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sabato 25 luglio 2009

CRISI: VENDOLA, SOLDI AL NORD, PER NOI CONDANNA A MORTE


(AGI) - Bari, 24 lug.- "Oggi siamo di fronte ad un muro molto pesante: quello di chi ha deciso che i soldi devono andare al Nord che il partito unico della spesa debba essere la Lega Nord. Per noi e' una condanna a morte. Noi ci ribelliamo perche' il Sud e la Puglia vogliono vivere". Lo ha affermato il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, al termine di un incontro con i sindacati regionali per discutere sulle misure anticrisi in Puglia. "Abbiamo un Governo che sta per tagliare il fondo sanitario nazionale - ha aggiunto - che ha completamente definanziato i fondi per l'edilizia sanitaria fino al 2012, quell'edilizia sanitaria di cui ci sarebbe, in tutta Italia, e nel Sud in particolare, un disperato bisogno.
Insomma ci sono questioni che meritano davvero anche che si possa ascoltare dai territori del Sud una voce molto forte".
Secondo Vendola, "il Sud non vuole morire e noi, la Puglia, siamo la parte del Sud che e' diventata la locomotiva trainante, era la parte piu' arretrata e in pochi anni e' diventata la parte piu' dinamica e avanzata". " Ormai - ha concluso Vendola - c'e' una coscienza diffusa sul fatto che abbiamo saputo far sistema, che abbiamo imbroccato la marcia giusta di un modello di sviluppo differente, articolato, capace di incentivare la qualita' la ricerca l'innovazione, giovani talenti".

DACCI OGGI IL NOSTRO ABUSO QUOTIDIANO

Vista così, questa scuola sembra solo una graziosa scuola elementare: un bel prato verde, così tipico dell'Irlanda, graziose finestre dai profili rossi, insomma, quasi un disegno come quelli che si fanno da bambini.
Eppure quello che è accaduto per anni, per decenni, in questa e in altre scuole come questa, è l'incubo ricorrente di migliaia di bambini oggi adulti: abusi, violenze, umiliazione, stupri.E, come sempre, un muro di omertà e di silenzio assolutamente invalicabile, e di fatto invalicato, fino al 1998, anno in cui furono trasmesse due serie di documentari: Cara figliola e Stati di paura. Documentari sconvolgenti, che raccontavano gli abusi subiti dai bambini nelle Scuole Industriali rette dalle Suore della Misericordia e dai Fratelli Cristiani.

La cattolicissima Irlanda ne fu sconvolta, e si decise di istituire una Commissione governativa che indagasse l'operato delle Scuole Industriali. Si trattava di istituzioni pensate, all'inizio del XX secolo, per accogliere i bambini "reietti": orfani, figli illegittimi, piccoli abbandonati o colpevoli di piccoli reati spesso commessi per fame. Caritatevoli nelle intenzioni, di fatto furono piccoli campi di concentramento, dove i bambini e i ragazzi furono sfruttati, "pagandosi" la permanenza all'interno delle strutture con l'obbligo a lavori durissimi. Celebri divennero le Lavanderie della Maddalena, l'ultima delle quali fu chiusa nel 1996, gestite dalle Suore della Misericordia. La celebrità venne solo nel 2002, con il film di Peter Mullan, vincitore del Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, The Magdalene sister, mai trasmesso dalla televisione italiana e programmato in pochissime sale cinematografiche e per brevissimo tempo.
Dentro le mura di quei conventi passarono circa 30.000 ragazze, molte vi sono rimaste fino alla morte. Trattate come prigioniere, senza poter mai uscire, seviziate e umiliate nel corpo e nell'anima, mai pagate per un lavoro massacrante, fonte invece di buoni incassi per le religiose. A determinare la fine delle Magdalene, più che una presa di coscienza, fu l'invenzione e la diffusione della lavatrice.

"Esistiamo davvero, noi Maddalene, ci hanno cambiato nome, ma io sono Mary. Ho 70 anni e sono stata la prima a parlare nell'85, chiamavo i giornali, le radio, nessuno mi credeva. Dire male delle suore? Non si poteva, non nella cattolica Irlanda". Mary Norris è nata nel 1932 a Sneem nella contea di Kerry, da Daniel e Brigid Cronin che avevano una piccola fattoria e otto figli. Mary era la figlia più grande. Suo padre morì di cancro che lei aveva undici anni, l'ultima sorellina appena sei mesi. "A 16 anni per 12 centesimi mungevo le mucche, cucinavo, lavavo e pulivo. Una volta a settimana andavo al cinema, era la mia unica passione. Chiesi il permesso per andarci un'altra volta, ma la padrona disse no. Ci andai lo stesso." Mary nel 1950 smise di esistere. "Venni trasferita al Good Shepard a Cork. Lì dentro persi tutto: dignità, identità, nome. Non potevi parlare, dovevi solo pregare ad alta voce, lavorare e baciare i piedi della statua di Santa Maria Goretti. Il lavoro era duro: era una vera lavanderia. I panni venivano dagli ospedali, sporchi di sangue e noi non avevamo guanti. Le suore facevano una fortuna, noi neanche una lira. Sono stata lì per due anni, senza paga. Mi sono salvata grazie ad una zia che avevo in America e che continuava a chiedere mie notizie. Non vado più a messa e nemmeno le mie sorelle. Continuo a credere in Dio, ma non nella chiesa. Non voglio una cerimonia religiosa quando muoio, non l'ho voluta nemmeno quando mi sono sposata. Mi definisco cristiana, non cattolica. Devo credere. Perché chi ci ha rubato la vita non deve trovare il paradiso".

Ma le violenze sui minori nelle scuole irlandesi rette dai religiosi erano una prassi diffusa e consolidata. Non esistevano solo "le maddalene". Il rapporto della Commissione per gli Abusi sui Bambini, noto come Rapporto Ryan, in tutto cinque volumi redatti dopo nove anni di inchieste, ha accertato che i ministri della Chiesa incoraggiarono le violenze fisiche rituali e coprirono costantemente i religiosi pedofili appartenenti al loro ordine, mettendo in pratica la cultura della segretezza. La Commissione ha appurato che gli abusi sessuali erano un fatto endemico, negli istituti maschili, e che i vertici della Chiesa sapevano perfettamente quello che accadeva. Nelle scuole vigeva un regime severissimo, che imponeva una disciplina irragionevole ed oppressiva sia ai bambini che al personale.
Fu accertato, inoltre, che il Dipartimento governativo per l'Istruzione aveva ignorato o archiviato le denunce per abusi sessuali ed era stato assolutamente inadeguato nel rapportarsi coi bambini. Già negli anni '40 gli ispettori avevano fatto rapporto descivendo situazioni di bambini malnutriti o picchiati fino alla rottura delle ossa, ma non fu mai preso alcun provvedimento.

Ossa rotte, ferite sanguinanti, ustioni, occhi e orecchie menomati, erano comuni risultati dei metodi educativi messi in atto dai religiosi che avrebbero dovuto prendersi cura dei bambini.
"Due monache mi picchiarono ferocemente" si legge in una testimonianza contenuta nel Rapporto Ryan. "Gesù, fu terribile. Dopo, mi lasciarono tutta la notte nello stanzino delle scarpe, al freddo. Mi presero al mattino dopo e mi portarono in infermeria. Ero a pezzi e coperta di ematomi. La suora in infermeria esclamò "Mio Dio, dobbiamo portarla in ospedale!" Ma loro risposero "Assolutamente no!" E mi lasciarono lì."

"La suora mi prese per l'uniforme e mi tirò nella cucina", si legge in un'altra testimonianza. " Prese il matterello e mi colpì sedici volte sulle nocche delle mani. All'inizio non sentivo il dolore, perchè avevo le mani gelate. Allora lei disse: "Altri sedici sulla schiena". Poi sedici sulle gambe, e quando finì era tutta sudata. Quando provai a muovermi, collassai. Il dolore era così forte da piegarmi le ginocchia. Così la suora chiamò tre ragazze perchè mi portassero a letto. E lì rimasi per circa tre mesi. Avevo mani e gambe distrutte, ma neppure mi ingessarono. L'unica cosa che la suora mi disse fu di non aprir bocca, o avrei avuto di peggio. Così dovetti dire di aver avuto un incidente."

I racconti degli abusi sessuali, ad opera delle stesse suore, dei sacerdoti e del personale, sono raccapriccianti: cronache di un inferno che non si riesce a mettere in parole.
E ai ragazzi non andava certo meglio, anzi. Le punizioni e le violenze non erano solo tese all'umiliazione e all'annichilimento ma spesso erano inferte in pubblico, con azioni dimostrative che avevano lo scopo di terrorizzare chi vi assisteva. Gli abusi sessuali erano pratica quotidiana.

Shane Harrison, corrispondente a Dublino della BBC ha intervistato Thomas Wall, un orfano di Limerick, inviato in una scuola gestita dalla Congregazione dei Fratelli Cristiani quando aveva appena tre anni. "Da quando avevo otto anni fui abusato da un Fratello Cristiano, nell'istituto di Glin" ricorda. "Era pericoloso essere simpatico a qualcuno di loro, perchè si diventava un obiettivo. Non c'era modo di evitarlo, di sottrarsi... ci tenevano a propria disposizione 24 ore al giorno."

Tom Hayes, un altro ragazzo di Limerick spedito nello stesso istituto, racconta di essere stato abusato sessualmente non dai Fratelli Cristiani ma dai ragazzi più grandi che supervisionavano i dormitori tutte le notti. "Era comune essere svegliato di notte da persone che abusavano di noi. Se si cercava di informare i Fratelli Cristiani degli abusi subiti si veniva prima picchiati dai Fratelli stessi, poi minacciati dai ragazzi che fungevano da supervisori."

Thomas Wall deve solo guardarsi allo specchio per vedere le prove delle violenze subite dai Fratelli Cristiani.

"Ho una cicatrice in fronte, me la fece in classe uno dei Fratelli Cristiani. Il sangue schizzava, così dovetti andare in infermeria. Incontrai il Superiore, anche lui un Fratello Cristiano, che mi interrogò su quello che era accaduto per far uscire fuori dai gangheri così il suo collega. Gli dissi che non avevo fatto assolutamente nulla. E lui fece altrettanto: non fece assolutamente nulla."

Le ferite di Thomas non sono solo fisiche ma anche psicologiche. "Per me è impossibile stabilire rapporti con altre persone, fidarmi di loro, persino stabilire relazioni sentimentali. Mi hanno danneggiato in maniera irreparabile, per la vita."

Molte delle vittime degli abusi hanno perso la fede nella Chiesa cattolica. "Io sono cristiano ma non cattolico" afferma Tom Hayes. "Ho lasciato la fede nella Chiesa cattolica ai cancelli della scuola."

Fortemente criticati dal Vaticano, tanto The Magdalene Sister quanto Cara figliola e Stati di paura trovano oggi conferma nel Rapporto Ryan. La Commissione ha raccolto per nove anni le testimonianze angoscianti di uomini e donne ancora traumatizzati che hanno dimostrato oltre ogni dubbio che l'intero sistema istituzionale trattava i bambini più come detenuti e schiavi che non come persone con i propri diritti e il proprio potenziale umano.

"Le scuole erano improntate al rigido controllo e la disciplina era basata sulle punizioni fisiche e sulla paura di tali punizioni" affermano i testimoni. "La durezza del regime si tramandava, nella cultura delle scuole, tra le generazioni di frati, preti e monache che si susseguivano. Era un metodo sistematico, non messo in atto da individui isolati che abusavano del proprio potere oltre i confini legali e accettabili. Gli eccessi di punizioni generavano la paura, e le autorità scolastiche ritenevano che la paura fosse essenziale per il mantenimento dell'ordine."

Il Rapporto Ryan svela come neppure gli ispettori statali furono in grado di fermare gli abusi, le violenze, gli stupri e le umiliazioni. Tuttavia, le scoperte della Commissione per gli Abusi sui Bambini non porteranno a denunce formali, poichè la Congregazione dei Fratelli Cristiani nel 2004 chiamò in giudizio la Commissione stessa affinché nessuno dei nomi dei suoi membri, vivo o morto, fosse svelato nel rapporto.

Jhon Walsh, dell'Associazione dei Sopravvissuti agli Abusi, ha dichiarato di sentirsi tradito ed ingannato dalla mancanza di accuse formali. Nel documento finale non appaiono i veri nomi, né delle vittime né degli abusatori. "Se avessi saputo che questo sarebbe stato il risultato, non avrei mai riaperto le mie vecchie ferite" ha dichiarato Walsh. "Il fatto che non ci saranno procedimenti penali né accertamenti di responsabilità mi ha devastato e devasterà la maggior parte delle vittime."

Fino ai primi anni 90, furono 35.000 i bambini inseriti in una rete di riformatori, scuole industriali e case di lavoro. Più di 2500 di essi denunciarono alla Commissione gli abusi fisici e sessuali subiti.

da Micromega

Condannati all'inferno

Respinti verso la Libia anche se erano rifugiati. E poi sottoposti a violenze. Il governo italiano sotto accusa

Ci sono le prove. Foto e testimonianze che dimostrano come l'Italia il 30 giugno scorso abbia negato l'asilo a rifugiati eritrei, stremati dalla fame e dalla sete. Tutti respinti. Pur sapendo che si trattava di profughi con il diritto di entrare. E invece no. Gli 82 disperati, fra cui donne e bambini, sono stati rispediti in Libia, in aperta violazione della Convenzione di Ginevra: nessuna identificazione, maltrattamenti, confisca dei beni, consegnati poi alle autorità libiche. Soldi e documenti di cui non si sa più nulla. Ora sono tutti rinchiusi nelle carceri attorno a Tripoli, a pane e acqua, dove la polizia di Gheddafi picchia e tortura. E un'ombra inquietante si allunga sul governo Berlusconi, dopo l'ennesimo respingimento di un barcone al largo di Lampedusa.

Le organizzazioni internazionali, dall'Unhcr, l'Agenzia Onu per i rifugiati, al Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati sotto il patrocinio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite, hanno denunciato la linea dura del Viminale e mosso accuse per i diritti negati. Ma i ministri Ignazio La Russa e Andrea Ronchi hanno risposto con veemenza, stigmatizzandole come "avventate, false, demagogiche, offensive e ripugnanti". E pretendendo scuse.

Quegli addebiti trovano, invece, conferma. Sia nelle immagini scattate ai profughi sbarcati in Libia, sia nelle testimonianze dirette raccolte da 'L'espresso' anche fra i prigionieri trasferiti nei centri di detenzione, da Tripoli a Bengasi. Dove stupri, sevizie e botte sono la quotidianità.

Sulla prassi non rispettata restano pochi dubbi: "Non risulta che le autorità italiane abbiano cercato di stabilire la nazionalità", ripete l'Unhcr. Come invece deve essere fatto, stando alle convenzioni internazionali sull'obbligo di 'non respingimento'. E c'è di più. L'Italia non avrebbe avuto nemmeno bisogno di effettuare quei controlli. I nostri militari sapevano da prima dello sbarco chi c'era a bordo della carretta del mare. "Profughi in fuga dalla dittatura eritrea, con donne e bambini, alcuni dei quali sono morti durante il viaggio e qualcuno ha gettato in mare", riferisce la parente di uno di quei disperati. Bene, è stata proprio lei, cittadina eritrea in Italia da 20 anni, a contattare la Capitaneria di porto, quello stesso pomeriggio verso le 15.30, pochi minuti dopo avere ricevuto un Sos dal barcone. "Hanno rischiato di affondare e morire tutti. L'ho detto subito ai militari", racconta. "Dopo la mia chiamata sono seguite 5 o 6 telefonate fra me e un capitano della Marina, molto gentile, al quale ho fornito tutti i dettagli. E ho specificato che a bordo c'erano dei rifugiati. Ho fornito addirittura il numero di cellulare del mio parente, per ogni verifica".

Esistono poi le fotografie, in mano al Cir, dello sbarco dei rifugiati in Libia. Sono le prime immagini che provano i respingimenti di profughi con diritto d'asilo da parte dell'Italia. Sono parecchie. Sfuocate. Ma volti e dettagli appaiono sufficientemente chiari. Una mostra un giovane ferito alla testa. Ha una vistosa benda bianca. È uno dei sei eritrei che hanno denunciato l'uso della forza da parte della nostra Marina e hanno avuto bisogno di cure mediche. Un'accusa pesante, "l'utilizzo di bastoni elettrici", conferma il Cir, durante il trasbordo sulla motovedetta. Eccolo ritratto. Certo anche il respingimento di donne e i bambini, assieme al gruppo. E ritratti in un'altra foto dopo l'arrivo in Libia.

Ai profughi sono stati confiscati soldi ed effetti personali: 600 dollari a uno, 400 a un altro e così via. L'elenco è lungo. Cellulari, agende telefoniche, carte d'identità. A un ragazzo è stata sottratta la tessera della Croce rossa. La numero 037871. E ancora le foto dei familiari. Via anche la Bibbia, a chi l'aveva con sé. Cancellati tutti i legami, quel rimasuglio di vita che resisteva. La risposta del governo è che questi soldi e questi oggetti sono stati imbustati e consegnati ai libici. Ma nei centri di detenzione non ce n'è traccia. "Riteniamo il racconto di queste persone credibile", afferma Cristopher Hein, direttore del Cir. "E il loro non è nemmeno l'ultimo barcone rifiutato. Ce n'è stato un altro il 4 luglio e i centri sono sovraffollati". Dal 7 maggio, quando sono cominciati i respingimenti italiani, circa 350 eritrei sono stati rifiutati senza controlli. Eppure il governo non ha avviato verifiche su tutto questo, limitandosi a una "dettagliata informativa sul respingimento", spiegano alla Difesa. Nemmeno alle due lettere dell'Unhcr che chiedeva accertamenti, datate 2 e 7 luglio, è seguita risposta.

Gli eritrei respinti verso l'inferno, una volta sbarcati, fanno tutti la stessa fine. Incarcerati e smistati fra Tripoli, Bengasi, Misurata, Zuwarah e Zawia. I mudin sanno che l'Italia li rifiuta e cercano di guadagnarci due volte, all'andata e al ritorno, costringendoli a telefonare a parenti all'estero e farsi spedire altri soldi. È grazie a uno di quei satellitari 'concessi' e poi usati per le estorsioni a distanza che 'L'espresso' ha potuto contattare i prigionieri. Raccontano che dentro il capannone arroventato dal sole sono rinchiusi in 800. "Ci sono 30 bambini, alcuni molto piccoli. Ancora nessuno è morto, ma fra poco succederà. Ci sono 150 malati gravi, non riescono più a muoversi. E non ci sono medicine". Attorno violenza e malattie: "Abbiamo due bagni per tutti, senza l'acqua. Ci tirano il pane e c'è la rissa per mangiarne un po', una volta al giorno. Ci danno acqua o the senza zucchero al mattino e a volte di notte".

In quelle condizioni la vita non vale niente. "Ci picchiano anche con i bastoni elettrici", denuncia. Torture, ustioni sui volti, sul corpo, sulle braccia. I segni dei mozziconi di sigaretta spenti sulla pelle umana. Disidratazione, feci dappertutto, puzzo di urina. In quella prigione, come nelle altre, le donne incinte non sanno chi sia il padre dei loro figli. Stuprate da tre o quattro per volta. "C'è uno Stato intero che ci tortura", urlano disperati da Bengasi. Qualcuno ha tentato il suicidio. La morte è meglio di quell'orrore. Per loro Libia significa l'inferno, mentre l'Italia gli era stata prospettata come un paese libero e democratico. Ma non è più così: "Vi prego ascoltateci, moriremo tutti e uccideranno anche i bambini".

Il governo ripete che sono tutte accuse "inammissibili" e "ripugnanti". Eppure il diritto internazionale che vieta all'Italia di respingere i rifugiati, anche se non sono sbarcati, è regolarmente violato. È il prezzo degli accordi fra Gheddafi e Berlusconi: tutti indietro. Nell'inferno da cui cercano di fuggire.

da L'Espresso di Tommaso Cerno

Il palestinese Maged Al Molky è desaparecidos da quando è stato espulso dall'Italia - Una allarmata e allarmante lettera della moglie

Buongiorno, sono Carla Biano moglie di Maged Al Molky.
Sto scrivendo sia per spiegare quanto è avvenuto dal momento del suo rilascio dal carcere di Palermo (questo per dare un' idea di quanto è successo) ma ancor più perchè di Maged non si hanno più notizie dalle 2.45 di domenica 28 giugno.
Domenica 28 giugno alle 2.45 di mattina, Maged mi ha telefonato. Era da poco arrivato, accompagnato da due poliziotti italiani, all' aeroporto di Damasco. Nessuno lo stava aspettando ed un poliziotto dell' ufficio aeroportuale gli ha chiesto chi era, perchè era stato espulso, ect. Gli ha poi detto che avrebbe dovuto aspettare fino alle 8/9 del mattino che sarebbero venuti dei funzionari dell' immigrazione a prelevarlo per vagliare la sua posizione. Maged mi ha detto che quella sarebbe stata l' ultima telefonata che poteva fare e che, appena poteva mi avrebbe richiamata. Da quel momento non l' ho più sentito ed il suo cellulare è sempre spento.
Cosa gli è successo? Dov' è? E' ancora vivo?

Maged ha pagato con 23 anni ed 8 mesi di carcere. Senza aver abbuonato neppure un giorno. Per lui c' è stata la tanto declamata certezza della pena. L' unica cosa che voleva era rifarsi una vita, stare accanto a me, sua moglie, lavorare. Insomma...tutto quanto può fare una persona "normale".
Voleva reinserirsi nella società.
Invece... l' incubo è iniziato il 27 aprile quando è stato scarcerato per fine pena (aveva ottenuto gli ultimi 6 mesi di liberazione anticipata per buona condotta). Dal carcere di Palermo, l' Ucciardone, (dove ha passato gli ultimi 2 anni e mezzo) è stato portato alla questura dove gli hanno notificato l' espulsione in quanto...clandestino. Ha spiegato che non era clandestino, che era appena uscito dal carcere dopo 23 anni ed 8 mesi, che nel 1985 non c' era la legge sulla clandestinità, che era sposato con una cittadina italiana e che, in sentenza, aveva 3 anni di libertà vigilata da scontare.
E' stato portato al cpt di Trapani. Da lì, tramite il suo avvocato, ha fatto ricorso contro l' espulsione (con le motivazioni dette prima) e l' udienza si è tenuta il 16 giugno. Il magistrato ha detto che avrebbe fatto sapere la sua decisione entro il 25/26 giugno, Intanto passavano i giorni senza che a Maged dicessero qualcosa. Il 28 giugno, alla mezzanotte, sarebbe scaduto il termine per rimanere al cpt. I funzionari del cpt gli dicevano che, se il magistrato non rispondeva, gli avrebbero notificato un foglio di via con il quale sarebbe dovuto uscire dall'Italia entro 5 giorni.
Si è attivata la rappresentanza palestinese a Roma offrendogli la possibilità di andare in Algeria. Lui l' ha esclusa questa possibilità perchè diceva che, avendo sposato una cittadina italiana, voleva rimanere e lavorare in Italia.
Solo una settimana prima dell' espulsione, Maged ha saputo, tramite funzionari del cpt, che la Siria aveva risposto, ancor una volta, che non era suo cittadino e che non poteva entrare in territorio siriano. Eh già, da dieci anni la Siria, a tutte le richieste fatte (anche per avere il nulla osta per il matrimonio) dalle autorità (magistrati, direttore del carcere, assistenti sociali, ministero della giustizia) ha sempre risposto ufficiosamente (perchè per scritto non ha mai mandato nulla) che non era cittadino siriano.
Perchè quindi la Siria, nel giro di pochi giorni, ha cambiato idea? Cosa le è stato promesso in cambio?
Fatto sta che è stato fatto tutto di nascosto (gli stessi funzionari del cpt di Trapani sono rimasti esterrefatti). Alle 15.00 del 27 giugno Maged è stato prelevato e portato all' aeroporto di Palermo e da lì a Fiumicino. Nel frattempo sono stati avvisati i giornalisti che l' hanno contattato per sapere cosa stava succedendo. Una giornalista (mi pare dell' ansa di Genova) ha telefonato al ministero il quale spudoratamente ha risposto che era solo un cambio di cpt e che sarebbe stato portato al cpt di Roma. Perchè tutto di nascosto, falsando le cose? Tutto fatto di sabato con gli uffici chiusi per cui non si potuto avvertire neanche la rappresentanza palestinese. Alle 19.00 Maged mi telefona per l' ultima volta da Roma dicendomi che da quel momento non poteva più telefonare perchè gli portavano via il cellulare. Appena glielo ridavano mi avrebbe richiamata.
E' partito da Fiumicino alle 22/22.30 accompagnato da due poliziotti italiani. Arrivato a Damasco mi ha telefonato, alle 2.45. Da quel momento.....è sparito. L' hanno fatto sparire!!
Ritengo che il governo italiano, il ministero dell' interno, quello della giustizia, hanno fortissime responsabilità. Ritengo ci sia stata una violazione di tutte le leggi, anche quelle internazionali; espulso ancor prima che un magistrato emettesse la sua sentenza, sentenza di una corte d' assise violata (aveva ancora 3 anni di libertà vigilata da scontare), espulso in un paese dove (essendo alcuni reati commessi sull'Achille Lauro avvenuti in acque territoriali siriane) può essere riprocessato e condannato a morte nonostante sia già stato condannato dall' Italia e nonostante abbia passato 23 anni ed 8 mesi in carcere.
Quali garanzie ha dato la Siria all' Italia sull' incolumità di Maged? L' Italia gliele ha chieste queste garanzie?

Per quel che mi riguarda, posso pensare di tutto, dall' essere stato incarcerato come sequestrato fino all' essere stato ammazzato.
L'unica cosa certa è che Maged, dal momento che è arrivato in Siria l'hanno fatto sparire.
L'Italia è promotrice della moratoria sulla pena di morte eppure non si è fatta scrupoli, ignorando tutte le leggi, nel mandare un uomo in un Paese dove le garanzie dei diritti non ci sono e dove vige la pena di morte.
Maged aveva ragione: è stato usato come merce di scambio e che importa se gli vengono negati tutti i diritti, se può essere torturato o ammazzato!

Biano Carla

da Indymedia

Usa. Decisione storica in California: Oakland tassa la vendita di marijuana

Oakland, in California, e' la prima citta' degli Stati Uniti ad aver detto si' alla tassazione della marijuana per scopi terapeutici. A grande maggioranza il Consiglio Comunale ha votato affinche' le quattro farmacie cittadine autorizzate alla vendita della sostanza debbano pagare una tassa dell'1,8% sugli incassi lordi: il che vuol dire 18 dollari per ogni 1.000 dollari di marijuana venduti.
Alla Oaksterdam University, dove lo studio della marijuana a scopi medici fa parte delle materie d'insegnamento, sono stati in molti a festeggiare con sigarette alla cannabis e spinelli di marijuana.
Secondo i leader della associazioni pro-cannabis, la tassa sulla marijuana sara' un toccasana per le casse comunali.
'Oakland si trova in una situazione di pesante deficit economico e noi siamo felici di poter dare il nostro contributo', ha affermato Steve De Angelo, uno dei fornitori autorizzati.
Al contrario, gli oppositori ritengono che la tassazione della marijuana mandi un messaggio sbagliato alla comunita', il primo passo verso una sua definitiva legalizzazione. 'Far pagare le tasse su una droga illegale per lo Stato federale e' inaccettabile - ha dichiarato Paul Chabot della coalizione per la California Libera dalle Droghe - Mai, neppure nei tempi peggiori, ci si dovrebbe rivolgere alle sostanze illegali'.

da Indymedia

“Se ne parla in tutto il mondo” In Italia è ritornato il fascismo?

La notizia delle registrazioni della D’Addario e Berlusconi ha fatto il giro dei siti, giornali e tv di tutto il mondo.
Ma non da noi…Con le parziali eccezioni di Tg3 e Skytg24, i telegiornali italiani hanno ignorato la notizia.
Oppure l’hanno nascosta abilmente con un servizio “bulgaro”, come ha fatto martedì sera il Tg5.
Una storia di censura o c’è qualcosa di più? Forse Artemio, astutilla e compagnia “billa” ci possono aiutare a risolvere il quesito? Nell’attesa vi porgo il link ove leggere che tutto il mondo ne parla eccetto il Nostro Paese.
Un evidente caso non solo di censura, ma di evidente “fascismo”, quel fascismo che la maggioranza al governo indora e traveste da “democrazia” e Certi Italiani non se ne accorgono perchè plagiati dal “Grande Seduttore”.
Magari questa è una storia a parte per i signori “innamorati” di Silvio Berlusconi e del suo carrozzone politico. Tanto innamorati che non vedono che stiamo vivendo “il fascismo del Terzo Millennio”.
La Videocrazia a base di veline, grandifratelli, maurizicostanzi, mariedefilippi, striscielenotizie, emilifede, elisedarivombrosa, ivezanicchioklprezzoègiusto, e tutta quella marea di spazzatura mediatica che da oltre 25 anni inonda la mente degli italiani e li ha resi dipendenti da questa immane droga che è la televisione!
Arrivederci al prossimo post semprechè questa Videocrazia ci lasci la Libertà di esprimerci in Rete.
In caso contrario, gli alberti, le astutille e gli artemio “saranno molto felici”.
Ma anche questa è una storia a parte e fa parte della Rete. A buon intenditor poche parole!
Semprechè l’intenditor non sia duro di comprendonio come il Cavalier a Palazzo!
Duro di comprendonio non nel senso del duro, ma nel senso che “non ci arriva”.
Ma questa magari è una storia a parte della Rete. Quella Rete dove esiste la Democrazia ed i signori fascismi di tutte le varie sfumature colorate hanno vita scomoda perchè l’educazione sul web regna sovrana!
Regna sovrana per chi la ama. Per gli Altri Italiani esiste solo “l’imposizione”.
Ma anche questa è una storia a parte che riporta alle dittature delle maggioranze!
Quelle dittature che hanno sconvolto il mondo e creato due guerre mondiali.
Magari anche queste “sono due storie a parte” di cui parleremo nelle prossime puntate, semprechè lo si possa fare in Libertà. Ed anche questa è una storia a parte. Quella Libertà per cui milioni di persone sono morte!
Tanto “morte” che sembra che nessuno se ne ricordi più. Ma anche questa per Certi Italiani forse è “una storia fascista a parte”. Arrivederci, sempre sperando in Libertà, dal Vostro affezionato Cartapazio Bortollotti.

di Cartapazio Bortollotti da Reset-Italia

Università, più fondi alle migliori - Tagli per 27 atenei «sotto gli standard» (ecco la classifica)

(da corriere.it) Ricerca, progetti, processi formativi tra i criteri di valutazione. Per la prima volta in Italia applicato un criterio di qualità nella distribuzione dei fondi. I primi tre atenei in classifica: Trento e i Politecnici di Milano e Torino

MILANO - L’Università di Trento, i Politecnici di Milano e di Torino sono i tre migliori atenei italiani. Quelli che, secondo il ministero, hanno i maggiori standard qualitativi. E per questo verranno premiati. Anzi, il premio è già stato assegnato dal ministro Mariastella Gelmini. Per la prima volta in Italia, infatti, il ministero ha distribuito una parte dei fondi destinati alle Università sulla base di nuovi criteri di valutazione della qualità. Il 7% del Fondo di finanziamento ordinario, cioè 525 milioni di euro, è stato assegnato in base alla qualità della ricerca e della didattica degli atenei. In particolare i due terzi di questo fondo sono stati assegnati in base alla qualità della ricerca, un terzo in base alla qualità della didattica. E la classifica, che ha fatto da base a questa divisione dei fondi, certamente farà discutere (leggi la graduatoria del ministero). Perchè se c'è chi ottiene più fondi, ci sono anche atenei che, di conseguenza ne riceveranno di meno. E nella prima graduatoria sono ben 27 le università che avranno un «taglio» di fondi perché secondo la valutazione «non hanno gli standard qualitativi previsti».

ECCELLENZE - Il provvedimento, firmato oggi dal ministro Mariastella Gelmini, avvia quindi un nuovo sistema di valutazione delle Università italiane. L'intenzione del ministero e del governo è di premiare gli atenei più «virtuosi». Quali eccellenze sono state rilevate nelle università premiate? Trento, per esempio, secondo il provvedimento ministeriale, pur essendo un piccolo ateneo, è riuscito meglio di ogni altro a intercettare, attraverso propri progetti, i finanziamenti europei. I politecnici di Milano e Torino, invece, hanno conseguito risultati importanti su didattica, ricerca, capacità di autofinanziarsi, buone valutazioni degli studenti, processi formativi positivi (numero di docenti adeguato in rapporto al numero degli studenti), presenza di molti progetti assegnati dal Programma Nazionale di Ricerca.


PROMOSSI E BOCCIATI - Diversi gli atenei del Centro-Sud promossi: Roma “Tor Vergata”, l’Università di Chieti e Pescara, l’Università della Calabria, l’Università Politecnica delle Marche, l’Ateneo della Tuscia, il Politecnico di Bari e l’Università del Sannio di Benevento. Ma è anche vero che tra i 27 bocciati che avranno meno fondi ci sono soltanto tre atenei del Nord (Brescia, Parma e Iuav Venezia): le altre 24 università con giudizio negativo sono tutte al Centro o al Sud. E ci sono anche atenei di rilievo, come per esempio La Sapienza di Roma. Ma quanto vale la «promozione» in termini di finanziamenti? In particolare Trento ottiene 6 milioni in più, il Politecnico di Milano 8, Bologna 5, Padova 4. A Foggia, penultima in classifica, invece viene tolto 1 milione di euro, mentre Macerata, ultima, avrà un «taglio» di 1 milione 130mila euro. Dal 29 luglio i dati e le valutazioni saranno pubblicate sul sito del Ministero. L’erogazione dei finanziamenti del 7% alle Università di Trieste, Firenze e Siena è stata sospesa in attesa della presentazione di un piano finanziario di risanamento dei bilanci che attualmente risultano in rosso.

da Uniriot