HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

giovedì 1 ottobre 2009

Il tackle di Cosa nostra


di Pietro Orsatti su Terra - 1° ottobre 2009
Uno stadio e un centro commerciale, ecco i progetti di Zamparini per Palermo. Ma le infiltrazioni dei Lo Piccolo che puntavano agli appalti dell’imprenditore e al business del mercato calcistico, hanno rallentato l’operazione. Il calcio può essere un business pericoloso. I centri commerciali pure.

Ne sa qualcosa Marcello Zamparini, attuale patron del Palermo Calcio e re dei centri commerciali in Italia. Oggi è praticamente certo che l’imprenditore friulano realizzerà il più grande centro commerciale del capoluogo siciliano al quartiere Zen ma allo stesso tempo sembra aver rinunciato, almeno per ora o almeno nei tempi che aveva annunciato in gran pompa, al progetto del nuovo stadio sempre nello stesso quartiere. Le ragioni sono tante, non ultima la vicenda dell’infiltrazione dei clan nel Palermo Calcio e del tentativo di “scalare” le aziende dell’irruente presidente da parte della famiglia Lo Piccolo, vicenda esplosa lo scorso anno e su cui ancora si sta indagando. A quanto risulta i Lo Piccolo cercavano di pilotare la compravendita di giovani giocatori della squadra rosanero tentando contemporaneamente di accaparrarsi gli appalti in città dell’imprenditore.
La storia di questi intrecci economici e criminali è emersa dall’inchiesta della procura distrettuale antimafia che ha condotto all’arresto, un anno fa, dell’avvocato e procuratore sportivo,
Marcello Trapani, difensore dei Lo Piccolo, accusato di associazione mafiosa. Insieme a lui venne arrestato anche l’ex responsabile del settore giovanile del Palermo Calcio, Giovanni Pecorare. Secondo i magistrati Trapani svolgeva un ruolo importante come tramite fra imprenditori e i boss detenuti, incaricandosi di portare messaggi dentro e fuori il carcere, intestandosi società che avrebbero dovuto gestire una speculazione edilizia a Chioggia (il porto) per otto milioni di euro. Le intercettazioni, non solo ambientali ma anche video, effettuate nello studio del penalista hanno documentato che Trapani quando incontrava Calogero Lo Piccolo, figlio del capomafia, non parlava, ma i due si scambiavano ‘’pizzini’’ in modo da evitare le “cimici”. Pizzini poi recuperati dagli investigatori tra i rifiuti. Le indagini hanno svelato anche le intimidazioni ai dirigenti della società calcistica, che erano state commissionate dagli uomini dei Lo Piccolo. Vicenda sulla quale ha parlato anche un pentito. Il collaboratore Andrea Bonaccorso, infatti, ha confessato di essere l’autore dell’intimidazione rivolta all’ex direttore sportivo del Palermo Rino Foschi, al quale, quattro anni fa, venne recapitata un testa d’agnello mozzata. Zamparini risultava e risulta estraneo alla vicenda, vittima di un tentativo di scalata alle sue società messo in atto a sua insaputa da alcuni uomini del suo stretto entourage che invece sarebbero da collegare ai clan.
Ma già prima di diventare presidente del Palermo, Zamparini aveva subito un tentativo di infiltrazione mafiosa in un suo progetto.
Allora ai vertici del Venezia calcio, l’imprenditore aveva tentato di mettere in piedi un grande ipermercato a Cinisi fra il 2000 e il 2001.
E si era ritrovato coinvolto nelle indagine sui presunti fiancheggiatori dell’allora latitante Bernardo Provenzano. In quella vicenda rimasero coinvolti uno dei collaboratori di Zamparini, l’ex
sindaco di Tarvisio Eriberto Rosenwirth, accusato di essere al centro di accordi illeciti tra la cosca di Cinisi e la società Salzam, del gruppo Emmezeta, riconducibile - come riportato dalla stampa dell’epoca - a Zamparini. Secondo l’accusa di allora l’azienda veneta, per realizzare l’ipermercato, avrebbe chiesto le dovute autorizzazioni al Comune attraverso la Sicinvest, una società che le aveva precedentemente ottenute. Cambiata l’amministrazione del paese, i permessi furono revocati. A quel punto Zamparini cercò un contatto con la nuova amministrazione attraverso un calciatore del Venezia, Massimo Taibi, originario di Cinisi. Taibi conosceva un consigliere comunale, Giuseppe Pizzo, e ne offrì all’imprenditore il numero di telefono.
Successivamente, Pizzo contattò a sua volta Giuseppe Leone e Antonio Giannusa, personaggi considerati organici a Cosa nostra. Risulta dall’ inchiesta, che questi ultimi, insieme a un altro indagato, Giuseppe Palazzolo, avrebbero mostrato un «diretto, ingiustificato e concreto interesse» nella realizzazione dell’ ipermercato. «Zamparini - scriveva il pm Asaro nella richiesta di archiviazione nei confronti del patron - risulta comunque estraneo a ogni condotta di agevolazione dell’associazione operante a Cinisi». Dell’ipermercato di Cinisi non se ne fece più nulla. Questa disavventura, che all’epoca fece scalpore visto che l’imprenditore stava cercando di consolidare il suo impero imprenditoriale basato sugli ipermercati nel meridione italiano, non
impedì a Zamparini di acquistare successivamente la società calcistica e mettere in piedi il mega progetto dello Zen. E di ritrovarsi, ancora una volta, obiettivo di una “scalata” da parte dei clan, la temibile famiglia Lo Piccolo, che proprio dallo Zen agiva per conquistare il controllo della città.

Tratto da: Terra
da AntimafiaDuemila

Nessun commento:

Posta un commento