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giovedì 27 agosto 2009

Raid omofobo, Qube in fiamme


Neanche il tempo di creare un osservatorio per contrastare la violenza omofoba, come stabilito dal sindaco Alemanno, che a Roma, ieri, si registra l’ennesimo raid. Solo il pronto intervento dei vigili del fuoco ha impedito che il Qube, locale in zona Portonaccio che il venerdì sera ospita la serata gay «Muccassassina», fosse completamente avvolto dalle fiamme.
Il blitz sarebbe avvenuto verso le 22,30 di martedì: gli attentatori hanno rotto il vetro della porta principale della discoteca e gettato all’interno liquido infiammabile. Il fumo è arrivato fino all’ultimo piano. Per fortuna lo stabile, chiuso per ristrutturazione in preparazione della stagione invernale, al momento del rogo era vuoto, gli ultimi operai erano usciti da pochi minuti. Gli assalitori, subito dopo aver dato fuoco, si sono dati alla fuga. Alcuni passanti hanno visto il piccolo incendio e chiamato immediatamente i vigili del fuoco, che hanno domato le fiamme in pochi minuti, limitando i danni alla struttura.
Ma se i gestori del Qube vanno cauti dicendo di «non poter mettere la mano sul fuoco sui colpevoli di questo attentato», la comunità gay e trans non ha dubbi sull’origine razzista e intimidatoria del gesto. «E’ la risposta dell'estremismo romano di destra all'arresto di Svastichella e alla generale condanna dell'omofobia» esclama Franco Grillini, presidente di Gaynet, che nota «un significativo silenzio del Vaticano» nel condannare queste aggressioni.
Non è la prima volta, comunque, che questa discoteca viene presa di mira da gruppi fascistoidi. L’anno scorso almeno due i pestaggi notturni a ragazzi appena usciti dal locale. Sempre il venerdì è facile sentire su via Portonaccio urlare «froci di merda» da auto che sfrecciano a tutta velocità. Ora il Mario Mieli, circolo omosex che si è inventato il Muccassassina, fa appello al prefetto, questore e forze dell’ordine di «perseguire con tenacia e fermezza gli attori di questi atti vandalici». «Sempre di più è necessario - aggiunge il Mieli - lo sforzo di tutti per un radicale cambiamento culturale che passa anche attraverso l’approvazione di leggi a tutela di gay». Proprio ieri Alemanno, in evidente difficoltà per la mancata sicurezza promessa in campagna elettorale, ha ribadito di voler procedere nella creazione di un osservatorio e «nella necessità di una legge». «Le dichiarazioni del sindaco hanno scatenato la reazione di quanti, nell'estrema destra, credevano di godere di copertura e impunità e invece si sono scoperti soli, decidendo di alzare il tono dello scontro dando fuoco al Qube», dice la deputata Pd Paola Concia, relatrice del ddl (ora in commissione giustizia della Camera) che prevede l’aggravante di intolleranza sessuale.
«Il centrodestra deve uscire allo scoperto - aggiunge la democratica - Ci deve far sapere se vuole appoggiare o meno questo provvedimento, nel frattempo ho già chiesto la calendarizzazione in aula al presidente Fini». Un ddl che è frutto di una mediazione. La comunità lgbt si batte per l’estensione del decreto Mancino all’omofobia, che includerebbe anche i reati di opinione e istigazione. «Non mi accontento di questo ddl - spiega Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay - dopodiché se quella mediazione va in porto è un precedente importante».
Intanto nel movimento lgbt si ragiona su come provare ad arginare questa omofobia dilagante che a Vladir Luxuria fa respirare «lo stesso clima pesante della vigilia del nazifascismo, quando gli omosessuali venivano attaccati, insultati e picchiati da squadracce nere nei luoghi di aggregazione». Se le ronde gay vengono bollate come «idiozia», divisioni nascono sulla maggiore sorveglianza di alcuni «luoghi sensibili». «Le telecamere sono un deterrente per la nostra sicurezza, non servono a niente» spiega Andrea Berardicurti del Mario Mieli che dà appuntamento per il 12 settembre, alla notte bianca «Più cultura, meno paura» organizzata dal X municipio: «Invito tutta la comunità a parteciparvi in massa - conclude - Per dimostrare che non ci lasciamo intimidire da vili attacchi di chi ci vorrebbe silenziosi e invisibili».

di Giacomo Russo Spena da IlManifesto

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