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mercoledì 22 luglio 2009

GIOVEDI' 23 LUGLIO 2009 TAVOLO DELLA SINISTRA NERETINA

Si rinnova l'appuntamento con il tavolo della sinistra Giovedi' 23 luglio alle ore 20:00 nella sede del Movimento per la Sinistra in via N.Ingusci n°6.

Durante la riunione si affronterà il tema dei braccianti stagionali (noi come Movimento per la Sinistra insieme ai compagni di Rifondazione Comunista e con gli amici di Costruire Insieme, in queste settimane abbiamo cercato di alleviare quelle che sono le necessità-primrie- di questa povera gente) e si darà voce e soprattutto si cercherà di mettere in atto qualsiasi progetto utile a elevere il livello di una città -Nardò- in balia di una tempesta che sarà difficile da domare.

"Noi di sinistra, dobbiamo imparare a scrollarci di dosso quell'aria da intellettuali del cazzo e dobbiamo iniziare a scendere in piazza instaurando un contatto con le persone per cercare di capire quali siano i problemi reali" parole sante Santoro (mps Tricase)

NO COOMPETION SI COOPERATION


Parteciperanno:
RIFONDAZIONE COMUNISTA
PARTITO SOCIALISTA
ITALIA DEI VALORI
COSTRUIRE INSIEME
SINISTRA DEMOCRATICA
GIOVANI DEMOCATICI
& PEZZI DELLA SOCIETA' CIVILE


La mozione di sfiducia a Vendola è stata bocciata, con 19 voti a favore, 39 contrari e tre astenuti. Il dibattito

Arcangelo Sannicandro (Movimento per la Sinistra). “Vendola ha già dato tute le risposte necessarie ad una seduta che si sta svolgendo in un modo surreale. Molti hanno firmato la mozione di sfiducia senza conoscerne il contenuto e saltellano da un argomento all’altro in una sorta di insalata mista senza costrutto. La mozione è costruita su notizie di stampa e questa è una mancanza di rispetto istituzionale: non esiste una funzione del Consiglio regionale ‘tanto per chiacchierare’. A chi lamenta le manifestazioni presidenzialiste di Vendola ricordo che sono previste dalla legge e che lo Statuto l’hanno voluto le attuali opposizioni. Perché si scandalizzano? Il presidente è eletto dal popolo, non dall’Assemblea e si limita a comunicare la sua squadra al Consiglio, questo è scritto. L’ha voluto il centrodestra, cinque ani fa, se non sta più bene non c’è che presentare un proposta di legge di modifica. Sono dei piagnoni che lamentano quello che loro stessi hanno voluto e sono gli stessi ad avere voluto quella concezione aziendalistica della sanità che ora denunciano. È una manifestazione di ipocrisia. Sulla questione politica e sulla questione morale poi la mozione riesce a non dire assolutamente niente: è un flop assoluto”.

Giammarco Surico (Misto). “Gli ennesimi schizzi di fango che Vendola ha cercato di buttarci addosso non coprono il totale fallimento della sua azione politica, della quale avrebbe dovuto rispondere. Se avesse avuto la decenza di restare in aula anche dopo i TG delle 13, avremmo dovuto discutere della totale sfiducia dei pugliesi. Nemmeno oggi ha detto perché ha dimissionato cinque assessori, ha continuato lo scaricabarile sui direttori generali, ribadendo di aver detto di andare in Procura a denunciare eventuali irregolarità. Ciò non toglie che la responsabilità politica degli atti compiuti dalle Asl era e resta sua. I dg che non hanno osservato indicazioni politiche sono stati mandati via. Grottesca anche l’apparente compattezza della maggioranza, animata solo dal timore di perdere le poltrone, ma nei prossimi mesi qualcuno farà pagare a Vendola la sostituzione degli assessori senza spiegazione e a farne le spese sarà sempre e solo la Puglia. Vendola ha sempre saputo quanto accadeva ma ha messo la testa nella sabbia, piegandosi ai giochi di palazzo e alle lobby di cui egli stesso ha ammesso l’esistenza. Un fallimento morale, politico, amministrativo e gestionale che trova unico logico sbocco nella sfiducia dell’intera Puglia al presidente”.

Tommy Attanasio (An-Pdl). “Non riesco a capire perché siamo qui. Oggi Vendola interviene e racconta le meraviglie del suo governo, a partire dai rifiuti, anche se Losappio è stato spostato. Il presidente ha chiesto l’azzeramento alla sua Giunta e non si sa perché, salvo a condirla con un po’ di pathos politico. Ha vinto le elezioni proprio sulla sanità e sulla questione morale, ecco perché la mozione: la superiorità morale del centrosinistra è franata. Ora ripartiamo alla pari, da zero, non è più il caso di rimpallarsi responsabilità che sono delle due parti. Vendola non poteva non sapere o non sapeva? Ma li presidente legge le interpellanze e le interrogazione dell’opposizione. Da quelle avrebbe potuto seguire tutto. Rinnovo perciò la sfida ad una scelta di serietà: il più grande atto di riforma etica e morale sarebbe quello di rassegnare le dimissioni e rimettersi al giudizio degli elettori. I pugliesi sanno che Vendola è responsabile, nel bene e nel male dell’intero operato della sua Giunta”.

Tommaso Fiore, assessore alle politiche della salute. “Ci sono due orientamenti estremi in quest’aula. Il diritto di critica, invocato da Mita e la critica delle armi, invocata da Palese. La sanità non è un sistema criminale che si governa solo con i Carabinieri. Ci sono situazioni di criticità economica e funzionale, ma da questo a fare di tutto un fascio ci passa. È necessario lavorare in una sede istituzionale come la terza commissione consiliare per elaborare strategie coerenti con lo sviluppo di potenzialità che sono già nel sistema ed evitare distorsioni, che ci sono pure. Bisogna cercare di indirizzare le asl con linee e indicazioni corrette, occorre regolamentare, c’è da fare un percorso serio, molte cose sono state fatte in Puglia, molte sono ancora da fare, con atti di governo ma anche condividendo linee e dati nella terza commissione. Uno sforzo tutti insieme di grande serietà e può darsi che riusciamo ad individuare elementi che non siano solo chiacchiere. Dobbiamo ragionare sui costi standard, che significa ragionare sul futuro della Puglia e non batterci a colpi di comunicati stampa. Le mozioni di sfiducia non facciano perdere di vista le vere priorità, che riguardano non solo la sanità, sui cui comunque c’è la mia disponibilità a fornire tutti i dati. Occorre affrontarle nelle sedi istituzionali opportune, tutte insieme,a partire dalla commissione consiliare”.

Giacomo Olivieri (Pd): “Io sono in disaccordo con il mio gruppo (il Pd). Mi asterrò da questa votazione perché io non ho compreso le modalità del rimpasto fatto in Giunta. Occorre fare chiarezza, presidente Vendola. Io auspico una sua ricandidatura per il 2010, ma occorre riconquistarla, dimostrando la svolta reale e discutendo con la coalizione”. (su.nap.)

Pietro Mita (PRC): “E’ evidente che oggi il dibattito si svolge in tono minore, perché nella relazione di Palese non mi pare siano emersi elementi di novità. Il centrodestra avrebbe fatto meglio ad ascoltare la proposta di Maniglio e ritirare la mozione. In quanto alla posizione di Rifondazione Comunista, mi sento di affermare che il mio gruppo, già il 13 luglio, ha assunto una posizione chiara: chi ha vissuto i primi passi di quella nuova stagione di rinascita della politica pugliese, ha il diritto di battersi perché la Giunta regionale ritorni all’impostazione originaria. La questione morale in Puglia è vivissima e non può essere usata come merce di scambio per una anticipazione della campagna elettorale. Mi pare che i provvedimenti dell’assessore Fiore vadano nella direzione giusta, perché è necessario incidere con l’arma della politica per zittire l’urlo di improbabili anime belle”.

da CorriereSalentino

Le intercettazioni di Berlusconi sui giornali di tutto il mondo

La pubblicazione di alcune intercettazioni riguardo le relazioni tra Silvio Berlusconi e alcune escort sono oggetto di attenzione della stampa di tutto il mondo, e chiudono dunque il periodo di relativa tregua coinciso col G8 dell’Aquila.

“Se Silvio Berlusconi pensava di essere riuscito a calmare le polemiche sui suoi rapporti con delle squillo”, incalza il Guardian, “ieri ha avuto una brutta sorpresa. Il settimanale L’Espresso ha infatti pubblicato le conversazioni private registrate dalla escort Patrizia D’Addario nella notte che ha passato con il premier”.

Seguono le trascrizioni delle intercettazioni, pubblicate anche dall’Independent, dal Times, dal Daily Telegraph, dall’Irish Independent, dal País, dalla Vanguardia e dalla Nación.

Altri link sull’Italia
Toto Riina, “la Bête”, parle, Le Monde
Vivre à Barcelone : une nouvelle passion italien, Le Monde

La scuola italiana

Dal Medio Oriente alla ex Jugoslavia, due storie di un’altra Italia raccontate da Amira Hass.
Una scuola fatta di vecchi pneumatici, terra e fango viene costruita in questi giorni da una tribù beduina tra le montagne di Gerusalemme e il deserto, sulla strada per Gerico. È bella ed ecologica, a differenza delle baracche dove vivono gli abitanti dopo l’espulsione da Israele nel 1948.

È anche molto economica: d’altra parte l’idea di usare i materiali disponibili sul posto nasce per aiutare le comunità povere di tutto il mondo. Complimenti all’architetto che ha ideato questa soluzione (chiamata earthship) e all’ong che sta lavorando con gli jahaleen. Sono entrambi italiani: l’architetto è Valerio Marazzi e l’ong è Vento di Terra.

Economiche, ecologiche, facili da costruire, fresche d’estate e calde d’inverno: che altro dire? Ah, sì, sono illegali. Cioè, sono illegali secondo i criteri dell’occupazione israeliana. Israele non include gli insediamenti beduini nel suo piano d’azione: solo le colonie ebraiche meritano di essere costruite e sviluppate. La possibilità di chiedere un permesso di costruzione negli insediamenti beduini non è prevista.

Di conseguenza non ci sono alloggi, scuole o ambulatori medici permanenti. Così le autorità hanno subito emesso un’ordinanza per interrompere i lavori della scuola italiana.

Brava gente
A proposito di legalità, ho un’altra storia italiana da raccontare. Nei primi anni quaranta, quando l’Italia occupava parti della Jugoslavia, la famiglia di mio zio – con pochi altri ebrei fortunati – fu deportata in Italia. Qui furono felici “prigionieri di guerra”: impararono la lingua e divennero amici degli abitanti di Asolo (il loro “carcere”). Finché con l’armistizio le truppe tedesche invasero il nord del paese.

A quel punto fuggirono verso sud. Alcuni si procurarono falsi documenti d’identità, ma avevano bisogno della firma del sindaco. Tre donne andarono da lui. “No, non posso farlo”, disse. Le tre donne impallidirono, ma l’uomo aggiunse: “Ma può farlo il vecchio sindaco”. Il vecchio sindaco, la cui firma falsa legalizzò le loro carte d’identità altrettanto false, era morto da un pezzo.

Amira Hass è una giornalista israeliana. Vive a Ramallah, in Cisgiordania e scrive per il quotidiano Ha’aretz (altri articoli di Amira Hass pubblicati da Internazionale).

da Internazionale

Inverno senza case, nemmeno provvisorie

Onna, 17 luglio, telecamere accese e obiettivi puntati su Silvio Berlusconi, affacciato alla finestra di una delle casette di legno in costruzione. Accanto a lui l'ingegner Manuela Manenti, responsabile della realizzazione dei Moduli abitativi provvisori (in una sigla map), che illustra al presidente del Consiglio le caratteristiche delle abitazioni: «Queste sono le case che i cittadini di Onna hanno scelto», spiega. Un uomo tra la folla si sbraccia e tenta di farsi sentire. È Antonio, cittadino onnese, nel sisma ha perso un figlio e la casa: «No, non è vero noi non abbiamo scelto proprio nulla. Avete fatto tutto voi!». Nessuno lo ascolta, viene allontanato “gentilmente” dai gorilla della scorta.
Paganica: all'inizio di maggio la squadra dei vigili del fuoco di Trento aveva cominciato i lavori. Erano i primi. In un campo poco sotto la frazione de L'Aquila già erano state messe in opera le prime piattaforme di cemento, meno di una decina ma i lavori procedevano spediti. Le prima casette sarebbero potute sorgere lì, inviate dalla provincia autonoma di Trento proprio a Paganica, gemellata con il comune di Pinzolo. Invece arrivò subito lo stop della Protezione civile: nel comune de L'Aquila niente iniziative, il pallino è tutto del Dicomac, la Direzione di comando e controllo: leggasi decide Bertolaso.
Le cento casette di legno trentine furono dirottate a Villa Sant'Angelo e, in parte, a San Demetrio. A tre mesi e mezzo dal sisma d'Abruzzo queste “villette”, come le chiama Berlusconi, devono ancora essere montate, mentre per le altre il bando per l'appalto è scaduto il primo luglio e si attende la stipula dei contratti. Ma il freddo da queste parti si fa sentire presto, gli aquilani lo sanno, e meglio di loro lo sanno gli abitanti dei comuni del cratere, situati a mezza costa sui versanti della valle come Poggio Picenze, San Pio delle Camere o Fossa. Fuori dalla ribalta mediatica del G8 e lontani, nella percezione comune, dai simboli del terremoto come Onna e Villa Sant'Angelo, attendono di portare a casa le loro nuove città, anche se provvisorie. Per loro nessuna corsia preferenziale, si passa dal Dicomac, tra avvisi, bandi di gara, appalti e autorizzazioni di esproprio.
I lavori per la “nuova Onna”, ancora citando il vocabolario presidenziale, sono iniziati invece da diverse settimane. Si prevede la consegna del villaggio, finanziato dalla Croce rossa e dalla provincia autonoma di Trento, entro la metà di settembre. I tempi saranno rispettati anche per quanto riguarda Villa Sant'Angelo. Tra il centro, quasi completamente raso al suolo, e il campo, sorgerà un nuovo nucleo di casette prefabbricate in legno, su diverse terrazze: 95 abitazioni con servizi e strutture accessorie compreso un polo di ricerca dell'Università de L'Aquila.
«Quelli non sono nemmeno da considerare – chiosa il sindaco di Fossa, Luigi Calvisi – siamo noi, i “comuni mortali” che adesso ce la passiamo peggio». Fossa attende 150 casette, il centro storico non è dei più colpiti ma comunque circa 400 persone avranno bisogno di un alloggio provvisorio prima che arrivi l'inverno. Per il piccolo comune si sono mobilitati il Friuli Venezia Giulia e l'Associazione nazionale alpini. «Io ancora attendo la firma sui decreti di esproprio – spiega Calvisi – se mi avessero dato il potere di espropriare l'avrei fatto subito, ma non mi posso muovere. Ho già tutto pronto, mercoledì arrivano dal Friuli con le ruspe per cominciare i lavori, ma ancora non c'è la firma della Protezione civile, di Bertolaso che ha accentrato tutto su di sé. È assurdo che a metà luglio ancora non si possa partire».
A Poggio Picenze, sulla direttrice che da L'Aquila porta a Popoli, sarà presentato questa settimana il bando per la costruzione delle platee, le basi delle casette, in un terreno già pronto per gli allacci di luce, acqua e gas. Il sindaco Nicola Menna decanta di fronte all'obbiettivo della telecamera l'intesa perfetta con la Protezione civile, soddisfatto per il prossimo inizio delle attività e pieno di fiducia nel rispetto dei tempi. Passeggiando e chiacchierando con l'assessore all'Urbanistica Mario Masci si scopre però che un piano, Poggio Picenze, l'aveva pronto già dalla fine di aprile. «Poche settimane dopo il terremoto la Edimo (il colosso internazionale dell'edilizia che ha sede proprio a Poggio Picenze, tra i vincitori dell'appalto per il progetto C.a.s.e., ndr) ci ha presentato il progetto per la sistemazione degli alloggi provvisori, ma la Protezione civile ci ha stoppato e ha preso tutto in mano». Risultato: a fine luglio ancora deve essere pubblicato il bando per le basi in cemento, realizzate le quali le imprese vincitrici potranno cominciare a montare gli alloggi. Facendo due calcoli, se a Onna i lavori sono partiti a metà giugno e i cittadini entreranno nelle case a fine settembre, che speranze ci sono per quei comuni che iniziano due mesi in ritardo?
L'appalto per la costruzione delle 1500 casette in legno necessarie ai 48 comuni del cratere (più 600 frutto di donazioni), esclusa L'Aquila, è scaduto il primo luglio. Sono state aperte le buste con le offerte e solo il 21, dopo tre settimane sono stati resi noti i vincitori. Nel contratto è specificato che la realizzazione dei moduli dovrà effettuarsi entro 30 giorni dalla firma del contratto per la prima metà e 60 per il cento per cento delle casette: ignota resta la data di inizio del “countdown”. Il tutto pregando che il meteo non faccia le bizze a fine agosto, quando cominciano le prime piogge, col risultato di allungare anche di molto i tempi per la consegna.
Salendo ancora si incontra San Pio delle Camere, 800 metri sul livello del mare, con la sua frazione, Castelnuovo, devastata dalla scossa: qui le case furono costruite con malta friabile come gesso e pietre. Non c'è quasi traccia di mattoni tra le onde di macerie che occupano la collina: il bilancio delle vittime si è fermato a cinque, per un puro caso. Se fosse stata la settimana di Pasqua sarebbe stata un'ecatombe. Il sindaco Gianni Costantini è anche lui alle prese con la burocrazia e le lungaggini dell'accentramento voluto dal governo. Mancano, secondo lui, le previsioni di spesa per redigere il bando per gli oneri di urbanizzazione, le infrastrutture come le fogne e l'allaccio delle utenze. La circostanza è smentita dall'ingegner Manenti, responsabile della Funzione Infrastrutture e strutture post-emergenziali della Di.Coma.C. : «Abbiamo inviato più di un mese fa la lettera a tutti i comuni del cratere indicando in 14mila euro i fondi disponibili per ciascuna abitazione. Il problema è che alcuni comuni si sono mossi come dovevano, altri ancora ci devono far pervenire il loro piano». Sta di fatto che a fine agosto, la sera qui già si gira col cappotto e, assicura Costantini, la prima neve arriva a settembre.
A rendere complessa la situazione c'è anche la distribuzione delle unità abitative: ogni comune ha diverse frazioni, ogni frazione un nucleo da gestire separatamente: «Abbiamo fatto centinaia di sopralluoghi per verificare la compatibilità dei siti scelti per gli insediamenti – spiega ancora la Manenti – siamo tornati più volte nello stesso paese, è stato un lavoro molto complicato». Un lavoro che, sono in molti a pensarlo (sindaci dei comuni, in primis) sarebbero stati velocizzati delegando alle istituzioni locali responsabilità come il diritto a espropriare, di scegliere le imprese costruttrici e i siti su cui costruire.
Sul ritardo nell'iter degli alloggi provvisori ha influito tanto la concentrazione di forze spesa per il G8 a Coppito, dove sono stati dirottati per molti giorni tantissime risorse umane e mezzi. Ma soprattutto la scelta del governo di costruire le “new town”, le palazzine su piattaforme antisismiche che stanno sorgendo nei 20 cantieri attorno alla città de L'Aquila, invece di portare rapidamente anche per i cittadini aquilani casette in legno, come quelle destinate agli altri comuni, e iniziare al più presto la ricostruzione della città, che i suoi abitanti vogliono che risorga dov'è.
Tempi lunghi anche per San Gregorio. La piccola frazione de L'Aquila il cui futuro è più che mai incerto. Servono 95 casette solo per i residenti nel centro storico. Altrettante ne servirebbero per gli inquilini delle case popolari, quasi totalmente inagibili, e che invece dovranno iscriversi alla graduatoria del progetto C.a.s.e.. Parlando con i rappresentanti della Onlus “San Gregorio rinasce” si scopre che sì, a settembre il campo si smonta, però non è prevista alcuna “San Gregorio due”. E allora l'alternativa sono gli hotel sulla costa. Per evitare questa eventualità il comitato ha raccolto le firme da presentare in comune per chiedere che siano costruite le casette in legno in un terreno poco distante dal borgo.
«Nessuno ci ascolta dai primi giorni dopo il terremoto – racconta Chiara Petrocco, rappresentante della frazione nella circoscrizione di Paganica – Cialente non l'abbiamo mai visto e io, già a maggio, minacciai di portare anche senza permesso le casette che ci offriva il Friuli Venezia Giulia, perché altrimenti non sappiamo dove andremo a stare. San Gregorio è stato il paese più colpito con una percentuale di abbattimento di oltre il 95 per cento, pari, se non superiore, a quella di Onna».
San Gregorio però non è Onna, simbolo del terremoto con i suoi 40 morti, verso la quale si è rivolta la maggior parte delle offerte di aiuto da tutta Italia. Trasformata in spot governativo e centro della campagna mediatica e sfruttata come passerella per i grandi della terra.

da Il Manifesto di Matteo Marini

La muta del serpente

da www.beppegrillo.it

C'è un serpente che si snoda per l'Italia. Un serpente di molte teste. Sta cambiando pelle. Quella che ha avuto fino ad ora non gli sta più bene. Dalla morte di Borsellino nessun magistrato è stato ucciso in Sicilia. Si possono trarre diverse conclusioni: o lo Stato ha sconfitto la mafia, o la mafia ha sconfitto lo Stato, o si sono messi d'accordo. La terza ipotesi è la più probabile.
Il papello, le condizioni proposte allo Stato dalla mafia, molte accettate nei fatti, è diventato forse insufficiente. Il figlio di Ciancimino parla come un canarino. Totò Riina, dopo tre lustri di isolamento manda messaggi a quelli che, per lui, sono i mandanti politici della morte di Borsellino. Lui sa i nomi e può dirli. Ha chiamato in causa Mancino, allora ministro degli Interni, lo smemorato di Collegno che non ricorda di aver incontrato Borsellino a Roma prima dell'attentato. Perché Riina lo ha fatto? Il processo Dell'Utri si concluderà nei prossimi mesi a Palermo. Il fondatore di Forza Italia è stato condannato a nove anni in primo grado per collegamenti con la mafia, l'appello potrebbe confermare la sentenza. Un nuovo soggetto politico sta nascendo: il Partito del Sud. Un partito autonomista siciliano è un vecchio pallino della mafia. Riappare ogni volta che i suoi protettori e i burattini politici al suo servizio non la garantiscono più. Il Pdl ha subito un tracollo di voti alle europee in Sicilia, una regione che gli regalò 61 seggi su 61 in una elezione politica. Da fare invidia a Ceaucescu. Nulla avviene per caso in quell'isola.
Ho ascoltato le conversazioni tra la D'Addario e Berlusconi. La mia impressione è che siano state preparate, studiate a tavolino. Riascoltatele, la D'Addario sembra recitare una parte. Non mi sembra verosimile che una escort rischi tutto, si metta contro il Sistema, per una concessione edilizia negata, per una promessa non mantenuta dello psiconano. Poteva vendere le registrazioni a qualunque cifra all'interessato, e non lo ha fatto. E' una supposizione, ma la D'Addario mi ricorda il cadavere di Salvo Lima usato contro Andreotti. Altri tempi. Per lo psiconano potrebbe essere sufficiente una prostituta. Un salvagente per Testa d'Asfalto è in arrivo. Si chiama Topo Gigio Veltroni che si è proposto come osservatore esterno all'Antimafia. Proporrà una supercàzzola al posto del papello e la mafia sarà sconfitta per sempre.

Gambia: dov'è il giornalista Ebrima?

Appena visto abbiamo deciso di pubblicare quest'appello al governo del Gambia per la liberazione del giornalista Ebrima B. Manneh.

Ebrima è stato arrestato in Gambia senza processo. "Chiediamo la sua immediata liberazione", è scritto in un appello del gruppo britannico di Amnesty International.

Oggi a Londra si è tenuta una manifestazione per la liberazione di Ebrima.

Come scritto su whereisebrima.org, "Ebrima B. Manneh è stato arrestato nel mese di luglio 2006 e da allora non c'è stata alcuna comunicazione al suo riguardo e non è stato processato, nonostante il fatto che un tribunale regionale dell'Africa occidentale abbia chiesto la sua liberazione".

da AfricaNews

Nelle notti a palazzo c’era anche il duce?

Nelle notti insonni a palazzo, tanto in argomento che non c’è bisogno di citarne il nome, c’era anche il duce.
Per le ospiti, in alternativa alla discoteca, una collezione di video del duce.
La notizia spunta fuori nelle “ultime 3 righe” di un articolo in Rete firmato dal direttore di un quotidiano nazionale.
Vi porgo il link dove nell’articolo leggerete già quanto sapete, ma quello che colpisce di più sono state le “ultime 3 righe“, dove si parla della collezione video del duce da far vedere però alle più intime delle feste.
Questo direttore fa una promessa. Leggerete prossimamente…
Quindi se si pensava alla tregua o ad una soft-estate, è doveroso pensare che l’estate sarà sicuramente “trash”.
Certo sapere che a palazzo si visionano i video della collezione inerente il duce sorge spontanea la domanda. Questa è l’anima vera che attraversa l’atmosfera a palazzo o forse c’è qualcosa di più?
Dal 1994 ad oggi, molti gli accenni di quest’anima che attraversa la politica italiana.
Ogni tanto un braccio destro alzato magari ministeriale, qualche comizio con addetti ai lavori e ascelle destre ben asciutte, forze nuove in giro per il paese ed ora anche a palazzo nelle notti insonni c’era anche lui.
Certamente le cose private sono private, ma il sapere che a palazzo c’è un premier che in alternativa alla discoteca, fa vedere alle ospiti più intime, la collezione di video del duce la domanda dovrebbe sorgere spontanea. Al governo c’è un rappresentante del dimenticato fascismo o forse c’è qualcosa di più?
Vi lascio al link del direttore di quel quotidiano che nelle ultime 3 righe informa della collezione video a palazzo.
Qualcuno dirà che è un giornale comunista e di sinistra. Può essere, oppure no!
Però chi penserà che questo quotidiano è di sinistra o comunista è doveroso pensare che forse lui è un fascista del terzo millennio e magari non se ne è mai accorto, se per caso la notizia non gli desse alcun fastidio!
A suon di digerire di tutto, poi tutto passa inosservato come le notti insonni a palazzo a videovisionare la collezione sul duce. Come il tricolore usato per altri usi. Come Venezia capitale della Padania o il Ministro Michela Vittoria Brambilla che si fa scappare, in coppia con il padre, un saluto decisamente romano.
Oppure, i milioni di morti della Seconda Guerra Mondiale di cui fra un pò non ne parlerà più nessuno e il celebrato Asse Roma-Berlino, magari era solo una folcloristica joint-venture culturale con scarsi risultati!
A risentirci quindi a Palazzo, per conoscere al meglio, non le notti insonni che sono cose private, ma per sapere qualcosa di più sulla collezione video relativa al duce e rispondere a tanti insoluti “perchè”.

Arrivederci e buona lettura, come di consueto si fa per dire, dal Vostro Cartapazio Bortollotti

da Reset-Italia

Vendola sferza il centrodestra:"Non potete darci lezioni di moralità"

Respinta la sfiducia. "Escort in lista e minacce subite in silenzio"
di Paolo Russo


«Non accettiamo lezioni di morale da chi candida le prostitute e non denuncia le aggressioni, anche fisiche, subite da un rampollo della propria coalizione». Forte delle intercettazioni pubblicate nei giorni scorsi da Repubblica, il governatore Vendola ha trasformato, con poche e taglienti parole, la mozione di sfiducia presentata dal centrodestra in un boomerang che ha travolto l´opposizione. E´ intervenuto subito, il presidente pugliese, all´inizio di un dibattito che, dopo il suo intervento, non aveva più ragione di esserci.
«Per via del totale fallimento della sua giunta riteniamo un atto dovuto la mozione di sfiducia nei suoi confronti». Con questa formula il capogruppo del Pdl Rocco Palese ha concluso la lettura del documento che, se approvato dal consiglio, avrebbe causato le immediate dimissioni del governatore. Ma Vendola ha ribaltato la situazione in pochi minuti: «Questa mozione - ha detto subito - mi ha molto tranquillizzato per le sue argomentazioni deboli e bizantine. Lei, presidente Palese mi accusa di opacità perché io ho sempre consigliato, a chi mi segnalava illeciti nella sanità, di denunciarle alla procura. Ma questa è la mia cultura della legalità. Mi chiedo, piuttosto quale sia la vostra. Perché presidente Palese lei non ha denunciato quell´esponente della sua coalizione che, come risulta dalle intercettazioni telefoniche, l´ha minacciata fisicamente? Questo è morale?», ha chiesto provocatoriamente Vendola citando le intercettazioni agli atti dell´inchiesta sulla sanità coordinata dal pm Roberto Rossi, in cui l´attuale capogruppo della Puglia prima di tutto, Tato Greco, minaccia esplicitamente Rocco Palese, dopo averlo incontrato per risolvere alcune "questioni di famiglia".

Si era conservato il colpo in canna Nichi Vendola. Dopo le settimane difficili trascorse a causa degli "schizzi di fango" che avevano lambito la sua giunta, non aveva detto una solo parola quando la direzione delle inchiesta sulla sanità aveva cambiato direzione, arrivando a lambire, in maniera ancora più marcata, i suoi avversari politici.

Ieri il governatore ha avuto modo di sfogarsi e, come mai aveva fatto fino ad ora, in aula ha tuonato: «Non accettiamo lezioni di moralità da chi in lista ha candidato delle prostitute», sono bastati questi due passaggi a mettere in imbarazzo la squadra consiliare del centrodestra che, con poca convinzione, aveva presentato la mozione di sfiducia. A volere questa mossa è stato il ministro Raffaele Fitto. Il Pdl ha obbedito. Ma, la pubblicazione delle intercettazioni di Tato Greco, avvenuta quando già la richiesta era stata formalizzata ha trasformato questa mossa in un autogol politico che - come ha ironizzato il capogruppo del Pd, Antonio Maniglio - è riuscito a ricompattare la maggioranza. Al punto da consentire a Nichi Vendola di lanciare già la sfida per le prossime regionali: «Non vedo l´ora di confrontarmi con voi nelle piazze e in tv sulle cose che ho fatto e su quelle che non ho fatto», ha mandato a dire al centrodestra.

Alla luce di questo dibattito, l´esito del voto sulla mozione del Pdl era scontato. Con 19 voti a favore, 39 contrari e tre astenuti l´aula ha bocciato la mozione di sfiducia presentata dal Pdl. Unica voce fuori dal coro, nella maggioranza, quella di Giacomo Olivieri. Il consigliere barese del Pd si è astenuto (insieme agli Udc Laurora e Scalera), "in polemica con le modalità di rimpasto della giunta".

Ma l´affondo personale del governatore ha suscitato la reazione veemente di Rocco Palese: «Il suo atteggiamento vergognoso conferma che gli schizzi di fango degli ultimi giorni erano organizzati. Non sembra una coincidenza se indagini su altri, vecchie, morte e sepolte, vengano rispolverate e pubblicate a puntate permettendo a Vendola si puntare il dito contro di noi per evitare di giustificare i suoi fallimenti».
(22 luglio 2009)

Paolo Borsellino. La sua morte fu opera di "menti raffinatissime"

Totò Riina e il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, danno credito all’ipotesi che l’attentato del 19 luglio 1992 non fu opera di Cosa Nostra. E le indagini ripartono.

Ora ci sono i suggelli più importanti. In primo luogo quello di Totò Riina che, con un vero colpo di teatro (i boss mafiosi, anche se non sono “tragediatori” come il capo dei capi, conoscono a menadito gli effetti scenici delle loro “uscite”), tramite il suo avvocato, ha prenotato paginate di quotidiani per dichiarazioni che nessuno avrebbe mai supposto potesse fare. “Sono stati loro” ha detto Totò dalla prigione a vita cui è stato inesorabilmente condannato per una vita spesa a massacrare cristiani e ad accumulare denaro. Si riferiva allo Stato, agli apparati deviati, insomma ai servizi segreti che ovviamente non agirono per se stessi ma per un’entità superiore che li guidò e che tuttora è perfettamente sconosciuta. Sarebbero stati loro, appunto, ad organizzare e realizzare l’attentato che avrebbe annientato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.

Il secondo suggello proviene ufficialmente dal procuratore capo di Caltanissetta, Sergio Lari, titolare delle indagini sul magistrato anti-mafia ucciso il 19 luglio del 1992, due mesi dopo la morte del suo amico fraterno Giovanni Falcone a Capaci. Oggi, in un’intervista a “Repubblica” ammette di aver ripreso il filo delle indagini su quella morte, perché ci sono nuovi elementi. Innanzitutto le confessioni di Gaspare Spatuzza, un collaboratore di giustizia che, afferma Sergio Lari, “ha dato la svolta alle indagini”. Attraverso “alcune acquisizioni processuali siamo in grado di fare una rilettura critica delle indagini precedenti”. Anche Totò Riina, secondo Lari, è consapevole che le indagini stiano ripartendo, assicura il procuratore, ed è per questo che avrebbe deciso di far emergere il suo pensiero: “È abbastanza chiaro – afferma Lari – che quel suo messaggio a mezzo stampa era diretto a noi, ai titolari delle indagini sulle stragi”. Poi il procuratore va diretto all’omicidio di Paolo Borsellino e conferma le peggiori ipotesi su quella tragica morte: “Una è questa: si pensa che Borsellino fosse venuto a conoscenza della trattativa e che si fosse messo di traverso. E, proprio per questo, sarebbe stato ucciso”. Il procuratore non esclude anche un’altra ipotesi: quella trattativa fra Stato e mafia sarebbe fallita ed allora lo stesso Riina avrebbe deciso di sterminare Borsellino e la sua scorta “allo scopo di costringere lo Stato a venire a patti”. Infine, l’ultimo mistero (per ora, perché di misteri, quando si parla di Cosa Nostra e Stato, ce ne sono stati sempre innumerevoli), quello dell’agenda rossa del giudice fatta sparire. Dice Lari: “Chi l’ha fatta sparire diciassette anni fa l’ha fatta sparire per non farla ritrovare mai più” perché, forse, in quella agenda vi erano appunti personali “sulla strage di Capaci e sul suo amico Giovanni Falcone” o “su quella trattativa che qualcuno voleva fare”.

Riina e il procuratore di Caltanissetta confermano quello che il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, ingegnere informatico, denuncia dal giorno dell’attentato. “Io non mi ero mai occupato di mafia e seguivo le indagini di mio fratello Paolo da lontano, senza capirci nulla” affermava Salvatore in uno dei numerosi incontri pubblici organizzati con gli studenti delle scuole nel mese di maggio, al quale aveva partecipato anche Gioacchino Genchi, il poliziotto esperto di tecniche informatiche di ricettazione e Sonia Alfano, la neo-deputata europea figlia di Beppe, il giornalista ucciso dalla mafia. “Ma la morte di Paolo mi ha risvegliato. Improvvisamente ho compreso che avrei dovuto spendere questa parte di vita nel denunciare il complotto dei servizi segreti che portò alla strage del 19 luglio del 1992”.

Secondo Salvatore Borsellino, infatti, l’uccisione di suo fratello fu organizzata dai servizi segreti e da un livello politico segreto per tacitare l’ostacolo più serio alla trattativa fra mafia e Stato che, proprio in quel periodo, apparati deviati stavano conducendo tramite Vito Ciancimino. Addirittura, ha affermato Salvatore Borsellino, il tritolo piazzato davanti alla casa della madre, fu azionato da un telecomando nel Castello di Utvegio, una antica residenza prospiciente la zona della strage e sede a disposizione dei servizi.

Nel suo modo mafioso, Riina avalla questa ipotesi. Le dichiarazioni del boss corleonese, paradossalmente, confermerebbero le ipotesi di Borsellino e dello stesso Gioacchino Gerghi che, proprio nell’incontro di maggio con gli studenti, ha fatto anche il nome di Bruno Contrada, secondo lui presente sul luogo della strage subito dopo lo scoppio dell’auto imbottita di tritolo.

E così le indagini sulla morte dell’amico fraterno di Giovanni Falcone si riaprono e questa volta sembrano aver imboccato una strada diversa da quella del mero “attentato di mafia”, una pista peraltro ipotizzata quasi da subito e avvalorata da un nugolo di indizi che però non vollero essere approfonditi. A Cosa Nostra forse non interessava uccidere anche Paolo Borsellino, dopo aver eliminato Falcone che, dal ministero della Giustizia – di cui era titolare Claudio Martelli – dirigeva l’istituzione delle procure distrettuali antimafia ed era dunque diventato ancora più pericoloso per l’organizzazione. Anzi, un’altra strage, dopo quella di Capaci, avrebbe provocato danni esiziali alla compagine criminale, come in effetti avvenne. E questo, per Cosa Nostra, è motivo più che valido per continuare a tenere in vita una persona, anche se si trattava di Paolo Borsellino.

da Indymedia di Furio De Felice

Nardò: focolai dolosi a Portoselvaggio

FIAMME di origini certamente dolose, ma tutto da capire il movente. È quanto accaduto ieri tra le 20 e la mezzanotte a ridosso di Portoselvaggio tra Via Cucchiara e via Madonna dell'Alto.
Non si trattava di una giornata particolarmente afosa ne particolarmente ventosa eppure ieri i vigili del fuoco hanno avuto il loro ben da fare per spegnere i diversi focolai che minacciavano seriamente il nostro gioiello verde . Se si tratti di un avvertimento non lo sappiamo, fatto sta che l'episodio ci fa salire in mente molti dubbi soprattutto se pensiamo che arriva proprio mentre Nardò guadagna la bandiera di legambiente come "bosco sicuro" e per di più nelle ore in cui il sindaco Antonio Vaglio sta per decidere le sorti dell' assessorato all'ambiente.

Rivolgiamo un appello a tutti: se vedete movimenti sospetti nei pressi di aree a rischio di incendi come appunto Portoselvaggio potete segnalarcelo, oppure avvisare le autorità competenti tempestivamente perchè di gente senza scrupoli come sapete ce ne è davvero troppa!

71 ANNI DALLE LEGGI RAZZIALI


Dopo 71 anni dalle leggi razziali antiebraiche approvate dal fascismo, con tutte le nefaste conseguenze che ne derivarono, l’Italia, per mano del suo attuale governo, ha approvato una legge pressoché identica contro gli immigrati.

C’è stato un tempo in cui l’Italia chiuse nei ghetti il rispetto per la vita umana, per la diversità, per l’umanità, condannando al dolore centinaia di migliaia di persone, che di lì a poco finirono gasate o arse nei forni dei campi di sterminio.
Sono passati 71 anni dalle leggi razziali che il governo fascista approvò contro gli ebrei, considerati inferiori, impuri, diversi e quindi nemici, da condannare senza alcuna remora.

Oggi, il governo dei postfascisti, guidato da un Capo tanto potente quanto cafone, il quale pensa di gestire il Paese alla stregua di una tenutaria di un antico bordello, la Storia tristemente si ripete, con forme più raffinate, studiate a tavolino per coprire con il silenzio il dolore assordante che irrompe dal cuore degli ultimi.
Il decreto sicurezza è legge, dopo l’approvazione nei due rami del parlamento, avvenuta a colpi di fiducia, così da scoraggiare eventuali dissidenti.
Così, tra i sorrisi sporchi dei leghisti sbucano fuori le misure razziste contro gli immigrati, capro espiatorio dei nostri tempi: reato di clandestinità, che produrrà dolore per tutti, specialmente per bimbi e famiglie, permesso di soggiorno a pagamento con tariffe proibitive, la regolarizzazione delle ronde, finite in mano ad un’organizzazione di estrema destra, la restrizione dell’istituto del ricongiungimento familiare, e altro ancora.
Ma basta il reato di clandestinità a riassumere tutto lo scempio umano che questo governo di razzisti ha scelto di compiere.

Qualcuno, all’interno della maggioranza, non ci sta e propone interventi di regolarizzazione almeno per colf e badanti (senza le quali il sistema assistenziale nelle famiglie esploderebbe), ma solo perché è utile a noi italiani, non di certo per una questione di angoscia per il destino di centinaia di migliaia di persone che vivono nel nostro Paese e per quello di altrettante che inevitabilmente cercheranno di raggiungerlo in ogni modo per trovare salvezza, aiuto, speranza.
Nessuna parola di condanna, di dissenso per delle misure che sono identiche alle leggi razziali, con cui condividono persino certe esasperazioni, come il divieto di matrimoni misti.
Chissà che non arriveremo oltre, negando agli immigrati l’accesso ai negozi, agli uffici e ai mezzi pubblici.
D’altra parte, c’è già stato qualche elemento della maggioranza parlamentare che ha avanzato una simile proposta. Questo esecutivo è il peggiore della storia repubblicana.
È quello che ha disintegrato l’immagine, anche un po’ stereotipata, dell’Italia solidale, accogliente, comprensiva nei confronti di chi compie percorsi speculari a quelli affrontati dai nostri antenati.

Un governo il cui indirizzo è di fatto stabilito dalla Lega, da quel nugolo di rozzi urlatori del Nord, rappresentanti di una parte della nazione che si considera superiore, pura e cresciuta con il proprio lavoro, dimenticando che sono stati gli immigrati, dal Sud Italia prima e dai Paesi extracomunitari poi, a faticare per realizzare il benessere del Settentrione.
Le camice verdi, che tra le proprie file annoverano persone “colte ed equilibrate” come l’ultras Salvini, il neonazista Borghezio e gli ex estremisti di sinistra Maroni e Bossi, compiono il loro disegno, intriso di propaganda e finalizzato a fabbricare schiavi a basso costo per gli amici imprenditori.
A difendere le loro scelte, oltre al duce “papi” Berlusconi ed ai suoi fedelissimi adepti, ci sono Daniele Capezzone, folgorato sulla via del potere e passato dalle battaglie libertine e radicali alla passione liberticida e conservatrice, Maurizio Gasparri, ex ministro del nulla e ora divenuto portavoce gracchiante del Pdl, Ignazio La Russa, che il famoso ed ipocrita “democraticamente” lo ha ormai riposto in un cassetto, Italo Bocchino e tanti altri.
Ad uscire dal coro è rimasto solo Gianfranco Fini, presidente della Camera, unico esponente della maggioranza ad alzare la voce contro la deriva razzista del governo.

Le sue continue prese di posizione, i suoi appelli a rispettare l’essere umano, al di là della sua situazione burocratica, cadono nel vuoto, senza trovare sponde nella sua maggioranza.
Anche il mondo della Chiesa ha preso posizione: non il Papa, non le alte gerarchie di Roma, bensì la Cei, la Caritas, il responsabile pontificio per l’immigrazione, tutti insieme hanno condannato una legge che porterà dolore e orrore, così come già hanno fatto (e continuano a fare) i respingimenti in Libia, altra terribile violazione dei diritti umani, altra tragedia condannata ad annegare nel silenzio e nella solitudine.
Una solitudine che avvolge gli immigrati e tutti coloro che vivono con loro, condividendone le angosce, le paure, le difficoltà, anche se nessuno di noi potrà mai realmente capire cosa si prova a vivere in uno Stato straniero, impossibilitati a tornare indietro, lavorando duramente per andare avanti e far sopravvivere la propria famiglia, accettando anche condizioni di lavoro e di vita sfavorevoli, ed essere per giunta additati come nemici, criminali, invasori, finendo addirittura in un pacchetto sicurezza insieme a mafiosi, stupratori, usurai, assassini.
Povera gente trattata come fossero belve feroci.

Bambini costretti per legge alla clandestinità, privati di cure e di istruzione, destinati ad una vita da latitanti senza colpa, se non quella di essere nati in Italia da genitori immigrati.
Il governo Berlusconi sta fomentando un massacro civile e sociale, silenzioso, taciuto dall’informazione di regime, destinato a chi è diverso, non migliore né peggiore, semplicemente diverso.
C’è chi già si prepara ad atti di disobbedienza civile, ad una battaglia durissima contro questo gruppo potente di aguzzini, sostenuti da una parte sempre più cospicua della popolazione italiana.
Una lotta in cui bisognerà mettersi in gioco, in cui sicuramente si sentirà la mano pesante dello Stato, pronto a colpire chiunque dissenta, chiunque si ponga nell’illegalità per il solo fatto di non rispettare una legge ingiusta, inaccettabile. In questa nazione senza popolo e piena di individui confusi in una massa informe e mutevole è davvero difficile sperare in un cambiamento, ma non si può fare a meno della speranza, perché è proprio quello che ci insegnano ogni giorno i nostri amici migranti.

Massimiliano Perna

da Indymedia

Pomodori: una ''ronda'' di sindacalisti sui campi dello sfruttamento

Si svolge dal 3 al 12 agosto l'iniziativa della Flai Cgil: una delegazione contatterà gli stagionali nei campi della Capitanata. 70 mila i braccianti coinvolti in Puglia, il 40% irregolari

In viaggio nelle campagne della Capitanata contro lo sfruttamento dei lavoratori stagionali in agricoltura. Si chiama «Rosso pomodoro, dal reality alla realtà», l’iniziativa promossa dalla Flai Cgil che vedrà dal 3 al 12 agosto circa 40, tra sindacalisti e delegati, girare le zone della provincia di Foggia, dove ogni anno, in questo periodo, riparte la raccolta dei pomodori.
«Le condizioni del lavoro agricolo sono un problema che riguarda tutti e il nostro obiettivo è quello di portare la legalità nelle situazioni dove sono evidenti forme di sfruttamento- sottolinea Salvatore Lo Balbo, segretario nazionale della Flai Cgil-. Pianificheremo la nostra presenza mattina per mattina, andremo nelle campagne a trovare i lavoratori in nero e contatteremo i datori di lavoro. Il nostro vuole essere un vero e proprio lavoro sindacale sul campo. Pensiamo, infatti che ci sia una sottovalutazione del problema. Molti italiani pensano che la questione degli stagionali sia più un reality che una realtà. Bisogna invece ritornare a un’etica nel produrre il pomodoro, uno degli ingredienti al centro della nostra cucina nazionale, che spesso ha alle spalle un retroterra di sudore e disgrazie».

Secondo Lo Balbo anche quest’anno la situazione dei braccianti agricoli in Puglia si manterrà stabile. «Costantemente in questa zona sono circa 70 mila i lavoratori stagionali. Una situazione che si porta dietro diversi problemi di legalità, come la clandestinità nel caso dei lavoratori stranieri- aggiunge il segretario della Flai Cgil-. Sappiamo già che dietro questa potente attività economica, che riguarda una materia prima fondamentale nella nostra cucina, ci saranno storie drammatiche di sfruttamento. E la stessa situazione si verificherà anche per la raccolta dell’uva da tavola e degli agrumi. È assurdo- continua Lo Balbo- che nel 2009 il lavoro agricolo continui a basarsi sull’ illegalità. Secondo le nostre stime sono irregolari circa il 40% dei braccianti che lavorano nei campi». Tra gli stagionali, rilevante rimane anche la presenza straniera. «Stime ufficiali non ce ne sono, ma sono molti, annualmente si arriva a toccare anche il mezzo milione solo in agricoltura- aggiunge- e in questo senso non si capisce perché il dibattito sollevato per le badanti, non possa valere anche per questi lavoratori che costituiscono una risorsa fondamentale per la nostra economia».

A livello territoriale la situazione non migliora neanche nelle altre regioni del centro sud. «Dal Lazio in giù le condizioni di lavoro sono più o meno le stesse. Qualche segno di miglioramento si vede nelle zone del nord-continua Lo Balbo-. Questo è dovuto alla mancanza di controlli e a un sistema ormai radicato. I datori di lavoro scelgono deliberatamente di non applicare le leggi, e questo rappresenta una mossa per loro vincente dal punto di vista del potere sociale. In questi casi non si può certo invocare la crisi del settore agricolo perché forme di sfruttamento vengono applicate anche per la produzione dei pomodori pachino, che pure costano tantissimo e sono molto richiesti sul mercato. Non è risparmiando sul costo del lavoro che si abbassa il prezzo dei pomodori».

www.redattoresociale.it
da Carta

Verso la soppressione del ministero dell’ambiente

Il decreto anti crisi appena approvato dalle commissioni finanze e bilancio della camera [domani va in aula con il voto di fiducia] azzera ogni ruolo del ministero dell’ambiente nell’iter di autorizzazione per la realizzazione di centrali elettriche e per le reti di distribuzione. E cancella gli enti locali, totalmente esautorati. C’è da giurare, come detto più volte, che il prossimo passo del governo sarà togliere le competenze in materia di energia alle Regioni: se non l’ha ancora fatto è perché è materia costituzionale. «Un provvedimento di inaudita gravità, inaccettabile per chi, in questa legislatura, ha sbloccato nel rispetto della normativa ambientale, in pochi mesi, centinaia di pratiche Via che paralizzavano la realizzazione di importanti opere per lo sviluppo del paese – dice la ministra Stefania Prestigiacomo, che si vede fortemente indebolire il dicastero che guida e quindi le sue prerogative – Né la legge obiettivo, né la recente normativa approvata nel gennaio 2009 sui commissari straordinari per le opere strategiche hanno mai escluso le tutele ambientali e della salute dei cittadini, imposte dal diritto comunitario, che invece, con questo articolo, passerebbero ad un unico soggetto che da solo, si pretende, dovrebbe sostituire le competenze dei 60 esperti della commissione Via-Vas, e dei 20 della commissione Aia nonché di professionalità capaci di coniugare tutela ambientale e sviluppo. Questa norma potrebbe perfino applicarsi alle centrali nucleari». E fa appello al suo governo affinché vengano apportate modifiche sostanziali all’articolo 4 del decreto anti crisi, che però, almeno nel passaggio di domani in aula, è blindato.

di Anna Pacilli da Carta