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sabato 3 ottobre 2009

Chiuse indagini per Cuffaro. I pm pensano a una nuova richiesta di rinvio a giudizio

Un avviso di conclusione delle indagini e la possibile imminente richiesta di rinvio a giudizio. Così per Totò Cuffaro è arrivata una nuova doccia fredda.

Il medico di Raffadali che si era dimesso da capo del governo regionale dopo la condanna per favoreggiamento a singoli mafiosi (ma aveva poi trovato “ospitalità” a Palazzo Madama), probabilmente sperava che di quel fascicolo accantonato in procura non se ne facesse più niente. Invece no. Per il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo e il suo sostituto Nino Di Matteo ci sarebbero altre prove per dimostrare che l’ex presidente della Regione ha costituito per almeno un decennio un punto di riferimento importante per l’organizzazione mafiosa. Il fascicolo a carico dell’ex Governatore era stato aperto dopo la condanna dell’imputato, all’indomani della spaccatura del pool che aveva rappresentato in aula l’accusa di primo grado nei suoi confronti. Il dissenso tra i magistrati era costituito dalla divergenza di idee sulla contestazione di reato da muovere al politico. Per Di Matteo, durante la fase dibattimentale, erano emersi elementi inconfutabili sulla sua concorrenza esterna alla mafia e per questo si sarebbe dovuto procedere con l’aggravamento del capo d’accusa. Non d’accordo con questa linea gli altri colleghi: l’aggiunto Pignatone e i due sostituti De Lucia e Prestipino. Una controversia che alla fine portò all’amara decisione da parte di Di Matteo di lasciare quel procedimento, che si è poi concluso il 18 gennaio 2008 con la condanna per Cuffaro a 5 anni e 8 mesi, e all’apertura dell’inchiesta bis per il politico che si è conclusa proprio ieri.
Ora alla base delle nuove contestazioni per l’ex Presidente siciliano, oltre ai suoi rapporti con il capo mandamento di Brancaccio Giuseppe Guttadauro e l’ingegnere al servizio di Provenzano Michele Aiello (condannato nello stesso processo a 14 anni per associazione mafiosa e di recente radiato dall’ordine degli ingegneri, ndr), ci sarebbero anche altre circostante tutte da approfondire. Alcune delle quali non affrontate adeguatamente nel primo procedimento che, all’epoca de fatti, era già alla fase finale. Si tratterebbe delle dichiarazioni dell’ex reggente del mandamento provinciale di Agrigento Maurizio Di Gati e delle intercettazioni ambientali di Rotolo e Bonura registrate nel box di lamiera nel 2005 che fanno il paio con altri elementi già ampiamente avvalorati in processi di mafia come quelli relativi ai racconti dei pentiti Francesco Campanella e dell’ex “ministro dei lavori pubblici” di cosa nostra Angelo Siino. Il nuovo faldone inoltre potrebbe contenere i recenti sviluppi investigativi sugli affari del gas legati a don Vito Ciancimino, dal cui figlio Massimo l’allora onorevole Cuffaro avrebbe ricevuto dei soldi a titolo di mazzette, unitamente ai suoi due fedeli alleati politici gli onorevoli Romano e Cintola. Tutte circostanze che la procura sta cercando di chiarire scavando tra le carte di Ciancimino junior ma anche attraverso la testimonianza del prof. Gianni Lapis e dell’avvocato Livreri (ex legale dei soci della Gas spa), ascoltati dai magistrati in qualità di testimoni di reato connesso.

di Silvia Cordella da AntimafiaDuemila

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