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domenica 12 luglio 2009

Nucleare: il governo ignora il referendum con il quale gli italiani hanno rifiutato le centrali

Il governo Berlusconi, come ormai d’abitudine, si è fatto approvare dal Senato un mandato che ribalta il referendum dell’87, con il quale gli italiani avevano espresso la loro contrarietà alla costruzione di centrali nucleari senza interrogare gli enti locali né tantomeno affrontando un dibattito pubblico e trasparente.

Dopo l’approvazione del ddl sviluppo, avvenuta ieri, il governo avrà sei mesi per predisporre la normativa necessaria, localizzare i siti su cui sorgeranno le centrali e decidere i sistemi di stoccaggio e di deposito dei rifiuti radioattivi. Tutto questo in un Paese già sommerso dai rifiuti normali e in cui non siamo ancora riusciti a liberarci delle scorie stoccate in luoghi non adatti come Saluggia o che sono rimaste nella vecchia centrale.

“Un provvedimento storico - aveva già esultato il Ministro per lo Sviluppo economico, Scajola - che pone rimedio agli storici squilibri e ritardi nel nostro Paese”. Ma se uno squilibrio c’è, riguarda non di certo l’utilizzo del nucleare ormai obsoleto ma quello delle energie alternative.
In discontinuità con le scelte espresse in Europa, dove i Verdi acquisiscono sempre più consensi, e con gli Stati Uniti, dove si investe sulla green economy, il governo Berlusconi piazzerà centrali nucleari su un territorio, come quello italiano, altamente sismico e inadatto ad ospitarle.

I siti disponibili, infatti, dove le centrali nucleari potrebbero essere costruite sono solo in Puglia, tra Lombardia e Piemonte, in Sardegna e nell’ alto Lazio. Regioni che però si sono ribellate e hanno giustamente negato questa possibilità. Stando però alle intenzioni del governo le centrali da costruire dovrebbero essere cinque, per un investimento iniziale di almeno 20 miliardi, destinati a lievitare.
Il nucleare, oltre alla sua indiscutibile pericolosità, risiede anche nell’impossibilità di rendere funzionanti le centrali prima di un paio di decenni. Dunque l’ennesima operazione propagandistica del governo che però sembra lasciare perplessi i cittadini.

Perplessità che aumentano a causa di un mancato confronto ampio, trasparente e consapevole dei pericoli della scelta del nucleare . Nel 1987, infatti, 20 milioni di italiani dissero con chiarezza no alle centrali.
Per modificare dunque la decisione presa direttamente dal popolo sarebbe necessario un dibattito pubblico che fino ad ora non c’è stato.

Una scelta, quella del ritorno al nucleare, che si scontra con il voto univoco degli italiani che nel‘87 dissero No. Per quanto infatti un voto referendario non può obbligare il Parlamento in eterno, esso rappresenta un diritto unico e democratico ed uno strumento al quale la nostra democrazia si è affidata per assumere decisioni di particolare rilievo. Basti pensare al referendum sulla forma di Stato del ’74 o a quello sul divorzio dell’87.
Dunque per superare il voto referendario vi è la necessità di un confronto e non di certo di una legge delega che permette al Governo di scegliere quanto i cittadini qualche anno fa hanno rifiutato.

da Indymedia

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