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venerdì 29 maggio 2009

Anarchico spagnolo insulta La Russa mentre passeggia nei vicoli di Genova


i veri fascisti non si smentiscono mai!

Il tarlo della "democrazia"

Ecco l'aggressore dell'Anarchico spagnolo:


Giorgio BORNACIN

Regione di elezione: Liguria
Nato il 24 novembre 1949 a Omegna (Verbania-Cusio Ossola)
Residente a Genova
Professione: Insegnante

Elezione: 13 aprile 2008
Proclamazione: 17 aprile 2008
Convalida: 28 ottobre 2008

Membro Gruppo PdL

Membro della 8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni)

Membro della Commissione parlamentare per l'infanzia

GENOVA (28 maggio) - Fuori programma per il ministro alla Difesa Ignazio La Russa mentre passeggiava nei vicoli di Genova. Un giovane ha gridato, offendendolo e ha cercato di avvicinarsi con fare minaccioso. L'uomo è stato fermato degli uomini della scorta del ministro ed è stato richiesto l'intervento dei Carabinieri. La passeggiata è proseguita nel frattempo con alcuni cittadini che hanno chiesto al ministro di fare qualcosa contro il degrado del centro storico genovese.

L'autore del gesto è un anarchico spagnolo, Juan Antonio Sorroche, 32 anni, residente a Genova. L'anarchico, che è noto alle forze di polizia per episodi analoghi, è stato colpito con un pugno dal senatore del Pdl Giorgio Bornacin («Ma era più una manata che un pugno», ha detto il senatore) quando era stato già bloccato contro una vetrina dalla scorta del ministro, che poi hanno consegnato Sorroche ai carabinieri per l'identificazione. Nel marsupio dell'uomo i carabinieri hanno trovato due cacciaviti e un tronchese. Sorroche è stato trattenuto per l'intero pomeriggio nella caserma del comando provinciale per l'identificazione, dove non ha rilasciato dichiarazioni e non ha mai opposto resistenza; in serata è stato rilasciato. Sarà denunciato a piede libero per possesso ingiustificato di oggetti atti ad offendere. Si sta valutando l'ipotesi di una denuncia per oltraggio ad un membro del governo.

L'uomo fu arrestato e denunciato varie volte in passato. Come nel 2006 a Girona, in Spagna, in un'operazione congiunta dei carabinieri del Ros di Trento e della Guardia Civil con l'accusa di far parte del "gruppo di Rovereto" di anarchici insurrezionalisti. «Nel corso del giro ci avevano avvertito che c'era uno scalmanato - ha commentato il senatore Bornacin - per questo volevo che finisse presto. E ora mi chiedo se ci sia venuto da solo o se lo abbiano mandato. Siamo in un'Italia dove un ministro della Repubblica viene aggredito in un centro storico. Questo non era avvenuto neanche negli anni più pesanti».

Il ministro La Russa ha minimizzato l'episodio e già in via Prè aveva esortato gli uomini della scorta a non fare del male al contestatore. «Spero che non lo arrestino, prima voglio capire se è sano di testa e farmi spiegare le motivazioni del suo tentativo. Fossero questi i pericoli, sono stati ben altri quelli che ho corso nella mia vita negli anni '70». A proposito del gesto del senatore Giorgio Bornacin che ha fermato l'aggressore con un colpo al volto, il ministro ha dichiarato: «Non l'ho visto. Diciamo che Bornacin ha voluto dimostrare che è un baldo giovane, gli crediamo sulla parola. Però è vero: 5 minuti prima che accadesse il tentativo di aggressione Bornacin mi diceva: c'è un tipo che non mi piace, finiamo il giro prima».

da qui

Anarchico spagnolo insulta La Russa mentre passeggia nei vicoli di Genova - Il Messaggero
da Indymedia

Festival Sociale delle Culture Antifasciste


“L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo”.
(Pier Paolo Pasolini, 1962)
A cavallo tra maggio e giugno Bologna sarà il connettore delle culture antifasciste, un hub tra le realtà italiane e non, un grande momento di condivisione per socializzare percorsi, condividere e confrontare idee, proposte e risorse; l’occasione per sperimentare nuovi linguaggi e ridisegnare immaginari collettivi; per stimolare la nascita di nuove relazioni e dotarsi di una “scatola degli attrezzi” per analizzare e agire nei confronti del fascismo che minaccia il nostro tempo. Il suo esercitare controllo, repressione [1], violenza, autorità è un processo quotidiano che è inserito nelle vite di tutti e che si propaga anche attraverso queste. Anche per questo pensiamo che delegare il progresso politico, sociale e culturale della nostra realtà sia un grossolano errore. L’autodeterminazione rappresenta per noi uno strumento privilegiato da cui partire per ricostruire una sensibilità comune potente, capace di indignarsi di fronte alla prepotenza, l'esclusione, l'ingiustizia.

Cinque giorni di campeggio dibattiti musica teatro e di vita comunitaria sono un'occasione fondamentale per la costruzione di relazioni e progetti sul piano nazionale e non solo, per rilanciare nuove pratiche di antifascismo.

Sul sito fest-antifa.net e' presente il vasto programma anche in versione stampabile.
Per partecipare all'organizzazione: info@fest-antifa.net

Bologna, Parco delle Caserme Rosse

Le accuse di Amnesty all'Italia

Il nuovo rapporto di Amnesty international spiega come la crisi economica aggravi le violazioni dei diritti umani. Per l'Italia, dure critiche alle politiche contro i migranti e alla lunga collaborazione con la dittatura di Gheddafi

E’ sicuramente uno capitoli peggiori degli ultimi anni, l’aggiornamento al mese di maggio 2009 sulla situazione dei diritti umani in Italia che accompagna il rapporto annuale di Amnesty international, presentato ieri a Roma. A preoccupare l’associazione internazionale per la difesa dei diritti umani sono le norme del pacchetto sicurezza, così come «gli attacchi di stampo razzista» di cui sono stati vittime i rom e i sinti in Italia negli ultimi mesi. Preoccupano anche le lentezze nei processi che vedono imputati agenti di polizia [dal G8 di Genova alle morti di Federico Aldovrandi e Gabriele Sandri], fino al fatto che l’Italia continua a rimanere indietro rispetto agli altri paesi in materia di reati configurabili come tortura. Tuttavia, l’attenzione dei ricercatori dei Ai è concentrata sulle politiche del pacchetto sicurezza e sulle politiche di respingimento dei migranti che il governo Berlusconi, e soprattutto il ministro dell’interno Roberto Maroni, perseguono costantemente. A proposito del pacchetto sicurezza, Amnesty, «sin dall’inizio ha guardato con estrema preoccupazione all’emergere di norme che, lungi dal rappresentare una pianificazione chiara e comprensibile della politica sull’immigrazione, hanno un impatto pericoloso sui diritti umani». «A maggio 2009, a seguito dell’apposizione della fiducia da parte del governo, la Camera dei deputati ha approvato il testo del disegno di legge (ddl 2180) il quale, fra le altre cose, introduce il reato di ingresso e permanenza irregolare nel territorio dello stato – scrive Amnesty – Se confermata dal Senato, questa disposizione può produrre un’allarmante conseguenza sui diritti umani dei migranti irregolari: costretti dalla minaccia incombente di una denuncia da parte di ogni pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, essi sarebbero indotti a sottrarsi dall’incontro con ogni tipo di istituzione e ufficio pubblico, tenendosi alla larga da ospedali, scuole, uffici comunali, con immaginabili conseguenze sul diritto alla salute, all’istruzione per i figli, alla registrazione dei nuovi nati».
Per quanto riguarda le politiche di detenzione di migranti al momento dell’arrivo, Amnesty rileva che «L’Italia non ha risolto la questione della legittimità della detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo immediatamente dopo l’arrivo. Come sottolineato dal Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria delle Nazioni Unite (Wgad), che ha visitato l’Italia nel novembre 2008, durante il primo periodo di permanenza nei centri dopo l’arrivo in Italia, i richiedenti asilo sono sottoposti a una detenzione de facto, priva di basi legali certe e di controllo giudiziario». A ciò si aggiunge il peggioramento delle pratiche di respingimento e delle condizioni di vita a Lampedusa, a causa della decisione di Maroni di trasformare il Cpta in Cie: «È stata così ribaltata la politica adottata sino a quel momento che considerava Lampedusa come luogo di soccorso, dove svolgere soltanto una primissima identificazione, prima che le procedure amministrative potessero essere avviate in altri centri della Sicilia e del territorio peninsulare. La nuova prassi ha avuto un grave impatto sui diritti umani di migranti e richiedenti asilo, che sono dovuti rimanere all’interno del centro di “Contrada Imbriacola” a Lampedusa per lungo tempo. Tale centro, che all’epoca poteva ospitare sino a 804 persone, è arrivato a contenerne anche 2000, con evidenti conseguenze per le condizioni igienico-sanitarie».
Ancora: «Venendo meno a una politica che le ha viste spendersi per la salvezza di vite umane nel Mediterraneo, nel 2009 le istituzioni italiane hanno mancato ai principi fondamentali dei diritti umani mentre esercitavano le proprie funzioni in mare». Sotto accusa, i mancati soccorsi ai naufraghi della Pinar e la collaborazione con il regime libico per i respingimenti in mare delle navi cariche di migranti. Amnesty scrive: «Tra il 7 e l’11 maggio 2009, con una decisione senza precedenti, l’Italia ha condotto forzatamente in Libia circa 500 tra migranti e richiedenti asilo, senza alcuna valutazione sul possibile bisogno di protezione internazionale degli stessi e quindi violando i propri obblighi in materia di diritto internazionale d’asilo e dei diritti umani. Il 75 per cento delle persone che arrivano in Italia via mare sono richiedenti asilo e, secondo l’Unhcr, tra le persone rinviate in Libia vi erano cittadini somali ed eritrei, bisognosi di protezione». «Queste azioni rappresentano il portato finale, grave e prevedibile, di una cooperazione con la Libia perseguita e condotta, negli ultimi 10 anni, dai diversi governi che si sono succeduti e caratterizzata da scarsa trasparenza e nessuna condizione posta al governo di Tripoli sui diritti umani». Per questa politica di lungo corso, l’Italia, secondo Amnesty «deve essere considerata responsabile per quanto accadrà ai migranti e ai richiedenti asilo riportati in Libia».

da Carta

Saras. La raffineria killer, i Cip 6 e l'Inter

E' la raffineria più grande del Mediterraneo di proprietà della famiglia Moratti. Lì ieri sono morti tre operai. Ora la Saras è sotto inchiesta, anche per inquinamento. Ma forse pochi sanno che attraverso una sua controllata, la Sarlux, la società produce energia elettrica bruciando «Tar», olio combustibile pesante. Nonostante ciò può avvalersi degli incentivi per i «Cip6». Lo scenario è la raffineria più grande del Mediterraneo, la Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari, di proprietà dei petrolieri Moratti, fondata nel 1962 da Angelo Moratti [già presidente dell’Inter], oggi di proprietà di Gianmarco e Massimo Moratti, patron dell‘Inter.
Qui 1600 operai lavorano petrolio grezzo che esce dallo stabilimento in barili, se ne contano 300 mila l’anno. Qui ieri hanno perso la vita Gigi Solinas, Bruno Muntoni e Daniele Melis, stroncati all’interno di una cisterna dalle esalazioni tossiche. Anidride solforosa? Saranno i giudici a stabilirlo dopo la conclusione delle indagini aperte dalla Procura di Cagliari per accertare eventuali responsabilità sulla morte degli operai, dipendenti della Comesa, una ditta esterna che lavora per la Saras.
Per protestare contro l’ennesima strage sul lavoro questa mattina i lavoratori della Saras hanno manifestato davanti ai cancelli della raffineria ma i sindacati confederali, riuniti a Tramatza nell’oristanese, potrebbero decidere di indire lo sciopero generale in tutta l’isola. La Fiom ha anche annunciato che si costituirà parte civile in un eventuale processo. Lo sciopero proseguirà anche domani e venerdì prossimo, giorno in cui potrebbero svolgersi i funerali delle vittime.
Quella di Sarroch per molti è stata una tragedia annunciata. «Da anni abbiamo lanciato l’allarme sulla sicurezza degli impianti della Saras e sui livelli di inquinamento che questi producono, allarme rimasto inascoltato se non addirittura deriso e rimproverato», ha dichiarato il presidente della Provincia di Cagliari, Graziano Milia [centrosinistra]. E proprio pochi giorni prima della tragedia la raffineria è finita sotto inchiesta, riporta la Nuova Sardegna, grazie a «Oil» un documentario prodotto e diretto da Massimiliano Mazzotta che racconta cosa veramente succede all’interno dell’impianto e le presunte conseguenze sulla salute degli operai e degli abitanti di Sarroch.
70 minuti in cui un ricercatore fiorentino, Annibale Biggeri, mette in relazione la percentuale dei decessi dovuti a malattie tumorali nella zona industriale attorno alla raffineria con l’attività degli stabilimenti. «Una maggiore incidenza di patologie tumorali e respiratorie rispetto alla media regionale», spiega Biggeri che, studiando i dati dell’Istat sulla mortalità dal 1981 al 2001 e quelli sui ricoveri ospedalieri dal 2001 al 2003, pubblica il «Rapporto Sarroch Ambiente e Salute». E’ tutto lì. Petroliere che attraccano, vanno e vengono trasportando petrolio grezzo. Petrolio ma non solo perché la Saras – attraverso la controllate Sarlux r.r.l. – da qualche anno è entrata nella nel settore dell’energia elettrica che produce usando gli scarti della raffinazione. E’ il «Tar» detto anche «olio combustibile pesante», un combustibile altamente inquinante.
E’ questo il carburante che tiene in vita il progetto della Sarlux che consente di generare energia elettrica per una potenza installata pari a 550 megawatt ed una produzione in esercizio sui quattro miliardi di chilowattora l’anno. La maggior parte della sua produzione [450 megawatt su 550] viene utilizzata dall’Enel.
Per la legge italiana l’impianto Sarlux [una joint-venture tra Saras con l’americana Enron Corp] produce fonti rinnovabili. La Sarlux è un’altra scatola cinese, la società infatti possiede l’impianto Igcc [impianto di gassificazione integrata a ciclo combinato] e attraverso Parchi Eolici Ulassai S.r.l. [tramite la controllata Sardeolica S.r.l.] la quale possiede e gestisce il parco eolico sito nel Comune di Ulassai in Sardegna, produce fonti rinnovabili.
E producendo fonti rinnovabili la Sarlux può avvalersi degli incentivi per i «Cip6», il perverso meccanismo che dell’incentivo alle fonti rinnovabili ma anche – appunto – alle assimilate: centrali elettriche a ciclo combinato alimentate con il metano oppure con il gas ottenuto dalla gassificazione dei residui di raffineria.

di Eleonora Formisani