizzazioni xenofobe tipo la Lega del Nord o il Governo di Berlusconi; che potessero diventare oggetto dei blitz del senatore Maritati e del PD, non in tanti ce l’aspettavamo.

"Maritati - comincia Manni - ci ha ancora una volta smentiti, noi che non ci rassegniamo ad accettare che il Senatore sia diventato guerrafondaio in prima linea e xenofobo umanitario (non di quelli, ossia, che i cittadini stranieri li sprangano); ha fatto un blitz in piena regola, in testa alle forze dell’ordine e dalle televisioni, un blitz dalla forte eco mediatica. Una eco mediatica che ha rischiato e rischia di provocare controlli e ritorsioni a tutto danno di quei cittadini stranieri che il Senatore ha voluto… ha voluto che cosa? Maritati non ha affrontato i neri nodi della questione, ignorando peraltro che ai bisogni materiali ed urgenti di questi nostri fratelli stanno dando risposte per quanto è possibile esaurienti tanti volontari, le parrocchie e le organizzazioni della sinistra"

"Meglio avrebbe agito Maritati se avesse fatto un blitz tra gli agrari che sfruttano in maniera intensiva gli immigrati (fino ad undici ore quotidiane di lavoro; un ingaggio che prevede il pagamento del salario soltanto se si completa il periodo; lavoro in nero; ecc. ecc.); meglio avrebbe agito se il blitz lo avesse fatto portandosi appresso non le televisioni bensì gli ispettori del lavoro; se il blitz lo avesse fatto presso il suo compagno di partito sindaco di Nardò, il quale sa benissimo che la situazione si ripete identica da diversi anni, e fa finta di nulla: non in nome dell’accoglienza bensì dell’economia del territorio (leggi: gli interessi degli agrari)".

"C’è una condizione di sfruttamento precapitalistico - continua il consigliere - di cittadini lavoratori: in queste terre che sono state la culla della democrazia salentina fondata sulle lotte bracciantili e l’occupazione delle terre dell’Arneo, in queste terre che sono state fecondate dal sangue dei braccianti, in queste terre si ripete la dialettica antica dei rapporti servili, lo sfruttamento intensivo, il caporalato. Tutto sotto gli occhi tolleranti di chi finge di non vedere e si compiace di denunciare la mancanza dell’acqua o dell’assistenza sanitaria (problemi, ribadisco, che il volontariato affronta in solidarietà e condivisione), ignorando che la questione è sempre quella: il conflitto tra capitale e lavoro".

"Immagino che in molti rimpiangano i bei tempi andati nei quali si poteva semplicemente sparare sui lavoratori disobbedienti; oggi la questione è più complessa, e bisogna versare qualche lacrima e pagare il tributo di qualche appassionata invettiva, sotto i riflettori della telecamera. Poi - conclude - di corsa nelle stanze del potere, a trattare e contrattare il prossimo segretario regionale del Partito. E i cittadini stranieri, che perdono la propria lingua insieme con il sudore di una fatica feroce? Bè, ne riparliamo l’anno venturo di questi tempi".

da IlPaeseNuovo

Nardò: emergenza e "free raiders"

Lunedì 27 luglio il quotidiano di Lecce ha pubblicato un articolo intitolato "Benvenuti nell'inferno di anguria city" che riportiamo per intero. L'articolo parla fra le altre cose dell'azione umanitaria portata avanti in questo periodo da alcuni volontari appartenenti ad alcuni gruppi politici di sinistra di Nardò. Proprio su questo punto vorrei soffermarmi per specificare di quali gruppi si tratta visto che le varie testate giornalistiche di questi giorni altro non hanno fatto che attribuire i meriti al Senatore Maritati per aver "scoperto" per primo la situazione.
Movimento per la sinistra e rifondazione comunista sono attivi già da circa venti giorni sul territorio neritino sia sul piano umanitario che istituzionale per far fronte a quest'emergenza, insieme a loro hanno collaborato costruire insieme e in un secondo momento i giovani democratici, grazie ai quali è stato pubblicato l'articolo.

Di Ilaria Falconieri

“Il cuore rallenta e la testa cammina” sono i versi con i quali Fabrizio De Andrè si avvicinava, in un suo pezzo, al mondo dei Rom. Quegli stessi versi accompagnano i passi, i pochi metri appena fuori dall’abitato neretino che bisogna percorrere per raggiungere la tendopoli degli immigrati stagionali. Loro non sono Rom, vengono dall’Africa da ogni parte dell’Africa (Sudan, Tunisia, Marocco, Burkina-Faso) ma si ha la sensazione di doversi avvicinare quasi con circospezione a questo loro mondo fatto di disperazione e speranza e non per paura del diverso, per xenofobia, come spesso accade, ma per paura di violare il loro dolore silenzioso.
La situazione degli immigrati stagionali, tristemente nota a Nardò, è solo una delle tante sacche di miseria e povertà che sistematicamente da 20 anni a questa parte si trasferisce dal sud del mondo a sud dell’Italia, Puglia, ma anche Calabria, Campania, Basilicata, Sicilia. Il Comune di Nardò per far fronte alla situazione si è attivato lo scorso anno con la realizzazione del progetto A.M.I.C.I che, attraverso i finanziamenti regionali, prevedeva la ristrutturazione dell’immobile masseria Boncuri e l’utilizzo di quest’ultimo come “centro di accoglienza” per gli immigrati stagionali. Il centro, tuttavia, gestito dalla cooperativa “Finis Terrae” può accogliere solo poco più di 50 persone mentre il flusso di immigrati che ogni anno interessa la nostra città è stimato attorno le 400 persone. Per assurdo dunque la pur meritevole iniziativa dell’amministrazione ha creato, se possibile, una gerarchia della disperazione, con immigrati di serie A, i fortunati che hanno trovato alloggio presso la masseria e quelli di serie B che si sono accampati nelle campagne come e dove hanno potuto. Ma la situazione è ancora più complessa e riguarda proprio le dinamiche sociali all’interno della tendopoli. Vi convivono etnie diverse, e sebbene sia stupefacente come questo avvenga senza grossi problemi, “all’interno del campo – racconta uno dei tanti volontari che quotidianamente portano il loro sostegno agli immigrati – le prevaricazioni sono all’ordine del giorno”. Sempre i volontari ci spiegano infatti che all’interno di questa comunità si sono creati dei fenomeni di caporalato interetnico per cui anche il solo possesso di un’auto per gli spostamenti costituisce un vantaggio tale da creare prevaricazione. “Chi tra di loro ha l’auto si fa pagare 3 euro per un passaggio” continuano i volontari “tra di loro poi alcuni si sono fatti gestori di una sorta di mensa e chiedono 3 euro e 50 per un piatto di cuscus o 1 euro per il latte”. Ma il vero problema è che molti di loro sono senza lavoro. Il prolungarsi delle piogge quest’anno ha infatti ridotto la richiesta di manodopera nei campi per cui molti immigrati non hanno denaro, per mangiare, per bere e meno che mai per partire. Poi c’è il decreto sicurezza che ha confuso ulteriormente le idee e generato tra gli extracomunitari il terrore di chiedere soccorso medico nonostante tra di loro, viste le precarissime condizioni igieniche in cui vivono, molti avrebbero bisogno di cure.
Una situazione al limite in cui però c’è una nota positiva e di speranza: un gruppo di volontari, si è attivato da alcuni giorni per alleviare le sofferenze di questa gente organizzando una distribuzione quotidiana d’acqua di cui, nel campo c’è, disperatamente bisogno. Si sono autotassati per l’acquisto di un contenitore da 200 litri con il quale approvvigionano il campo di acqua fresca che attingono da un pozzo privato poco distante, per un totale di 500 litri al giorno, si sono autotassati per acquistare prodotti contro le zanzare che dilagano nel campo torturandone gli “ospiti” e si stanno attrezzando per la distribuzione di generi alimentari da reperire, si spera, attraverso il buon cuore di tutti.
C’è poi l’intervento di alcuni medici che, “senza frontiere” in questa appendice d’Africa, hanno visitato alcuni malati nel campo, distribuito medicinali e si sono messi a disposizione con i volontari per qualsiasi esigenza.
Uno di loro, R.L, medico ospedaliero di Nardò, ci dice quanto importante sia che passi questo messaggio “Queste persone hanno diritto ad essere curate ed in merito ci sono disposizioni ben precise del governatore regionale. Anche un medico curante può e deve prestare cure mediche a quanti tra gli immigrati dovessero rivolgersi a lui, avvalendosi, per la prescrizione dei farmaci di un codice generico (x01) appositamente istituito”.
Tante infine le iniziative che hanno in cantiere i volontari atte a favorire l’integrazione: partite di calcio, feste interetniche e lezioni di italiano. Iniziative, assieme a quella della distribuzione dell’acqua, di cui hanno tuttavia remore a parlare temendo sgomberi coatti del campo o altri provvedimenti contro gli immigrati.
Un particolare colpisce della vita nel campo: un sottofondo di parole e musiche etniche grazie a qualche antenna parabolica sparsa qua e là. Unico contatto con una terra, la loro, che se non spinti da necessità non avrebbero probabilmente mai lasciato. Una musica questa che, gli italiani conosco bene.

Strage Borsellino, il processo si rifarà

Il processo per l'uccisione di Paolo Borsellino è oramai da rifare. Il primo pezzo sta già andando verso la revisione: usciranno di scena i falsi attentatori, entreranno nel nuovo dibattimento gli ultimi sospettati, resteranno sospesi sui loro ergastoli i mandanti mafiosi e resteranno coperti nel segreto ancora per un po' di tempo quei "mandanti altri" - gli occulti - che avrebbero deciso la strage insieme ai boss. Si ricomincia daccapo per tutti i massacri siciliani dell'estate 1992.

I pubblici ministeri di Caltanissetta studiano in questi giorni le carte per inviare alla Corte di Appello di Catania, competente per territorio, una tranche del primo processo Borsellino. E intanto hanno spedito una raffica di richieste ai capi dei servizi segreti, il vecchio Sisde e il vecchio Sismi, per "l'identificazione" di almeno una dozzina di agenti segreti coinvolti in "operazioni sporche" in Sicilia. Sono investigazioni ad incastro. Ogni giorno, a Caltanissetta, sfilano testimoni eccellenti che ricostruiscono vicende di 17 anni fa. Come due magistrati che, a metà mese, si sono presentati al procuratore capo Sergio Lari e al suo vice Domenico Gozzo. Due giovani colleghi di Paolo Borsellino a Marsala, un uomo e una donna. Hanno messo a verbale: "Un giorno di quell'estate siamo andati a trovare Paolo nel suo ufficio a Palermo, era stravolto. Si è alzato dalla sedia, si è disteso sul divano, si è coperto il volto con le mani ed è scoppiato a piangere. Era distrutto e ripeteva: "Un amico mi ha tradito, un amico mi ha tradito..."".

I pubblici ministeri di Caltanissetta ora stanno provando a scoprire il nome di quell'"amico" e provando a capire se il "tradimento" sia legato alla trattativa fra Mafia e Stato forse proprio all'origine della morte di Borsellino. S'interrogano testimoni e s'indagano nuovi protagonisti dei misteri e dei crimini siciliani. Mafiosi e funzionari di polizia che al tempo seguirono l'inchiesta, uomini dei "servizi", picciotti che trasportarono auto e esplosivi. Cambia anche l'"epicentro" mafioso delle indagini. Si sposta dalla "famiglia" della Guadagna (quella del pentito fasullo, Vincenzo Scarantino, che si autoaccusò della strage) a quella di Brancaccio (quella di Gaspare Spatuzza, il pentito che ha smentito Scarantino ammettendo di essere stato lui a portare l'autobomba in via D'Amelio), cambiano gli scenari mafiosi e non solo quelli.

La caccia è anche agli altri, agli "esterni" a Cosa Nostra, quelli che insieme ai boss avrebbero "ideato e organizzato" la strage. Si cerca ancora il misterioso agente segreto con "la faccia da mostro", l'uomo che sarebbe stato visto sia "nei pressi dell'Addaura" - quando mafiosi e "servizi" volevano far saltare in aria Falcone nel giugno dell'89 - e l'uomo - secondo le rivelazioni di Massimo Ciancimino - che complottava con suo padre, don Vito. Nelle ultime ore si è diffusa la voce che "faccia da mostro" era stato identificato. Falso. Poi, ieri, un foglio locale ha riportato la notizia che l'agente con quel volto deformato è stato avvistato anche in via D'Amelio il giorno della strage. Falso.

Nella convulsa nuova fase d'indagine sulle stragi siciliane si rincorrono notizie vere e taroccate, come se qualcuno avesse ricominciato ancora con manovre e depistaggi. In questo clima i pm di Caltanissetta si preparano a trasmettere gli atti del primo processo Borsellino alla procura generale, che poi li invierà alla Corte di Appello di Catania per la revisione.
In tutto sono 47 gli imputati condannati nei tre processi contro sicari e mandanti della strage. La revisione coinvolgerà sicuramente i protagonisti del primo dibattimento. E cioè il falso pentito Vincenzo Scarantino e il suo compare Salvatore Candura, poi Salvatore Profeta che era indicato da Scarantino come il "committente" del furto della Fiat 126. E infine Giuseppe Orofino, il proprietario del garage dove fu "preparata" l'autobomba. Molti degli imputati del processo bis e ter non saranno trascinati in un nuovo processo. Soprattutto quelli della Cupola, già condannati come mandanti. Al contrario, alcuni dei loro vice potrebbero vedersi annullato l'ergastolo. Ma c'è già un primo ostacolo "tecnico" per la revisione: a Catania, dove dovrebbe rifarsi il processo, procuratore generale è oggi Giovanni Tinebra che era procuratore capo a Caltanissetta quando si avviarono le indagini sulla strage Borsellino. C'è il rischio serio che il processo venga trasferito in un'altra Corte di Appello ancora: quella di Messina. In attesa di nuovi riscontri su via D'Amelio i magistrati raccolgono informazioni anche su Capaci. Il pentito Gaspare Spatuzza ha raccontato che "una parte dell'esplosivo per uccidere Falcone viene dal mare". L'hanno pescato nel Tirreno, polveri di bombe della seconda guerra.

Sarà classificato top secret il famigerato "papello" che dovrebbe consegnare Massimo Ciancimino. Oggi i magistrati lo aspettano a Palermo. Chissà se il figlio prediletto di don Vito questa volta porterà il suo "tesoro" di carte.

(30 luglio 2009) La Repubblica

L'influenza non paga la crisi, e la paura fa 90

La storia di un virus influenzale a passo con i tempi, e che non teme la crisi, e di un mondo dove chi non terrorizza si ammala di terrore.

Non c'è niente di più moderno di un virus influenzale: globale, per tutti, senza distinzione di razza colore e censo. Non conosce confini e dazi doganali, non lo fermano scanner, carceri e centri di identificazione; è neutrale, più delle nazioni unite, è neutro come genere; è nella crisi, suo volano e accelleratore, ma anche un passo avanti, si ricombina , muta, ha in sé un'attitudine ad essere libero, autonomo e indipendente. Fa paura, come un terremoto, perchè evolve e si scatena inaspettato, e accompagna mai sconfitto, ma solo arginato dai vaccini, il progressivo cammino della storia.

E', in verità, una storia antica; l'ultima vera pandemia è del biennio 1918/19; fine della prima Guerra Mondiale. Il mondo che si scopre più piccolo, e se da quella guerra nascerà la prima grande crisi economica e di sistema che sarà la radice del nuovo secolo della modernità, la prima traccia è l'epidemia di influenza, detta Spagnola, che colpirà tutti i continenti del Mondo e farà in due anni qualcosa come 50 milioni di morti e un miliardo di contaggiati.

Era nata nei campi dello stato americano del Kansas e arriva in Europa con il corpo di spedizione statunitense; nei paesi belliggeranti è tenuta nascosta, con una grandissima opera di censura, ma in Spagna, non coinvolta nel conflitto, la stampa riempie colonne intere dei giornali e trasmissioni della sempre più diffusa radio. Divenne un mito del terrorre che ancora i più vecchi raccontano con una certa ansia, solo in Italia si calcola che vi furono più di 600mila vittime.

Oggi, nel tempo della comunicazione globale tutti ne parlano, ed il contagio prima che fisico è mediatico; è il contagio della paura. La paura paga in termini econimici, i grandi operatori finanziari stimano un introito complessivo per le case farmaceutiche di 10 miliardi di dollari; la paura non fa pensare. Non si pensa alla reale situazione del sistema sanitario, allo sbando in molti paesi del G8, frammentario o inesistente nel resto del mondo, e aggravato dal tempo della crisi.

Non più tardi di quattro anni fà l'Organizzazione Mondiale della Sanità con l'appoggio del Fondo Monetario Internazionale hanno costretto le varie nazioni a fare scorte di farmaci per arginare il contagio dell'influenza aviaria; con i magazzini pieni ora serve un esercito di ammalati o meglio una società che abbia paura di ammalarsi. Una buona informazione spiegherebbe che ci si ammala di influenza ogni inverno e che il rischio pademia è relativo alle elevate possibilità di contaggio proprie di ogni influenza. Una buona informazione direbbe che i farmaci esistenti sono mezzi di cura e non di prevenzione e che il primo vaccino antivirale e previsto per l'autunno, sperando che il virus non muti.

Un'informazione malata dice che di influenza, di questa in particolare si muore; si muore pechè l'inflenza debilita e da corso e rafforza altre patologie già esistenti. Si muore perchè in paesi, come il Messico, se non hai una carta di credito per la clinica privata gestita da stranieri, in un ospedale pubblico non ti curano perchè i farmaci costano anche 84 dollari a dose.

Si muore perchè ci si ammala della paura di morire.

di Garbat da GlobalProject

Borsellino: ''Piano P2 in atto''

Camerano (AN).“Io credo che il più grosso vilipendio alle istituzioni sia rappresentato dal fatto che persone indegne occupano quelle stesse istituzioni”.Lo ha dichiarato Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino, nell’ambito della conferenza organizzata a Camerano, in provincia di Ancona, dall’associazione di volontariato “Finestre Rosse” e attualmente in corso. “Noi viviamo in un Paese in cui si fa strame della Costituzione, in cui c’è una legge per i potenti e una per i deboli. E basti pensare al lodo Alfano, secondo il quale ci sono persone che sono diverse dalle altre e non devono rispondere dei loro crimini”. “Noi – ha proseguito Borsellino – viviamo in un Paese in cui è in piena attuazione il Piano di rinascita della P2 di Licio Gelli e il fondo non è ancora stato toccato perché giorno dopo giorno scivoliamo sempre più verso il baratro”.

da Indymedia

CLOCHARD STA SCONTANDO A REBIBBIA TRE MESI DI CARCERE: AVEVA RUBATO UN FILONE DI PANE


28/07/2009) - Un clochard, a Roma, tre anni fa, viene sorpreso a rubare un filone di pane e un altro genere alimentare in un supermercato perché affamato. Arrestato e denunciato per furto si pensava che l'episodio fosse chiuso. Nel frattempo passano tre anni e il barbone romano è ricoverato presso l'Ospedale Santo Spirito, ma il giudice stabilisce la traduzione immediata in carcere. Questo dopo tre anni. Il giudice decide di fargli scontare tre mesi di reclusione nel carcere di Rebibbia. E' inflessibile. E' rigoroso. E' ligio alla legge. Prima di tutto la certezza della pena, poi gli aspetti umanitari. E' vero che in teoria siamo tutti uguali di fronte alla legge, ma ricordiamo che negli ultimi tempi uomini ubriachi o tossicodipenti, a Roma, hanno investito più persone che sono morte e sono a piede libero, cioè ai domiciliari. Lo stesso dicasi per alcuni stupratori donne e alcuni pedofili. Quello della giustizia, in questo Paese, è un problema serio e irrisolto. E' stato risolto il lodo Alfano per tutelare le cariche dello Stato. E basta. Vediamo il penale: in primo grado vieni condannato, in secondo la pena diminuisce e in terzo grado assolto.Intanto passano 10 anni e gli avvocati si arrichiscono, tranne che per Berlusconi che ha un pool capitanato da Ghedini e prima ancora da Previti ormai caduto in disgrazia perchè incastrato dalla Boccassini. Ricordo che il Governo Prodi fu varato l'indulto e alcuni detenuti che ne hanno usufruito erano dei delinquenti, ma per il povero clochard non c'è nulla da fare. Generalmente le agenzie di stampa o i quotidiani scrivono il nome del giudice, l'età dell'imputato e le sue condizioni. Ebbene non mi è stato possibile sapere chi ha adottato questa decisione e perchè. Leggere o conoscere la sentenza emessa in nome del popolo italiano. Questo clochard ora è ricoverato nell'infermeria del carcere di Rebibbia e mio auguro che parlamentari di tutti i gruppi e i Consiglieri regionali vadano a trovarlo. Anche Gesù ha detto: "Ero in carcere e siete venuti a trovarmi", ci racconta l'evangelista Matteo. A Roma ci sono quasi 1000 parlamentari vedremo quanti andranno a visitare un uomo che spinto dalla fame ha rubato un filone di pane. Lo stesso dicasi per il Consiglio Regionale del Lazio presieduto da Guido Milana (PD) e che ha ben 70 consiglieri regionali. Tutti possono andare in carcere a Rebibbia a vedere le condizioni di questo clochard e riferirne alla stampa anche con una conferenza ad hoc. E il deputato Rita Bernardini dei radicali e la sua amica Emma Bonino? ci facciano sapere qualcosa. Ho citato loro perché si dicono attenti ai diritti umani. lo dimostrino con i fatti anche delegando altri parlamentari o consiglieri regionali del Lazio. E poi ci sono i cattolici: quelli dell'UDC, Casini, Tabacci, e Cesa, c' è Rotondi, c'è il Sottosegratario Pizza alla PI, ci sono i ciellini Maurizio Bernardo e il Vice presidente della Camera Lupi, e tanti altri. Anche Buttiglione, Scalfaro, Emilio Colombo e Cossiga. Chiudo rilevando che lo stesso Di Pietro ha dichiarato che su 4.500 inquisiti per Tangentopoli (che non avevano rubato un filone di pane!) tantissimi non sono neanche entrati in carcere. A pagare è stato Cusani e qualche altro. Quindi il clochard affamato attualmente detenuto paga quanto un politico corrotto o concusso che ha saccheggiato le casse dello stato con tangenti o ricettazione di denaro. L'italia dei valori il cui segretario è Antonio Di Pietro, ex magistrato ( e a cui non possono certo raccontargliela) vada fino in fondo in questa triste vicenda che ha per protagonista un uomo debole, non tutelato ed escluso dalla società. Ma è sempre un uomo "creato a immagine e a somiglianza di Dio". E voi Enrico Letta e Rosy Bindi, cattolici adulti, non trovate un'ora del vostro tempo per andare a Rebibbia o pensate solo alle lotte intestine con altri cattolici come Franceschini, Fioroni, Binetti, e Marini? Pensate solo al potere, al successo e alla popolarità? Dimostrate, una volta tanto, che siete diversi da ciò che riguarda l' arrivismo e il potere.

Alberto Giannino da Indymedia

I carabinieri hanno impiccato un uomo a Rovereto

In risposta alla morte in carcere di un uomo di 48 anni (vedi il volantino allegato), oggi una trentina di compagni - a cui via via si sono uniti solidali e amici - ha bloccato per due ore diverse vie della città, mentre venivano fatti interventi al megafono, distribuiti volantini e affissi manifesti. Sullo striscione c'era scritto "Stefano è stato ucciso. Carabinieri e carcere assassini". Dopo le strade, per circa venti minuti sono stati bloccati due treni in stazione e poi di nuovo un corteo spontaneo ha chiuso corso Rosmini (il viale principale di Rovereto) con materiale vario recuperato nei cantieri a fianco. Non poteva mancare un saluto solidale ai detenuti. I carabinieri non si sono fatti neanche vedere (un'auto dei militi è rimasta bloccata dai manifestanti e se ne è andata in tutta fretta...). La polizia, benché avesse indossato minacciosamente i caschi e impugnato i manganelli, si è tenuta sempre a distanza. Oggi non era aria. Solidale la reazione di molti passanti e automobilisti e anche dei passeggeri dei treni. Questa morte non passerà nel silenzio.
In allegato il volantino distribuito.

anarchiche e anarchici

STEFANO È STATO UCCISO
CARABINIERI ASSASSINI

Martedì scorso, verso sera, Stefano Frapporti, detto “Cabana”, viene fermato a Rovereto da due carabinieri in borghese perché era passato col rosso in bicicletta. I militi cominciano subito a strattonarlo e a picchiano davanti ad amici e conoscenti; lo trascinano in caserma e poi perquisiscono casa sua, dove trovano un po’ di fumo.
Lo arrestano senza permettergli – né in caserma né in carcere – di avvisare l’avvocato oppure qualche parente. La mattina dopo lo trovano impiccato in cella, al collo il cordino della tuta (che per regolamento non potrebbe avere con sé). Ai famigliari non viene mostrato il corpo, che viene trasportato in fretta, subito dopo il funerale, verso la camera di cremazione (non sappiamo se la salma sia già stata cremata).

Questa storia fa acqua da tutte le parti. Due carabinieri in borghese che aggrediscono qualcuno per un semaforo rosso non rispettato, un arresto non comunicato, un “suicidio” compiuto con parti di vestiti che un detenuto non potrebbe avere quando arriva in cella, una salma che non viene mostrata ai famigliari, una cremazione non decisa dalla famiglia. A questo aggiungiamo che un’altra persona è stata arrestata subito dopo Stefano, sempre per fumo, e che in carcere aveva sul corpo i segni evidenti di un pestaggio.
Da notare infine il silenzio dei giornali, rotto solo quattro giorni dopo il “suicidio” per dire che la “procedura dell’arresto è stata ineccepibile” (mettiamo le mani avanti?), salvo poi rivelare – vedi il “Trentino” di oggi – alcune perplessità (affermando però allo stesso tempo che i risultati dell’autopsia confermeranno “fuori di dubbio” che Stefano si è impiccato).

A noi sembra invece “fuori di dubbio” che se non è stato ucciso in carcere, è stato pestato in caserma (motivo per cui i famigliari non sono stati avvertiti prima ed è stato poi impedito loro di vedere il corpo). Di fronte alla denuncia della famiglia, ora corrono ai ripari aprendo un’inchiesta. Una bella inchiesta. Come quelle sulle torture a Genova...

Sappiamo per certo che non è la prima volta che nella caserma dei carabinieri di Rovereto – come nelle caserme e questure di tutto il mondo – avvengono pestaggi. Per noi le responsabilità della morte di “Cabana” ricadono sui carabinieri che hanno condotto questa “brillante operazione”. Se non hanno stretto il cordino attorno al collo di Stefano, hanno fatto tutto il possibile perché se lo stringesse da sé. È entrato in caserma vivo martedì sera, mercoledì mattina è uscito morto da una cella di via Prati. Punto.
Per questo diciamo che sono degli assassini.
Non possiamo accettare tutto questo. Accettarlo vorrebbe dire rinunciare ad ogni slancio del cuore, ad ogni sussulto di dignità, ad ogni sentimento di solidarietà.
Non possiamo permettere che la normalità cittadina proceda come se niente fosse.

da Indymedia

Grecia - squadracce di neofascisti per cacciare i migranti dai quartieri

Atene – Nella capitale greca gruppi di cittadini rabbiosi spalleggiati da militanti di estrema destra stanno cacciando i clandestini, per lo più afghani, da alcuni quartieri della città, come Agion Panteleimon. Gli immigrati, che da mesi dormivano nei parchi, nelle strade o dai “mercanti di sonno”, sono circa duemila. Tuttavia queste spedizioni punitive hanno fatto sloggiare gli stranieri solo di qualche via. Ci vuole ben altro per risolvere un problema mondiale come quello dell'immigrazione

“Abbiamo paura. Camminiamo radendo i muri. E' così dura che molti preferiscono tornare in Afghanistan, ma nessuno ci aiuta ”, si lamenta Zahir Mahmadi, un ex militare che ha chiesto asilo politico, e che passa le giornate a cercare di alleviare le sofferenze dei suoi compatrioti. La Grecia, che rifiuta la regolarizzazione a coloro che sono arrivati dopo il 205, ci rifiuta i documenti. Anche a “20 euro al giorno non c’è piu’ lavoro sui cantieri. Che ci lascino almeno continuare verso altri paesi d’Europa”.

Per la gente del quartiere di Agion Panteleimon “bisogna fermare il flusso di stranieri che entra nel paese”, ma è tuttavia opinione diffusa che la violenza non sia una soluzione. “Sono contro questi metodi – dice Haralambos Drakulis, un commerciante della zona – e poi a furia di picchiare – inizieranno a rispondere anche gli immigrati e allora le cose si complicheranno”.

Dopo anni di sottovalutazione del problema, la Grecia sta correndo ai ripari. Il governo conservatore ha prolungato la durata di detenzione per i clandestini fino a sei mesi, e poi a un anno. La pena per gli organizzatori del traffico possono arrivare ad un massimo di 30 anni di carcere. Il ministro degli interni ha inoltre predisposto una serie di campi chiamati “di ricezione”, ma che le ong hanno già definito “di concentramento”, e organizzato un servizio di rimpatrio in aereo.

da Indymedia

Tokyo rilancia, tre esecuzioni all'alba di ieri

Il boia non molla. Nonostante lo scioglimento della Camera e l'inizio di una campagna elettorale che potrebbe scalzare dal potere la Balena Gialla, il ministro della giustizia Eisuke Mori ha trovato il tempo, ieri, di ordinare tre esecuzioni. Così, all'alba e come al solito senza alcun preavviso, due persone sono state impiccate a Tokyo e una a Osaka, tutti rei confessi di almeno tre omicidi ciascuno. Una danza macabra alla quale il governo giapponese, incurante delle pressioni internazionali e invocando il diffuso quanto irrazionale consenso popolare, ci ha abituato negli ultimi anni.Da quando, accettando di annunciare i nomi dei condannati e il carcere dove sono stati giustiziati, ha al tempo stesso premuto sull'acceleratore delle esecuzioni. «E' questione di efficienza e di credibilità della giustizia», soleva dire uno dei più efficaci interpreti della nuova linea «trasparente», l'ex ministro della giustizia Kunio Hatoyama: «Se i tribunali emettono una sentenza, questa va eseguita. Non avete idea di quanto costi, all'erario, mantenere un condannato a morte», disse tra gli sguardi allibiti dei giornalisti stranieri e quelli indifferenti dei colleghi locali, chini sui taccuini.
A fine agosto in Giappone si vota, e al potere, dicono i sondaggi (e forse stavolta non sbagliano) andrà il partito democratico. Alla cui guida c'è Yukio, fratello maggiore dell'ex ministro forcaiolo. Yukio è un gentiluomo, veste Armani e promette ai giapponesi cose inaudite: indennità di disoccupazione, sussidi per le famiglie povere, pannolini gratis alle mamme che fanno figli, abolizione dei pedaggi autostradali. Ma sulla pena di morte la pensa come il malsopportato fratellino. Nel «manifesto» (si chiama proprio così) del partito democratico la questione della pena di morte è appena accennata, con un vago richiamo alla necessità di affrontare il problema, ma senz'altro impegno se non quello di accelerare la riforma del codice penale e introdurre il carcere a vita senza possibilità di libertà anticipata o di sconti di pena, come di fatto (ma solo per i criminali comuni) avviene oggi.
Per una strana ma inquietante coincidenza, ieri la polizia giapponese ha anche comunicato i nuovi, drammatici dati sui suicidi. Rispetto all'anno scorso, che pure aveva segnato un record (34 mila suicidi) sono aumentati nei prime sei mesi di quest'anno del 4.2%. Oramai siamo a 94 suicidi al giorno, oltre 100 nei mesi più difficili, come aprile, quando termina l'anno fiscale e le imprese debbono licenziare o dichiarare fallimento. Anche in questo caso, il partito democratico non trova di meglio che promettere, in caso di vittoria, di proibire le polizze che pagano anche il suicidio, che in Giappone, unico paese al mondo, sono la norma. Molti ritengono che questa pratica rappresenti di fatto un incentivo per quanti, disperati per la perdita o la mancanza di un lavoro, cercano un modo socialmente e finanziariamente accettabile per consentire alla famiglia di sopravvivere.

di Pio D'Emilia da Il Manifesto

Verso la fine dello stato di diritto


Credo sia un grave errore pensare che il governo Berlusconi, la maggioranza berlusconiana, non persegua una ben precisa strategia che mira a modificare in modo radicalmente autoritario ed illiberale il nostro paese. Il disegno, di chiara matrice piduista, impone sia ampie revisioni costituzionali che svuotamenti della Carta attraverso la legislazione ordinaria: matrice di fondo è la soppressione di quella che gli anglosassoni chiamano balance of powers, il bilanciamento dei poteri.

La Costituzione deve subire – in tale progetto strategico - una svolta presidenziale, con la concentrazione dei poteri di governo nelle mani di un’unica persona: il parlamento ridotto a mero organo di ratifica dei voleri della maggioranza, Corte costituzionale e Consiglio superiore della magistratura modificati nella loro composizione attraverso l’aumento dei membri di nomina politica. Il presidente della repubblica sarà quindi capo del governo, capo delle forze armate, capo del csm e magari, se lo scenario di infiltrazione mafiosa nel tessuto economico e politico-istituzionale del nostro paese rimarrà quello attuale, anche capo dei capi.
Dal momento che anche una maggioranza di chiara ispirazione autoritaria ed illiberale non potrà mai abolire formalmente l’art. 3 della Costituzione (l’uguaglianza delle persone di fronte alla legge) e l’art. 21 della Costituzione (libera manifestazione del pensiero e diritto di cronaca) ecco che si colpiscono – attraverso lo strumento della legge ordinaria – quelli che sono due baluardi di ogni stato di diritto che consentono l’effettiva attuazione di tali principi: l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e dell’informazione. In questi ultimi mesi la maggioranza sta portando avanti un disegno di complessivo annichilimento dell’autonomia della magistratura e dell’indipendenza, libertà e pluralismo dell’informazione.
Corollari di un disegno autoritario di questo tipo sono anche taluni censurabili provvedimenti normativi adottati negli ultimi mesi e che offrono una chiara cornice dell’avanzare del fascismo del terzo millennio: 1) le ronde che – mortificando le forze dell’ordine - introducono la privatizzazione della sicurezza pubblica e l’istituzionalizzazione in alcune aree del controllo del territorio da parte della criminalità organizzata (tipico strumento utilizzato nel ventennio del secolo scorso e nel periodo iniziale dei paramilitari colombiani); 2) il ricorso sempre maggiore ai militari per compiti di ordine pubblico che – soprattutto in un’ottica di presidenzialismo di chiara ispirazione piduista – potranno essere utilizzati per affrontare conflitti sociali e reprimere il dissenso che viene sempre più criminalizzato nel nostro paese attraverso pratiche liberticide tipiche della tolleranza zero; 3) la criminalizzazione dell’immigrato in quanto tale e non perché ha commesso un reato, ossia l’introduzione della colpa d’autore tanto cara al regime nazi-fascista, con tratti xenofobi indegni di un paese democratico.
Un disegno autoritario di tale portata nasce e si consolida attraverso un ricercato crollo etico anche grazie all’imperversare della pubblicità commerciale, del consolidamento della teoria del consumatore universale, del radicamento del pensiero unico, del rovesciamento dei valori: non conta chi sei, qual è la tua storia, ma quanto appari; il culto del profitto, dell’avere al posto dell’essere, del dio denaro. Un revisionismo culturale realizzato in anni di bombardamento mediatico, in un conflitto di interessi mai affrontato da un opaco centro-sinistra intriso da tanti conflitti d’interessi. Un definitivo controllo delle coscienze e la narcotizzazione delle menti e finanche dei cuori deve passare attraverso la mortificazione della scuola pubblica, dell’università e della ricerca: deve apparire che siamo un paese normale (quanto bello ed attuale quell’articolo di Domenico Starnone che parlava di normale devianza).
Di fronte ad un disegno che appare a tratti anche eversivo dell’ordine costituzionale; di fronte ad un paese dove le mafie condizionano in modo devastante parte significativa del pil e riciclano immani somme di denaro in ogni settore suscettibile di valutazione economica ed in ogni parte del territorio nazionale; di fronte ad una capillare penetrazione della criminalità organizzata in vasti settori della politica e delle istituzioni, attraverso soprattutto il controllo della spesa pubblica; di fronte ad un collante sempre più evidente tra sistema politico castale e criminalità organizzata; di fronte a tutto questo, le forze democratiche – in qualunque articolazione della società civile siano presenti - debbono impegnarsi tanto e concretamente per impedire la realizzazione di un tale progetto politico che condurrà inesorabilmente alla fine dello stato di diritto.
Così come chi è investito di ruoli istituzionali e non è ancora totalmente assuefatto a tale sistema di potere deve battere un colpo per difendere la Costituzione nata dalla Resistenza e per far sì che venga attuata giorno per giorno.

di Luigi De Magistris Eurodeputato Italia dei Valori
da Il Manifesto

Bologna: Due Agosto: Corteo della memoria fino a Piazza dell'Unità ·

Pubblichiamo il comunicato dell'iniziativa che promuoviamo per il Due Agosto insieme ad altri singoli, reti e spazi sociali cittadini.

NOI SAPPIAMO. NOI NON DIMENTICHIAMO

«Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). 

Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. 

Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. 

Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.»

Così incominciava il “Romanzo delle stragi” di Pasolini (1975). Ma in anni recenti, anche e soprattutto negli appelli alla verità fatti dai palchi e dagli scranni istituzionali, assistiamo al tentativo di trasformare la memoria delle stragi in una commedia, dove vengono messi in scena personaggi improbabili e continui depistaggi. Non potendo tutto negare, le dichiarazioni di rappresentanti di governo, così come i tanti libri recenti scritti da postfascisti e le cicliche rivelazioni giornalistiche al soldo del regime, tendono ad accreditare una verità dimezzata: furono alcune “menti bacate” neofasciste a promuovere la “strategia della tensione” e la violenza stragista degli anni Settanta.

Ma noi sappiamo qual è il loro gioco: nascondere e far dimenticare i mandanti e la finalità delle stragi, la loro genesi nelle istituzioni opache dello Stato italiano, dimostrata in tanti processi. Dalla strage di piazza Fontana del 1969 fino a quella di Bologna del 1980, l’Italia ha sperimentato infatti una lunga “strategia delle stragi” condotta da uomini degli apparati dello Stato e da neofascisti da essi personalmente organizzati, indirizzati, finanziati e protetti. Quelle bombe contribuirono a reprimere il movimento operaio e studentesco: il loro scopo era quello di spaventare, di manipolare l’opinione pubblica, di promuovere con la violenza un “ritorno all’ordine”. E quei crimini sono effettivamente serviti per costruire un mondo più ingiusto, ipocrita e violento. Oggi è importante ricordare che lo stragismo fu di Stato. Non solo contro tutti i tentativi di depistaggio e di revisionismo, ma soprattutto perché la memoria diffusa è l’unico antidoto contro la possibilità che certi eventi possano ripetersi.

Per questo, in occasione dell’anniversario della strage di stato del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, vogliamo ribadire, con Pasolini, che noi sappiamo e non dimentichiamo. Vogliamo ribadirlo soprattutto oggi che la repressione della diversità, delle lotte sociali, dei desideri di liberazione, dei diritti delle persone si fa sempre più violenta. E non intendiamo essere complici di chi, ancora una volta, utilizzerà l’anniversario di una strage per sdoganare il proprio criminale revisionismo e negare le complicità con il fascismo di ieri e di oggi.

Invitiamo le donne e gli uomini che considerano la memoria e l’antifascismo valori etici irrinunciabili a lasciare, dopo il suono della sirena alle 10.25, il piazzale della stazione e proseguire con noi nel “corteo della memoria” verso piazza dell’Unità.

Antifasciste e antifascisti
(riunite e riuniti in assemblea il 27 luglio)

http://assembleantifascistabologna.noblogs.org/post/2009/07/29/due-agosto-corteo-della-memoria-fino-a-piazza-dell-unit

da Antifa