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martedì 21 luglio 2009

Nel nome di Carlo Giuliani


«Se cercate Carlo guardate il mare» ha detto Haidi Giuliani ieri in occasione della manifestazione che ogni anno si tiene a piazza Alimonda per ricordare quel 20 luglio 2001 quando alle 17,25 e non a e 27, come ha sottolineato il padre Giuliano Giuliani, venne sparato il primo colpo che uccise Carlo dal defender durante il G8 genovese. È stato Gogo, un compagno di scuola di Carlo a leggere un componimento che Carlo scrisse anni fa alla famiglia in cui c’è la sentenza a morte di un uomo con tanto di lettera alla moglie, condanna in latino e motivazioni delle colpe in francese. «Carlo aveva una grande facilità di scrittura e scriveva queste cose a noi, chiuso in una stanza per pochi minuti. Purtroppo quello che sembrava uno scherzo è stata una tragica profezia. Quale corpo fu più esposto del suo?», commenta Haidi. La condanna in latino prevede infatti che il corpo sia esposto appunto al pubblico ludibrio.
Il Comitato ha scelto di concentrarsi nuovamente in piazza Alimonda dove d’altra parte il 20 di ogni mese c’è un appuntamento fisso. Accanto alla cancellata della piazza c’erano ieri fogli stesi come panni con i perché di un’inchiesta affossata e archiviata. Ad esempio «perché il nome di Raffone che dicono essere l’altro occupante della jeep compare solo sabato mattina alle 12,30?» oppure «perché dei vari occupanti della jeep interrogano solo l’autista Cavataio e Placanica?» o ancora «perché il generale Desideri e Truglio decidono di parlare di un politraumatizzato mentre il 118 arrivato già da un quarto d’ora ha già dato conto del foto di un proiettile sotto l’occhio sinistro?».
Tra la folla ci sono i portavoce del Genoa social forum di allora, Vittorio Agnoletto e Alfio Nicotra e anche il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero: «Sono tornato come quasi tutti gli anni perché penso che c’è un valore della memoria. Non ricordare è uccidere due volte – dice Ferrero - È un dovere morale e politico. Se lo stato protegge pezzi dei suoi, è bene che si continui a chiedere giustizia». Sulle responsabilità degli alti vertici al potere torna anche Vittorio Agnoletto: «Sono le verità che fanno paura a questo stato. Hanno paura della Diaz e di Bolzaneto anche se è stata acquisita la verità in sede giudiziaria. Su Carlo non si vuole cercare la verità. L’unica speranza è che dalla Corte europea arrivi l’ingiunzione a riaprire il processo. Placanica probabilmente non è il responsabile. Il vero responsabile è coperto».
Tra la folla centinaia di persone arrivate dal Veneto, dalla Toscana, dal Piemonte e dalla Lombardia. Antonella, milanese, insegnante commenta che «era un manifestante che manifestava in modo pacifico» e che «ricordare è prendere coscienza dei fatti avvenuti per capirne l’importanza. Spiegare il proprio punto di vista senza temere ritorsioni». Giuliano Giuliani gira con una maglietta dei carcerati di Rebibbia «beato chi crede nella giustizia perché verrà giustiziato»: «A questo punto speriamo che sia favorevole la sentenza della Corte europea, che ci restituisca la giustizia che in Italia ci è stata negata», commenta.
Il giornalista Lorenzo Guadagnucci, una delle vittime del pestaggio alla Diaz (oggi modera un dibattito nel circolo Arci di San Fruttuoso prima della fiaccolata alla scuola) torna a ribadire che «quello che abbiamo visto 20 e 21 luglio sono incompatibili con una democrazia», poi guardando la folla «siamo consapevoli che siamo una minoranza. Non credo che debbano esserci decine di migliaia di persone. La gente che è qui ha molto da dire. Che siano tanti o pochi è irrilevante».
Ad ascoltare e guardare ci sono anche dei ragazzi che sicuramente al G8 2001 non c’erano. «Avevo 12 anni – ammette Chiara - mia mamma mi ha portato un dvd a casa. Ho capito che ci sono stati dei soprusi e che alla fine non hanno dato la colpa al carabiniere e poi sono qui per solidarietà». Dalla Toscana arriva anche uno cuoco bergamasco, Danilo, 18 anni: «Mi dà fastidio che sia passata la storia che stava attaccando i carabinieri. Hanno manipolatole le notizie. Stava resistendo a un’ingiustizia». In piazza anche due nigeriane portate da Francesca, genovese: «Erano davanti alla tv ho spiegato che cosa andavo a fare e hanno sentito la necessità di venire, anche se otto anni fa non erano neppure in Italia. Chissà perché non fanno altrettanto i genovesi». Tommaso un toscano adottato da Genova ricorda il panico, la paura e i lacrimogeni di sabato 21 luglio 2001 in corso Italia «fu traumatico erano luoghi che conoscevo. Genova era già la città del cuore. Rimane una ferita aperta». Sotto a tante parole le note di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones, Alessio Lega con «Cantacronache di ieri e di oggi», Marika, Pier e Fabio con «Bricchi, Gotti e Lambicchi» e Marco Rovelli col suo gruppo «libertAria».

di Alessandra Fava da Il Manifesto

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