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sabato 3 ottobre 2009

Onu: "condizioni terribili" in Libia. Ma l'Italia continua a mentire

BRUXELLES - Finora le Nazioni Unite non avevano mai usato tanta chiarezza. Ieri però l’alto commissario per i rifugiati Antonio Guterres, presente al Consiglio giustizia e interni della Ue, per una volta ha lasciato da parte i toni molli della diplomazia, ribadendo “forte riserve” sui respingimenti in Libia. “La nostra posizione è molto chiara – ha detto -. Non pensiamo che in Libia esistano le condizioni necessarie per garantire la protezione dei richiedenti asilo. Guterres ha poi ammesso le “condizioni di detenzione terribili” in Libia e “un grave rischio che i richiedenti asilo vengano rinviati nei Paesi d'origine”. E il commissario europeo per giustizia, libertà e sicurezza, Jacques Barrot, gli ha dato man forte. “Conto sull'aiuto dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati – ha detto Barrot ai cronisti -, per dire ai libici che la situazione attuale non è accettabile e non può perdurare”. Non solo. “Abbiamo ricordato all'Italia - ha aggiunto Barrot - i principi che vietano di rinviare le persone nei Paesi in cui la loro vita è minacciata».

Un duro atto d’accusa a cui per l’ennesima volta il governo italiano risponde con la menzogna. Il pinocchio di turno è il sottosegretario agli interni, Francesco Nitto Palma, presente al Consiglio giustizia e interni dell’Ue al posto del ministro Roberto Maroni, impegnato ai funerali dei militari morti in Afghanistan. Palma ha detto: “Le riconsegne di immigrati finora effettuate sono perfettamente in linea con la normativa internazionale e conformi all'articolo 19 dell'accordo di amicizia tra Libia e Italia, che consente di rinviare sul territorio libico gli immigrati irregolari provenienti dal Paese nordafricano”. Peccato che la Bossi Fini vieti il respingimento di chi richiede una protezione internazionale. Nessun problema, assicura Palma rasentando il ridicolo: “delle 757 persone salite a bordo delle navi italiane nessuno ha chiesto la protezione internazionale o ha dichiarato di essere perseguitato. Tutti una volta giunti su territorio libico hanno confermato che il loro viaggio era finalizzato solo alla ricerca di una vita migliore”. Il sottosegretario ha quindi garantito come a bordo delle navi italiane che raccolgono gli immigrati irregolari “chiunque è libero e in grado di avanzare un eventuale richiesta di protezione internazionale, con personale a bordo atto a recepire domanda”.

Palma si dovrebbe vergognare, e con lui chi gli detta le dichiarazioni da dare alla stampa. Siamo in contatto telefonico costante con i respinti eritrei e somali. E possiamo dire con certezza che tra i 1.329 respinti da maggio c’erano centinaia di rifugiati eritrei e somali. Abbiamo la lista dei nomi di 75 eritrei respinti il primo luglio. Una ventina di loro sono stati feriti dai nostri militari durante il trasbordo sulla motovedetta libica. E le stesse Nazioni Unite hanno verificato l’accaduto. Sappiamo con certezza che almeno 150 somali sono stati respinti in due occasioni: il 12 e il 30 agosto. Altri 43 eritrei sono stati riportati in Libia l’8 settembre. Di altri 24 rifugiati eritrei e somali abbiamo anche documentato le storie, grazie al ricorso presentato alla corte europea dall’avvocato Lana.

Sono 300 potenziali rifugiati. Oggi sono detenuti nei campi di Tripoli, Zawiyah, Zlitan e Misratah. Le loro testimonianze smontano le menzogne di Palma. Le loro vite violate e abusate accusano Palma, il governo italiano e gli uomini della Finanza e della Marina che hanno effettuato i respingimenti. Ma non hanno un po’ di umanità? Come si fa a scaricare a colpi di remi rifugiati, donne, neonati. A vederli caricare dentro carri bestiame in lacrime. E poi a abbracciare proprio figlio quando si torna a casa dalle missioni di pattugliamento?

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