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domenica 8 novembre 2009

La moderna danza della pioggia

Studiate, sperimentate e discusse da oltre 50 anni, le tecniche di stimolazione della pioggia stanno guadagnando crescente attenzione in molti Paesi alle prese con gravi problemi di siccità

Il più grande arsenale del mondo di razzi, cannoni ed aerei è nelle mani della Cina, ma, in questo caso, non ha niente a che vedere con gli usi militari.
Stiamo parlando, infatti, di un arsenale “pacifico”, allestito per dare risposte ad uno dei problemi più drammatici con cui convivono numerose comunità umane. Il problema della siccità, delle prolungate stagioni senza pioggia che distruggono i raccolti, compromettono il sostentamento e peggiorano le condizioni igieniche delle popolazioni colpite.

Si tratta di un problema che i mutamenti climatici stanno ingigantendo in diverse zone del mondo, dove i deserti avanzano e le popolazioni migrano alla ricerca di migliori condizioni di sopravvivenza.
Questa situazione, ad esempio, si è manifestata in modo assai grave lo scorso inverno in alcune regioni del nord della Cina, ove le precipitazioni sono diminuite del 90%. Con il risultato che milioni di ettari coltivati e di persone sono rimasti senza pioggia per oltre 3 mesi.

Incrementare le precipitazioni

Il governo cinese si è mosso varando un programma straordinario di interventi, incentrato inizialmente sulla deviazione del corso dello Yangtze. Ma è stata solo una misura tampone in attesa di piogge che le previsioni dei meteorologi, giorno dopo giorno, rimandavano sine die. Di qui la decisione di affidarsi alla tecnologia e di procedere a tecniche di stimolazione artificiale della pioggia.

In pochi giorni circa 2.400 razzi, contenenti agenti chimici stimolanti, sono stati sparati nei cieli delle province di Shanxi, Shandog, Anhui, Jiangsu, Hebei e Gansu, e i risultati sono arrivati sotto forma di precipitazioni modeste, ma sufficienti ad allontanare l’emergenza.

Un intervento così massiccio e su un territorio così ampio ha rappresentato una novità per la stessa Cina che pure negli ultimi anni si è affidata abbondantemente alle tecniche di “inseminazione” delle nuvole.
Incrementare le precipitazioni si pone, del resto, come un obiettivo prioritario del governo cinese che ha oggi l’assoluta necessità, in una situazione di crisi economica internazionale che ha falcidiato milioni di posti di lavoro nelle città, di mantenere stabile il reddito agricolo. Questo spiega perché la Cina sia diventata in poco tempo il Paese leader della pioggia artificiale. Le statistiche del settore dicono che gli aerei del National Meteorological Bureau cinese hanno effettuato 2.840 voli tra il 2001 e il 2005 con un “bottino” di 210 miliardi di metri cubi di acqua riversata su un’area corrispondente ad un terzo dell’intero territorio cinese. Con benefici, peraltro, che non sono andati soltanto alle campagne. È stata con la pioggia artificiale, infatti, che si sono combattuti alcuni grandi incendi sviluppatisi recentemente nelle foreste delle province settentrionali e nordorientali. Ed è stata sempre la pioggia provocata dall’uomo, nel maggio 2008, a “lavare” Pechino dalla sabbia portata dalle grandi tempeste provenienti dall’Asia centrale.

Una storia cominciata in Israele

A credere nelle virtù della “inseminazione delle nuvole” sono oggi molti Paesi. A cominciare da Israele che è ha iniziato ad utilizzare queste tecniche negli anni ’50, ottenendo incrementi di precipitazioni intorno al 20% su base annua.
L’Italia, dal canto suo, è stata tra le prime nazioni mettersi sulla scia delle ricerche israeliane grazie all’attività della Tecnagro, una società di ricerca senza fini di lucro partecipata da importanti aziende e associazioni del mondo chimico e agricolo.
Proprio una équipe italo-israeliana diede vita al “Progetto Pioggia” che fu condotto in alcune regioni del Mezzogiorno e, soprattutto, in Puglia dal 1986 al 1994. Si è trattato di un’attività portata avanti fino ad anni recenti: nel 2003, ad esempio, un accordo raggiunto con l’Aereonautica militare, aveva messo a disposizione della Tecnagro strutture aeroportuali e meteorologiche.

Oggi, però, sono soprattutto le aree più assetate del Medio Oriente e dell’Africa a guardare con interesse a queste tecniche. È stata salutata come un grande successo, ad esempio, la sperimentazione condotta negli Emirati Arabi che hanno potuto godere di quattro giorni di fila di pioggia (un vero record per quelle zone!) dopo la campagna di “inseminazione” aerea condotta nei cieli di Dubai.
D’altra parte, a fronte di questi risultati le cronache registrano anche gli esiti assai modesti di alcune campagne, che hanno fatto gridare allo spreco delle risorse pubbliche.

Nel dibattito scientifico il tema della stimolazione artificiale delle piogge continua ad essere, in effetti, controverso. Ma l’interesse verso queste tecniche resta comunque elevato. Anche perché potrebbero rappresentare in futuro una carta importante da giocare nell’ambito delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici.

Quintino Protopapa (agosto 2009)

Fonte: http://www.enel.it/attivita/ambiente/ecology/impatto177_hp/impatto177/inseminazione/

La tecnica dell’ “inseminazione” dei cieli
La stimolazione delle piogge si ottiene diffondendo nell’aria – al di sotto delle nubi e per mezzo di aerei opportunamente attrezzati – particelle che presentano una struttura cristallina molto simile a quella del ghiaccio.
In presenza di alcune condizioni favorevoli, queste particelle vengono catturate dai moti convettivi dell’aria che li portano in alto, fin dentro le nubi, dove innescano un processo di formazione delle gocce di pioggia.
La sostanza che viene usata per queste operazioni è lo ioduro di argento. Esso viene bruciato in piccole quantità in una caldaia posta sull’aereo e il fumo che ne deriva risulta costituito, appunto, dalle minuscole particelle che vanno a stimolare le nubi.
Sotto il profilo ambientale non sembrano esserci controindicazioni. Si tratta, infatti, di una sostanza inerte e, del resto, se ne usa così poca e in un così vasto volume di aria da risultare quasi non rilevabile.
Per applicare questa tecnologia occorre, però, un’organizzazione efficiente, in grado di cogliere tempestivamente le condizioni atmosferiche favorevoli all’inseminazione. Ovvero, in grado di monitorare l’arrivo delle formazioni nuvolose segnalate dai satelliti, cercando di valutare tempestivamente la presenza di quelle condizioni di quota, umidità e temperatura che si prestano all’intervento. Solo se la lettura di questi dati lascia intravedere un ragionevole margine di successo, si fanno partire gli aerei. E si aspetta, fiduciosi, che lassù qualcosa succeda.

da Stampalibera

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