HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

lunedì 24 agosto 2009

È ORA D'ARIA - Carceri piene, l'Italia rischia multe record

Scioperi della fame, risse, incendi, proteste. I detenuti chiedono giustizia all'Europa contro una detenzione «disumana e degradante». La sentenza del 16 luglio scorso della Corte dei diritti umani apre la strada dei risarcimenti e inchioda il governo italiano alle sue responsabilità. Nel silenzio del parlamento si mobilitano le associazioni rischia multe record Esposto collettivo a Trento: sovraffollamento, muffa e niente estintori. Proteste a Como, Venezia e Trani
Celle distrutte, suppellettili battute contro le inferriate, coperte e giornali dati alle fiamme. Ma anche denunce alla Corte europea di Strasburgo per vedere riconosciuto un indennizzo per la detenzione «disumana» trascorsa in galera. Nei penitenziari italiani la situazione è sempre più esplosiva.
Ieri, 156 persone rinchiuse nel carcere di Trento hanno dato mandato all'associazione «Diritti dei detenuti» di presentare un esposto: «Viviamo in una condizione inaccettabile - scrivono i detenuti - Nella struttura i termini di vivibilità minimi non sono stati rispettati. Le celle presentano segni di muffa e il bagno non rispetta le leggi sanitarie». Il sovraffollamento è cronico, la terza branda nelle celle (teoricamente non a norma) una costante. E la sicurezza? «Totalmente assente, un solo estintore per ogni braccio». Da qui la scelta di denunciare la situazione alla Corte europea dei diritti dell'uomo, la stessa che un mese fa ha condannato l'Italia a risarcire con mille euro un detenuto bosniaco rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia perché non erano stati rispettati i parametri fissati. Per Strasburgo, infatti, ad ogni detenuto spetterebbero 7,5 metri quadri, mentre nelle carceri italiane la media è intorno ai 3. Intanto, in altri penitenziari, invece di agire per vie legali si è passati a proteste più «muscolari».
Nella casa circondariale di Santa Maria Maggiore, a Venezia, ore di tensione con piccoli roghi in un braccio del carcere. Mentre a Padova una maxirissa con 60 immigrati coinvolti. «L'inizio del Ramadan è stato sempre un momento di tensione. Questa degenerazione violenta delle proteste, tuttavia, nulla ha a che fare con la religione», spiega Leo Angiulli, segretario regionale del Triveneto della Uil Penitenziari, che condivide la linea rigida dettata dal capo del Dap, Franco Ionta. «Se è legittimo manifestare e protestare non è consentito degenerare - afferma il sindacalista - Pertanto ci appelliamo al senso di responsabilità perché non si acceleri il precipitare di una situazione colpevolmente lasciata fermentare nell'indifferenza e che ben presto potrebbe connotarsi per una estrema ingestibilità». Ogni giorno è già troppo tardi.
Altre proteste sono scoppiate, sempre ieri, a Como, Trani e Roma. In molti altri penitenziari è in corso lo sciopero della fame. Il Sappe lancia l'allarme di un effetto «domino ed emulazione negli istituti che, se messi in pratica, piegherebbero le gambe a un sistema carcere ogni giorno sempre più traballante». Non solo per i detenuti, ma anche per gli agenti che lavorano nelle galere. «Sono in aumento gli attacchi al personale che ormai è demotivato, stanco e malpagato - denuncia Francesco Quinti della Fp Cgil - Gli uomini in servizio diminuiscono mentre i detenuti crescono di almeno mille unità al mese». Dello stesso avviso l'Osapp che lancia una provocazione ai parlamentari: «Un turno di sorveglianza effettuato alle stesse condizioni di chi svolge il lavoro di sorveglianza negli istituti di pena - spiega il segretario nazionale Leo Beneduci - una proposta dura, indirizzata agli stomaci più resistenti, quello che avete visto durante le ispezioni di ferragosto non basta a descrivere il quadro entro il quale ci muoviamo».
In questo clima cosa sta facendo il ministro della Giustizia Alfano? «Il suo atteggiamento è di palese immobilismo, basta pensare che il piano carceri di Ionta ancora non è arrivato in consiglio dei ministri - aggiunge Quinti - il governo ha delle responsabilità su quel che sta succedendo».
Né l'appello all'Europa del Guardasigilli (ha chiesto una soluzione per rimpatriare i detenuti immigrati) né la costruzione di nuovi istituti (ci vorrebbero almeno 5 anni di tempo) appaiono soluzioni convincenti.
Per questo i radicali, dopo aver promosso l'ispezione parlamentare, tornano alla carica per trovare misure alternative alla galera (come la «messa alla prova» che ha portato ottimi risultati negli istituti minorili) e per la depenalizzazione di alcuni reati. Finora il governo non ha fatto nulla per intervenire. Rischia di pagare in multe e rivolte.

da IlManifesto

Nessun commento:

Posta un commento