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giovedì 10 settembre 2009

Quel piazzista della tv del benessere


di Michele Serra, da Repubblica, 9 settembre 2009

Con Mike Bongiorno muore la televisione popolare del Novecento, quella fondata sul lavoro. Nella quale i ruoli erano definiti e separati, come in una fabbrica.

Il presentatore, il concorrente, la valletta, il notaio, e uscendo dal quiz l'annunciatrice, lo speaker, il telecronista, l'attore, l'imitatore, il cantante... erano definiti e separati.Capiva poco, e giudicava male, la televisione post-industriale dei nostri giorni, la confusione del reality, le risse verbali che confondono il regista e "sporcano" le inquadrature, lo sgomitare degli avventizi, l'essere in video senza alcuna giustificazione "professionale". Prese a male parole anche il Gabibbo ("Vattene, o chiamo le guardie!") che pure è un lavoratore televisivo tra i più umili e tradizionali, perché non sopportava che si turbasse il regolare svolgimento del suo quiz.

Era un uomo d'ordine. Un italiano del dopoguerra, operoso e pragmatico, felice di essere scampato a quello sconquasso, contento di vivere, di guadagnare quattrini, di comperarsi una casa più grande. La sua, a Milano, l'aveva scelta esattamente a mezza via tra gli studi della Fiera e la sede della Rai, perché il lavoro regolava la sua vita come un dio benevolo ma indiscutibile, e niente doveva accadere che non fosse "professionale". In questo, nella Rai delle origini, Mike incarnava l'aspetto non-romano, ingenuo, anticinico, nordista. È probabile che la sua popolarità, più ancora che nell'esotismo "americano", avesse radici nel piglio promettente e dinamico, da capufficio del boom, con il quale conduceva i suoi quiz: doveva apparire modernissimo, in quell'Italia in larga parte contadina e paesana, il giovanotto benvestito, con la cartella sotto il braccio, che sbrigava con destrezza quelle complicate trafile di domande e risposte. La valletta era la sua segretaria. Diede moltissimo a quella Rai, pedagogica e democristiana, nella quale una domanda sul controfagotto poteva ben figurare tra i metodi di acculturazione popolare.

Entrò a Mediaset con lo stesso slancio, spiegando quel passaggio d'epoca con il più bongiornesco e disarmante dei commenti: "Sapete, Berlusconi mi ha offerto dieci volte di più di quanto mi dava la Rai". Molti altri ebbero da Berlusconi dieci volte di più, non facendolo sapere. Seppe servire come nessun altro, con zelo e serietà, i nuovi padroni della televisione, gli sponsor, che citava come gli dei dell'Olimpo anche se producevano provole o detersivi da cesso. La sua maniera tetragona, imperturbabile, di seguire il filo logico delle cose, e solamente quello, lo rese amatissimo perfino da chi (non solo gli intellettuali) amava sorridere di lui, trovando irresistibile la sua psicologia molto basica, per niente smaliziata. Nella meraviglia con la quale presentava i concorrenti laureati ("Pensate!") si rifletteva l'arretratezza culturale dell'Italia di mezzo secolo fa, ma anche un rispetto delle gerarchie, delle forme, perfino delle apparenze che è stato totalmente stravolto, per mano della stessa televisione, negli ultimi vent'anni.
Non è dato sapere se Mike si fosse accorto davvero di quanto profondo, traumatico e irrimediabile fosse stato il cambiamento: dai tempi di "Pensate, è laureata" a quelli di "Lo sa dove deve mettersela, la sua laurea?". Forse fingeva di non essersene accorto, forse davvero era troppo impegnato a ricongegnare per l'ennesima volta un telequiz. Fatto sta che, a 85 anni, l'infinito ritorno dentro lo schema del "suo" telequiz, e della "sua" televisione, aveva assunto una certa qual magnifica follia. Vecchio, curvo, utilizzato da Sky per spot non sempre indulgenti con la sua età, aveva oramai l'aspetto e lo sguardo del vegliardo incontrollabile, quello che non deve rendere conto a nessuno perché cammina di fianco ai Campi Elisi.

Dalla vita ha avuto moltissimo, compreso (e non è poco) l'affetto di un intero popolo che lo considera uno di famiglia. Se ne è andato senza dovere fare i conti (o forse: rifiutandosi di farli, beato lui) con la fine della sua tv, quella delle competenze, dei tempi giusti, della pronuncia scandita perché tutti capiscano e nessuno si senta a disagio. Una televisione del benessere e non del malessere. La sua tv era morta già prima di lui. Ne era vedovo, ma le aveva voluto così bene che fingeva fosse ancora viva, e al suo fianco. Rimpiangeremo entrambi, e con una particolare, affettuosa delicatezza, il vecchio signore vestito di bianco che si faceva portare fuori scena da Fiorello, sottobraccio, ultima inquadratura di un viaggio solo domestico, ma formidabile per quanto è stato lungo, e cocciuto, e vitale.

da MicroMega

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