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venerdì 23 ottobre 2009

Il prezzo del gioco


Vuoi giocare con i tuoi amici, pagaci il disturbo.

Normali comportamenti del calcio dilettantistico denunciati da una squadra che porta avanti la sua battaglia per un mondo dello sport diverso, sui campi, sugli spalti nei rapporti con gli atleti.

di Polisportiva Sanprecario

La Polisportiva San Precario, nata nell’estate del 2007, da subito si è ispirata a principi che esulano dal mero risultato sportivo. Per questo, quando ne abbiamo avuto l’occasione, abbiamo cercato di far emergere le varie contraddizioni che attraversano il mondo dello sport, tra cui l’esasperazione del calcio, che purtroppo esiste già al nostro livello: la terza categoria (il più basso della FIGC). Fino ad ora l’avevano conosciuta sulla propria pelle alcuni atleti della nostra squadra, prima di approdare da noi, ma come società non ci era ancora capitato di imbatterci. Quest’estate invece, dopo che lo scorso anno un ragazzo è venuto a giocare da noi in prestito, ci siamo sentiti dire che se lo avessimo voluto tesserare di nuovo sarebbero serviti trecento euro e che, nel caso non li avessimo voluti pagare, saremmo stati ridicoli, data la cifra relativamente bassa.

Come società abbiamo creduto che fosse il caso di rispondere con un secco no;l'idea era di non farsi triturare dallo scimmiottamento del calcio business e che, trecento euro, erano sì una cifra ridicola, ma non per la cifra in quanto tale, quanto per la richiesta in sé. Non capiamo se alcuni si sentano Moggi o Corvino, ma quando ci siamo sentiti dire che il calcio dilettantistico è questo, abbiamo pensato che noi non vogliamo sottostare a queste regole, almeno in terza categoria. Ci siamo dati una quindicina di anni per vincere la champions league, quindi sappiamo che prima di arrivarci passeremo per delle categorie nelle quali girano dei soldi, però vorremmo mantenere la capacità e la lucidità di cogliere i casi particolari di ogni ragazzo.

Non è il denaro che ci spaventa, ma l’ottusità di alcuni protagonisti del calcio dilettantistico che non si rendono conto che un ragazzo di ventiquattro anni che si sta per laureare e che, da una seconda categoria passa a una terza come la nostra, ha come unico interesse calcistico il piacere di divertirsi e stare insieme; siamo sicuri che altri la pensino come noi e che sia giusto unire le voci. A noi, per chiarire, la permanenza nella categoria costa, di spese vive, circa dieci/quindicimila euro, totalmente autofinanziati con cene, vendita di sciarpe e felpe e sponsorizzazioni di amici e sottoscrizioni volontarie . Non vogliamo che pseudo-grandi presidenti che si riempiono la bocca di bei valori che lo sport deve dare, semplicemente per poter infinocchiare la comunità e i preti delle rispettive parrocchie così da sfruttarne gli impianti sportivi, abbiano la convinzione che questo sia il modo giusto di affrontare il calcio di terza categoria.

Noi non ci siamo stati e non ci staremo mai, e ci pare assurdo e ridicolo che al nostro livello si possa pensare in altra maniera. La vicenda si è chiusa bene per noi, perché il ragazzo gioca nella nostra squadra, ma lui ha dovuto accordarsi in privato perché altrimenti lo avrebbero tenuto fermo per un anno e mezzo, data la sua età (dopo i venticinque anni, un giocatore può cambiare squadra ogni anno liberamente).

Crediamo sia importante aprire un dibattito su tutto ciò, speranzosi che altri si indignino non solo a parole e con la solita retorica.

da GlobalProject

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