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venerdì 2 ottobre 2009

Anche l'altro figlio di Ciancimino conferma la trattativa mafia-Stato

Un altro Ciancimino conferma l'esistenza della trattativa fra Stato e mafia e del cosiddetto "papello", le richieste che i boss avanzarono ai rappresentanti delle Istituzioni per interrompere la catena stragista: i pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo hanno depositato - in attesa di convocarlo in aula, al processo Mori - i verbali di Giovanni Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco mafioso di Palermo, e fratello di Massimo, gia' autore di una serie di dichiarazioni che hanno consentito di arricchire o riaprire vecchi filoni investigativi.

Giovanni Ciancimino racconta che il padre, nell'estate del '92, fra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio, nel '92, gli disse di essere stato incaricato di "una cosa importante" da "persone altolocate": don Vito (morto nel novembre 2002) avrebbe dovuto prendere contatti con "quelli dell'altra sponda", cioe' i mafiosi, per evitare che dalle stragi si passasse a "una mattanza". Da questo incarico l'ex sindaco condannato per mafia e corruzione aveva intenzione di trarre benefici per se' e per i familiari.

Dopo la strage di via D'Amelio, racconta Giovanni Ciancimino, di professione avvocato, il padre gli fece delle domande di carattere tecnico-giuridico, "consultando un manoscritto a stampatello". In particolare, Ciancimino padre volle sapere se fosse possibile l'abolizione dell'ergastolo, la revisione del maxiprocesso, l'abolizione del carcere duro e una legge sui pentiti molto severa. Il figlio avrebbe risposto che non c'era molto da fare e l'ex sindaco del sacco di Palermo si sarebbe mostrato "molto stizzito", confermando pero' che "quella cosa e' andata avanti" e che le "persone altolocate" avevano avuto la loro interlocuzione con "quelli dell'altra sponda". Giovanni Ciancimino precisa pero': "Non so pero' chi siano queste persone altolocate".

L'Unità

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