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venerdì 2 ottobre 2009

Ora Pechino è obbligata a cambiare

Dopo sessant’anni di governo autoritario, il Partito comunista cinese è corrotto e la sua legittimità è in calo. Per evitare il declino dovrà promuovere la democrazia, scrive Asia Times.

Il sessantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese è una buona occasione per riflettere sulla situazione politica del paese. In vista della festa nazionale del 1 ottobre, i mezzi d’informazione di stato non hanno fatto altro che ricordare i “grandi successi” ottenuti dalla Cina sotto il regime comunista.In particolare, hanno fatto di tutto per mettere in risalto lo sviluppo socioeconomico degli ultimi tre decenni, che ha trasformato il paese nella terza potenza economica mondiale. Ma il “miracolo economico” basta a legittimare la continuità al potere del Partito comunista? A quanto pare, nemmeno i suoi leader ne sono molto convinti.

Al termine della sessione plenaria annuale del comitato centrale del Partito comunista, a fine settembre, i suoi leader hanno ammesso che l’autorità politica del partito è minacciata dalla corruzione dilagante, dalle tensioni etniche e dalle diseguaglianze sociali. “Questi problemi”, si legge nel comunicato rilasciato dopo l’incontro, “hanno danneggiato i legami con il popolo, ostacolando i tentativi di consolidare la posizione di potere del partito. C’è bisogno di un controllo più rigoroso sui suoi meccanismi interni”.

I centomila episodi di agitazioni e rivolte di strada scoppiate lo scorso anno in tutto il paese, il divario crescente tra ricchi e poveri e le continue violenze etniche in Tibet e nel Xinjiang rappresentano una grossa minaccia per i leader cinesi, che stanno pensando a una nuova strategia per tenere in vita il regime. Secondo lo storico Zhang Lifan, ex membro dell’accademia cinese di scienze sociali, il malcontento sociale porta molti cittadini a mettere in discussione la legittimità del regime. “Molte delle promesse fatte sessant’anni fa”, spiega Lifan, “non sono state mantenute. Come quelle di un Congresso nazionale del popolo (l’assemblea legislativa cinese) a elezione diretta o di una distribuzione equa della ricchezza. Tutto questo intacca la legittimità del regime”.

Apertura o declino
Bao Tong è stato direttore dell’ufficio per le riforme politiche del comitato centrale del Partito comunista. Secondo Tong, che ha passato sette anni in prigione perché accusato di aver appoggiato le proteste del 1989, il partito potrà riconquistare la fiducia del popolo solo trasformandosi in una formazione politica moderna. “Non è molto difficile: i suoi leader dovrebbero solo rispettare la legge e rinunciare al comando assoluto. La costituzione afferma che il potere appartiene al popolo, non al Partito comunista. Una volta rispettato questo principio, il partito riconquisterà la sua legittimità”.

Ma a quanto pare l’apparato comunista non sembra intenzionato a intraprendere questa strada. Durante il 2009, il governo ha cominciato a usare tattiche ancora più repressive per colpire quei cittadini che considera una minaccia. C’è stato un giro di vite sulle ong, molti avvocati impegnati nella difesa dei diritti umani sono stati radiati dall’albo professionale e diversi attivisti politici di primo piano sono stati arrestati. Inoltre, durante l’ultimo incontro dei vertici del partito, il governo si è impegnato, alla luce delle recenti agitazioni in Tibet e nello Xinjiang, a “prevenire efficacemente le rivolte e a reprimere con fermezza le attività separatiste di matrice etnica”.

A ogni modo, il governo sembra convinto di poter ancora sfruttare la crescita economica e il nazionalismo per unificare il popolo e assicurarsi la sua fedeltà. Secondo Willy Lam, professore di storia all’università di Hong Kong, le Olimpiadi del 2008, il programma spaziale e la parata militare per il sessantesimo anniversario della Repubblica Popolare hanno fatto crescere l’orgoglio nazionale. Secondo il giornalista Ching Cheong, gli sforzi fatti dal regime negli ultimi trent’anni per eliminare la povertà, insieme alla straordinaria crescita economica, ha rafforzato il nazionalismo, contribuendo a legittimare il regime.

“Il problema”, spiega Cheong, “È che questo modello non potrà reggere ancora per molto”. Secondo la maggior parte degli analisti, senza delle riforme politiche che introducano un sistema veramente democratico, il partito è destinato a perdere tutto il suo capitale politico.–Verna Yu, Asia Times, Hong Kong

da Internazionale

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