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lunedì 31 agosto 2009

Penny nel cuore


Finalmente, dopo essere rimasta desaparecida per 31 anni, sono stati trovati e identificati i resti di Laura. Laura, presa e assassinata dai militari nel ‘78 quando aveva 18 anni, era la figlia di Mabel Itzcovich.
Il manifesto ha avuto la fortuna, e il merito, di poter sempre contare su grandi corrispondenti dall’Argentina, a cominciare da Osvaldo Soriano. Mabel Itzcovich fu uno di questi. Per vent’anni. Dal 1984, quando alla fine della dittatura del ‘76-’83 era tornata a Buenos Aires dopo 7 anni di esilio romano, fino agli ultimi articoli del maggio 2003, quando fu eletto Néstor Kirchner, lo sconosciuto peronista di cui lei, che non aveva mai amato i peronisti, da principio si mostrava diffidente ma di cui fece in tempo a ricredersi almeno per il capitolo desaparecidos. Che per l’Argentina degli ultimi 30 anni è un capitolo cruciale della sua storia tormentata.
Fu Mabel che un giorno sul finire degli anni ‘70 ci portò Soriano nella vecchia redazione romana di via Tomacelli, anche lui in esilio a Bruxelles e Parigi, che ancora pochi conoscevano per aver letto il suo straordinario Triste solitario y final. Per tutti e due – e per noi – fu l’inizio di un rapporto di comunanza umana e politica che si sarebbe concluso – fra amori e rotture – solo con la morte di entrambi. Osvaldo il 29 gennaio 1997, Mabel il 29 maggio 2004.
La storia personale di Mabel Itzcovich, che era nata a Rosario da due immigrati ucraini arrivati nel 1905 per sfuggire ai pogrom zaristi, è per molti versi la storia degli ultimi 50 anni dell’Argentina, «l’impossibile Argentina». E ha un valore emblematico cha va molto oltre la sua figura.
Intellettuale coltissima, cinefila, militante a modo suo (il socialismo e il cinema sarebbero rimaste le grandi passioni della sua vita), beona e fumatrice (furono i polmoni a tradirla), sarcastica e ruvida ma dolce e affettuosa come solo una «grande mamma ebraica» sa essere, passionale e allo stesso tempo razionale (ma solo con gli altri), dai rapporti personali complicati, Mabel ha avuto un vita densa e difficile. Anche per un caratteraccio che gliela rese ancor più complicata. E per una tragedia che, come un’infinità di altre madri argentine della sua generazione, la funestò, senza darle pace anche se non amava parlarne. Laura Isabel, «Penny», la più piccola delle sue due figlie, avute dal matrimonio con il regista Simón Feldman, desaparecida.
Anche Mabel aveva rischiato di finire nel grande gorgo di quegli anni che si lasciò dietro 30 mila desaparecidos. Nella primavera del ‘77, un anno dopo il golpe di Videla e Massera, l’appartamento di Mabel a Buenos Aires, in calle Uriarte, fu visitato da una squadraccia militare. Mabel era fuori città e non la trovarono. E neanche trovarono le sue due figlie, Ana Nora di 19 anni e Laura di 17. Alcuni amici avvisarono Mabel, che era senza documenti e con solo il vestito che portava addosso, e riuscirono a farla imbarcare sul ferry che da Buenos Aires porta in Uruguay, sull’altra sponda del Rio de la Plata. Dopo un orrendo colloquio all’ambasciata d’Israele di Montevideo (dove in pratica l’accusarono di essere una «terrorista trotzkista»), riuscì ad avere i documenti e il biglietto aereo per l’Italia, anche grazie a un dimenticato eroe italiano, Cesare Bensi, un socialista.
Si era salvata. Ma a un prezzo straziante. Era sola e le sue due figlie erano rimaste indietro. Ana fu fortunata. Fu trovata dal padre, l’ex marito di Mabel, prima che dai militari e riuscì anche lei, dopo un’avventurosa fuga attraverso San Paolo del Brasile e Montevideo, ad arrivare in Italia, dove ritrovò Mabel. Laura non ebbe altrettanta fortuna. Fu presa, insieme al suo compagno, il 18 febbraio 1978. Lei aveva 18 anni e lui 19. Di loro non si seppe più nulla. Fino all’aprile 2009, quando i suoi resti sono stati identificati con certezza dall’Equipo Argentino de Antropología Forense. E in dicembre si aprirà il processo contro 8 dei macellai accusati per i crimini commessi nel lager clandestino del «Vesubio», uno dei tanti di Buenos Aires dove vennero sequestrati, torturati, assassinati e fatti sparire nel nulla «i sovversivi» in nome del delirio nazi «occidentale e cristiano» dei militari.
Quando cominciò il lavoro di scavo nei cimiteri clandestini e nelle tombe marcate «N.N.», Mabel, prima di morire e dopo che Kirchner sulla spinta delle indomabili Madri e Nonne della Plaza de Mayo riaprì con forza il capitolo dei desaparecidos – un merito che nessuno gli potrà disconoscere nel giudizio che la storia darà del suo governo -, riuscì ad avere qualche vaga e incerta notizia su Laura. Ma non è vissuta abbastanza per avere finalmente la certezza che fosse lei e poterla piangere su una tomba. E neanche per vedere il suo nome fra quelli dei desaparecidos scolpiti sul Muro della memoria che Kirchner ha fatto erigere sulle rive del fiume sul finire del 2007. Quando morì la figlia Ana Nora mandò un necrologio ai giornali. Diceva: «Mabel Itzcovich è morta il 29 maggio 2004. Sua figlia Ana Nora Feldman, suo fratello Oscar, sua cognata Anna e i suoi nipoti Guilio e Elena partecipano con dolore alla sua scomparsa e invitano a ricordarla come amica e compagna insieme con sua figlia Laura (desaparecida)». Allora, solo 5 anni fa, La Nación, il miserabile giornale dell’establishment, la rifiutò adducendo grottesche motivazioni legali che non consentivano la pubblicazione della parola «desaparecida». Solo dopo lo scandalo che ne seguì fu pubblicato.
Ora, dopo 31 anni da desaparecida, finalmente Laura è stata riconosciuta con certezza assoluta, grazie allo straordinario lavoro dell’équipe degli antropologi forensi argentini che in questi anni si sono fatti, a ragione, una fama mondiale (sono stati chiamati anche in Spagna a riaprire le fosse e identificare le vittime della barbarie franchista di 70 anni fa).
Mabel non ha avuto, per sua volontà, né un funerale né una tomba e le sue ceneri sono state disperse nelle acque del Rio de la Plata, da un ponte di Puerto Madero, il quartiere sulla riva del fiume che le ricordava forse la Senna dell’epoca bohemienne passata in gioventù all’Institute des Hautes Etudes Cinematographiques di Parigi. Non ha fatto in tempo a liberarsi dell’angoscia per la figlia perduta, né a soffermarsi sulla sua tomba. Ma lo farà Ana. Per lei sarà forse la liberazione da una sorta di inconfessabile e immotivato ma certo lancinante senso di colpa per essersi salvata al contrario della sorella.
Per questo ha scritto una «solicitada», un annuncio-appello che ha spedito ai giornali. Dice: «Laura Isabel Feldman, «Penny». Nacque l’11 agosto del 1959. Fu sequestrata e desaparecida il 18 febbraio del 1978. Fu vista nel centro clandestino di detenzione “Vesubio”. L’assassinarono il 14 marzo dello stesso anno. Il suo corpo fu seppellito come N.N. nel cimitero di Lomas de Zamora. (...) Il 15 dicembre del 2009 comincerà il processo pubblico in cui saranno giudicati otto repressori accusati per i crimini commessi al “Vesubio”. A 31 anni dal suo assassinio, quando alcuni propongono ancora che “bisogna gettarsi alle spalle il passato”, quando ci chiedono di dimenticare e perdonare, quando chiamano “rivincita” o “vendetta” il lento lavoro della giustizia, ci sono altri che insistono con tenacia nella ricerca della giustizia, ci sono molti come noi che sostengono e appoggiano questa linea e questa lotta. 31 anni dopo abbiamo fatto un nuovo passo contro la menzogna e l’occultamento e la repressione selvaggia disseminata dal Terrorismo di Stato in Argentina i cui effetti, l’abbiamo potuto verificare, non sono ancora finiti. 31 anni dopo possiamo dire addio a Penny, che è sempre stata nei nostri cuori e continuerà a esserci, vegliare i suoi resti, celebrare la cerimonia e il lutto che finora si è voluto impedire ed evitare. 31 anni dopo, grazie al lavoro di molti, fra cui vogliamo indicare lo staff di antropologi forensi, facciamo appello a diffondere questa notizia, sollecitiamo coloro che hanno informazioni ancora non rese sui nostri desaparecidos perché si facciano vivi con gli organismi dei diritti umani, reclamiano l’accelerazione dei processi nei tribunali di giustizia, informiano che i famigliari decisi a sottoporsi a test di sangue per contribuire all’identificazione dei resti dei desaparecidos per mano del Terrorismo di Stato possono mettersi in contatto con lo 0800-333-2334 dell’Equipo Argentino de Antropología Forense. I famigliari, gli amici e i compagni invitano a vegliare i resti e a ricordare Laura il 10 settembre dalle ore 12 alle 19 nella hall della scuola Carlos Pellegrini, in via Marcelo T. Alvear 1851. Né oblio né perdono».
Vedremo se anche questa volta giornalacci come La Nación e Clarín rifiuteranno la pubblicazione dell’annuncio.
Né oblio né perdono. Giustizia. Per Laura, per Mabel, per Ana. Per tutti gli argentini decenti. E per l’umanità.

di Maurizio Matteuzzi da IlManifesto

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