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lunedì 10 agosto 2009

Salento, terra di Aracne

Il Salento è detto “terra di Aracne”, denominazione associata al “tarantismo”, il fenomeno derivato dal morso dalla tarantola locale, un ragno velenoso appartenente alla famiglia degli aracnidi, avente il suo habitat nelle campagne salentine. Per tradizione ogni 29 giugno, giorno della festa dei santi Pietro e Paolo, si svolgeva anche il rito di “religiosità minore” riferito alla guarigione delle tarantate, che riconoscevano in San Paolo il loro “sposo mistico”. Nel rito le donne morse dalla tarantola o affette da aracnoidite, una forma di infiammazione delle meningi, che provoca febbre, vertigini, cefalea e spasmi muscolari incontrollati, perpetuavano il fenomeno delle “tarantolate” di millenaria memoria. Danzavano fino allo sfinimento simulando il moto caotico della tarantola aracnide salentina e solo quando raggiungevano uno stato catartico, di trance, potevano ottenere la quiete e la guarigione.
Il moto caotico saltellante nella danza delle tarantate simulava due stadi dell'azione del ragno: quella parossistica del momento in cui fa vibrare caoticamente la ragnatela e quella ordinata, dal lento moto spiraliforme, compiuta dall'animale per tesserla. Tale doppia azione del ragno, caotica e ordinatrice, nell'immaginario collettivo rimandava alla metafora degli aspetti distruttivi e costruttivi dell'ancestrale dea Madre, immaginata al centro della volta celeste, o “tela cosmica” e denominata “Grande Ragno” per il suo doppio aspetto di dea terribile e benevola. La “possessione” della donna affetta da tarantismo (o da aracnoidite) da parte della “Grande dea Ragno” era perciò anch'essa ambivalente, ossia era ritenuta un “privilegio” e, insieme, una “punizione” che la dea aveva il potere di infliggere, orientando in senso positivo o negativo gli influssi del Sole e della Luna sulla Terra, potendo cioè influire sulla quantità e qualità di energia da essi irradiata. In modo traslato, il filo del destino degli uomini era riposto nelle mani della “Grande Madre Ragno”, come il filo secreto dal piccolo ragno terrestre era riposto nelle sue zampe impegnate a tessere la tela. Stando nel centro della grande “tela cosmica” del cielo come il ragno nel centro della sua ragnatela, la dea deteneva il duplice potere di concedere la vita e di condurre verso la morte. Ritenuta divinità ambivalente, le si riconosceva il potere benevolo di carattere solare nel favorire la vita permettendo l'orientamento durante la ore diurne lungo il percorso apparente del Sole a forma di “spirale destrogira”, ma anche, all'opposto, il suo più misterioso carattere lunare rendeva insidioso il cammino notturno a forma di “spirale sinistrogira” tracciato dal moto della Luna, per cui l'avventurarsi nelle tenebre della notte poteva far procedere inevitabilmente verso la morte, sempre in agguato. Tale aspetto distruttivo della Grande Madre Ragno fu ereditato in fase storica dalle despoti dee lunari Persefore, Armonia, Parche e Moire, tessitrici e detentrici del filo del destino dell'uomo, che guidavano inesorabilmente verso il “centro” lungo il percorso involutivo della vita compiuto secondo la spirale sinistrogira lunare, che conduceva alla morte.
Nel mito greco Aracne era una dea minore rappresentata anche in forma di ragno, perché in qualità di provetta tessitrice e ricamatrice sapeva usare il filo abilmente. Era preposta a coadiuvare in senso costruttivo l'operato della grande dea Atena, la figura rinnovata in forma benevola della dea Madre ancestrale, di cui Giunone, moglie di Zeus, ne impersonava l'aspetto negativo. Atena, figlia di Zeus non era nata, però, dalla terribile Giunone, ma eccezionalmente dal cervello del padre, ereditandone la razionalità. Tale facoltà, che era comunemente ritenuta maschile, le permetteva di agire con “idee chiare”, opposte alle “idee oscure” dei miti terrifici elaborati in fase arcaica, ai quali apparteneva anche Giunone.
Immagine positiva di dea-Ragno, Atena, quale “dea della sapienza”, tesseva ordinatamente la “tela cosmica”, ponendo ogni elemento astrale al proprio posto nell'universo, sapientemente coadiuvata dalla giovane dea-minore Aracne.
Nel contesto culturale greco la figura originaria di Aracne era derivata dal mito che ricordava le vicende di Teseo, l'eroe che aveva liberato Creta dal turbolento Minotauro, il mostro che viveva nel sottosuolo (metafora demoniaca della caratteristica caotica della natura sismica dell'isola) e del “filo” che permise ad Arianna di guidare il suo amato verso la superficie.
Aracne, emula di Arianna, corrispondeva pertanto alla figura femminile benevola, erede della dea Madre buona, che svolgeva in positivo, secondo una spirale destrogira, il filo della vita degli uomini. Riportata anche in sembianze di ragno ne rappresentava gli aspetti benefici, poiché aiutava Atena nel suo compito di “divinità ordinatrice del cosmo”.
Entrambe operavano in sintonia in cielo e in terra per vincolare indissolubilmente, secondo un processo di omotetica riflessione, il piano terreno con la sfera celeste, ai fini di stringere in un rapporto di costante armonia il ciclico svolgersi dei cicli temporali nel cosmo.
La denominazione del Salento di “terra di Aracne” derivava da una ordinata suddivisione del territorio, sapientemente organizzato in tempi molto remoti dal popolo costruttore di megaliti e prevalentemente mantenuta anche dalle civiltà che si susseguirono nel tempo.
La suddivisione megalitica era costituita da “celle geodetiche” circolari a forma di “tela di ragno”, rotanti intorno alle grandi specchie, ossia ai cumuli di pietre informi elevati sulle alture delle Serre salentine con riferimento alle costellazioni nel cielo, a costituire i “centri geodetici”, aventi funzione di “nodi cosmogonici” e di “poli cosmologici”.
Intorno a esse furono elevati, a passi costanti, menhir e dolmen, secondo uno sviluppo radiale e concentrico ottenuto osservando il percorso apparente del Sole all'orizzonte.
Una serie di sistemi megalitici estesi “a macchia d'olio” e radialmente orientati vincolavano pertanto tutto il territorio, che diveniva un diretto riflesso armonico del cielo
Per un retaggio dell'antica ambivalenza attribuita alla dea Madre, nell'interpretazione cristiana del mito greco, la dea Aracne assunse l'aspetto negativo e, in veste di ragno, divenne il simbolo demoniaco di San Norberto. Fu attribuito anche ad Aracne il significato che era stato già di Seth in Egitto, di Tiamat in Mesopotamia, del Minotauro in Creta, di Dioniso in Grecia, di Bacco nella cultura romana, ossia delle divinità “instabili e caotiche” e di tutti gli animali dal comportamento subdolo, come i serpenti, gli scorpioni e i ragni, che erano sempre in agguato nel misterioso sottosuolo e pronti a colpire con il loro morso venefico.
L'aspetto demoniaco attribuito a tali animali derivava dalla paura che incuteva negli uomini il misterioso sottosuolo salentino, percorso da lunghe cavità e da fiumi sotterranei, territorio carsico e instabile , che i sistemi megalitici intessuti “con sapienza” in superficie dovevano vincolare e rendere stabile, essendo preposti a stringere un rapporto di natura energetica equilibrante con la volta celeste e fare del territorio un diretto riflesso terreno dell'ordine costituito nel cielo dalle antiche divinità benevoli “ ordinatrici del cosmo”.

di Marisa Grande da Corriere Salentino

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