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martedì 7 luglio 2009

ASCANIO CELESTINI - CON LA PAURA GOVERNI IL POPOLO

ILGRANDE CAPO - COMIZIO DI BERLUSCONI



Ogni popolo elegge il premier che meglio incarna e rappresenta le proprie speranze.
Siamo un popolo, la storia ce l’ho insegna, che ha sempre scelto il male peggiore.
Il duce osannato, servito e riverito una volta caduto il regime fascista e catturato dai partigiani, fu portato in piazza alla mercè della folla impazzita; quella stessa folla che due minuti prima vedeva in lui la speranza o addirittura uno dei più grandi statisti italiani.
Facendo un paragone molto azzardato, nonostante non sia un cattolico cristiano ma riconoscendo la grandezza dell’UOMO Gesù di Nazaret, tra Barabba e Gesù, il popolo scelse il primo.
La storia si ripeterà sempre finchè uomini puri ed onesti non si metteranno in gioco facendo aprire gli occhi alla gente, anche a rischio della propria pelle.

SINISTRA UNITA FINALMENTE !

Si rinnova oggi, martedì 7 luglio 2009 alle ore 18:30 presso la sede del Movimento per la Sinistra in via N.Ingusci n°6, l’appuntamento a tutti gli organi della sinistra neretina e alla cittadinanza tutta per una riunione programmatica.
E’ arrivato il momento di proporre e concretizzare delle idee che altrimenti rimarranno nei nostri cassetti, come molto spesso viene imputato a noi uomini e donne della sinistra.
Riprendiamoci le piazze lasciate ormai alla mercè di una destra che gioca con le paure della gente e di una politica che realizza i sogni dei poveri cristi comprandoli.
Vi aspettiamo numerosi.

Movimento Per La Sinistra Nardò

Resoconto riunione costitutiva del tavolo politico della sinistra neritina - 27 giugno 2009

Promotore - Movimento per la Sinistra – Nardò
Partecipanti - Rifondazione Comunista ; Italia Dei Valori
Adesione - Partito Socialista
Osservatori - Mondomalato; Costruire Insieme

Prima riunione per l'apertura di un tavolo politico della sinistra neritina per verificare disponibilità, condizioni e modalità di una piattaforma programmatica comune delle forze che si collocano a sinistra nel panorama cittadino.La riunione ha visto la partecipazione vivace e propositiva di tutti gli intervenuti che hanno dato vita a una discussione franca di confronto aperto.

Comune è risultata la disponibilità di tutti ad accogliere la diversità degli altri come potenzialità di arricchimento nella valutazione dei fatti e nella elaborazione di proposte operative.
Non, dunque, l'annullamento forzato della identità e dello specifico di ciascuno dei gruppi intervenuti, quanto piuttosto la presa d'atto di una base comune di valori e priorità, sulla quale costruire ipotesi di intervento e proposte concrete per la crescita civile e il ben-essere del paese.

Accertata la volontà comune a lavorare insieme, si è concordato l'ordine del giorno del prossimo incontro sollecitato da tutti in tempi brevi e dunque fissato per il 6 luglio:
proposta dei possibili ambiti e temi d'intervento
ipotesi di scaletta operativa delle proposte avanzate
indicazione dei riferimenti normativi
individuazione delle competenze necessarie e disponibili
ipotesi attendibile di costi e risorse finanziarie per la realizzazione
puntuale utilizzo del “question time” nelle diverse sedi istituzionali

Concludendo l'assemblea, m.p.s. ha illustrato agli intervenuti, invitandoli, la manifestazione prevista per il giorno successivo, domenica 28 giugno. L'iniziativa, nata in forma spontanea da una proposta avanzata da nicola bressan di “uniamo tutti i gruppi di sinistra su facebook”, è denominata “un fiore per la libertà” : i cittadini che aderiranno si recheranno al comune della propria città portando un fiore rosso, chiaro riferimento al canto partigiano “bella ciao”, come segno di convinto impegno per la difesa dei diritti costituzionali. Il m.p.s. neritino propone di portare due fiori : quello rosso specifico dell'iniziativa e un fiore bianco in segno di lutto per Neda, la ragazza uccisa a Teheran nel corso delle manifestazioni di protesta contro il governo autoritario di Ahmadinejad e in solidarietà col popolo iraniano.

Sempre nella mattinata di domenica M.P.S. parteciperà all'iniziativa di Legambiente “Operazione Parchi Puliti” a serra Sicora e Torre Squillace.

Nardò, 27 giugno 2009


“ RESOCONTO DELI INERVENTI ”

27 giugno 2009

sintesi interventi

C.Raho (m.p.s.)
commento risultati
soddisfazione per il riconoscimento dall'elettorato
motivazione posizioni m.p.s. sul ballottaggio
voto “critico” degli elettori di sinistra
necessità di un'azione comune della sinistra
fastidio su atteggiamenti da “dirigismo”
iniziative fin qui realizzate
proposta del “tavolo politico territoriale”

Erminia Merlino (rifondazione)
chiarezza nei comportamenti
laboratorio politico in puglia
chiarire i soggetti delle “ampie convergenze”
volontà di partecipazione alla costituzione di una “grande opposizione”
diffidenza sul partito democratico : pericoli di “cannibalizzazione”

Fabio Magnolo (mondomalato)
parlare e confrontarsi per impostare un programma
non lasciarsi condizionare da scadenze elettorali
costruire un'opposizione credibile su temi concreti
ripartire da temi e non da accordi elettorali

Angelina Merlino (rifondazione)
scelte e programmi con alleanze dichiarate
credibilità non solo sulle idee, ma anche sulle alleanze
impostare l'azione politica sulle linee, non sui numeri
rivendicare “diversità” = coerenza sulla scelta delle alleanze

Antonio Giuranna (m.p.s.)
bisogno di strategia in politica
possibilità di elaborazione di programmi e di adesione a questi pur da diversa provenienza
programma della sinistra = di lotta e di opposizione
chi aderisce al programma è un alleato
il voto alla capone nel ballottaggio necessario per consentire l'elezione di 2 rappresentanti della sinistra

Giovanni Paladino (rifondazione)
non si possono concludere alleanze e cambiarle “in corso d'opera”
senza coerenza non c'è cambiamento
orgoglioso di “falce e martello”

Vito Cardaci (rifondazione)
ammissione di errori per andare avanti
disponibilità di rifondazione a collaborare a un'ipotesi di azione comune
concretizzare le “parole”
pari dignità/rispetto delle varie identità
obiettivo = salvare quello che rimane della sinistra
centralità della cultura


Genoveffa Giuri (costruire insieme)
interesse alla creazione di un'alternativa
commento a chi sostiene che il simbolo “falce e martello” rappresenta i lavoratori : dove sono questi lavoratori?
necessario abbattere i pregiudizi per andare avanti e costruire insieme
integralismo di coerenza = non mi sporco le mani, ma lascio tutto com'era
necessario liberarsi da ogni “ideologismo” per fare concretamente
in rispetto alla coerenza assoluta ognuno dovrebbe avere un partito
dubbio che l'adesione a un partito nasconda insicurezza
necessario porre al centro dell'azione politica valori e principi
conquiste civili sempre ottenute nel corso della storia grazie a larghe intese
analisi e confronto, per superare gli “spigoli”
frammentazione della sinistra = causa della sua debolezza
trovare strategie comuni e amalgamare le “sfumature” di differenze

Franck Quaranta (m.p.s.)
giusto chiarirsi, ma senza discussioni stantie
nessun interesse per la forma partito
situazione attuale di emergenza democratica
successo della voglia di partecipazione
non si può andare avanti divisi sul fare
analisi e autocritica : perché i lavoratori non ci votano più?
centralità sulla legalità : costruire alleanze “sane”
impedire accordi “sporchi” con la partecipazione
volontà comune di costruire uno stile “pulito”
coinvolgimento e impegno comune sul confronto e sulla chiarezza
ricominciamo : stiamo costruendo qualcosa di nuovo per incidere sulla nostra realtà
costruire alleanze che ci piacciono
niente paraocchi per un confronto costruttivo scevro da “pretese” di avere “ricette”
la gente premia la credibilità

Vincenzo Renna (m.p.s.)
utile esprimere diversità dialettica
sottolineare differenze = sterile
necessità di puntare a convergenze su temi comuni con un linguaggio nuovo
la sinistra “sfiduciata” da quei lavoratori che pretende di rappresentare
necessario superare la scissione per conseguire risultati in termini di rappresentanza
fastidio su “dirigismo”
a nardò : moltiplicare le occasioni di incontro e scambio > elaborare una sinistra che non c'è, una sinistra unita
capire la necessità di intervenire strategicamente
individuare “facce” credibili per l'elettorato
abbandonare il manicheismo puntando su quello che ci unisce

Giusy Sciacca (m.p.s.)
investire su un processo di democrazia partecipata
pensare a un programma comune sulle piccole cose, su bisogni comuni
dare voce al malessere della gente
fare cordata sulla vita concreta
valorizzare le risorse e trovare convergenze
proporre un progetto efficace su interessi concretizzare

Giuseppe Indraccolo (italia dei valori)
senza “numeri” non si vincono battaglie
distinguere fra azione locale e nazionale
elaborare proposte incisive, non solo opposizione
proposte operative per l'occupazione e il lavoro
“fare” a livello locale = proposte sulla costituzione di “impresa”
invito a cominciare dal basso a creare piattaforme comuni sul locale

Angelo Cleopazzo (m.p.s.)
soddisfazione per la partecipazione di tante persone e forze diverse
chi non ci conosce non può muovere “insinuazioni” sulla nostra posizione
necessità di incontrarsi stemperando astio preconcetto
istanze di onestà e pulizia : presenti tante risorse per un impegno fattivo sul territorio
essere sentinelle, sì, ma operative
discutere una piattaforma programmatica

Claudia Cantatore (m.p.s.)
necessità di guardare avanti senza recriminazioni
utilizzare gli incontri per lavorare sul comune
nessuna alternativa al lavorare insieme
priorità : lavoro, diritti dell'infanzia, spazi pubblici, utilizzo del territorio

Mina Leuzzi (italia dei valori)
speranza che non si tema a lavorare insieme per paura di perdere “identità”
perseguire l'interesse del paese con spirito di solidarietà
ambiti diversi di interesse, ma comune l'interesse per la città e la sua crescita
individuare ipotesi di progetti comuni

Vito Cardaci (rifondazione)
fra le ipotesi : creazione di un laboratorio culturale
mappatura delle imprese cittadine

Claudia Raho (m.p.s.)
soddisfazione per l'espressa volontà comune a collaborare
elaborazione di una piattaforma politica su temi concretizzare
stesura di una scaletta operativa
individuare le nostre “risorse” (competenze specifiche nei vari ambiti)
progetti d'utilizzo delle strutture territoriali e degli spazi pubblici
modalità di accesso al credito per la costituzione di cooperative o avvio d'impresa
proposta o.d.g. per il prossimo incontro (6 luglio ore 18.30)
individuazione dei possibili ambiti e temi d'intervento
ipotesi di scaletta operativa delle proposte avanzate
indicazione sui riferimenti normativi
individuazione delle competenze necessarie e disponibili
ipotesi attendibile di costi e risorse finanziarie per la realizzazione
puntuale utilizzo del “question time” nelle varie sedi istituzionali





Sanità, Vendola 4 ore dal pm - " Tutta la verità sugli appalti "

Annunciata la volontà di costituirsi parte civile "So che qualcuno desiderava che fossi convocato come indagato, così non è stato"

Nella caserma dei carabinieri di via Tanzi, scelta per dribblare telecamere e giornalisti, il governatore Nichi Vendola rimane per più di quattro ore. Risponde alle domande del pubblico ministero Desirèe Digeronimo. Punto per punto, offre i chiarimenti richiesti. «Abbiamo parlato solo di sanità» dice il presidente della Regione. O meglio di alcuni degli spunti offerti dall´inchiesta che, il 6 febbraio scorso, ha portato alle dimissioni dell´allora assessore regionale alla Sanità, Alberto Tedesco.

Nichi Vendola viene ascoltato come persona informata sui fatti. Un´audizione decisa da giorni, inevitabile in un fascicolo che con 15 indagati, tra manager delle Asl e imprenditori, riguarda la gestione della sanità in Puglia. «Qualunque atto che abbia portato opacità e danneggiato l´organizzazione del sistema sanitario è bene - dice Vendola - che venga perseguito perché non ci devono essere zone di impunità e zone d´ombra per nessuno e io ho reso testimonianza di tutto quello che conosco e di tutto quello che so».

Le domande del pubblico ministero Digeronimo sono state precise, puntuali. Non è stata un´audizione su temi generali, ma su presunti episodi di malaffare che l´accusa contesta ad altri (dirigenti sanitari e imprenditori) ma non a Vendola. Appalti, concorsi, nomine e convenzioni con strutture sanitarie private: l´inchiesta del pm è articolata, ricca di spunti investigativi. Su ogni episodio del quale Vendola poteva essere a conoscenza per il suo ruolo politico e istituzionale, il pm ha chiesto chiarimenti: nessuna contestazione, ma solo la necessità di aggiungere al quadro probatorio una prospettiva qualificata. Tra le domande anche quelle sul principale filone d´indagine: il cosiddetto "sistema Tedesco" (indagato per associazione a delinquere).

Per una coincidenza l´audizione del governatore si è tenuta a pochi giorni dall´interrogatorio del manager Lea Cosentino (coinvolta nell´inchiesta, ma con una posizione destinata però all´archiviazione). L´ex direttore dell´Asl di Bari (rimossa dopo aver ricevuto un avviso di garanzia nell´altra inchiesta sulla sanità: quella del pm Giuseppe Scelsi) parlando con la Digeronimo ha spiegato di aver ricevuto, durante il suo mandato, pressioni politiche delle quali, ha aggiunto, aveva informato il governatore. Un punto questo che è stato, inevitabilmente, toccato durante l´audizione, caratterizzata da un accenno da parte di Vendola al tema della "questione morale".Ma il presidente della Regione sull´argomento non lascia spazio a dubbi. E avverte: «Ho avuto l´accortezza - ha dichiarato - di avere una domenica intensa di lavoro per portare nel corso della notte la nuova giunta al suo varo proprio perché volevo separare completamente la giunta da questo colloquio con il pm, perché nessuno potesse pensare che le uscite dalla mia giunta avevano un rapporto con le indagini o con la questione morale».

Alla fine dell´audizione, il governatore ha annunciato la volontà della Regione di costituirsi parte lesa nel procedimento. «Il mio stato d´animo è sereno, esattamente come lo era prima. Credo di essere una persona al di sopra di ogni sospetto. Io sono stato ascoltato come persona informata dei fatti, lo so che qualcuno avrebbe desiderato che fossi convocato nella veste di indagato, ma non è accaduto. In qualche modo - aggiunge - oggi finisce questa ridda di voci perché è completato l´interrogatorio che era anche frutto dell´attività di cooperazione con la magistratura che io ho messo in campo». Sulla scrivania del procuratore Emilio Marzano il 17 giugno scorso è stato depositato il risultato dell´indagine interna, promossa dalla Regione sul caso sanità. Conclusioni che, però, non sono state al centro del colloquio di ieri mattina. La procura non commenta, ma c´è soddisfazione per i chiarimenti ricevuti durante l´audizione. Domani altre "persone informate sui fatti" saranno ascoltate dal pm Digeronimo.

di Gabriella De Matteis e Giuliano Foschini da RepubblicaBari

Cina, strage nello Xinjiang

Una manifestazione di protesta della minoranza uigura a Urumqi viene repressa dalle forze dell'ordine: 140 morti e 800 feriti

E' stato un massacro, con un numero di vittime già nettamente più alto delle rivolte del marzo 2008 in Tibet: a Urumqi, la capitale della provincia autonoma dello Xinjiang, ieri sera una manifestazione di protesta da parte della minoranza uigura è degenerata in scontri con le forze dell'ordine. Il bilancio provvisorio, fornito dall'agenzia Nuova Cina, è di 140 morti, oltre 800 feriti e 300 persone arrestate. Cifre che potrebbero peggiorare con il passare delle ore.

Almeno un migliaio di persone (alcune stime dicono tremila) sono scese in piazza nel pomeriggio di ieri nel quartiere uiguro di Urumqi, protestando contro l'uccisione di due uiguri in una fabbrica di giocattoli nella provincia del Guangdong, nel sud-est del Paese, il 26 giugno. Quel giorno, gli operai di etnia Han (cinese) presero di mira sei colleghi uiguri accusati di aver stuprato due lavoratrici Han: nella gigantesca rissa rimasero ferite altre 118 persone. Di fronte al gonfiarsi della manifestazione a Urumqi, ieri sera la polizia ha tentato di erigere delle barricate, che sono state presto sopraffatte dai dimostranti. A quel punto sono intervenuti i blindati dell'esercito. Ora la situazione sembra essere tornata alla calma, ma nella zona degli scontri i negozi rimangono chiusi, così come le strade che portano nella città. Gli abitanti confermano che l'accesso a Internet è stato disattivato. Anche a Kashgar, l'altra città principale dello Xinjiang ma al contrario di Urumqi ancora a maggioranza uigura, le forze dell'ordine hanno intensificato la loro presenza.

Le violenze, già con il bilancio di vittime attuale, fanno della rivolta il più sanguinoso sollevamento popolare in Cina negli ultimi dieci anni. Ma l'esatta dinamica dell'accaduto è ancora da appurare, e i media cinesi - come fecero l'anno scorso in Tibet - mettono l'accento sulla violenza dei dimostranti, che invece sostengono di aver messo in scena una manifestazione pacifica. Alcuni video messi in rete dagli attivisti uiguri sono stati presto tolti dalle autorità, che invece stanno facendo circolare immagini dei manifestanti che attaccano gli Han o la polizia, o ripresi mentre danno fuoco a dei veicoli; fonti cinesi contattate da PeaceReporter confermano come i media nazionali non facciano distinzione tra uiguri e Han, riportando solo la cifra delle vittime e scaricando in generale le colpe sui rivoltosi. Come fa con quella che definisce "la cricca separatista del Dalai Lama" per il Tibet, Pechino ha già accusato l'attivista uigura in esilio Rebiya Kadeer - più volte candidata al Nobel per la Pace - di aver sobillato la rivolta.

Comunque sia, gli eventi di Urumqi - una città di 2,3 milioni di abitanti che la sostenuta migrazione interna ha fatto ormai diventare al 70 percento cinese - riportano alla ribalta la frustrazione della comunità uigura dello Xinjiang. Nella sterminata provincia chiamata anche "Turkestan orientale" dai separatisti - un territorio grande cinque volte l'Italia e ricco di petrolio, ma popolato da solo 20 milioni di persone - questa minoranza centroasiatica musulmana rappresenta il 44 percento della popolazione, contro un 38 percento (e in crescita) di Han. Come i tibetani, gli uiguri lamentano di essere trattati come cittadini di seconda classe dai cinesi, la cui presenza sta lentamente erodendo la cultura e l'identità locale. La rissa mortale nel Guangdong arriva dopo diverse accuse di vera e propria "pulizia etnica" da parte degli Han nella provincia, a danno degli uiguri. E a Kashgar, da mesi le autorità stanno demolendo il caratteristico quartiere del vecchio bazar, trasferendo forzatamente le famiglie uigure in nuove costruzioni alla periferia della città.

Già la scorsa estate il problema dello Xinjiang era tornato di attualità, con tre successivi attacchi che nella prima metà di agosto causarono 30 morti. L'attentato più grave fu quello del 4 agosto, pochi giorni prima dell'apertura dell'Olimpiade di Pechino: un blitz contro un commissariato di polizia causò la morte di 17 agenti. Nei primi 11 mesi del 2008, nella regione sono state arrestate circa 1.300 persone per reati "relativi alla sicurezza". E c'è da scommettere che, come accaduto al Tibet, anche lo Xinjiang - dove già sono in vigore alcune restrizioni - verrà ora reso sempre più off-limits per i visitatori stranieri, nell'anno in cui la Cina vorrebbe celebrare i 60 anni della Repubblica Popolare dando di sè l'immagine di una pacifica potenza in ascesa.

Alessandro Ursic da PeaceReporter

Bilancio rosso Michela


Tagli all'Enit. Guerre dei brand. Bonus vacanza fantasma. Voli di Stato. Tra annunci e flop, ecco i risultati del primo anno al governo del neo ministro Brambilla

Quando la Brambilla è salita sull'aereo, con un'ora e mezzo di ritardo, assessori e industriali non ci speravano più. A Milano nevicava sempre più forte, e l'Airbus, se non fosse stato classificato come volo di Stato, sarebbe rimasto incollato alla pista. Niente Emirati Arabi, niente Qatar, niente incontri con politici e aziende per attaccare il mercato mediorientale e rilanciare il Sistema Italia. È il 2 febbraio, Michela Vittoria è ancora un semplice sottosegretario con delega al Turismo, ma già annuncia tè nel deserto con "lo sceicco Faisal Bin Qassim Al Thani e sua altezza Sultan Bin Tahnoon Al Nahyan". "Alla fine è apparsa, come la Madonna, e siamo decollati.

Sarebbe stato meglio restare a terra. Avremmo risparmiato tempo e denaro", racconta uno dei passeggeri. Che il viaggio fosse inutile la delegazione lo capisce nell'incontro di Dubai, l'ultimo, quando gli arabi fanno intendere di non avere un soldo bucato da investire. Chiedono, al contrario, se l'Italia sia interessata al loro immobiliare e a spedire un po' di turisti nostrani sulle calde spiagge del Golfo Persico. Gelo degli astanti e dei tour operator. Poi le risate. "È stata una delle cose più divertenti e imbarazzanti della strategia promozionale a cui ho assistito nella mia vita", ricorda uno dei componenti del cda dell'Enit, la nostra agenzia nazionale del turismo.

A parte un vago protocollo d'intesa, dall'avventura non è arrivato un centesimo. Nessuno si è stupito più di tanto: il primo anno di governo è finito da un pezzo, ma rintracciare interventi di rilievo per invertire il trend catastrofico del settore e affrontare decentemente la stagione 2009 è una fatica di Sisifo. Il bilancio di Michela, che da maggio è stata promossa ministro, è dello stesso colore dei suoi capelli. Rosso.

Promozione bocciata
Partiamo dalla gestione dell'Enit. La Finanziaria ha tagliato di 16 milioni il suo budget: dai 49 milioni del governo Prodi si è passati agli attuali 33, che nei prossimi anni caleranno ancora. A guidare l'Ente l'ex finalista di Miss Italia ha voluto l'imprenditore della moda Matteo Marzotto, che da mesi sta facendo salti mortali per far quadrare i numeri: l'agenzia, che ci costa in stipendi, Mercedes d'ordinanza e sedi all'estero oltre 20 milioni l'anno, nel 2011 potrà contare su appena 24 milioni. Conti alla mano, saranno meno di 4 quelli destinati alla promozione. L'Enit diventerà definitivamente un ente inutile.

Marzotto sta tentando di risparmiare, ma nulla ha potuto quando Brambilla, per potenziare l'italica presenza alla fiera congressuale di Francoforte, ha preteso una deroga al bilancio di 800 mila euro. Oggi i rapporti tra i due sarebbero ai minimi termini. Colpa dei caratteri diversi, si dice, e della campagna che ha lanciato lo slogan 'Italia Much More' all'estero. Uno spot voluto da Marzotto che ha ferito l'ego della Brambilla. Invece di puntarci, il ministro ha infatti lanciato il brand concorrente 'Magic Italy', appoggiata da Silvio Berlusconi in persona. Nessuno dei due si è accorto che il copyright del marchio è già intestato a un portale britannico. "Una guerra incomprensibile", spiega una fonte che conosce entrambi, "ma Michela è fatta così, su ogni cosa deve metterci il cappello sopra. Per lei il marchio ideale sarebbe il suo viso".

Tutti a casa L'estate della grande crisi, intanto, è iniziata. Secondo gli operatori sarà la peggiore degli ultimi vent'anni. Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, sostiene che andrà molto peggio del 2008. "La crisi morde, americani e inglesi restano a casa, l'arrivo dei russi è in calo verticale, gli italiani spendono sempre meno. Il governo? Diciamo che prima non aveva strumenti per incidere, vedremo come si muoverà il neoministro". In 14 mesi di lavoro il settore-chiave dell'economia nazionale, che vale l'11 per cento del Pil, è stato lasciato a se stesso.

Il portale Italia.it, dopo 5 milioni di euro bruciati e i falliti tentativi di Lucio Stanca e Francesco Rutelli, resta un miraggio. Persino la Brambilla non ha ancora un sito istituzionale: per conoscere la sua agenda bisogna cliccare sull'indirizzo Web dei Circoli della libertà, di cui l'imprenditrice che commercia pesce surgelato conserva la presidenza.Gli Stati generali del turismo, annunciati da mesi, non sono mai stati convocati. Lontanissima anche l'approvazione del Piano strategico 2010-2012, che dovrebbe mettere nero su bianco obiettivi e politiche di rilancio. "Siamo in prorogatio continua", chiosa Daniel John Winteler, presidente di Federturismo-Confindustria. Sul tema il ministro ha sfidato il ridicolo: un mese fa, prima ha invitato le Regioni a esaminare il progetto, poi ha ammesso in una lettera riservata che per mancanza di soldi "il Piano potrà essere attuato solo in minima parte e, pertanto, non saranno raggiunti gli obiettivi previsti". Gli enti locali si sono sentiti presi in giro e hanno disertato l'incontro. Il braccio di ferro con i governatori, che grazie al Titolo V della Costituzione vantano la competenza esclusiva sul settore, va avanti da mesi. Esclusi da ogni decisione, stanno perdendo la pazienza.

Tanto che tutti, anche quelli di centrodestra, sono pronti a ricorrere alla Corte costituzionale se il ministro tenterà, attraverso una radicale riforma dell'Enit, di limitare le loro prerogative.

Tra spot, clip e flop L'arte della diplomazia non è certo tra le virtù di Michela, che fa spallucce e va dritta per la sua strada come un carro armato. Puntando sull'effetto-annuncio. Prima del flop degli Emirati, ha pubblicizzato un accordo con Francia e Spagna, un patto a costo zero per promuovere i tre paesi sui mercati emergenti in maniera congiunta. Un paradosso, dicono gli esperti, visto che iberici e transalpini sono da sempre i nostri competitor più temibili. Stessa strategia per i cosiddetti 'buoni vacanza', una sorta di social card promessa a 20 mila persone a basso reddito. Lo Stato ci ha messo 5 milioni, il decreto attuativo (che prevede sconti fino a 500 euro) è stato firmato il 21 ottobre 2008.

Ma a oggi gli alberghi di Rimini e di San Vito Lo Capo, i ristoranti sui laghi e le terme di Montecatini, e tutte le altre centinaia di strutture che hanno aderito al progetto, restano solo una bella immagine sui dépliant. Se ne riparlerà a settembre, per ora gli indigenti potranno sfogliare il catalogo dalla poltrona di casa.

Il ministro, in tandem con il presidente del Senato Renato Schifani, ha poi pensato anche ai ricchi, dichiarando di voler aprire casinò ovunque, "a cominciare dagli alberghi a cinque stelle". Qualcuno ha ricordato i rischi legati al riciclaggio di denaro sporco, ma a tutt'oggi nessuna nuova roulette è stata inaugurata. Alla fine della fiera, le uniche risorse effettivamente spese sono state quelle investite dall'Enit sugli spot piazzati in Usa, Germania, Svizzera, Austria e Gran Bretagna. Mercati, protesta qualcuno, fin troppo maturi, dove il nostro Paese è straconosciuto. Costo: 10 milioni. I soldi furono stanziati dall'allora ministro Francesco Rutelli a inizio 2008, per mettere a gara una campagna pubblicitaria per l'estate.

Ma caduto il governo Prodi, l'agenzia ha revocato il bando a causa di ricorsi incrociati e perdite di tempo: Marzotto a fine anno firma così una convenzione con RaiTrade, che mette a punto lo spot internazionale per 1,4 milioni. Parte del malloppo è usato per fare un filmato istituzionale di 24 minuti (10 mila copie in dvd) e "una clip celebrativa del 90 anniversario dell'Enit in 4 lingue" (5 mila copie). I 9 milioni rimasti vengono spesi per comprare i passaggi tv. Gli effetti sulle prenotazioni? Per ora tutto tace.

Le ultime salve la Brambilla le spara durante la campagna elettorale per le Europee. A braccetto con Berlusconi annuncia il progetto 'Italia&Turismo', che prevede risorse per 1,6 miliardi. Non investimenti del governo, ma finanziamenti messi a disposizione da alcune banche: le imprese interessate che riusciranno a ottenere i prestiti pagheranno gli interessi a tassi agevolati. Con i tempi che corrono, molti scommettono che quel plafond rimarrà molto a lungo nelle casseforti degli istituti.

Tanti nemici molto onore Chiunque altro, inanellando una serie di insuccessi del genere, sarebbe rimasto sottosegretario. Ma in pochi hanno un fan potente come la Brambilla. "È un cane da polpaccio, una che quando ti agguanta non ti molla più", chiosa Berlusconi incoronandola ministro. Michela realizza il suo sogno, ma mordendo e ringhiando è riuscita a farsi il vuoto intorno. Avversata da sempre dal potente Marcello Dell'Utri, ora è malvista anche da Gianni Letta, capo supremo dei dipartimenti che dipendono da Palazzo Chigi. L'ultimo screzio riguarda le targhe in ottone e la carta intestata 'Ministero del Turismo' ordinate da Michela, ignara che, nonostante la promozione, resta alla guida di un semplice dipartimento: il dicastero è stato cancellato da un referendum 16 anni fa, per ripristinarlo servirebbe una legge.
Tremonti, l'unico che ha le chiavi della cassaforte, non la può vedere: da tempo, avrebbe confidato lei ai suoi, non le risponde più al telefono. Un'ostilità che costa cara: oltre ai fondi, il ministro dell'Economia ha fatto bloccare anche un emendamento che avrebbe congelato fino a settembre gli aumenti dei canoni degli stabilimenti balneari.

Il sindacato di categoria è sul piede di guerra. Ma la mania di protagonismo di Michela ha provocato malumori anche a Raffaele Fitto e al ministro degli Esteri Franco Frattini. Per non parlare di Paolo Bonaiuti, il portavoce che non riesce a contenerne l'esuberanza. Gli ultimi che l'hanno iscritta sulla loro lista nera sono il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, che non è stata invitata a un convegno sulle aree protette organizzato nel Parco del Gran Sasso, e l'Associazione nazionale dei partigiani, sdegnata dalla Brambilla a braccio teso durante una parata militare.

Mi manda Mediaset Se l'esercito dei nemici è in crescita, i fedelissimi si contano sulle dita di una mano. Della cerchia faceva parte il suo capodipartimento Angelo Canale, consigliere di Stato, chiamato da Mauro Masi e Gianni Letta per far girare la macchina e tenere i rapporti con le Regioni. Come Marzotto, sembra destinato a saltare. "Un peccato", sussurrano al dipartimento, "perché le poche cose concrete realizzate, come la classificazione alberghiera e l'osservatorio nazionale, sono opera sua". Oggi la Brambilla ascolta solo gli amici più fidati, diventati assidui frequentatori delle stanze 'ministeriali'. Come Giorgio Medail, esperto di paranormale e uomo Mediaset (ha battezzato Canale 5 quando era ancora un'emittente via cavo di Milano 2) e Dedè Cavalieri, ex direttore di produzione delle news del Biscione e direttrice dei Circoli della libertà. "Gente che non ha mai masticato turismo in vita sua", dicono gli invidiosi.

Alla Brambilla le polemiche scivolano addosso, gli attacchi li affronta con una scrollata di spalle. Lo sguardo è sempre proiettato avanti, al prossimo obiettivo. Come la messa a punto della Commissione per la valorizzazione del turismo enogastronomico (si riunisce nella sede di Forza Italia a Milano, ed è coordinata stranamente da un critico cinematografico, Pierluigi Marchetti), e la pubblicazione della 'Carta dei diritti del turista'. L'ultimo progetto su cui sta lavorando riguarda gli animali: la preparazione di una guida universale per chi viaggia con la bestiola al seguito. Un volume che riunirà gli indirizzi di tutti gli hotel, i ristoranti, i campeggi e le spiagge che nel nostro Paese accolgono i quattro zampe

da L'Espresso di Emiliano Fittipaldi

Baschi azzurri con il cuore nero ecco chi c'è dietro i Blue Berets


Baschi azzurri con il cuore nero ecco chi c'è dietro i Blue Berets

Vincenzo Scavo, presidente dei Blue Berets, è il tesserato numero 090203 del partito Destra nazionale Msi, la stessa formazione politica che organizza le 'ronde nere' con divise da Ventennio fascista
In testa porta il berretto azzurro, ma il suo cuore è nero. Vincenzo Scavo, presidente dei Blue Berets, è il tesserato numero 090203 del partito Destra nazionale Msi, la stessa formazione politica che organizza le 'ronde nere' con divise da Ventennio fascista. L¹iscrizione di Scavo al partito è del 16
agosto 2003 e scadrà nel 2013. Fino a quel giorno, il capo dell¹associazione a cui il Comune dà 220mila euro per fare vigilanza in metropolitana è 'dirigente nazionale' del Msi di Gaetano Saya.

L¹uomo che guida le ronde regolari, che il vicesindaco Riccardo De Corato definisce «un contributo importante per la sicurezza delle fasce più deboli e indifese», appartiene a un movimento politico che per simboli ha l¹aquila imperiale e il sole nero, stemma del misticismo nazista. E Scavo non è solo.
Altro ex iscritto al Msi passato anche per i Blue Berets è Riccardo Sindoca, accusato nel 2005 dalla procura di Genova del tentativo di costituire un servizio segreto parallelo. Sul banco degli imputati c¹era anche Saya, fondatore del partito. L'inchiesta è ancora aperta. Sulla tessera di iscrizione ai berretti blu, del 3 marzo 2004, Sindoca è registrato con il grado di 'Colonnello'.

Il sospetto che i Blue Berets, cui il Comune affida da due anni servizi di ronda, potessero avere simpatie estremiste era stato sollevato dal Pd, che in un¹interrogazione parlamentare del 26 giugno segnala «la vicinanza dei berretti blu ad Azione sociale, il partito di Alessandra Mussolini». Lo stesso giorno, De Corato risponde che «l'associazione non ha alcun legame politico». E sfida l¹opposizione: «Tirino fuori le prove». La Mussolini non
sembra entrarci, il Pd ha sbagliato mira, ma di poco. A provare invece l'appartenenza di Scavo al Msi, oltre a tessera e modulo di adesione, c'è la conferma di Maria Antonietta Cannizzaro, presidente del partito: «È un nostro dirigente nazionale ¬ dice ¬ non partecipa più alla vita del movimento, ma non avendo restituito la tessera resta in carica fino al 2013».

Nel manifesto dei Blue Berets, Scavo traccia il profilo del perfetto
volontario: «È colui che per scelta di vita dona gratuitamente parte del suo tempo per gli altri, che lavora in silenzio senza aspettarsi gratificazione». Ma la gratificazione alla fine è arrivata: dieci giorni fa il Comune ha affidato all'a ssociazione la vigilanza notturna nel metrò.
Fino a 26 'agenti' disarmati che controllano i treni dalle 22.30 a fine corsa. Per il servizio, vinto con gara, ai Blue Berets vanno 220mila euro, presi dal bilancio di Atm. E proprio su quei soldi ieri l¹opposizione in Consiglio comunale ha chiesto spiegazioni.

Francesco Rizzati del Pdci scrive a De Corato e al presidente di Atm, Elio Catania: «È possibile sprecare risorse, quando Atm non riesce nemmeno a rispettare il piano di investimenti?». Il Comune ha più volte indicato nell'efficienza dei Blue Berets la ragione del loro coinvolgimento nel piano sicurezza, per il quale nel 2009 sono stati stanziati complessivamente 850mila euro. I report di Palazzo Marino parlano di 1.421 interventi fatti dai berretti blu fra il giugno 2008 e l'aprile 2009, di cui 324 alla stazione Centrale. Tutte situazioni in cui i rondisti hanno segnalato alle forze dell'ordine reati, oppure hanno immobilizzato chi li commetteva
aspettando poi l¹arrivo degli agenti.

Mentre i Blue Berets di Scavo lavorano per il Comune con l¹a utorizzazione della prefettura, anche la Guardia Nazionale, la ronda nera, si prepara ad aprire una sede milanese. «Il pacchetto sicurezza ci autorizza a farlo ¬- dice Cannizzaro ¬ la inaugureremo tra due settimane». Quartier generale al piano terra di Palazzo Rapisarda, in via Chiaravalle. Una sala con bagni e camerini per indossare le divise. «Dalle giubbe faremo sparire il sole nero,
almeno durante il servizio di vigilanza in strada, ma non l¹a quila», aggiunge la presidentessa.

L'edificio, che ospita anche la sede del partito, è di proprietà dell'ex craxiano Angelo Fiaccabrino ed è stato scelto «perché lì è nata Forza Italia precisa Cannizzaro ¬ e vogliamo dimostrare a Berlusconi il nostro appoggio». Dopo la presentazione delle ronde nere, un mese fa, le procure di Milano e Torino hanno aperto fascicoli. E tutta la politica, con Palazzo Marino in testa, aveva bollato come «aberrante» l'iniziativa. «Queste ronde di partito ¬ diceva De Corato ¬ sono una cosa molto diversa dalle associazioni sane che operano per la sicurezza». «Come i Blue Berets»,
appunto.


di Franco Vanni

MILANO-Il Comune di Milano ritira le ronde azzurre dal cuore nero. Il sindaco Letizia Moratti ha sospeso il contratto con i Blue Berets, associazione pagata da Palazzo Marino che da un anno e mezzo fa vigilanza in città. La decisione arriva dopo le polemiche seguite all'inchiesta di Repubblica Milano sui collegamenti fra i berretti azzurri e il Msi di Gaetano Saya, il partito che organizza "ronde nere" con divise in stile nazista. Il presidente dei Blue Berets, Vincenzo Scavo, è infatti dirigente della formazione politica di estrema destra che ha per stemma il sole nero, simbolo del misticismo hitleriano. E non è il solo. All'associazione dei rondisti blu è stato iscritto come "colonnello" anche Riccardo Sindoca, pure lui ex Msi, indagato a Genova assieme a Saya con l'accusa di volere costituire un servizio segreto parallelo.

La magia del nuovo millennio: l'eroina c'è ma non si vede.

Girano nelle grandi metropoli, in tutte le grandi metropoli di tutti i grandi paesi, ma nessuno li vede, sono invisibili. Non si tratta dei Rom né dei senza tetto, loro, seppur emarginati, sono visti e sentiti da tutti. Chi legge mi perdonerà l’arroganza, ma sono sicuro (ripeto: sicuro), che al momento non ha nemmeno immaginato di chi sto parlando, per il semplice motivo che, dopo qualche denuncia tra la fine degli anni ’80 e gli inizi dei ’90, la loro voce non è stata più urlata da nessuno, ed il loro aiuto, seppur ancora consistente, è stato silente e nascosto - si, proprio nascosto – perché non tratto di poveri, disagiati o disabili, ma di persone normali, che ognuna per le proprie vicissitudini, si è ritrovata ad appartenere a questa infelice e disprezzata categoria: quella dei tossicodipendenti.
Essere tossicodipendente vuol dire essere accostato a chi ruba per drogarsi. Vuol dire essere ritenuto inaffidabile, irrecuperabile ma soprattutto, e forse fa ancora più male, significa essere considerato con un odioso mix di pena, disprezzo e commiserazione.
Appartenere a questa categoria però - è un mio soggettivo parere – dovrebbe voler dire anche essere vittime del vertiginoso abbandono della società, non più esistente per i propri individui, ma per gli interessi di questi, e dove regna l’egoismo, come nella giungla, si sa, il più debole crepa. Ma questo è un mio parere, che aprirebbe a lunghe contestazioni e argomentazioni che in questa sede non è opportuno fare (servirebbe un libro, non un articolo e, in tutta onestà. non ne sarei capace).
Qui invece, volevo rendere pubblica l’esperienza – quindi ci tengo a specificare: un caso, non una proposta di modello omogeneo da allargare a tutti – di Giorgio, ragazzo di 26 anni, romano, tossicodipendente.
Giorgio si presenta come un ragazzo tranquillo, forse un po’ con la testa tra le nuvole, lo conosco in treno, in una di quelle giornate che il caldo mescolato all’umidità riuscirebbe ad abbattere anche un orso. Mi chiede, mentre leggevo il mio libro, quanto sarebbe durato il viaggio, vuole “attaccare bottone”, chissà, forse per il caldo o magari per una necessità fisica di eroina, è particolarmente smanioso e sembra volersi distrarre. Come è mio solito fare, iniziamo a parlare del più e del meno: il tempo, il mare, l’estate e tutto di quanto più futile potesse esserci.
Arriviamo, dopo veloci divagazioni, a parlare di fidanzamento, coppie e rapporto con l’altro sesso e lui, con fare rammaricato, mi confessa che la sua ragazza l’ha mollato dopo che iniziò a fare delle “cazzate”! Lì, e lo dico adesso a postumi, è iniziato il mio viaggio, quell’ora, sarebbe divenuta un minuto, perché Giorgio ha avuto davvero tanto da dire.
Era fidanzato, sino all’età di 23 anni, con una ragazza, un’amica di famiglia, lo è stato per 4 anni ma, dopo diverse incomprensioni, lei lo ha lasciato perché aveva iniziato a fare uso di cocaina in compagnia di alcuni sui amici di infanzia. I soldi non gli mancavano per procurarsi la “roba”, mi dice che la sua famiglia sta bene economicamente e che il padre possiede uno studio (non capisco di cosa)dove lui un giorno andrà a lavorare, si, perché a Giorgio, mancherebbero solo 4 esami per laurearsi in economia, solo che ha chiuso con l’università da 4 anni a questa parte.
Quando la ragazza lo mollò, mi dice, iniziò per lui una nuova vita, molto più bella di quella di prima, sembrava che tutto andasse per il meglio, discoteche, stadio, amici, playstation, ragazze – quelle take away – e cocaina, quella, mi ribadisce, non mancava mai.
Non riesco a capire come (perché, o eludeva le mie domande o davvero non le capiva) arrivò a consumare eroina, chi o che cosa lo abbia spronato a provarla, rimarrà la mia incognita.
Mentre racconta, manifesta tutti i suoi tic; muovere il labbro inferiore verso l’esterno e accartocciare il naso continuamente, fanno del viso di Giorgio un continuo andirivieni di distrazioni per l’interlocutore.
Il suo racconto, non è quello di una persona dispiaciuta per quello che è successo, la mia sensazione è quella che Giorgio rifarebbe tutto quello che ha fatto, per il semplice motivo che quando lo ha fatto era cosciente, almeno dice.
Il suo primo approccio all’eroina, seguita a raccontarmi, è stato a casa di un amico di un suo amico, si decise di utilizzare i soldi non solo per la coca ma anche per altro, quell’ “altro” lo accompagna ancora oggi, credo quotidianamente. Mi racconta (cito con le parole che mi risuonano in testa) “la mia prima dose è stata bella come la mia prima scopata”. Reputa infatti, chi non ha mai provato l’eroina, una persona vergine, che ancora non sa cosa si sta perdendo.
Lo guardo, mentre parliamo, facendo trapelare alcuni miei dubbi, “ ma che dici?” è stata la mia prima – e sicuramente ingenua – esclamazione.
Si accorge che quello che dice non è condiviso e che lo ha detto ad un perfetto sconosciuto. Inizia ad apparire meno solare, interrompe il nostro dialogo prendendo il cellulare e guardando fuori dal finestrino. A quel punto, un po’ dispiaciuto, riprovo l’approccio sortendo gli effetti sperati: ricominciamo la nostra conversazione. È lui però, a voler riportare il discorso sull’argomento droga.
Inizia a spiegarmi, ed era un fiume in piena, che gli stanno parecchio antipatici i giudizi delle persone, continua a ripetermi: “e semplice dire: smetti, non comprarla più”. In famiglia invece, sembra sia solo la madre a sapere di questa sua dipendenza, abitando da solo nella capitale, incontra di rado il padre e i fratelli. Mi spiega che c’è stato un periodo in cui ha smesso, frequentava una sorta di comunità di recupero ma non è durato troppo. Il nostro dialogo però è costretto a fermarsi. Il treno ormai si apprestava ad arrivare in stazione e Giorgio, qualche minuto prima, già era in piedi e presa la borsa mi salutava. Non voglio concludere in maniera enfatica, tanto meno indurre alle mie stesse riflessioni chi ha appena finito di leggere (riflessioni, tra l’altro, di un profano, che non ha mai considerato l’ostile realtà di queste persone). Solo una domanda: quanti altri Giorgio ci sono e quanti diverranno visibili solo quando li ritroveranno senza vita sul selciato?

di Diego Ruggiano

CORRI NATTY DREAD, CORRI..........

Venduta dai familiari, a 12 anni, a un ragazzo di 21 anni per 17.000 euro. Due settimane fa la bambina, di nazionalita’ serba, ha messo alla luce una bimba all’ospedale civile di Brescia. Il padre, un kosovaro residente con i genitori e quattro fratelli in provincia di Brescia, e’ stato arrestato dalla squadra mobile con l’accusa di aver compiuto atti sessuali con una minore di 14 anni e di riduzione e mantenimento in schiavitu’. La vicenda e’ uscita allo scoperto la sera del 14 giugno, quando la ragazza e’ stata lasciata all’ospedale in procinto di partorire. L’indomani, alcune persone, qualificatesi come i genitori del padre, sono tornati a riprenderla. Scattate le indagini, gli inquirenti hanno scoperto che la giovane era stata venduta nel marzo 2007. Allora il clan dei kosovari - che alla polizia hanno mostrato il loro stupore perche’ convinti di aver seguito solo i propri costumi - si era recato in Serbia per contrattare l’acquisto con il padre e la madre di lei, riuscendo a ribassare il prezzo da 25.000 a 17.000 euro. La ragazza e’ stata portata in Italia il 15 luglio 2007 e ha sposato il marito - che aveva espresso il suo gradimento dopo aver visto una sua foto - con una sontuosa cerimonia celebrata con tutta la comunita’ kosovara in provincia di Brescia. Ora la giovanissima mamma e il figlio sono al riparo in una comunita’ protetta.(AGI) - Brescia, 3 lug. - (AGI)

GRECIA - Salonicco, 13 giugno 2008 - Si chiamavano Aihan e Amet, fratelli di 6 e 8 anni. Abitavano a Orestiada, nel nordest della Grecia. Ma fatto salvo questo e altri piccoli (forse) particolari, la loro orribile storia ricalca quella di Ciccio e Tore a Gravina di Puglia. Erano scomparsi due settimane fa, il padre era stato arrestato. Sono stati ritrovati morti nell’ascensore di un palazzo abbandonato. Deceduti per la fame e la disidratazione, hanno stabilito i rilievi autoptici, dopo un’agonia durata forse 5 giorni.
Di Aihan e Amet Cerebasi si erano perse le tracce lo scorso 28 maggio. Li hanno cercati in tutta la Grecia, li hanno trovati ieri dopo che una donna ha segnalato un’odore nauseabondo proveniente dal palazzo abbandonato accanto alla sua casa: nell’ascensore dello stabile, fermo tra due piani, c’erano i loro corpi. Nel frattempo il loro padre è in carcere, accusato di averli venduti.
Che cosa sia accaduto davvero è tutto da stabilire. La prima certezza è quella arrivata oggi dall’autopsia: Amet e Ahian sono morti di stenti. Una verità che fa propendere gli investigatori per una delle due tesi ancora in piedi stamane: il vetro rotto dell’ascensore-trappola e i vestiti (i bambini sono stati trovati nudi) fuori da quella apertura erano un loro disperato tentativo di segnalare la loro presenza, non l’opera di qualche orco che ce li aveva gettati dentro

La ragazzina di 14 anni, Lorena Cultraro, scomparsa da Niscemi il 30 aprile scorso, è stata trovata morta in un pozzo nelle campagne di Niscemi dai carabinieri. La scomparsa della ragazzina, studentessa dell’istituto commerciale di Niscemi, era stata denunciata dal padre, Giuseppe Cultraro, vigile del fuoco volontario. Il genitore era molto preoccupato e diceva di temere che quello della figlia non fosse un allontanamento volontario. Nell’ esposto presentato ai carabinieri il genitore aveva detto che Lorena era uscita di casa per andare a far visita alla nonna ma non sarebbe mai arrivata a destinazione. Il padre della ragazzina aveva affisso la foto della figlia in tutti i negozi di Niscemi ma anche a Vittoria, dove la quattordicenne aveva alcuni amici. La procura di Caltanissetta aveva aperto un’inchiesta chiedendo al gestore telefonico la trasmissione dei tabulati del cellulare per cercare di ricostruire gli ultimi contatti della ragazzina. Il telefonino era spento dal 30 aprile scorso. Dalle indagini sarebbe emerso che la vittima il giorno della sua scomparsa si sarebbe incontrata con un uomo che sarebbe passato a prenderla nei pressi della scuola, in via Bandiera. I carabinieri nei giorni scorsi avevano ascoltato tre ragazzi, amici di Lorena, che alle 15.45, del 30 aprile scorso, avevano assistito, in parte, alla telefonata ricevuta dalla studentessa. La ragazzina, secondo quanto è stato riferito ai carabinieri, avrebbe detto all’interlocutore «sbrigati a venirmi a prendere

La mano tesa di un bambino a un passante vale cento euro al giorno. Settecento euro la settimana. Duemilaottocento al mese netti, di media. Secondo i dati della polizia la rendita di un bambino potrebbe essere anche più alta. Per questo i più piccoli vengono utilizzati in prima linea per l’accattonaggio nelle strade.
Per questo vengono rapiti, scambiati, si dice anche venduti. Un bambino fa più tenerezza di un grande e la sua mano sporca vale quasi come tre stipendi da operaio. Di alcuni qualche parente denuncia la scomparsa, altri sono quei bambini senza un nome scritto, nati per chiedere l’elemosina e buttati sui marciapiedi.
«A differenza dei rom – scrive la polizia nell’ultimo rapporto sull’accattonaggio – i minori di etnia albanese e rumena vengono affidati dalle proprie famiglie ad organizzazioni criminali, per lo più di origine balcanica, che si occupano della loro collocazione in Italia». I piccoli rom, invece, sono sfruttati dalle famiglie, che li «scambiano» fra loro.
Il ragazzino fermato molte volte dalla polizia, il piccolo che diventa un problema e non più un fornitore di euro, viene «affidato» dalla famiglia ad una comunità di una città diversa, in cambio di un altro minore. Ecco lo «scambio»: «In tal modo, è facile perdere le tracce del bambino ed eludere gli interventi delle Istituzioni», precisa il rapporto sull'accattonaggio.
Secondo un calcolo del comitato Troviamoibambini due piccoli stranieri scompaiono ogni giorno in Italia. Sono stati 757 i minori non italiani spariti nel 2007, 257 nei primi tre mesi del 2008. Se si mantiene questa tendenza, secondo il comitato, i piccoli stranieri scomparsi entro la fine dell’anno potrebbero essere almeno mille.
In base alle cifre fornite proprio ieri dal Commissariato straordinario del governo per le persone scomparse, alla data dell’1 luglio si sono perse le tracce di 890 bambini. Gli italiani sono 218, gli stranieri 672. Numeri molto più alti dell’anno precedente. Dati che confermano il rischio che entro dicembre la media di piccoli stranieri scomparsi salga a tre al giorno, e quella di tutti, con gli italiani, a 4-5 ogni 24 ore.
Queste cifre vengono aggiornate in continuazione, perché accanto alla scheda di ogni piccolo capita ogni tanto che si inserisca la parola «trovato».
Il sito www.troviamoibambini.it pubblica le foto di tutti, di quei piccoli, almeno, di cui esiste un’immagine. Le facce dei bambini spariti: la prima è quella di un’italiana, Angela Celentano, «scomparsa il 10 agosto 1996 all’età di tre anni da Vico Equense (Napoli)». La terza è la foto di una bimba con un anellino d’oro al lobo dell’orecchio sinistro. È alta 98 centimetri. Si chiama Denise Pipitone: «Scomparsa il primo settembre 2004 alle ore 12.00 circa di fronte la propria abitazione via Domenico La Bruna, 6 – Mazara del Vallo (Tp)».
Sono i casi più noti, ma ci sono poi infinite storie dimenticate, come quella di Mohamed Moallin Dahir, somalo, scomparso a 5 anni, a Spoltore, o Kharim Dhari, di 3 anni, di cui non viene indicata la nazionalità, sparito da Reggio Emilia quando aveva appena compiuto dieci mesi, probabilmente «rapito da un membro della famiglia». Alcune schede, come questa, sono estratte direttamente dal sito della polizia di Stato. Le foto fanno il giro delle banche dati mondiali come missing children

Degli oltre 800 bambini spariti, 430 si sono allontanati da comunità in cui si trovavano, secondo il rapporto del commissariato speciale del Viminale. Centocinquantanove sono indicati come «casi di allontanamento volontario». In altri 63 casi la causa di scomparsa è invece «sconosciuta». Fascicoli aperti, bambini scomparsi senza un motivo. Magari rapiti da pedofili, o utilizzati come merce di scambio. Entrambe le ipotesi fanno orrore. Piccoli scomparsi per il piacere, o il guadagno, la pancia piena, dei grandi

da Indymedia Svizzera

Federico Aldrovandi - condannati gli agenti PS

FERRARA - Il tribunale di Ferrara ha condannato a tre anni e sei mesi i quattro poliziotti accusati di eccesso colposo nell'omicidio colposo di Federico Aldrovandi, il ragazzo di 18 anni morto il 25 settembre 2005 durante un intervento di polizia. Alla lettura della sentenza i genitori del ragazzo si sono abbracciati piangendo e in aula sono partiti applausi."Volevo che a mio figlio fossero restituiti giustizia, rispetto e dignità", ha detto il padre di Federico. "Mio figlio non era un drogato, era un ragazzo di 18 anni che amava la vita e che quella mattina non voleva morire". Sua moglie è sembra stata convinta della colpevolezza degli agenti: "Ci sono stati momenti in cui ho avuto paura che se la potessero cavare, ma in fondo ci ho sempre creduto. Ora quei quattro non devono più indossare la divisa".

Inchiesta e processo hanno visto come parte fondamentale la famiglia Aldrovandi, la mamma Patrizia Moretti e il papà Lino, in prima linea per chiedere la verità, prima con il blog su Kataweb aperto nel gennaio 2006 e diventato uno dei più cliccati in Italia, poi lungo l'inchiesta e il processo, scanditi dalle perizie, dalla raccolta delle testimonianze, dalla ricostruzione faticosa delle cause della morte di Federico.

Il pm Nicola Proto aveva chiesto condanne per tre anni e otto mesi a ciascuno dei quattro agenti. L'accusa è di aver ecceduto nel loro intervento, di non aver raccolto le richieste di aiuto del ragazzo, di aver infierito su di lui in una colluttazione imprudente usando i manganelli che poi si sono rotti. La parte civile, (Gamberini, Del Mercato, Anselmo e Venturi) ha ricostruito sotto quattro angolazioni diverse le difficoltà per raggiungere non la verità ma il processo stesso, sostenendo che la morte di Federico sia addebitabile alla colluttazione con gli agenti (nel corso della quale si ruppero due manganelli) e all'ammanettamento del giovane a pancia in giù con le mani dietro la schiena. Posizione che, secondo i loro consulenti, avrebbe causato un'asfissia posturale. A questa causa va aggiunta la tesi di un cardiopatologo dell'Università di Padova, il professor Thiene, secondo il quale il cuore avrebbe subito un arresto dopo aver ricevuto un colpo violento.

Per la difesa (Pellegrini, Vecchi, Bordoni, Trombini) l'agitazione del ragazzo quella mattina, prima e durante l'intervento di polizia, era dovuta all'effetto di sostanze assunte la notte prima al Link di Bologna con gli amici. Sostanze che lo avrebbe portato a uno scompenso di ossigeno durante la colluttazione. Tutte le difese hanno chiesto l'assoluzione piena degli imputati, che agirono rispettando le regole e il modus operandi previsto per interventi di contenimenti di persone fuori controllo (uso dei manganelli, metodo di ammanettamento e di contenzione o pressione sul corpo). Ancora oggi, tuttavia, nonostante l'intervento di oltre 15 tra i più affermati e riconosciuti esperti italiani (medico-legali, tossicologi, anestesiologi, cardiopatologi) non si è arrivati a chiarire con certezza le cause della morte.

da Indymedia

MAFIA - IMPRENDITORIALE; PIERO GRASSO

Roma. Per non morire di mafia il calcio dica no ai soldi sconosciuti, agli avventurieri, agli ingaggi siderali che drogano il mercato e lo rendono a forte rischio di infiltrazione criminosa.
Pietro Grasso, 64 anni, da quattro procuratore nazionale antimafia e da una vita tifoso di calcio, ha titoli ed esami per parlare dell'allarme lanciato nei giorni scorsi dall'Ocse, l'organizzazione che cura la cooperazione e lo sviluppo economico dei paesi occidentali. E lo fa enunciando un principio che è alla base del suo libro appena uscito ed indirizzato a tutt' altri ambiti: "Per non morire di mafia..." "Appunto -spiega Grasso al telefono con l'ANSA- per evitare il pericolo di essere strangolato dal potere della criminalità, evidentemente interessata al potere sociale che genera ed alla possibilità di ripulire denaro, il calcio deve apprezzare e fare sue posizioni come quella presa recentemente da Mediobanca nella vicenda Roma. Occorre sapere da dove arrivano i soldi di chi entra nel sistema. Bisogna evitare che i capitali sporchi inquinino il mercato, perché non c'é dubbio che il denaro a costo zero butta fuori il denaro che chiede interessi. Fa bene, fa benissimo Mediobanca a pretendere garanzie: a maggior ragione occorre massima trasparenza laddove ci sono di mezzo gli azionisti. Del resto in Italia abbiamo esempi lampanti senza bisogno di far ricorso alla mafia: la Parmalat, oppure i bond stranieri o le forme di economia virtuale che appunto hanno creato l'attuale crisi economica. Questo significa che bisogna guardarsi dagli avventurieri, dai finanzieri e quindi anche dai mafiosi, da tutti coloro che creano denaro dal nulla. Ripeto: la mafia, almeno un certo tipo di mafia, diciamo quella siciliana (o i casalesi che molto si avvicinano a questo tipo di manifestazione criminale, così come la 'ndrangheta) investe molto nell'imprenditoria. Molti dei proventi illeciti poi vengono trasferiti nell'economia locale con la faccia pulita". Il rimedio è la tracciabilità? "Non si devono mai accettare capitali di cui non si conosce la provenienza. Perché un privato, un Moratti ad esempio, rischia personalmente o sul piano familiare: lui sa che rischia sulla sua persona e si prende le responsabilità conseguenti. Ma una società come la Roma che ha una situazione particolare, con le banche che l'hanno salvata...E' un imperativo categorico conoscere chi mette i soldi". Si appassiona, Grasso: come quando la domenica va a soffrire in tribuna al Renzo Barbera per il Palermo. Si appassiona perché il tifo è amore. E lui di squadre per cui tifare ne ha un paio: oltre a quella rosanero c'é quella della gente per bene. " Quella che riesce a sopravvivere al ricatto mafioso - conclude Grasso - e sceglie di stare dalla parte dello Stato e della legalità".