HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

sabato 5 settembre 2009

Il ragazzo che imbrigliò il vento

Due anni fa un ventenne del Malawi è salito sul palco della Ted conference per spiegare come aveva costruito un mulino. Quel giorno ha cambiato la sua vita, scrive Ethan Zuckerman.

Credevo di conoscere la storia di William Kamkwamba: nel 2007 ero tra il pubblico della Ted conference di Arusha, in Tanzania, quando è salito sul palco per presentare l’incredibile mulino a vento che aveva costruito accanto alla casa della sua famiglia, in una zona rurale del Malawi.

Come molti altri spettatori, all’inizio mi è venuto da ridere ma poi mi sono commosso fino alle lacrime mentre William spiegava come era riuscito a trasformare alcuni tubi in pvc, una bicicletta rotta e dei pali di legno in una macchina capace di generare la corrente necessaria per alimentare le lampadine e la radio della casa dei suoi genitori.

Da quel giorno la vita di William è molto cambiata: si è trasferito a Lilongwe per frequentare un’importante scuola superiore del Malawi, è stato ammesso in un’accademia di Johannesburg e ha ricevuto vari premi negli Stati Uniti.

Avevo dato per scontato che la sua storia fosse iniziata quel giorno sul palco di Arusha. Ma nel libro che ha appena pubblicato, The boy who harnessed the wind (Il ragazzo che imbrigliò il vento), William sottolinea con chiarezza che la realtà è ben diversa.

Nel libro, scritto insieme al giornalista Bryan Mealer, William Kamkwamba ci porta nel piccolo paese di campagna dove è cresciuto, tra i campi di mais e tabacco in cui lavorava con il padre e le sorelle, e tra la fatica e le sfide affrontate da chi cresce in uno dei paesi più poveri del mondo.

Il libro racconta di scienze e magia, fame e miseria, creatività e scoperta: la storia del giovane talento dell’ingegneria deciso a sperimentare idee un po’ folli è solo la parte finale della sua avventura.

Sotto i riflettori
Nelle campagne del Malawi la magia è viva e vegeta: durante la notte gli stregoni rubano la testa agli uomini e ci giocano a calcio, e le gomme da masticare potrebbero essere avvelenate da una pozione magica. Considerate le calamità che affliggono il paese, dove la siccità e le piogge improvvise possono distruggere il raccolto di un anno intero, è facile credere in poteri invisibili.

William teme che la magia impedisca a chi vive in Malawi di adottare un approccio scientifico per risolvere i problemi cronici di sviluppo del paese. Quando gli abitanti del villaggio hanno cominciato a chiedersi se la siccità era colpa del suo mulino a vento, ha scoperto che anche il suo lavoro era visto con sospetto.

Questo ambiente, però, si è anche rivelato un terreno fertile per le scoperte scientifiche. Il libro è costellato delle soluzioni creative che gli amanti dell’Africa conoscono bene: macchine giocattolo fatte di fil di ferro e tappi di bottiglia, vecchie radioline riportate in vita, fionde per gli uccelli. Ne viene fuori il ritratto di un giovane che è diventato quasi un Thomas Edison del Malawi a forza di cercare soluzioni originali ai suoi problemi.

L’aspetto più stupefacente della storia non è l’improbabile sequenza di eventi che lo hanno portato dall’anonimato alla prima pagina del Wall Street Journal, ma il fatto che la sua creatività e le sue ambizioni non siano state cancellate dalle circostanze.

Quasi metà del libro racconta la carestia che ha colpito il paese nel 2001. All’epoca William era un adolescente che non vedeva l’ora di iscriversi alla scuola superiore, ma la povertà gli ha impedito di studiare per cinque anni.

I risultati che ha ottenuto sembrano ancora più straordinari se pensiamo alle condizioni in cui hanno vissuto lui e la sua famiglia. Immagino che William consideri questo libro una sfida lanciata agli africani per spingerli a impegnarsi e a innovare. Guardando al di là del suo paese, il ragazzo non fa che chiedersi: “Perché questo non possono farlo anche gli africani?”.

In ogni angolo del pianeta ci sono persone eccezionali e spesso le loro capacità non riescono a emergere. Permettere alle persone di talento, dovunque sono, di sviluppare le loro potenzialità fino in fondo è una delle sfide più complesse dello sviluppo internazionale, e questo libro dimostra che vale la pena di raccoglierla.

Ethan Zuckerman lavora al Berkman center for internet and society. Nel 2004 ha fondato il sito Global Voices insieme a Rebecca MacKinnon. Questo articolo è uscito sul suo blog con il titolo The boy who harnessed the wind (altri articoli di Ethan Zuckerman pubblicati da Internazionale).

da Internazionale

Nessun commento:

Posta un commento