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sabato 18 luglio 2009

Non possiamo tacere

Non tutti i cattolici stanno con il Vaticano e con la Cei sulle leggi razziste del decreto sicurezza, definite da Pax Christi «Una bestemmia contraria al Vangelo di Cristo». Fra gli altri, Associazione Teresio Olivelli, Movimento internazionale della riconciliazione e Associazione chiama l’Africa lanciano l'appello all'obiezione di coscienza

La dura presa di posizione sul decreto sicurezza da parte di mons. Agostino Marchetto, segretario del pontificio consiglio per la pastorale dei migranti, che ha definito «La criminalizzazione dei migranti il peccato originale dietro al quale va tutto il resto», ha scatenato la presa di distanza da parte del Vaticano e della Cei. Invece, ben altro è stato l’atteggiamento di un’altra parte della chiesa e dei cattolici. Pax Christi, per esempio, agli inizi di luglio ha pubblicato un breve documento che definisce il decreto «Un’offesa alla famiglia umana. Un atto eversivo della Costituzione italiana. Una bestemmia contraria al Vangelo di Cristo… Come credenti nel Dio che tutti ama e nel Vangelo di Cristo ‘nostra pace’ pensiamo che per i cristiani nessuno sia straniero e, soprattutto, che nessuno straniero sia di per sé un delinquente», scrive la segreteria di Pax Christi, che invita tutti «ad operare con urgente fermezza per respingere la deriva autoritaria e totalitaria basata sulla logica dello straniero-nemico che nasconde i veri pericoli della criminalità organizzata, della corruzione economica e politica, del degrado etico e che alimenta la paura, eccita gli animi al peggio, diffonde modelli di violenza e prepara mali più grandi. In piedi, costruttori di pace!». Un invito raccolto anche da Associazione Teresio Olivelli, Movimento internazionale della riconciliazione, Associazione chiama l’Africa, che lanciano a tutti l’appello «Non possiamo tacere» [di seguito]. E, a sostegno, allegano anche la lettera inviata al presidente della repubblica Giorgio Napolitano da Bruno Segre, bandito nel 1938, in quanto ebreo, da tutte le scuole del regno d’Italia [che pubblichiamo].

NON POSSIAMO TACERE
Nonostante tutti gli appelli alla ragionevolezza, la maggioranza blindata del Senato italiano ha approvato in via definitiva, lo scorso 2 luglio, il cosiddetto decreto sicurezza [ddl 773-B] del Governo che contiene alcune norme contrarie ad ogni regola di equità e di umanità.
La necessaria cattiveria reclamata da certi ministri e il silenzio di molti diventano aggressione contro i diritti di uomini, donne e bambini venuti nel nostro Paese in fuga da fame, guerre, carestie, in attesa di un permesso di soggiorno.
Non basta un comunicato stampa o un timido e timoroso dissenso verso una macchina pubblicitaria capace di seppellire ogni appello alla giustizia che fonda la nostra convivenza civile e pacifica.
Occorre condividere pubblicamente, come afferma Pax Christi, l´obiezione contro «la deriva autoritaria e totalitaria basata sulla logica dello straniero-nemico che nasconde i veri pericoli della criminalità organizzata, della corruzione economica e politica, del degrado etico e che alimenta la paura, eccita gli animi al peggio, diffonde modelli di violenza e prepara mali più grandi».
«Quello che si sta innescando – dichiara il Movimento internazionale della riconciliazione – è l’insicurezza del nostro futuro e della pace della nostra società. I conflitti non gestiti oggi sono destinati a diventare esplosioni di violenza domani; un diritto negato è l´innesco di desiderio di cieca rivalsa».
E questo non accade solo in alto mare quando si respingono verso campi lager coloro che chiedono aiuto o in qualche sala d’ospedale dove una madre «clandestina» non potrà riconoscere il proprio figlio, ma dentro il vissuto delle nostre città dove nelle periferie si lascia che la precarietà economica ed abitativa che si abbatte su tutti diventi il detonatore di ogni conflitto tra esclusi.
Terminato lo show del G8, credevamo che il Presidente della Repubblica Napolitano difendesse la Costituzione non firmando questa legge pericolosa, immorale ed inefficace. Così non è avvenuto, pur con tutte le serie «perplessità e preoccupazioni» espresse in una lettera inviata a Berlusconi, al suo ministro della Giustizia e ai presidenti di Camera e Senato.
Diventa pertanto urgente e necessario esprimere in maniera pubblica un dissenso e una obiezione di coscienza che fa appello ad una società, che per quanto distratta o rassegnata, che non può riconoscersi in queste norme che ledono profondamente le ragioni del diritto e della convivenza.
Associazione Teresio Olivelli, Movimento internazionale della riconciliazione, Associazione chiama l’Africa

Caro Presidente Napolitano,
sono un vecchio italiano ebreo, figlio di antifascisti, nato 79 anni fa nell’Italia fascista, bandito nel 1938 in quanto ebreo da tutte le scuole del Regno d’Italia. Sull’atto integrale di nascita a me intestato, che si conserva negli archivi dell’anagrafe di Milano, sta ancora oggi scritto a chiare lettere «di razza ebraica»: una dicitura che mi porterò appresso sino alla morte.
Memore del fascismo e delle sue aberrazioni razziste, mi permetto di rivolgermi a Lei per chiederLe di non ratificare il cosiddetto «pacchetto sicurezza» approvato in via definitiva dal Senato il 2 luglio scorso, dopo ben tre voti di fiducia imposti dal governo.
Si tratta di un provvedimento che, in palese violazione dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, introduce nei confronti dei gruppi sociali più deboli misure persecutorie e
discriminatorie che, per la loro gravità, superano persino le mostruosità previste dalle leggi razziali del 1938. Si pensi, per citare un unico esempio, al divieto imposto alle madri immigrate irregolari di fare dichiarazioni di stato civile: un divieto che, inibendo alle genitrici il riconoscimento della prole, farà sì che i figli, sottratti alle madri che li hanno generati, vengano confiscati dallo Stato che li darà successivamente in adozione.
Per buona sorte, le garanzie previste dai Costituenti Le consentono, caro Presidente, di correggere questo e altri simili abusi. Anche in omaggio alla memoria delle migliaia di vittime italiane del razzismo nazifascista Le chiedo di non promulgare un provvedimento che, ispirato nel suo insieme a una percezione dello straniero, del “diverso”, come nemico, mina alla radice la convivenza civile, pacifica e reciprocamente proficua tra italiani e stranieri, rischiando di alterare in modo irreversibile la natura stessa della nostra Repubblica.
Milano, 7 luglio 2009
Bruno Segre

da Carta

Il sud affonda nella crisi perenne

Le previsioni più pessimistiche sul Mezzogiorno risultano confermate. Questa amara conclusione si ricava dalla lettura del Rapporto Svimez 2009 il quale mostra inequivocabilmente che il reddito di un cittadino del sud rappresenta una parte sempre più risicata del reddito di un italiano del nord. Si tratta, quel che è peggio, di un dato non strettamente congiunturale, dal momento che negli ultimi dieci anni il sud è cresciuto la metà rispetto al resto dell'Italia. Ma il grado di sviluppo e di benessere non si misura certo solo in base al reddito. Se guardiamo alla qualità dei servizi pubblici o dell'ambiente, il Mezzogiorno perde ancora più terreno rispetto al resto del Paese.
Con il risultato che, in Italia, la povertà, la disoccupazione, il lavoro precario e quello nero si concentrano quasi esclusivamente nel Sud. Queste considerazioni impietose sullo stato dell'economia meridionale ci spingono a interrogarci sull'efficacia delle politiche per il Mezzogiorno di questi anni. Il riferimento purtroppo non è solo alle scellerate politiche leghiste del Governo in carica (per inciso lo Svimez stima in 18 miliardi la quota di risorse sottratta negli ultimi due anni al Mezzogiorno) ma anche agli interventi sostenuti dalle stesse coalizioni progressiste al livello nazionale e locale.
Assolutamente vane si sono infatti dimostrate le speranze di quanti, tra le fila progressiste, credevano nei virtuosi meccanismi spontanei del mercato che avrebbero dovuto attivarsi con la moneta unica, con l'apertura dei mercati, con la precarizzazione del lavoro. Così come del tutto illusori si sono mostrati gli effetti delle privatizzazioni. Bisognerebbe interrogarsi sugli esiti delle politiche che hanno sostituito l'intervento straordinario, teorizzate da economisti di moda anche nel centrosinistra benché irretiti dal fascino della concorrenza e dalle teorie neoliberiste. Politiche che hanno visto la sterile stagione degli incentivi automatici e l'erogazione a pioggia dei fondi Ue, degenerando troppo spesso in mere strategie del consenso.
Ed ora la gravissima crisi che stiamo attraversando assume nel Mezzogiorno i caratteri cupi dell'emergenza sociale e si abbatte sull'economia come una sorta di gigantesco moltiplicatore dei divari regionali. Come viene sottolineato dalla Svimez: «la diffusa percezione di una crisi che avrebbe riguardato soprattutto le aree più industrializzaste del Paese è purtroppo smentita dai fatti».
Per tutte queste ragioni, occorrerebbe una svolta nel quadro delle proposte progressiste capace di mettere a valore gli sviluppi recenti del meridionalismo e di recuperare la migliore cultura della programmazione economica e della pianificazione territoriale. Al centro di questa azione - come lo stesso Rapporto Svimez suggerisce - non possono che essere poste le politiche industriali specificamente indirizzate a spingere il tessuto produttivo meridionale verso un «salto» tecnologico e dimensionale. Forse è troppo sperarlo, ma sarebbe davvero il caso che il congresso del Partito Democratico si scuotesse dal torpore, stigmatizzasse qualsiasi ipotesi di aggregazione politica meridionale sul modello leghista, e riprendesse le fila di un dibattito vero intorno alle condizioni per un riscatto del Sud.

da Il Manifesto di Riccardo Realfonzo

Denuncia internazionale relativa alla legge 733b sulla pubblica sicurezza ·

DENUNCIA INTERNAZIONALE RELATIVA ALLA LEGGE 733B SULLA PUBBLICA SICUREZZA

Società(17/07/2009) - Il Parlamento italiano ha definitivamente approvato il disegno di legge 733 B in materia di pubblica sicurezza, varato dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dal Ministro dell'’Interno, Roberto Maroni, e dal Ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Questo nonostante le proteste di tutte le organizzazioni per i Diritti Umani, delle forze democratiche, della Chiesa cattolica e le forti perplessità del Consiglio Superiore della Magistratura. La Legge 733 B ha tutte le caratteristiche per essere definita senza indugi una legge razziale che va contro la Costituzione italiana, le direttive europee in materia di immigrazione e libera circolazione, la Carta dei Diritti Fondamentali dell'’Unione europea, le Convenzioni internazionali sui diritti umani, tra cui la Convenzione di Ginevra, la Convenzione sui Diritti del Fanciullo, la Carta dei Diritti dei Popoli e la stessa Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Si tratta di un testo redatto su indicazioni della Lega Nord, un partito che, come fu per il Fascismo negli anni ‘20, ha raccolto negli ultimi tempi sempre più consensi tra la popolazione, e che si oppone ferocemente a una società multietnica; un partito che ha costruito i suoi successi elettorali grazie alla propaganda di ideologie xenofobe, omofobe e irrispettose delle altre religioni all'’infuori di quella cattolica – nonché degli usi e dei costumi dei popoli diversi da quello italiano – e al sostegno del Popolo delle Libertà, altro partito che recentemente ha assunto posizioni intolleranti, tanto che il primo ministro Silvio Berlusconi ha affermato: “Ho voluto fortemente questo decreto”. La Lega Nord ha un’identità speculare a quella della Guardia Ungherese, che ha ottenuto un importante successo alle elezioni europee, ma è stata recentemente sciolta con un provvedimento della Corte di Appello di Budapest, per aver commesso atti discriminatori nei confronti della minoranza Rom magiara. La persecuzione messa in atto dalla Lega Nord contro i Rom in Italia non è certo meno efferata. La Legge 733 B introduce in Italia un’aberrazione giuridica: il “reato di clandestinità”, che equipara i migranti non comunitari che fuggono da povertà, carestie, guerre e persecuzione a delinquenti da perseguire ed espellere. I migranti senza permesso di soggiorno vengono puniti con un’ammenda da 5mila a 10mila euro, internati nei Centri di identificazione ed espulsione (carceri durissime, definite “lager” dallo stesso Berlusconi) e quindi deportati nei Paesi d’origine. Il decreto prevede che i migranti possano restare internati nell'’inferno dei Cie (dove maltrattamenti da parte dei secondini e atti di autolesionismo da parte degli internati sono all'’ordine del giorno, basti consultare il sito del Gruppo EveryOne, www.everyonegroup.com, o ricercare sul motore di ricerca Google i termini “pestaggio al Cpt” e “pestaggio al CIE” per rendersi conto della vastità del fenomeno) fino a 6 mesi, prima del rimpatrio. Cie attualmente operativi in Italia sono 10, per una capienza complessiva di 1.219 posti; si prevede che il numero dei posti disponibili nei Cie passerà dagli attuali 1.219 a 4.640 con i nuovi fondi stanziati dal Governo, ma il limite della detenzione, come prima ricordato, salirà da 60 a 180 giorni, con il conseguente rischio che la disponibilità dei posti si esaurisca presto. All'’interno dei Cie gli standard dei servizi garantiti alla persone ivi trattenute sono assolutamente insufficienti, ciò con particolare riferimento all'’assistenza sanitaria e psicologica, al servizio di orientamento e assistenza legale; alla qualità e al numero degli interpreti/mediatori; alla mancanza di spazi comuni per le attività ricreative e per la fase di ascolto mirato, alle camere sovraffollate e ai bagni insufficienti. All'’interno dei Cie si registra inoltre la presenza di situazioni diversissime tra loro, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello dell'’ordine pubblico nonché della condizione umana e sociale delle persone trattenute. Tale mescolanza, esasperata dalla elevata presenza di ex detenuti, penalizza in modo particolare gli stranieri a cui carico sussistono solo provvedimenti di allontanamento conseguenti alla perdita di regolarità di soggiorno, nonché di persone più deboli e vulnerabili e bisognose di protezione sociale che sono esposte a un clima di costante tensione e potenziale intimidazione interna agli stessi centri. La Legge 733 B obbliga inoltre gli italiani alla delazione, in modo ancora più esplicito di quanto non prevedesse il regime nazista contro ebrei e Rom: i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, tra cui gli operatori e i dipendenti di aziende sanitarie e i presidi delle scuole pubbliche e private, sono – ai sensi dell'’art. 331 del codice di procedura penale – tenuti a segnalare il “clandestino” alle autorità. La nuova legge stabilisce che nessun atto di Stato Civile può essere eseguito senza permesso di soggiorno. Lo straniero non può più presentare denunce, neanche per abusi subiti. Non può testimoniare in tribunale per cause civili e penali e se tenta di accedere a servizi pubblici commette reato, secondo la nuova legge, e viene denunciato. I figli di stranieri “irregolari” non possono essere registrati all'’anagrafe e fin dalla nascita sono “clandestini” e non possono, di fatto, accedere agli asili, alle scuole, ai servizi pubblici e sanitari, mentre se accedessero alle cure ospedaliere sarebbero perseguiti assieme ai loro genitori e familiari in qualità di “irregolari”. Vi sono già segnalazioni di madri e bambini morti perché malati gravemente e impossibilitati a recarsi presso presidi sanitari o terrorizzati di farlo, in quanto andrebbero incontro a gravi rischi di vedere smembrate dai servizi sociali le proprie unità familiari e di vedere perseguita penalmente la loro posizione sociale. In tal senso, una recente ricerca del Gruppo EveryOne nei principali ospedali di Roma (San Gallicano, Policlinico Umberto I, San Camillo Forlanini, Policlinico Tor Vergata, Ospedale Grassi di Ostia) e Milano (Niguarda, ospedale Maggiore Policlinico, San Paolo, San Carlo Borromeo) ha rivelato una diminuzione di quasi il 35% dei migranti che ricorrono alle cure di pronto soccorso, conseguentemente alla notizia dell'’imminente approvazione del provvedimento legislativo sulla pubblica sicurezza. Nelle ultime settimane sono state registrate inoltre decine e decine di segnalazioni di violenze, sevizie e stupri contro migranti non denunciate per gli stessi motivi di cui sopra. La legge colpisce anche le famiglie povere dei migranti “irregolari” rimaste in Patria: non è più possibile, infatti, effettuare trasferimenti di denaro senza permesso di soggiorno. Vi sono italiani che si approfittano di questa situazione e speculano ignobilmente sulla condizione dei “clandestini”, con minacce e intimidazioni di varia natura. Senza permesso di soggiorno non ci si può sposare. Chi ospita o aiuta un migrante “irregolare” anche in condizioni tragiche, diviene colpevole di favoreggiamento dell'’immigrazione clandestina e perseguito duramente, secondo l’art. 1 della Legge 733 B: rischia da sei mesi a tre anni di carcere. Il decreto trasforma anche i migranti regolari in cittadini di serie B, con l’istituzione di un Permesso di soggiorno a punti. Se il migrante non si “comporta bene” secondo le autorità, perde punti e quando il Permesso si azzera viene espulso. Questa realtà – connessa alla reintroduzione del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale – aumenterà la piaga degli abusi incontrollati da parte di autorità e istituzioni, i ricatti e le crudeltà contro gli stranieri in Italia. Si veda, a titolo di esempio: Per ottenere la residenza, elemento necessario al Permesso di soggiorno, lo straniero dovrà ottenere un certificato di idoneità alloggiativa. Se l’alloggio – già difficile da trovare in Italia, per un migrante, che speso deve pagare cifre esorbitanti in nero – non viene riconosciuto idoneo, il migrante diventa “irregolare” e quindi perseguitato ed espulso. I costi per espletare le procedure necessarie all'’ottenimento del Permesso di soggiorno e della cittadinanza italiana sono diventati esorbitanti. Il decreto, inoltre, autorizza l’istituzione di “ronde”, che di fatto sono milizie xenofobe, omofobe e razziste organizzate secondo le disposizioni della Lega Nord e di movimenti politici fuori–legge ma comunque considerati legittimi dal Governo Berlusconi e dalla maggioranza parlamentare italiana, come Forza Nuova, Azione Giovani e Fiamma Tricolore. Fin dal momento in cui il decreto sulla sicurezza è stato approvato, il Gruppo EveryOne – che è impegnato a sottoporre agli organi giudiziari internazionali il testo del provvedimento, chiedendo che ne sia riconosciuta l’illegittimità di fronte alle norme internazionali che combattono la discriminazione sociale, i fenomeni di apartheid e razzismo – ha sottoposto al Governo due emergenze, da affrontare e risolvere nell'’immediato. La prima riguarda le 500mila badanti e i lavoratori “clandestini” senza permesso di soggiorno: per evitare di mettere fuori legge sia loro che i loro datori di lavoro, è importante regolarizzarli senza eccezioni con un’urgente sanatoria. Recentemente, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla famiglia, on. Carlo Giovanardi, ha riconosciuto la gravità del problema, sollecitando un provvedimento d’'urgenza simile alla regolarizzazione attuata nel 2002 (prima dell'’entrata in vigore della legge Bossi–-Fini e dei decreti– flussi che ancora oggi paralizzano il sistema della regolarizzazione delle badanti). Di fatto, è l’ammissione che il testo del decreto, a partire dall'’introduzione del “reato di clandestinità”, approvato per compiacere la Lega Nord e le correnti xenofobe, non solo è una legge razziale, ma fa acqua da tutte le parti, sia sotto il profilo del diritto che sotto quello dell'’opportunità sociale. Temiamo che il governo regolarizzerà solo le badanti e le colf al servizio di italiani, per accontentare l'elettorato regalando loro vere e proprie "schiave". La seconda richiesta posta dal Gruppo EveryOne al Governo italiano è una disposizione che ponga rimedio al diffondersi del panico fra i migranti, costringendoli a vivere la condizione di clandestinità nascondendosi per timore di essere denunciati, internati ed espulsi. Attualmente, migliaia di stranieri, gruppi familiari e singoli individui, vivono in tali condizioni, senza accedere a cure sanitarie in caso di malattia, senza segnalare alle autorità i nuovi nati, senza denunciare violenze e abusi subiti. Chi lavora “in nero” è spesso costretto a subire ricatti e soprusi, mancati pagamenti per le prestazioni e, nel caso delle donne, richieste di prestazioni sessuali da parte dei “datori di lavoro”. E’ una nuova forma di schiavitù cui hanno portato negli ultimi anni le politiche xenofobe e razziali delle Istituzioni, una schiavitù di Stato che è divenuta ancora più odiosa, incivile e inaccettabile dopo l’approvazione del ddl 733 B. Il Ministro della Semplificazione Roberto Calderoli ha riconosciuto recentemente il mercato del sesso che vede coinvolte come schiave di italiani migliaia di badanti, ma ha usato questa tragedia per la propaganda xenofoba, paragonando le vittime a prostitute. Un altro problema, verso il quale il Gruppo EveryOne ha protestato con altrettanta fermezza, è il rischio di epidemie cui il provvedimento sottopone sia i migranti che i cittadini dell'’Unione europea e del resto del mondo. La condizione di totale esclusione sociale cui sono costretti, in seguito al reato di clandestinità, gli stranieri “irregolari”, costretti a vivere nascosti, in condizioni igieniche tragiche, rende impossibile, nel caso insorgesse un’epidemia, qualsiasi azione di prevenzione, quarantena o azione sanitaria. Senza cure mediche, senza vaccinazioni e trattamenti adeguati, basta un’influenza atipica per mietere molte vittime e dare luogo a possibili gravi mutazioni. Per non parlare del pericolo–lebbra, una malattia che recentemente è stata segnalata a Milano e Genova. Le pronte cure, le procedure antiepidemiche e la quarantena hanno evitato il diffondersi del morbo, cosa che da oggi non sarà più possibile. Due casi di sospetta lebbra non curata a causa della paura di una denuncia sono già stati segnalati, ancora a Milano. Il pericolo epidemie, un’emergenza del mondo globalizzato di oggi, richiede necessariamente la fiducia nelle Istituzioni sanitarie da parte di tutte le categorie sociali. In caso contrario, si torna nel Medioevo, con i pericoli che ne conseguono. E’ l’ulteriore dimostrazione di quanto sia irresponsabile il provvedimento. Non si osa pensare a cosa accadrebbe in presenza di un virus terribile come l’Ebola, evento tutt'’altro che improbabile, considerato che perseguitati e profughi provengono spesso da Paesi in cui tale virus rappresenta un grave problema sanitario Il Gruppo EveryOne, insieme a una rete di organizzazioni per i Diritti Umani e alle personalità politiche che continuano a rispettare la Costituzione e le normative internazionali a tutela dei diritti fondamentali dell'’individuo, ha chiesto al Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, di non firmare la Legge razzista, ma fino a oggi il Presidente ha assecondato, per paura o ignavia, la deriva in cui si trovano le Istituzioni. Il Gruppo EveryOne ha altresì protestato affinché il Governo ponga immediatamente fine questa barbarie razzista, che rappresenta una vergogna nell'’Unione europea, la cui Carta dei Diritti Fondamentali e le cui Direttive indicano una direzione opposta: la realizzazione di una civiltà continentale fondata su tolleranza, accoglienza e Diritti Umani. A parte la voce del presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini e all'’iniziativa del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi , tuttavia, vi è una incresciosa unità di vedute – simile alla complicità che univa i gerarchi nazisti – fra le personalità politiche della maggioranza, che ormai ragionano con il “cervello xenofobo” della Lega Nord. Il Gruppo EveryOne ritiene che senza una posizione forte da parte delle autorità internazionali, nonché degli altri Stati membri dell'’Unione, l’Italia si incamminerà irreversibilmente verso la creazione di uno Stato totalitario, governato da nuove leggi che rifiutano ogni conquista nel campo dei diritti civili e umani e diventerà presto (in parte lo ha già fatto) un pericoloso esempio per l’Europa. Anche le voci dell'’attivismo, in Italia, sono soffocate con arroganza e violenza: i leader del Gruppo EveryOne hanno subito ogni genere di intimidazione e minaccia, nonché azioni ostili da parte delle autorità, anche di livello elevato. Non a caso, essi sono fra i pochissimi europei invitati alla Piattaforma di Dublino 2009, sotto il patrocinio dell'’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, riservata agli attivisti in pericolo di persecuzione e di vita. Gli attivisti Rom del Gruppo EveryOne sono stati ripetutamente aggrediti, pestati – anche da forze di polizia –, minacciati, sottoposti ad appostamenti e pedinamenti. Non a caso l’attivista Mauro Zavalloni, dopo essersi iscritto al Gruppo EveryOne e averlo annunciato pubblicamente – con un esposto alla Corte di Strasburgo in cui menzionava il suo caso: Riguardo alla Legge 733 B, sottolineiamo infine come essa ponga di fatto migliaia di migranti “clandestini” in mano alle mafie, loro unica speranza di avere un sostegno per sopravvivere. Rileviamo inoltre come il fenomeni dello sfruttamento, della riduzione in schiavitù, degli stupri e degli abusi sessuali, delle aggressioni e degli omicidi a sfondo xenofobo, delle sparizioni di minori, già gravissimi in Italia, aumenteranno a dismisura, colpendo individui già fragili, vulnerabili, emarginati ed esposti a mille pericoli. Il Gruppo EveryOne si augura che la richiesta di intervento urgente ad autorità e istituzioni internazionali non cada nel vuoto o non venga accolta solo attraverso ammonimenti, risoluzioni e inviti rivolti alle Istituzioni italiane, strumenti assolutamente inefficaci (come lo furono ai tempi di Hitler, quando le autorità risposero con messinscene e menzogne alle richieste di chiarezza sul trattamento riservato alle minoranze invise al regime). Contattando l’organizzazione internazionale per i Diritti Umani attraverso il sito web www.everyonegroup.com, si possono ricevere dossier, rassegne stampa, testimonianze e informazioni relativamente a quanto esposto.


Gruppo EveryOne

http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=43728&idsezione=2

da Antifa

Liberi di sognare ancora

Tutti fuori! Due studenti torinesi agli arresti domiciliari, tutti gli altri con obbligo di firma o di dimora. Quel che conta è che tutte e tutti sono fuori dal carcere!

Una vittoria importante e non scontata. Operazione gestita in grande, dal magistrato pop dell'antimafia, collaboratore di Micromega e riferimento assoluto della sinistra tutta forca e giustizia. Caselli non è un pesce piccolo, anzi, è una figura che parla a tanti, anche agli studenti che nella crisi della rappresentanza eleggono Travaglio e il suo stile a misura rancorosa del mondo da costruire. E poi la requisitoria del Pm Sparagna davvero non aveva pietà dell'intelligenza. Nessuna prova concreta, solo un discorso denso di morale e pieno di fantasmi, i soliti, quelli degli anni '70, quelli che non smettono mai di assillare la testa di chi il Pci e il suo odio per i movimenti non sa dimenticarlo.

Ma l'Onda non ha avuto paura e non si è fatta mettere all'angolo. Immediata la risposta, dopo gli arresti, con decine di occupazioni, di rettorati, di facoltà. E poi cortei notturni, presidi, una raccolta di firme, tra docenti (nazionali e internazionali) e intellettuali, senza pari. Una sfida complessa che l'Onda ha percorso senza divisioni, consapevole che la posta in gioco non era e non è costituita dal presente, ma dal futuro, dall'autunno che ci attende.

A spiegarci questa cosa sono arrivate puntuali le parole di Giavazzi sul Corriere della Sera, seguite da quelle della Gelmini e di Tremonti. Non ci sono vie d'uscita, se l'università pubblica vuole sopravvivere ai tagli del Fondo di finanziamento ordinario che saranno attivi a partire dal prossimo anno è necessario aumentare vertiginosamente le rette e semmai garantire qualche prestito d'onore (ovvero costringere all'indebitamento) agli studenti poveri ma meritevoli.

La dismissione dell'università pubblica deve essere totale. Se il Corriere chiama il governo risponde, e l'attesa è stata davvero breve. Gelmini e Tremonti, durante la presentazione del Dpef, anticipano la riforma, tenuta nel cassetto per troppi mesi, causa le resistenze dell'Onda. Ricordate? Dopo l'approvazione della riforma della scuola doveva, implacabile, essere presentata la riforma dell'università, ma di fronte ad un milione di studenti in piazza (30 ottobre del 2008) la Gelmini e il suo parrucchiere di fiducia hanno pensato di attendere un pochino. Ma ormai è estate e se le cose non cambiano decine di università sono destinate alla chiusura. Era evidente fin dall'inizio, infatti, che una trasformazione degli assetti finanziari avrebbe determinato anche una trasformazione complessiva dell'università e della sua governance. Solo gli stupidi o gli opportunisti non la pensavano e non la pensano così.


In una parola, l'autunno dell'università potrebbe essere di nuovo caldo e questo lo sanno in molti. Università calda in un autunno forse bollente, data la crisi e il suo peggioramento imminente. Non è un segreto il fatto che la cassa integrazione sta per terminare e che molte piccole e medie imprese rischiano di non aprire a settembre. Così come per i precari potrebbe prospettarsi l'inizio di una lunga disoccupazione, senza ammortizzatori sociali e welfare, of course. E ancora la durezza del credito e la riforma delle pensioni, gli affitti e il costo della vita, la Fiat.


Cosa spaventa Giavazzi? Cosa terrorizza Caselli? Che le lotte universitarie riprendano, che queste lotte si generalizzino, che ogni ipotesi di unità nazionale sulle riforme (basta ascoltare tutti i giorni Napolitano per avere un quadro chiaro della situazione) venga fatta saltare dai movimenti.
Bene, la loro ipotesi per il momento non è passata. L'Onda non è stata isolata, né tanto meno divisa. Ora si tratta di ripartire dalla cose vere, dal fatto che non vogliamo pagare la crisi e che non siamo disposti ad indebitarci per andare all'università. In Germania non ci sono tasse universitarie, in Francia la tassa è uguale per tutti ed è di 360 euro l'anno. Dell'Inghilterra di Blair e di Brown ci interessa poco, gli Usa di Obama sembra (ma è davvero così?) stiano facendo marcia indietro.

Non un euro di più per andare all'università!

Da ora si riparte, verso la grande mareggiata!

di Francesco Raparelli da GlobalProject

La Russa, bugie di guerra

La morte del caporalmaggiore Di Lisio. La disinformazione del ministro. E i blindati "al risparmio" del nostro esercito

«Fog of war», nebbia di guerra. Così i media anglosassoni definiscono la disinformazione che strumentalmente nasconde la realtà degli eventi bellici. Il discorso tenuto alla Camera dal ministro della Difesa Ignazio La Russa ne è stato un esempio. La morte del caporalmaggiore Alessandro Di Lisio, ucciso in Afghanistan durante una delle tante operazioni condotte dalla Folgore nelle ultime settimane, è diventato il pretesto per argomentazioni tecniche discutibili e la premessa per un ulteriore escalation militare italiana.

Il ministro ad esempio ha ipotizzato l'utilizzo dei cacciabombardieri Tornado in non meglio chiarite "missioni di copertura" a supporto del nostro contingente. Anzitutto bisogna ricordare che i Tornado non potranno operare dalla base italiana di Herat prima della fine settembre. I lavori della pista, realizzati in modo pessimo da un contractor americano della Nato, hanno permesso ai cardi giganti tipici dell'Afghanistan di trasformarla in un gruviera. Oggi due soli Tornado operano in Afghanistan dall'aeroporto tedesco di Mazar-I-Sharif, nel nord e lontanissimi dalla zona italiana.

Questi aerei svolgono missioni di ricognizione con apparecchiature avanzatissime, sono i migliori in assoluto e vengono considerati preziosi dal vertice Nato proprio per la capacità di scoprire quei potentissimi ordigni "improvvisati" Ied che hanno provocato la morte del caporalmaggiore De Lisi. Le fotografie pubblicate da "L'espresso" dimostrano l'importanza di questi velivoli. Che senso avrebbe usarli per azioni di bombardamento? L'unica cosa che non manca in Afghanistan sono i bombardieri, come dimostrano i bollettini quotidiani dei raid diffusi dal comando americano: 75 attacchi dal cielo nella giornata di mercoledì 14 luglio, 61 martedì, 76 lunedì. Il ministro La Russa ha parlato poi dei nuovi veicoli blindati Freccia che verranno mandati in Afghanistan.


La partenza di questi mezzi era in realtà prevista da due mesi, come scritto da "L'espresso". Ma se il problema evidenziato dall'attentato mortale sono le mine e gli ordigni "improvvisati", il Freccia non è di sicuro una risposta. Si tratta di un mezzo di vecchia concezione, derivato dal Centauro in servizio da 19 anni, che non è stato progettato per difendere l'equipaggio dalle mine: sono molti gli esperti che lo ritengono molto meno sicuro del Lince, il veicolo in dotazione alle forze armate italiane. Il Lince è un fuoristrada corazzato disegnato proprio per garantire la sopravvivenza degli uomini in caso di attentati con mine e Ied.

Certo, contro ordigni con 50-70 chili di esplosivo come quello che ha ucciso De Lisi, non resistono nemmeno i carri armati: ma finora i Lince hanno salvato la vita a diverse decine di soldati. Il mezzo di produzione italiana è stato adottato da quasi tutti i paesi europei della Nato proprio per avere dimostrato la sua efficenza. C'è un problema. Letale. Per motivi di costo, i Lince italiano non hanno le torrette. I mitraglieri come Di Lisio devono stare con il busto fuori dalla corazza per essere pronti a fare fuoco. Un bersaglio ghiotto per i cecchini. E una vittima predestinata in caso di attentati che facciano capovolgere il mezzo, schiacchiando la persona esposta. La soluzione è semplice.

I britannici, per esempio, hanno dotato tutte le loro Lince di torrette telecomandate. Noi non ne abbiamo comprata nemmeno una. I Freccia invece hanno la torretta, ma non offrono resistenze specifiche contro le mine. Insomma, invece di fare retorica bisognerebbe riflettere su come vengono spesi i soldi dei contribuenti. E sul perchè si finisca per risparmiare proprio su quelle spese che potrebbero salvare la vita di soldati come il caporalmaggiore Di Lisio, mandati in silenzio a combattere una guerra senza quartiere. In Afghanistan, come insegna la lezione sovietica, il mezzo più utile sono gli elicotteri.

I talebani non dispongono di missili terra aria in grado di abbatterli. Ma gli elicotteri hanno un costo caro, molto più della paga dei parà o delle eventuali bombe dei Tornado, e quindi di aumentarne la presenza non si parla.

Da L'Espresso

700.000

Le nuove norme sull’immigrazione sono un’ulteriore conferma che l’Italia è un paese poco attento ai veri problemi delle famiglie, scrive Tito Boeri.

Secondo una stima prudente, in Italia ci sono 700mila badanti. Almeno trecentomila non hanno il permesso di soggiorno e quindi sono persone soggette al reato di clandestinità.
È un numero elevato, che nasce da un problema preciso: le famiglie italiane sono abbandonate a se stesse, ricevono poco sostegno dello stato e di conseguenza hanno più responsabilità verso i membri più deboli. E spesso sono anche costrette a rinunciare a importanti scelte di vita.

Del resto è un dato di fatto riconosciuto che l’Italia è uno dei paesi avanzati con un welfare obsoleto, che non è in grado di proteggere dai rischi e di promuovere scelte virtuose nella popolazione. Non a caso tra i paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico abbiamo uno dei tassi di occupazione giovanile più bassi e una delle peggiori combinazioni tra fecondità e partecipazione femminile al mercato del lavoro. A questo si aggiunge che il calo delle nascite degli ultimi 25 anni ci ha fatto diventare uno dei paesi con il più alto grado di invecchiamento.

Anche Svezia e Francia hanno livelli di longevità simili a quelli italiani. Ma nel nostro paese il rapporto tra anziani inattivi e occupati è nettamente peggiore: uno su due, contro la media del 38 per cento nell’Unione europea a quindici. Le nuove norme sull’immigrazione, quindi, sono un’ulteriore conferma che l’Italia è un paese poco attento ai veri problemi delle famiglie. Non solo le abbandona a se stesse, ma rende anche più difficile il ricorso alle risposte che con difficoltà tentano di darsi da sole. (con lavoce.info).

Tito Boeri è un economista italiano e professore all’Università Bocconi di Milano. Scrive la rubrica “Il numero” per Internazionale (altri articoli di Tito Boeri pubblicati da Internazionale).

da Internazionale

Le ragazze del Ghana

Dopo l’indipendenza il governo ha saputo dare un assetto stabile ed efficiente al paese, scrive Tullio De Mauro.

Perché Obama per dire in Africa il suo Yes, you can ha scelto il Ghana e non il Kenya, terra degli avi? I motivi sono forse gli stessi per cui l’americana Hannah Davis ha concepito e avviato da oltre un anno il Glp, Ghana literacy project.
Il Ghana nel 1957 è stato il primo paese dell’Africa Occidentale a ottenere l’indipendenza: l’amministrazione britannica, più oculata che altrove, aveva consentito la formazione di uno strato borghese che allora e a più riprese, fino alla riconquista nel 2002 di istituzioni democratiche pienamente funzionanti, ha mostrato di sapere guidare il paese.

La dispersione della popolazione su un vasto entroterra, ma anche la sua crescita rapidissima (dai 6 milioni nel 1960 ai 22 attuali) non favoriscono l’efficienza delle scuole. Tuttavia è ragionevole più che in altre aree africane lavorare a questo, dato l’assetto funzionante e stabile del paese e l’accumulo di una buona quota di popolazione adulta alfabetizzata, pur con oscillazioni forti di anno in anno (tra il 50 e il 67 per cento degli ultraquindicenni).

Appaiono produttivi interventi mirati, come il Glp, che guarda per ora soprattutto al recupero della piena scolarità delle ragazze attraverso un ciclo triennale: educazione scientifica sperimentale, matematica orientata al bilancio personale e finanze, uso di internet e pc (precluso altrimenti alle ragazze), lettura di libri, viaggi e conoscenza del mondo, progettazione di social innovation. Una lettera periodica permetterà di seguire e valutare l’esperienza.

Tullio De Mauro è un linguista italiano. Il suo ultimo libro è Lezioni di linguistica teorica (altri articoli di Tullio De Mauro pubblicati da Internazionale).

da Internazionale