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giovedì 17 settembre 2009

A hungry man is an angry man!


"Un uomo affamato e' un uomo arrabbiato".
Queste le parole proferite da Mohamed in un intervista rilasciata alla trasmissione radio Titanic.

Mohamed e' uno dei rifugiati che ha accettato il trasferimento nella caserma di via Asti; racconta come si vive all'interno della "soluzione" proposta dal Comune e Prefetto, dopo lo sgombero del ex clinica San Paolo in Corso Peschiera, delle promesse disattese fatte loro dalle istituzioni locali, delle problematiche interne dovute alla gestione di tipo militare/carceraria e dei vari divieti (non e' consentito l'uso di computer e cellulari..) ai quali devono sottostare più di 200 persone.
Ma gia' cominciano a nascere le prime forme di protesta difronte a tanta meschinità: i rifugiati hanno deciso di non accettare più il cibo, fino a quando non verranno rispettate le promesse fatte, fra cui quella di poter avere dei buoni pasto da usare liberamente all'esterno della struttura.
Questa e' la realtà che si nasconde (ormai smascherata..) dietro a quell'operazione di immagine che tanto e stata decantata sui mezzi d'informazione durante tutti questi giorni. Operazione mediatica costruita ad hoc da Prefetto e Comune, facendo becera propaganda sull'ormai asservito quotidiano La Stampa e nel suo più fedele scribacchino Massimo Numa.

Tutto questo mentre una parte di rifugiati/e continua ad occupare e resistere all'interno di Casa Bianca (secondo edificio a fianco del' ex clinica). Anche su questo caso in questi giorni si e' letto di tutto: "guerra" etnica fra etiopi ed eritrei e soprattutto contro i somali. In realtà nella palazzina vivono eritrei, etiopi e somali insieme e' insieme hanno deciso di auto organizzarsi sul piano della lotta per la garanzia dei loro diritti,dando prova di una maturità politica e di auto determinazione.


Proprio in questi giorni tre ragazzi, un rifugiato e due attivisti del Comitato di Solidarietà, sono stati denunciati per i fatti del 27 gennaio scorso. Significativo il tempismo dell'autorità giudiziaria nel far pervenire le denunce proprio dopo il trasferimento in via Asti e con un occupazione in corso.

Ma non saranno certo le denunce a fermare una lotta che ormai va avanti da quasi tre anni, che si batte per i diritti dei/delle rifugiati/e e che porta con se' quelle parole d'ordine, mai dimenticate:

CASA, LAVORO, RESIDENZA
... e non e' ancora finita!
_________________


da Infoaut

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