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domenica 22 novembre 2009

Le relazioni pericolose del presidente del Senato


di Maria Loi
Palermo. L’inchiesta pubblicata sul “Fatto” a firma di Marco Lillo è l’ennesimo caso di malaffare, di illegalità e di sopraffazione nelle cui maglie questa volta è finito Renato Schifani, la seconda carica dello Stato, che all’epoca dei fatti, 14 anni fa, svolgeva la sua attività legale come civilista nello studio palermitano Schifani-Pittelli.
Sostanzialmente il Senatore Schifani aveva concesso le sue consulenze ricorrendo al Tar per dare manforte ai diritti di un costruttore, Pietro Lo Sicco (suo cliente ndr) poi condannato per mafia per l’edificazione abusiva di un palazzo in un complesso residenziale di Palermo nei pressi dello stadio della Favorita a scapito delle due sorelle Rosa e Salvina Pilliu che si erano opposte allo scempio edilizio.
E’ nel 1991 che l'imprenditore edile Pietro Sicco, amministratore della Lopedil costruzioni, mette mano al progetto dopo aver rilevato l’area edificabile alla società Impresa Torino costruzioni di proprietà dell’imprenditore mafioso Rosario Spatola. Sicco presenta prima una falsa documentazione all'assessorato all'edilizia privata dichiarando di essere il proprietario dell'intera area per ottenere la concessione edilizia, ma il 17 settembre 1993 il Comune annulla tutto. E’ a questo punto che Schifani e Pittelli presentano ricorso al Tar.
A dare una svolta all’intera vicenda sono le dichiarazioni di Innocenzo, il nipote di Pietro Lo Sicco. Questi dichiara che l’impresa dello zio, sebbene non in regola, ottiene l’autorizzazione a costruire perché lo zio paga una tangente di 20/25 milioni in cambio.
Alla costruzione si interessa il gotha di Cosa Nostra: Stefano Bontade, Leoluca Bagarella, lo stesso Giovanni Brusca che fiuta l’affare.
Ma anche il giudice Paolo Borsellino se ne occupa. Sono le due sorelle a chiedergli aiuto e il giudice, nonostante in quel particolare periodo sia oberato di lavoro, in quei giorni in prossimità della strage di via D’Amelio decide di ascoltarle. E avrebbe dovuto risentirle ancora ma sopraggiunge prima la strage.
Ancora oggi, nonostante le varie vicissitudini quell’edificio di 9 piani è ancora in piedi. E questo grazie anche ai ricorsi e alle richieste di sanatoria dello studio legale Schifani–Pittelli a dimostrazione che chi corrompe ha sempre la meglio sul più debole nel nostro Paese.
“Il Fatto Quotidiano” ha cercato di mettersi in contatto con il legale Nunzio Pittellì senza riuscirci; Poi ha cercato di conoscere da fonti vicine alla presidenza quale fosse il pensiero di Schifani e lo ha riassunto così: “sono cose di 15 anni fa e riguardano la mia professione di avvocato. Comunque Pietro Lo Sicco e gli altri non erano mai stati coinvolti prima in indagini”.
Di fronte alla gravità di simili affermazioni è evidente che il Senatore Schifani si è dimenticato di essere la seconda carica dello Stato e proprio in virtù di quell’incarico che ricopre, come uomo delle istituzioni, dovrebbe tutelare il destino del Paese in nome di quel principio che si chiama trasparenza, ma che sempre più politici sembrano aver dimenticato.

da AntimafiaDuemila

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