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venerdì 23 ottobre 2009

Genitori contro figli

Randa Ghazi è una scrittrice nata a Saronno da genitori egiziani. Vive a Milano.

Noi figli non siamo mai come i nostri genitori ci vorrebbero. Raramente le loro aspettative combaciano con le scelte che facciamo, per una specie di fisiologica differenza di fondo tra le esigenze degli uni e degli altri. Quando si tratta di famiglie immigrate, la questione assume tratti più complessi o, in certi casi, drammatici.

Quando discuto in famiglia, me lo ripeto spesso: “Ricordati che parli con due persone nate e cresciute ad Alessandria d’Egitto negli anni sessanta. Non puoi pretendere che la pensino come te, ragazza ‘milanese’ di seconda generazione”.

Detto questo, trovo raccapricciante l’omicidio di Sanaa, la ragazza d’origine marocchina uccisa dal padre perché conviveva con un italiano: è l’ennesima dimostrazione di come le donne siano ancora usate come strumento di ostentazione per uomini desiderosi di difendere il loro onore e la loro virilità. Fatti come questo sono raccapriccianti perché dimostrano un tragico divario culturale tra genitori e figli nei casi di integrazione mancata.

Ci sono, però, anche altre cose che mi fanno arrabbiare. L’11 ottobre un uomo di Osimo, in provincia di Ancona, ha accoltellato la figlia perché si era messa con un albanese. Due anni fa a Monza un direttore di banca in pensione ha sparato al figlio gay perché, a suo dire, era una “persona problematica”. Quindi, perché non analizziamo questi episodi di violenza familiare da un punto di vista sociologico? Perché diventano solo un’occasione per attaccare i musulmani?

Possono esserci diversi fattori sociali e culturali all’origine di queste violenze, in particolare quando avvengono tra consanguinei. Il linciaggio mediatico della comunità islamica (che continua ancora nei talk-show in cui si parla del tentato attacco suicida contro una caserma di Milano) toglie spessore alla nostra umanità e mette la violenza al centro del linguaggio dei nostri tempi. Randa Ghazy

da Internazionale

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