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sabato 8 agosto 2009

Fausto e Iaio

"Associazione Familiari e amici di Fausto e Jaio - 1978 - Milano"

Faceva freddo a Milano il 18 marzo 1978, e il centro era intasato di auto della polizia e dei carabinieri: lampeggianti accesi, posti di blocco, mitra spianati. Due giorni prima a Roma era stato rapito Aldo Moro, e la macchina dello Stato sembrava impegnata in una buffa parodia di efficienza e "pronta risposta alla sfida brigatista", come promesso dal ministro dell'Interno Francesco Cossiga. Ma non c'erano sirene e poliziotti al Casoretto, quartiere di periferia. Solo persiane sbarrate a tener fuori lo smog e televisori accesi, in attesa del tg delle 20. A quell'ora Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci camminano lungo via Mancinelli, stretti nei paltò. Chiacchierano, e il freddo forma nuvolette di vapore davanti alle loro bocche. Hanno trascorso un pomeriggio tranquillo: Lorenzo in piazza Duomo insieme alla sua ragazza, Fausto al Parco Lambro con gli amici. Mezz'ora prima si sono incontrati alla "Crota Piemunteisa", un bar-trattoria di fronte al centro sociale Leoncavallo, e ora si dirigono verso casa di Fausto, in via Montenevoso 9, per l'appuntamento del sabato col risotto di mamma Danila. L'edicolante all'angolo tra via Casoretto e via Mancinelli li vede fermarsi davanti alle edizioni straordinarie dei giornali, a commentare i titoli sul sequestro Moro. Sono ragazzi come oggi ce ne sono sempre meno, Fausto e Iaio: attenti al mondo intorno a loro, impegnati nel quartiere. Negli ultimi mesi hanno lavorato ad un dossier sullo spaccio di droga al Casoretto.
All'altezza dell'Anderson School di via Mancinelli ci sono tre persone infagottate in trench bianchi. Una signora, Marisa Biffi, vede Fausto e Iaio fermi alla loro altezza. Ecco il suo racconto, tratto dal libro Fausto e Iaio, di Daniele Biacchessi, uno dei tanti giornalisti che hanno tentato di ricostruire il delitto: "Tre ragazzi sono in piedi sul marciapiede, a 5-6 metri da me. Contemporaneamente un altro giovane è leggermente piegato e si comprime lo stomaco con entrambe le mani. Odo tre colpi attutiti che lì per lì sembrano petardi. I tre giovani sul marciapiede scappano velocemente mentre quello che è piegato su se stesso cade a terra. Mi avvicino al giovane caduto... Subito oltre il suo corpo, a un paio di metri, il corpo di questo ragazzo che prima non avevo visto né in piedi né a terra. Nessuno dei due ragazzi pronuncia un parola... Altrettanto fanno gli assassini che fuggono nel silenzio, avviandosi verso via Leoncavallo. Noto che il giovane con l'impermeabile ha un sacchetto che sembra di cellophane bianco in mano".
Dalla testimonianza si deduce che gli assassini sono professionisti: agiscono rapidamente, non dicono un parola, raccolgono i bossoli nel sacchetto di plastica che la signora Biffi ha visto nelle mani di uno dei killer. A sparare otto o nove volte è stata una Beretta 80 calibro 7,65, arma leggera e agile, ideale per colpire da vicino. Prima è caduto Fausto, colpito all'addome, al torace, al braccio destro e ai lombi. Poi è toccato a Lorenzo: torace, ascella destra, inguine, fianco destro.
Dopo l'omicidio, il gruppetto di tre sparisce nel nulla. L'indomani un funzionario della Questura parla con i cronisti: "E' chiaro, si tratta di una faida tra gruppi della nuova sinistra, o inerente al traffico di stupefacenti". La scientifica fa circolare la voce che l'assassino abbia sparato con una pistola calibro 32. "E' un'ipotesi tirata per i capelli, come del resto quasi tutte quelle formulate - scrive L'Unità -. C'è almeno un elemento certo nelle indagini sulla barbara uccisione di Lorenzo Iannucci e Fausto Tinelli. I killer per uccidere hanno usato pistole automatiche avvolte in sacchetti di plastica".
L'articolo è firmato da Mauro Brutto. Non ancora trentenne, Brutto è il prototipo di una specie oggi in estinzione, il cronista di nera. La Milano di quegli anni, splendidamente raccontata da Scerbanenco, gli offre mille spunti di lavoro. Ma Brutto è anche un uomo di sinistra, e nella morte di Fausto e Iaio vede chiaramente la mano della destra milanese. Ne parla mesi dopo il delitto con Danila, la mamma di Fausto: "Mauro venne a casa mia - ha raccontato la donna - si stava occupando del connubio tra trafficanti di eroina, fascisti milanesi e romani, apparati dello Stato; mi disse che la verità su Fausto e Iaio non era chiara".
Per mesi Mauro Brutto raccoglie elementi sul delitto di Via Mancinelli. In novembre qualcuno gli spara tre colpi di pistola senza colpirlo. Pochi giorni dopo il giornalista mostra una parte del suo lavoro ad un colonnello dei carabinieri. Il 25 novembre, dopo cena, Brutto ha appuntamento con una sua fonte. Lo vedono entrare in un bar di via Murat, comprare due pacchi di Gauloise, uscire, attraversare la strada. A metà della carreggiata si ferma per far passare una 127 rossa. In senso inverso arriva una Simca 1100 bianca, lo investe e scappa.
"La Simca sembrava puntare sul pedone", dirà nel corso della rapida inchiesta l'uomo a bordo dell'altra auto, la 127. Sparisce il borsello di Brutto, pieno di carte, forse trascinato dalle auto in corsa. Lo ritrovano qualche ora dopo in una via vicina, vuoto.
Ci sono elementi sufficienti per fare ipotesi, ma non per evitare che la morte di quel bravo cronista sia archiviata come incidente, mentre prosegue l'inchiesta su Fausto e Iaio. Dopo il delitto sono arrivate alcune rivendicazioni di ambienti di estrema destra. La più credibile appartiene all'Esercito nazionale rivoluzionario - brigata combattente Franco Anselmi. Anselmi era un neofascista romano, morto dodici giorni prima dell'omicidio di Fausto e Iaio, mentre tentava di rapinare un'armeria della capitale. Tra i camerati del gruppo di Anselmi c'è Massimo Carminati, il guascone senza paura che svolge i lavori sporchi per conto della banda della Magliana, la più potente organizzazione criminale romana, e ha rapporti con i servizi deviati. Tra le molte cose, Carminati è stato accusato di aver ucciso Carmine Pecorelli ed ha lavorato con due ufficiali del Sismi a un tentativo di depistaggio dell'inchiesta sulla strage di Bologna...
Dopo anni d'indagine, Carminati sarà prosciolto per l'omicidio di Fausto e Iaio insieme ai camerati Claudio Bracci e Mario Corsi. Nei loro confronti ci sono alcuni indizi e le dichiarazioni dei pentiti, ma niente che si tramuti in prove certe. Del gruppo, oggi il più famoso è Corsi. Lo chiamano Marione, ed è il conduttore di una popolare trasmissione calcistica sulla Roma, in onda su "Radio Incontro". Cliccando sul suo sito internet ci si trova davanti ad un volto aperto e sorridente che incornicia due occhi gelidi. Ma è davvero un esercizio inutile, a distanza di tanti anni, cercare di rintracciare su quel viso i segni dell'uomo che Mario Corsi è stato, e di quello che ha fatto o non ha fatto.
Resta invece una domanda: perché Fausto e Iaio? Due ragazzi come tanti, di sinistra ma senza strette appartenenze. Più politicamente in vista di loro, a Milano, vi sono migliaia di persone. Si è parlato molto del dossier sulla droga cui i due ragazzi avevano collaborato, ma quel lavoro, una rigorosa analisi dello spaccio milanese, non contiene rivelazioni di alcun tipo. E allora bisogna fermarsi su una coincidenza, come ha fatto recentemente Aldo Giannuli, consulente della commissione Stragi: i due ragazzi vengono ammazzati cinquantasei ore dopo il sequestro Moro, e Fausto Tinelli abita in via Montenevoso 9, dirimpetto al covo dei misteri brigatisti, quello in cui sarà custodito il memoriale di Moro. Dalla stanza di Fausto alla finestra del covo brigatista ci sono meno di dieci metri, e in quell'ambiente il ragazzo del Casoretto passa buona parte delle sue giornate, a leggere e ascoltare musica. Se esiste un misterioso legame tra il sequestro Moro e il duplice delitto di Milano, bisogna dare atto ai registi della trama di aver fornito anche la controprova: nel 1981 in provincia di Roma venne ucciso il capitano di polizia Francesco Straullu, e il delitto fu rivendicato dal nucleo fascista che si rifaceva a Franco Anselmi. Il fatto è che anche il nome di Straullu riporta al caso Moro: il capitano aveva indagato sul famoso borsello trovato nel 1979 in un taxi romano, e carico di "simboli" riferiti a Moro e al giornalista Pecorelli. Coincidenza per coincidenza, Carminati è stato indagato e prosciolto anche per l'omicidio Pecorelli. L'autore di quel delitto, chiunque fosse, indossava un trench bianco. Come i carnefici di Fausto e Iaio.
***
da una intervista a Danila Angeli, mamma di Fausto:
"Quel sabato avevo preparato il risotto e lo strudel perché li aspettavo tutti e due a cena. Era anche l'anniversario del mio matrimonio.
Alle 19.45 Fausto era sempre a casa per la cena, era sempre puntuale ma quel giorno non si vedeva. Alle 20.30 cominciai a preoccuparmi e dopo aver messo il piccolino a letto , decisi di telefonare a qualche amico di Fausto ma nessuno sapeva nulla. Il bambino quella sera non voleva dormire, era agitatissimo.
Poi ho sentito bussare alla porta e dalla finestra ho visto dei poliziotti. Sono saliti e mi hanno chiesto dove abitava Fausto Tinelli. Io ho risposto che era mio figlio. Poi hanno rovistato in giro per la casa e mi hanno chiesto dov'erano le armi. Fausto era onesto, non aveva armi. In camera sua c'erano solo libri e giornali. I libri erano le sue armi.
I poliziotti mi hanno poi detto che aveva avuto un incidente in manifestazione. Impossibile, perché quel giorno non c'erano manifestazioni in programma. Un incidente in auto. Ma Fausto non aveva neanche la patente. Infine mi hanno detto che aveva preso una bastonata in testa, consigliandomi di recarmi in ospedale.
Allora sono andata all'ospedale "Bassini" e ho chiesto notizie di Fausto. Mi ha risposto un poliziotto dicendomi che era morto già da un pezzo.
A quel punto sono scappata a casa e ho acceso RadioPopolare per sapere cos'era accaduto.
Ho sentito che avevano ucciso anche Iaio per un regolamento di conti riguardante l'eroina.
Io ho subito chiamato la radio smentendo questa cosa perché Fausto e Iaio lavoravano contro lo spaccio e per la prevenzione.
Il giorno dopo quelli di Democrazia Proletaria mi hanno detto di far eseguire l'autopsia sui corpi, per dimostrare che i ragazzi non assumevano nessuna sostanza.
L'autopsia è stata fatta e non è risultato nulla. Fausto non fumava nemmeno le sigarette.
Il Giudice ha ammesso che i ragazzi erano assolutamente puliti e che con la droga non c'entravano nulla ma fino ad ora non c'è stato giustizia e io voglio la verità."
***
Messaggio di DANILA ANGELI, madre di Fausto Tinelli, in occasione del convegno "I comitati civili contro silenzi e impunità", tenuto a Genova il 12 luglio 2003.
Sono la madre di Fausto Tinelli e voglio esprimere quello che provo, oltre alla mia sincera solidarietà verso i parenti delle vittime delle stragi e di quelle cadute sotto un gioco perverso. So quello che si prova in quei momenti, l'ho sperimentato sulla mia pelle.
All'inizio non capisci, non ti rendi conto di quello che è accaduto. Vivi come un brutto sogno, stupito e incredulo. Vivi nel frastuono: un bel funerale di stato, belle parole e con questi gesti tutti se ne lavano le mani. Subito dopo ritorni alla realtà. Il dolore ti fa impazzire, entra in te come l'aria che respiri. E allora cerchi aiuto e conforto.
Chiedi una mano e riponi tutte le tue speranze nella giustizia, che ti aiuti a capire. Ma ti si chiudono le porte in faccia perché tu non sei di serie A anche se sei una persona onesta, come lo erano Fausto e Iaio, due ragazzi che frequentavano il Leoncavallo e perciò "carne da macello". Il privilegio di sperare giustizia, di avere un processo, di essere risarciti del sangue dei nostri cari non è un nostro diritto.
Anche se sono vittime innocenti della strategia di quel periodo e nessuno si azzardi a dire il contrario.
Da ben 22 anni mi sono costituita parte civile in un procedimento contro 3 individui di estrema destra, ma questi vivono tranquilli e fanno carriera.
Perché nessuno li tocca?
Eppure ci sono 6 pentiti che li accusano.
Perché i pentiti dei nostri processi non sono attendibili?
Forse lo sono solo quelli che vogliono loro e i nostri non sono tra questi.
Dove sono tutte quelle belle frasi che da bambina ti hanno insegnato a scuola, come ama la patria, difendila e rispettala. Io l'ho fatto questo, ma lei non mi ha ricambiato.
Noi per lo stato siamo vittime invisibili, che non vuole proprio vedere. E io mi sento come una madre argentina e Fausto e Iaio dei desaparecidos.

Danila Angeli

da un articolo di "Liberazione", estratto da
http://digilander.libero.it/infoprc/faustoiaio.html


Scheda a cura di Kiappo, del collettivo Borgorosso - Piacenza

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