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martedì 4 agosto 2009

Gerusalemme, questa non è casa vostra

Famiglie palestinesi sfrattate da quartiere storico. Al loro posto si insediano i coloni.

Si sono presentati come da noi avviene per gli sgomberi di occupanti illegali di abitazioni, o di immigrati che hanno trovato abusivo rifugio in casermoni abbandonati, ex-ospedali fatiscenti, capannoni diroccati. Solo che i poliziotti con manganelli e in assetto anti-sommossa che domenica all'alba hanno fatto irruzione nella vita di 53 persone a Gerusalemme Est hanno sfollato gente che viveva nella propria casa da anni. Dalle loro case i palestinesi, tra cui 19 bambini, del distretto di Sheik Jarrah, se ne sono dovuti andare per una decisione della Corte Suprema israeliana, che ha stabilito come quella porzione di territorio appartenesse allo Stato di Israele.

Violazione del diritto internazionale. Il caso era stato portato di fronte alla magistratura da una lobby di coloni, la Nahalat Shimon International, che rivendicava il diritto di proprietà delle abitazioni oggetto di una decennale contesa. Un accordo del 1956 tra l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati e la Giordania, che all'epoca aveva giurisdizione sull'area, aveva stabilito che invece erano i palestinesi ad essere titolari del diritto di proprietà sulle case. In spregio alla decisione delle Nazioni Unite e incurante della riprovazione internazionale che la sentenza della Corte ha provocato, le autorità di Gerusalemme hanno dato il via libera alla costruzione di un insediamento di una ventina di abitazion a Sheik Jarrah. Tale decisione ha provocato la ferma condanna della comunità internazionale, Stati Uniti inclusi, in quanto viola gli accordi di Oslo che impongono un congelamento di nuovi insediamenti a Gerusalemme Est, la città santa occupata da Israele nel 1967.

Sheikh Jarrah è uno dei quartieri più sensibili della città, a ridosso della Linea Verde che divide la parte a Est da quella a Ovest. La città stessa è probabilmente l'ostacolo più grande e la questione più delicata nelle trattative di pace tra israeliani e palestinesi.

'Deplorevole'. Lo sfratto ha indignato non solo il capo dei negoziatori palestinesi, Saeb Erekat, ma anche, come detto, Washington, l'alleato più fedele di Israele, che domenica, per bocca di un alto diplomatico ha definito 'provocatoria' l'azione delle autorità di Gerusalemme e 'non in linea con gli obblighi di Israele'. A rincarare la dose di critiche l'intervento di ieri del Segretario di Stato Usa Hillary Clinton, che durante un'incontro con il ministro degli Esteri giordano, Nasser, Judeh, ha dichiarato: "Lo sfratto di famiglie e la demolizione di case a Gerusalemme Est non fa fede alle promesse israeliane. Esorto il governo e le autorità municipali ad astenersi da tali azioni provocatorie". 'Deplorevole' è stata invece classificata l'operazione di sgombero da parte del Coordinatore speciale Onu per il Processo di pace in Medio Oriente, Richard Miron: "Un'azione inaccettabile, nella quale le forze di sicurezza israeliane intervengono per gettare in strada intere famiglie e consentire ai coloni di prendere possesso delle loro proprietà". Dal consolato britannico a Gerusalemme arrivano parole che rappresentano con esattezza la realtà dei fatti: "Tali azioni sono incompatibili con il desiderio professato da Israle, di raggiungere un accordo di pace. Non sono gli estremisti che devono fissare l'agenda del governo".

Una città divisa. I palestinesi vogliono che Gerusalemme Est - abitata da 200 mila ebrei 268 mila palestinesi - diventi la capitale del loro futuro Stato. Gli israeliani vogliono che un'unica Gerusalemme rimanga la capitale dello Stato di Israele. Lo status di capitale non è riconosciuto dalla comunità internazionale in quanto territorio occupato. Tutti gli Stati che hanno relazioni diplomatiche con Israele mantengono infatti le proprie ambasciate a Tel Aviv o nelle vicinanze, in ossequio a quanto disposto in sede di Consiglio di Sicurezza e Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione numero 252 del 1968.

di Luca Galassi da PeaceReporter

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