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mercoledì 5 agosto 2009

I SOMMERSI E I SALVATI - 3° PARTE

In barba alle leggi e con estrema discrezione, (non volevamo andare allo zoo a vedere le scimmie) ci siamo resi conto di persona della situazione disumana in cui vivono da circa 2 mesi nel campo.
La solitudine, nella quale come Movimento ci siamo ritrovati, si è trasformata in collaborazione attiva.
Rifondazione Comunista e Costruire Insieme sono stati i primi ad appoggiare l’iniziativa umanitaria che volevamo avviare nella tendopoli terzomondista neretina.
Rifondazione Comunista, dopo essere stata presente al tavolo della sinistra, sentendo quali erano gli obbiettivi posti in quell’occasione da alcuni componenti del Movimento per la Sinistra, con la collaborazione di Italia dei Valori, nella persona di Mina Leuzzi, assieme ad un cameraman di una televisione locale, sono intervenuti nel campo per girare qualche immagine per un documentario sulla condizione dei lavoratori extracomunitari stagionali di Nardò.
Quale poteva essere la situazione nel campo subito dopo quelle piogge torrenziali che hanno afflitto il salento ad inizio estate???
Qualcosa di indescrivibile ! Solo chi è andato sul posto si è reso conto della sofferenza e della precarietà in cui vivevano e vivono queste persone abbandonate da Dio e dagli uomini.
Voglio precisare che chi scrive non è andato in quei giorni di pioggia nella tendopoli.
Sono venuto a conoscenza di quelle situazioni grazie ai racconti dei compagni di rifondazione. Cartoni inutilizzabili, quei pochi materassi pieni zeppi di acqua, canaletti nel terreno per far convogliare l’acqua nella campagna aperta e non sotto gli alberi dove “soggiornavano”, vestiti bagnati, addirittura due ragazzi colpiti da un fulmine, uno a terra con la gamba bloccata e l’altro con una ferita sul torace. All’inizio le notizie che avevamo sulle cure rilasciate al pronto soccorso ai due ragazzi colpiti dal fulmine erano un pò confuse, in seguito siamo venuti a conoscenza del fatto che le cinque ore spese in ospedale sono servite per una serie di accertamenti che escludevano qualsiasi complicazione.
Anche Costruire Insieme ci ha dato una grossa mano sia sotto il profilo economico che umano. I componenti si sono mostrati disponibilissimi a collaborare mettendo a disposizione un recipiente di acqua da 200 litri e un medico, il dott. Rocco Luci, il quale si è recato sul campo più volte per verificare la situazione reale.
Vorrei ringraziare il dott. Luci per la sua professionalità e disponibilità. Non tutti i dottori, per fortuna, pensano solo ai beni materiali, alle cose inutili della vita.
Grazie ancora perché in questi giorni ci ha riconfermato la sua disponibilità, in qualsiasi ora del giorno o della notte, ad intervenire sul posto.
Quotidianamente ci rechiamo sul campo per portare dai 500 ai 900L di acqua, farmaci (quegli che possono essere somministrati a tutti, per il resto ci sono le strutture ospedaliere), vestiti e scarpe.
Intorno alla fine di luglio siamo andati a parlare con suor Giosuè Perrone al Vernaleone per sapere se la Caritas stava preparando un programma di accoglienza, la risposta è stata negativa in quanto ci sono solo tre suore che gestiscono una baraonda impazzita di bambini. Non potendo prendere alcune decisione senza interpellare i superiori, ci hanno detto chiaramente che la Caritas non aveva in programma nessun progetto di accoglienza e che, per saperne di più, bisognava rivolgersi alla sede centrale che si trova a Galatone.
A parlare con Don Camillo De Lazzari (spero di non aver sbagliato nome), responsabile della Caritas della diocesi Nardò-Gallipoli, sono andati i compagni di Rifondazione, Angelina,Totò ed Edy.
Devo fare una critica alla Caritas; non doveva aspettare la sollecitazione di nessuno. E’ un problema che si ripresenta ogni anno e non credo che non si possa affrontare in un modo diverso e lontano dall’emergenza.
Da poche settimane, al gruppo già costituito si sono aggiunti per intervenire e darci una mano nella tendopoli la Caritas (finalmente) e i Giovani Democratici (ancora finalmente) che a detta del segretario, erano all’oscuro della situazione di invivibilità nel campo.
Per la cronaca, l’ingresso dei Giovani Democratici ha creato un po’ di malumori, in quella sinistra ormai vecchia e che per Nardò non ha fatto mai niente. Le forze critiche di sinistra sono bene accette se vogliamo veramente cambiare qualcosa. Basta puntarci il dito, ognuno con la propria identità e con le proprie ideologie ma, nel momento in cui si deve fare qualcosa, bisogna essere tutti uniti e tendere verso un unico obbiettivo (non tutti gli accordi devono essere fatti per recuperare voti qua e là).

L’autunno caldo di Berlusconi: non solo escort, ma anche la mafia

Quali saranno le conseguenze degli scandali di questi mesi sulla stabilità della leadership di Berlusconi, nel suo partito e nel paese? Il settimanale statunitense The Nation sostiene che i principali problemi ai danni del presidente del consiglio italiano rischiano di arrivare non dallo scandalo sessuale che lo ha coinvolto, ma dalla riapertura dell’inchiesta sulla morte del giudice Paolo Borsellino.

“Anche se i fatti sono ancora poco chiari e l’intera verità non verrà mai a galla, è noto che il nome di Berlusconi è stato collegato alle trattative tra Cosa nostra e il governo italiano negli anni 1992 e 1993, mentre i due giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino venivano uccisi in attentati e lo scandalo delle tangenti travolgeva i due maggiori partiti di governo”.

“Secondo un ex mafioso, il nome di Berlusconi appare su un documento stilato da un boss della mafia durante queste negoziazioni segrete. Se il documento dovesse risultare autentico, sarebbe plausibile quindi ipotizzare che Berlusconi fosse un interlocutore della mafia durante quella stagione sanguinosa”. Uno scenario impressionante che farebbe sembrare nulla le registrazioni con Patrizia D’Addario. “C’è di peggio che fare l’attempato Don Giovanni”.

Il Guardian invece si sofferma su come l’indebolimento della leadership di Berlusconi abbia portato in questi giorni alla formazione di un fronte ribelle, interno al suo partito, che chiede maggiore attenzione per il meridione.

“Berlusconi è riuscito a neutralizzare le proteste usando una strategia di gran moda tra i premier italiani: stanziare altri soldi per il Mezzogiorno. Ma la velocità con cui il caso è rientrato non deve farci perdere di vista due fatti che potrebbero portare a conseguenze imprevedibili durante l’autunno”.

“Primo: si è trattato della prima rivolta interna che Berlusconi ha affrontato nel suo partito. Secondo: gli scandali non hanno compromesso la sua leadership, ma di certo l’hanno indebolita. E forse non è una coincidenza che il ministro delle finanze, Giulio Tremonti, intervistato sulla possibilità di essere il successore di Berlusconi, abbia risposto che ’sarebbe difficile succedere a una persona così straordinaria’. Non si tratta esattamente di un no”.

da Internazionale

"NO AL PONTE" ARRESTATO UN MANIFESTANTE PERCHE' CONTESTAVA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ALFANO

FASCI DI STATO

L’ultima inchiesta sulla strage di Piazza della Loggia è partita in un altro anniversario, il 28 maggio del 1997. La prima istruttoria, nel 1979, aveva portato alla condanna all’ergastolo di Ermanno Buzzi, mente 10 anni e 6 mesi furono comminati ad Angelino Papa. Sarebbero loro gli esecutori materiali della strage. In appello, nel 1982, tutti gli imputati sono assolti. Ma Buzzi, principale accusato, nell’aprile del 1981 viene ucciso nel carcere di Novara da due detenuti neofascisti, Mario Tuti (oggi in regime di semilibertà) e Pierluigi Concutelli, ex capo di Ordine Nuovo. Altre persone coinvolte nell’inchiesta, come testi e come indagati, moriranno prima della fine del processo. Pierluigi Pagliaia viene ferito mortalmente dopo il suo “arresto” a La Paz; Piero Iotti perde la vita in un incidente stradale. Mentre il Sid aiuta Luciano Bernardelli a fuggire tra le braccia dei colonnelli greci. La cassazione, ad ogni modo, nel 1983 annulla la sentenza di secondo grado che aveva scagionato completamente gli imputati e dispone l’invio degli atti alla corte di assise di Venezia per un nuovo processo.

La seconda istruttoria viene aperta a seguito delle rivelazioni di alcuni pentiti. È il 1985 quando Ivano Dongiovanni, detenuto per reati comuni, svela il contenuto di confidenze avute da Angelo Izzo (lo stupratore e massacratore del Circeo) e Valerio Viccei (suo compagno di cella) in ordine all’ambiente dell’estrema destra. Il teste ritratterà poi le accuse, sostenendo che le “confidenze” erano voluti depistaggi orditi dagli stessi Viccei e Izzo. La terza istruttoria sviluppa le indagini relative ai fatti per i quali era stato disposto uno stralcio dell’inchiesta. Si indaga sulle responsabilità di Giancarlo Rognoni, Luciano Berardelli, Fabrizio Zani, Mariliza Macchi, Marco Ballan, Guido Lecconi. Il tutto si conclude nel 1990 con la dichiarazione di “non luogo a procedere”.

La svolta nelle indagini arriva nel 1997, con le rivelazioni di Carlo Digilio e Martino Siciliano e, successivamente, il contributo di Marzio Tramonte. E che riguardano anche le “stragi gemelle” di Milano (in piazza Fontana e alla questura). Nomi di spicco dell’inchiesta sono quelli di Delfo Zorzi, manager emigrato in Giappone, e di Carlo Maria Maggi, medico veneziano, anch’egli esponente di Ordine Nuovo nel Veneto. L’inchiesta mira anche a chiarire il ruolo di Pino Rauti (fondatore di Ordine Nuovo, poi a capo del Msi quindi della Fiamma Tricolore) e del generale Francesco Delfino, lo stesso che fece arrestare il mafioso Balduccio Di Maggio (il “grande accusatore” di Andreotti) e implicato nel sequestro Soffiantini, durante il quale pretese e ottenne dalla famiglia dell’imprenditore lombardo oltre un miliardo di lire per un interessamento rivelatosi poi inesistente.

Oggi Zorzi è diventato cittadino giapponese, e all’anagrafe risulta col nome di Roi Hagen, che in tedesco suona come “croce uncinata” (ma Hagen è anche l’eroe che nei canti dei nibelunghi si fa uccidere piuttosto che rilevare i suoi segreti). Antica passione per la svastica e per la mitologia pagana. Tecnicamente l’estradazione in Italia per l’imputato Zorzi è impossibile. L’unica strada passerebbe per la revoca della cittadinanza e quindi dell’espulsione dal paese nipponico. Per fare questo ci vorrebbe una forte pressione del governo italiano, che non c’è mai stata fino ad oggi. A sollevare ulteriori ombre sulla dorata latitanza del terrorista nero ci ha pensato un’inchiesta de L’Espresso, che ha scoperto un giro d’affari legato ad una rete di società e negozi tra Milano, Roma e il Veneto. Con giri di denaro sospetti.

Nel capoluogo lombardo, nella centralissima Galleria Vittorio Emanuele, di fianco al negozio di Biffi, c’è la griffe Oxus, marchio che riconduce all’ex esponente di Ordine Nuovo. Il negozio, che vende costosissime borsette, è stato anche oggetto di una manifestazione antifascista qualche mese fa. Dagli uffici di Tokyo, il cittadino giapponese “croce uncinata” controlla una serie di società legate all’import-export, ai duty free, all’alta moda. Da buon miliardario ha scelto di vivere nel lussuosissimo quartiere di Ayoama. Per il giornalista Alessandro Gilioli il segreto dei contatti da Zorzi e l’Italia è custodito nelle stanze della Gru.P. Italia, azienda di pelletteria con uffici proprio a Milano e Roma, formalmente controllata da società anonime con sedi in Svizzera, Lussemburgo, nell’isola di Mann e nelle isole Vergini. All’oggetto societario c’è la produzione di borse, appunto col marchio Oxus, ma è anche licenziataria di griffe più famose, quali Laura Biagiotti, Soprani, Venturi.

Al negozio meneghino si affianca la boutique vicino Piazza Fiume a Roma quelle nelle zone d’origine di Zorzi, in Veneto, precisamente a Conegliano e Pordenone. Curioso, sottolinea L’Espresso, come l’unico negozio all’estero si trovi a Bogotà, in Colombia, capitale non particolarmente nota per i marchi della moda. In compenso la Colombia è diventata la patria adottiva di Martino Siciliano, il pentito che prima aveva accusato Zorzi delle stragi e poi aveva ritrattato dietro compenso. Ad amministrare quasi tutte le società italiane della Zorzi connection è Daniela Parmigiani, pare in gioventù fidanzata del terrorista accusato della strage di Brescia. A seguire l’azienda anche i figli di Zorzi, che studiano in Gran Bretagna, e spesso la stessa moglie giapponese, che ogni tanto fa scalo in Italia.

Le società italiane di pelletteria e di import-export collegabili al giro d'affari che farebbe capo a Delfo Zorzi sono diverse e tutte protette da fiduciari. La più importante, come detto, è la Gruppo pelle italia (o Gru.p. Italia), il cui 99 per cento formalmente appartiene alla Poltec International SA, società di copertura con sede in Lussemburgo rappresentata da tale Marc Koeune. Gli azionisti della Poltec sono altre due società off-shore, la Dhoo Glass Services, che ha sede sull'isola di Mann, e la Morville Services Limited delle isole Vergini britanniche. Il restante uno per cento della Gru.p. Italia è invece intestato a Daniela Parmigiani, amministratrice dell'azienda.

A Zorzi non mancano, nonostante il trentennio di latitanza, anche amici in altre aziende del settore: come Paolo Giachini, un marchigiano oggi cinquantacinquenne, vicino a Zorzi tanto nella militanza di estrema destra quanto nel lavoro (anche lui commerciava in pellami). Giachini è uno dei pochi che, parlando con L'espresso, ammette di aver fatto affari "con aziende di Zorzi tra cui Gru.p. Italia", e quindi rivela che - almeno nel suo ambiente - i reali rapporti tra l'azienda di Milano e l'ex ordinovista non erano un mistero. Tra l'altro Giachini è noto per essere l'uomo che nella sua casa di Roma ospita agli arresti domiciliari Erich Priebke, l'ex ufficiale tedesco corresponsabile della strage delle Fosse Ardeatine.

Strani intrecci davvero, quelli tra il commercio della pelletteria e il vecchio giro fascista. Legami che hanno del resto origini assai lontane. Anche Massimiliano Fachini, il neonazista veneto esperto di esplosivi condannato per associazione sovversiva e banda armata, faceva affari internazionali con capi di cuoio e borse. E nell'ambito delle indagini sulla strage di piazza Fontana è emerso che Delfo Zorzi nascondeva un esplosivo, la gelignite, proprio in un laboratorio di pelletteria di famiglia, sulla strada tra Spinea e Mirano, sempre nel mestrino. Tutti particolari che all'epoca delle inchieste sulle stragi erano sembrati di relativa importanza, ma che oggi possono gettare una luce diversa sulla storia e sugli affari di un ex terrorista che custodisce tanti segreti.

Come se non bastasse la dorata latitanza e nonostante le lunghe ombre sulla sua attività imprenditoriale, Zorzi è stato anche oggetto di particolari affettuose attenzioni a Palazzo Marino, sede dell’amministrazione cittadina milanese. I locali del negozio Oxus in Galleria Vittorio Emanuele appartengono infatti al Comune, e sono stati dati in concessione fino a tutto il 2007, per un canone mensile di 3.500 euro, assai inferiore ai valori di mercato riscontrabili nella zona. Ad inaugurare il negozio, tra l’altro, guarda caso il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, ex missino ed oggi in AN.

da Indymedia

INFLUENZA A: CONTAGIO TOTALE RIGUARDERA' DUE MILIARDI

Due miliardi di persone nel mondo. Potrebbe essere di queste dimensioni il contagio totale dovuto alla pandemia di nuova influenza. La conferma arriva dalla portavoce dell'Organizzazione mondiale della sanità a Ginevra, in una giornata segnata anche da un ulteriore elemento di allerta: al confine tra Usa e Messico sono stati segnalati alcuni casi di resistenza ai farmaci antivirali tra persone infettate dal virus A/H1N1. Intanto, continua a salire a livello mondiale il numero dei contagiati, mentre i primi casi di decesso si sono registrati anche in Olanda e Vietnam. - OMS, CONTAGIO TOTALE COLPIRA' 2 MLD DI PERSONE: Il contagio totale della pandemia di influenza A potrebbe arrivare a coinvolgere due miliardi di persone. Lo ha ribadito oggi la portavoce dell'Oms Aphaluck Bhatiasevi a Ginevra durante un incontro con la stampa. Per la fine della pandemia, si stima che dal 15% al 45% della popolazione potrà essere stata infettata dal virus. Il 30% è una stima media e il 30% della popolazione mondiale è pari a due miliardi.

- CASI RESISTENZA A TAMIFLU AL CONFINE USA-MESSICO: Casi di resistenza al Tamiflu, principale antivirale utilizzato contro l'influenza A/H1N1, sono stati registrati vicino alla frontiera tra gli Stati Uniti e il Messico. Lo ha reso noto l'Organizzazione panamericana della sanità (Ops). I casi sono stati osservati in particolare a El Paso e vicino a McAllen, in Texas. Le persone su cui è stata scoperta la resistenza attraversavano frequentemente la frontiera tra Usa e Messico e assumevano l'antivirale come forma di automedicazione. Altri sporadici casi erano stati finora osservati in Canada, Danimarca, Giappone e a Hong Kong.

- REZZA (ISS), NO ALLARME PER RESISTENZA ANTIVIRALI: "La situazione è sotto controllo, si tratta di piccole mutazioni che avvengono in territori circoscritti e che non destano preoccupazione", ha affermato Gianni Rezza, virologo dell'Istituto superiore di sanità(ISS). Gli esperti, comunque, ribadiscono la necessità di un utilizzo corretto degli antivirali: "Vanno presi solo ed esclusivamente dopo consiglio medico e mai in via preventiva perché rischiano in questo caso di diventare addirittura nocivi", spiega Rezza.

- ECDC, 5395 NUOVI CASI, PRIMI DECESSI IN OLANDA E VIETNAM: Sono 5395 i nuovi casi di influenza A registrati nel mondo nelle ultime 24 ore. Lo rende noto l'European Centre for disease prevention and control (ECDC) nel bollettino quotidiano spiegando che in Europa i nuovi contagi sono stati 515. L'Agenzia conferma inoltre il primo decesso in Olanda, un ragazzo di 17 anni, mentre i casi di contagio in Italia restano fermi a quota 975. Anche il Vietnam ha registrato oggi il primo caso mortale di influenza A: si tratta di una donna di 29 anni. Ed una donna di 35 anni affetta dal virus H1N1 è morta oggi all'ospedale Josep Trueta di Girona, in Catalogna, facendo così salire ad 8 il numero di decessi registrati in Spagna per l'influenza A. In totale gli ammalati di influenza A sono 193.574 con 1.362 vittime accertate.

www.ansa.it
daIndymedia

La sinistra e il "buco" dell'Acquedotto pugliese


Riccardo Petrella, professore in Belgio presso all'università di Lovanio, presidente del Contratto mondiale per l'acqua, era stato nominato nel luglio del 2005 alla guida dell'acquedotto pugliese dal governatore Nichi Vendola, che lo definì «una delle più autorevoli e importanti figure mondiali nella lotta in difesa del bene pubblico e del diritto universale all'acqua». L'accordo tra i due si è poi rotto nel dicembre del 2006, quando Petrella rassegnò le dimissioni, segnando il divorzio tra il movimento per l'acqua pubblica e la giunta pugliese che sull'acqua bene comune aveva costruito la campagna elettorale del 2005.
Professore, ricostruiamo questa storia dal principio.
Nell'aprile del 2005 Nichi Vendola, attraverso Pietro Folena, mi chiama per dire se ero interessato a prendere la presidenza dell'Acquedotto pugliese per realizzare il progetto di cui si parlava anche con lui da alcuni mesi: renderlo di nuovo pubblico. Significava non solo rivedere lo statuto giuridico dell'impresa Aqp che era diventata nel frattempo una società per azioni (a partire dal 1999, su iniziativa del governo D'Alema). Si trattava di cambiare lo statuto dell'impresa concessionaria a cui era stata delegata la funzione di gestire l'acquedotto pugliese. La ripubblicizzazione significava - e forse questo era l'aspetto più importante - modificare la politica di gestione delle acque nel senso di orientarla verso la realizzazione del diritto all'acqua per tutti, ovvero i 50 litri minimi al giorno che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità sono necessari per ogni persona. Bisognava però avere una politica dell'acqua come bene comune, portare quindi un'attenzione particolare alla politica del risparmio, concentrandosi sulla gestione del territorio affinché le risorse idriche non siano messe a stress, nel senso che non siano degradate sul piano qualitativo, che non siano contaminate. E infine la ripubblicizzazione significava applicare una gestione di tipo democratico con la partecipazione dei cittadini alle grandi scelte e ai grandi orientamenti della gestione delle risorse idriche della Puglia.
E com'è andata? Che cosa non ha funzionato?
Aspetti. Questo che le ho detto era il nostro progetto e il nostro accordo. All'epoca Vendola confermava che la sua intenzione era di fare dell'Acquedotto pugliese un esempio. E nelle sue volate retoriche - che sono molto frequenti - aveva detto che l'Acquedotto pugliese sarebbe diventato l'accademia dell'acqua pubblica. L'accademia nazionale ed anche internazionale della pratica dell'acqua come bene comune. Questo era il senso della ripubblicizzazione.
E invece su quali punti c'è stata una divergenza con la giunta Vendola?
Il conflitto è intervenuto sul problema del diritto all'acqua. È vero che la legislazione nazionale - ancora vigente e che negli ultimi tempi è diventata anche più restrittiva - non permette a nessun operatore, a nessun gestore, pubblico o privato, di applicare una tariffa che assicuri i 50 litri giornalieri ad ogni persona senza domanda di corrispettivo e con i costi a carico della fiscalità generale. La legislazione non permette questo, perché ogni operatore deve erogare l'acqua imponendo una tariffa che è normalizzata a livello nazionale. Però quello che potevamo tentare di fare era introdurre una tariffa sociale, in modo tale che i cittadini effettivamente avrebbero goduto dei 50 litri gratuiti. Su questo punto Vendola ha esitato e non l'ha fatto, non l'ha accettato.
Forse era un problema di costi?
Per i primi due anni questa scelta avrebbe implicato una spesa di 1 o 2 milioni di euro. E non mi sembra un costo eccessivo. Da un punto di vista simbolico e politico un costo di 1 o 2 milioni per questa operazione, sinceramente, valeva la pena.
C'era poi la questione della forma societaria degli Acquedotti pugliesi...
Una Spa è dal punto di vista giuridico un soggetto di diritto privato, anche se è a capitale interamente pubblico. Per alcune forze politiche - anche della sinistra radicale - il fatto che fosse possibile esercitare una forma di controllo politico sulla società la faceva considerare come una forma di società pubblica. Quindi nel caso dell'Acquedotto pugliese - con capitale interamente pubblico dove la regione esercita un controllo - si diceva che non doveva essere ripubblicizzato perché era già pubblico. Vendola ed io fin dall'inizio, però, la pensavamo differentemente. Una società per azioni, infatti, ha una funzione sociale che è quella di fare profitto. La legge Galli poi diceva che la gestione dell'acqua doveva essere ispirata ad un principio di efficienza economica, ovvero con un rendimento.
Un problema quindi di orientamento generale?
Non solo, fu un dissidio molto concreto. Quando proponevo il diritto all'acqua - i 50 litri al giorno garantiti - mi si rispondeva: 'Presidente, lei non può fare questo perché toglie denaro all'impresa'. Con la Spa questo controllo non c'è. Così quando il pubblico si dà strumenti di azione di natura privata, in realtà, privatizza un pezzo del settore pubblico. E allora, piano piano, Vendola ha cominciato a nicchiare, a trovare delle difficoltà, a mandare le cose per le lunghe. Molte volte una decisione veniva presa dopo 3 o 4 mesi. Questo fu un punto di conflitto.
Ci furono altre occasioni di scontro?
Un caso concreto fu l'adesione alla Federutility, che è - per capirci - la Confindustria delle società che si occupano di servizi come l'acqua, i rifiuti, il gas. Io cercai di far uscire Acquedotti pugliesi da Federutility senza successo.
Considerando che fu D'Alema l'artefice della privatizzazione dell'acquedotto pugliese, ci saranno state delle pressioni dei Ds su Vendola.
Dobbiamo sempre ricordarci che l'Acquedotto pugliese è stato e rimane una delle principali - se non la principale - impresa pugliese per occupazione e fatturato. A parte gli interessi che sappiamo che esistono, che a volte possono essere anche interessi legittimi, la difficoltà fu soprattutto culturale, politica e ideologica. La cultura politica della gestione dei servizi pubblici della sinistra moderata è impregnata di privatizzazione e liberalizzazione. Certe scelte sono state bloccate dalla sinistra moderata e da quella parte della sinistra radicale che è stata influenzata dai Ds. Vendola sulla questione della Federutility non ha potuto far niente.
Un problema, quindi, di alleanze?
La maggioranza delle forze politiche del centrosinistra in Puglia aderiva al modello culturale della mercificazione dell'acqua, pur facendo discorsi e affermando principi sulla ripubblicizzazione. Per loro il pubblico fa una gestione pubblica quando crea le condizioni affinché i servizi vadano nella direzione dell'efficienza economica, ovvero nella direzione di attività economiche pubbliche che rendono un profitto e aperte alle logiche di mercato. Questa adesione apparentemente modernizzante è la base del fallimento del progetto di ripubblicizzazione dell'acqua in Puglia.

di Andrea Palladino da Il Manifesto

ROBERTO VECCHIONI CANTA FABRIZIO DE ANDRE' - LA GUERRA DI PIERO & GIROTONDO

Percolato a Corigliano. Allarme in tutto il Salento



La pericolosa sostanza rinvenuta nell'area della discarica di Corigliano d'Otranto minaccia la falda acquifera. Le associazioni hanno chiesto lo stop dei lavori di costruzione, nello stesso sito, di una nuova discarica Percolato disperso in un tratto della parete sud della vecchia discarica di Corigliano d'Otranto. Un liquido altamente pericoloso per l'ambiente e la salute che minaccia l'acqua della falda profonda. E' la scoperta sconcertante dei giorni scorsi. Una scoperta che non fa dormire sonni tranquilli. Soprattutto perché la falda acquifera di Corigliano fornisce la stragrande maggioranza dell'acqua dell'Acquedotto pugliese per la Provincia di Lecce; ciò significa che in quella zona pozzi artesiani prelevano l'acqua utilizzata ad uso potabile nella rete dell'acquedotto salentino.
E mentre dal consorzio Cogeam, che sta realizzando la seconda discarica di servizio nell'area di Masseria Scomunica, assicurano che la pericolosa sostanza non proviene dai rifiuti accumulati fuori dal limite dell'impianto (la Cogeam ha affidato ad un laboratorio privato l'incarico di approfondire l'origine del liquido), cittadini ed associazioni – quelli di Ugento in primis, già toccati dalla vicenda Burgesi - non riescono a stare a guardare.
Così, ieri alcuni rappresentanti della neo-costituita "Unione per l'Ambiente e la Salute del Grande Salento", che raggruppa oltre 60 associazioni dell'intero territorio provinciale, hanno incontrato a Lecce Antonio Gabellone, presidente della Provincia. A questi hanno chiesto di intervenire per bloccare i lavori di costruzione di una nuova discarica in agro di Corigliano.
"In feudo di Corigliano – ha dichiarato Oreste Caroppo, dell'Unione - sono iniziati da alcuni giorni i lavori per la realizzazione di una mega discarica non dissimile da quella di Burgesi ad Ugento o da quella di Cavallino, che tanti problemi hanno causato, nei loro siti, con l'aggravante che quella coriglianese insisterà proprio sulla falda acquifera. La geologia del sito – ha spiegato Caroppo - vede la preoccupante presenza nel sottosuolo di calcari fessurati, altamente permeabili, e di faglie, profonde fessure tettoniche degli strati rocciosi, che in pochi mesi porteranno il pericolosissimo percolato a diretto contatto con le riserve idriche sotterranee, avvelenandole con effetti catastrofici per tutto il Salento. Nell'area di Corigliano, il piano regionale di protezione delle acque dolci, che recepisce le stringenti direttive europee, vieta persino l'uso di prodotti chimici in agricoltura, ed è consentita solo l'agricoltura biologica, proprio per tutelare la salubrità delle acque. Chiediamo pertanto – ha concluso - l'interruzione dei lavori di realizzazione della discarica".
Al termine dell'incontro i rappresentanti delle associazioni hanno consegnato una nota a Gabellone con un'indicazione dei "pericoli" da tenere presenti nell'affrontare l'emergenza.