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domenica 11 ottobre 2009

Sfilano gli omosex e rivendicano normalità


di Cinzia Gubbini

Avranno pure ragione Andrea e Francesca: «Questa mica è una festa, siamo qui per denunciare cose gravissime come l'escalation della violenza contro gay e trans». Ma non c'è dubbio che la versione del movimento lgbt che è sceso in piazza ieri a Roma sia anche espressione del tentativo di esplorare nuove strade per rivendicare i diritti delle persone omosessuali. Il presidente dell'Arcigay Aurelio Mancuso, in corteo, lo dice esplicitamente: «Per la prima volta siamo in una grande manifestazione nazionale che non sia un Pride.Questo è il primo nucleo del popolo lgbt che intende cambiare anche il movimento. Da qui si lancia anche un messaggio ai leader e alle leader del movimento: le divisioni, i distinguo, gli atteggiamenti da primedonne devono cessare». Insomma, c'è movimento nel movimento omosex e trangender.
Lo si capiva benissimo arrivando ieri a piazza della Repubblica. Primo, per l'impatto visivo. Cartelli con su scritto «uguali» - simbolo della manifestazione - e totale assenza di qualsivoglia eccentricità. Uomini e donne, di tutte le età, vestiti in abiti «civili». Ed era proprio questo che si voleva dimostrare: siamo civilissimi, componenti di questa società, uguali agli altri nella nostra quotidianità fatta di famiglia, figli, lavoro, amici. Ma sempre discriminati, picchiati, minacciati. È stato scelto di evitare qualsiasi esplicito riferimento politico (anche al banchetto del manifesto è stato chiesto di non essere in piazza), per quanto alla fine le uniche adesioni politiche siano arrivate dai partiti di sinistra. Sul piatto la normalità del quotidiano e l'anormalità di una società omofoba. La madrina della manifestazione Maria Grazia Cucinotta molto star nel suo abito viola acceso, e accanto le trans in camicia e jeans. Per questo è stato ribaltato completamente il rito del corteo con interventi finali. Prima le parole dal palco. Ettore Ciano, un genitore dell'Agedo, ha gridato la sua rabbia per «aver lavorato quarant'anni per costruire un paese che non rispetta i miei figli omosessuali». Fabrizio, padre di Lavinia insieme a Luca, ha letto una lettera commovente a sua figlia per spiegare il perché della loro partecipazione alla manifestazione. Dino, il ragazzo aggredito davanti al Gay Village di Roma, ha ricordato quanto la sua vita sia stata segnata da quell'episodio. Ed è proprio in questa fase iniziale della manifestazione che è emerso il secondo sintomo di una frizione dentro al movimento. Quando la giornalista Delia Vaccarello ha letto il messaggio inviato dalla ministra per le Pari Opportunità Mara Carfagna, che giovedì ha incontrato gli organizzatori della manifestazione. Fischi dalla piazza, contestazione: «Buffona, buffona». Mentre Vaccarello faceva notare come sia vero quanto sottolineato dalla ministra, e cioè che grazie a questo governo per la prima volta sarà avviata una campagna sulla stampa e sui media contro l'omofobia.
«Potevamo anche ringraziare padre Pio e eravamo a posto - commenta Gianni da Verona che sul petto in modo un po' provocatorio porta lo stesso simbolo della manifestazione però sbarrato e con sotto la scritta «diverso». «Qui si va a sdoganare una destra che ci stringe le mani alle manifestazioni e poi ci spacca la testa in strada». Il riferimento è alla ormai famosa visita della Pd Paola Concia - unica parlamentare apertamente omosessuale - ai «fascisti del terzo millennio» di Casa Pound. Ieri al corteo c'era anche lei ( e anche cartelli con su scritto «Conciati male») che ha ribadito: «Bisogna fare appello alla parte migliore del centrodestra e del centrosinistra per far fare un passo avanti all'Italia e approvare la legge contro l'omofobia». Il testo di legge dovrebbe essere discusso in parlamento domani, per ora epurato del riferimento ai trangender, anche se la ministra Carfagna si è impegnata affinché sia reintrodotto. Ma anche sulla legge contro l'omofobia c'è polemica. Ieri il coordinamento di «Facciamo breccia» distribuiva un volantino che incitava a rifiutare la «vittimizzazione» posta in atto da un ordine «razzista e eterosessita», che prima crea gli allarmi su violenze da loro stessi legittimate e poi sforna nuove fattispecie di reato. Porpora, del Movimento identità transessuale di Bologna la mette così: «La questione dei diritti io la associo a un percorso di liberazione. Sono d'accordo che che bisogna abbattere i muri, ma devi tenere il timone dritto. Per capirci, io in piazza con la Mussolini che ha detto "meglio fascisti che froci" non posso esserci». dice invece Andrea Rubera di «Nuova Proposta», il gruppo degli omosessuali di fede cristiana: «I Pride vanno benissimo, ma servono anche manifestazioni così. Per noi il dialogo è un valore fondamentale, anche con il ministro Carfagna. Bisogna lavorare seriamente perché il movimento sia unito, le frammentazioni sono soltanto un danno».
Sarebbe riduttivo, però, leggere soltanto delle precise scelte politiche dietro un nuovo «sentire» che emerge nel movimento lgbt. Riflette Stefano Centonze, artista e illustratore: «Io credo che molto giochi anche la fase storica. Quante persone oggi sono disposte ad esporsi? Credo molto meno che in passato. Da sempre gli omosessuali e i trans aspirano alla normalità. Il guaio è che puoi pure mostrare quel bravo ragazzo che sei, ma bravo per questa società non lo sarai mai».

da IlManifesto

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