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venerdì 2 ottobre 2009

Voyager, il divulgatore di stronzate (nel senso di Frankfurt)


Confessiamo! Lunedì sera abbiamo visto la seconda puntata di Voyager. Ci siamo sottoposti nuovamente alla stupefacente ordalia mediatica che la televisione di Stato somministra all'abbonato "sempre in prima fila". Purtroppo, ci siamo sintonizzati in ritardo, certi però che Giacobbo non avrebbe deluso le nostre peggiori aspettative. E infatti...

Non appena lo schermo si illumina siamo irrimediabilmente coinvolti in uno dei "viaggi attraverso domande a caccia di risposte" in cui la guida turistica del mistero - nonché vicedirettore della seconda rete - ci conduce alla ricerca di "cosa c'è di vero nella leggenda e di fantastico nella storia". Accidenti!

Giacobbo incalza, ansioso di precipitare i suoi ascoltatori in quelle "strabilianti coincidenze" che squarciano la fumosa coltre dei fatti per aprire persino gli occhi degli increduli sul cialtronesco marasma della dietrologia a buon mercato.

Cosa accadde la notte del 14 aprile 1912? Per chi si accontenta delle verità di superficie, il Titanic affondò a seguito dello scontro con un iceberg.

In realtà, spiega l'ineffabile segugio del mistero, quella notte accadde "qualcosa di inspiegabile". Inspiegabile? E se così fosse, come farà il Nostro a renderci edotti su ciò che parrebbe non avere spiegazione? Mah!

Quello che conta, dopotutto, sono solo le "strabilianti coincidenze". E, infatti, ci viene prontamente ricordato che nel 1898 lo scrittore britannico Morgan Robertson pubblicò un romanzo in cui si parla di una nave che, partita dal porto di New York alla volta dell'Inghilterra, affondò in mare aperto a seguito di uno scontro con un iceberg! Avete letto bene, 1898! Quattordici anni prima dei drammatici eventi in questione.

Una voce fuori campo sottolinea "che le coincidenze tra il romanzo di Robertson e la tragedia del Titanic sono davvero impressionanti", anche perché - tenetevi forte! - il nome dello scafo di cui si parla nel romanzo era Titan... Una tragedia annunciata?

Subdola e immotivata (come sempre!) comincia a ricorrere come un sinistro tormentone la parola profezia. Era tutto scritto... E se qualcuno di voi provasse, per esempio, a far notare che il Titan viaggiava dagli Usa all'Inghilterra, mentre il Titanic dall'Inghilterra agli Usa, potrebbe almeno dire che era tutto scritto, ma male? Irriducibili scettici che non siete altro! E' noto che le profezie vanno interpretate... Inoltre, Giacobbo aggiunge - a chi fosse sfuggito il dettaglio - che ci furono "uomini e donne che non tornarono mai". Davvero??? E "forse questi uomini e queste donne - prosegue il conduttore - avrebbero potuto intuire qualcosa se solo avessero letto un piccolo libro uscito 14 anni prima della catastrofe". Quante volte ve lo dobbiamo dire che leggere fa bene e allunga la vita?

Ma a raggelare gli entusiasmi dei più ingenui, giunge un avviso ai naviganti dal capitano di Voyager: "Trovare una spiegazione al fatto che un romanzo ha anticipato di 14 anni la tragedia del Titanic francamente è difficile". E quindi??? Un quarto d'ora di trasmissione gettato al vento? Un momento di involontaria lucidità? O la cautela tipica di chi prende il mistero con le pinze? Scegliete voi.

Forse, più semplicemente, "i misteri non finiscono qui. [...] La teoria legata all'iceberg è solo una. C'è n'è un'altra altrettanto sorprendente che basa i suoi capisaldi su tre elementi innovativi": un tesoro scomparso, vittime mai ritrovate e un sottomarino tedesco.

In estrema sintesi, lo scrittore James Clary sarebbe convinto di aver dimostrato che l'affondamento del Titanic non sia dipeso da un iceberg. Secondo Clary, "il transatlantico navigò ancora quindici minuti dopo la collisione". Ma collisione contro cosa, se quella dell'iceberg sarebbe una bufala? Pazientate ancora qualche riga. Pare infatti, che il comandante, rispettando il protocollo, abbia dato ordine di continuare a navigare a mezza velocità, il che avrebbe accelerato l'infiltramento d'acqua e quindi velocizzato l'affondamento. A ciò si aggiunga che lo squarcio si sarebbe prodotto in prossimità dei vani in cui erano conservati gli inestimabili gioielli dei ricchi passeggeri che alloggiavano nei piani nobili del transatlantico.

Tutta colpa del comandante, quindi? Ma soprattutto cosa provocò, se non il famigerato iceberg, lo squarcio nella chiglia del Titanic? Lo storico David Roberts ipotizza un incendio, o meglio, "un focolaio virulento vicino alla stanza delle caldaie sei".

E quindi la solita domanda sorge spontanea nella testa di Giacobbo: "Fu solo una coincidenza? Oppure l'incendio indebolì la paratia, causando danni maggiori del previsto al contatto con l'iceberg". Allora l'iceberg c'era...

E il sottomarino? Ecco uno dei consueti avvitamenti carpiati tipici della retorica "giacobbina": "Può sembrare incredibile, eppure questa non è la rivelazione più sconcertante. [...] Alcuni indizi tendono a guidare la nostra indagine verso la sinistra ipotesi della cospirazione. [...] La tragedia del Titanic potrebbe essere stata un atto di guerra?".

L'iceberg di nuovo scompare! "Molti superstiti dissero che dalle scialuppe di salvataggio videro una strana luce provenire da una nave vicina, come il lampo di un proiettore". Per alcuni si tratterebbe del Californian, ma il capitano di quella nave sostenne che c'era un'altra nave che non soccorse i naufraghi.

Giacobbo esige chiarezza: "Dobbiamo porci due domande: la prima, perché questa eventuale terza imbarcazione non andò in soccorso dei naufraghi? E poi, perché il capitano Lord avrebbe dovuto inventare tutto questo?". Ecco l'ipotesi che spiegherebbe tutto: "c'è la possibilità che quel faro appartenesse a un sottomarino tedesco e la ragione del mancato soccorso dei naufraghi sarebbe che o si era appena scontrato con il Titanic o lo aveva colpito con i suoi siluri per affondarlo".

Quindi, come sono andate le cose in quella notte di aprile del 1912? Cediamo di nuovo la parola a Giacobbo, ne vale la pena: "La tragedia del Titanic può avere due finali diversi. Il primo, quello di un incidente banale, ma previsto da un libro qualche anno prima; un altro, quello di un attentato, di un affondamento voluto per prendere un tesoro. Un bivio quindi. Quale strada scegliere: l'una o l'altra?" Già, quale? Eccovi il clamoroso risultato delle turbinose indagini di Giacobbo: "Questa è una scelta che lasciamo a voi. Ma se ci pensiamo con attenzione forse queste due soluzioni in un punto potrebbero addirittura incontrarsi. Ma questa è un'altra storia". L'abbonato ringrazia!

Se il riferimento non fosse troppo nobile, verrebbe da dire che c'è del metodo in questa follia. Nella prima puntata della nuova edizione - quella dedicata a 2012. Fine del mondo? (che per una "strabiliante coincidenza" replica il titolo del libro del conduttore pubblicato da Rai-Eri Mondadori) - avevamo assistito a un simile delirio argomentativo dedicato alla "nuova razza, nata in previsione dei cambiamenti epocali che avverrebbero - guarda un po' - nel 2012", i bambini indaco. Vi risparmiamo la girandola di suggestioni e contraddizioni che ha scandito lo spazio vanamente dedicato al tema e vi regaliamo solo l'imperdibile conclusione di Giacobbo sull'argomento: "Falso, vero o limitato che sia, il fenomeno dei bambini indaco ci spinge comunque a riflettere su due cose molto importanti: il percorso evolutivo che sta compiendo l'umanità e il grado di attenzione che dovremmo rivolgere ai nostri figli".

Abbiamo un'idea precisa su come classificare imbonitori di tal fatta e ce l'ha suggerita un saggio di Harry Frankfurt (Stronzate. Un saggio filosofico, Rizzoli 2005), in cui il filosofo ha spiegato la differenza tra chi racconta balle e chi spara "stronzate". Secondo Frankfurt, infatti, "Il divulgatore di stronzate [...] non è dalla parte del vero né da quella del falso. [...] Non prende in considerazione i fatti, se non nella misura in cui possono aiutarlo a confermare le sue affermazioni". E facendo propria questa tassonomia, il giornalista scientifico Ben Goldacre nel suo La cattiva scienza (Bruno Mondadori, 2009) ha opportunamente ribadito che "il divulgatore di stronzate [...] tenta semplicemente di fare colpo sui suoi ascoltatori". Se trovate una qualche corrispondenza tra le parole di Frankfurt (e di Goldacre) e le trasmissione di Giacobbo, condividerete con noi l'amarezza di vedere una televisione di stato ridotta a "divulgare stronzate" in prima serata.

Diversamente, buona visione!

di Chiara Ceci* e Stefano Moriggi**
* comunicatrice della scienza
** filosofo della scienza
da MicroMega

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