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sabato 22 agosto 2009

UNA SERA D’ESTATE

Salve ragazzi...esco or ora dall'ennesima accesa discussione sul tema immigrazione..non so come sia possibile, ma la stragrande maggioranza dei partecipanti al dibattito risulta sempre essere ferma sostenitrice della "tolleranza zero"...strano. Eppure molti di loro sn proprio quei ragazzi che spesso e volentieri si profetizzano paladini d 1 stile d vita improntato sul totale e incondizionato rispetto nei confronti di chiunque (tra i tanti: presunti fan di Bob Marley, presunti credenti, eccetera eccetera). Sfortunatamente basta poco perché la loro radicata natura xenofoba venga a galla...la cosa che più da ai nervi è che il loro parlare a raffica è figlio della cultura del "sentito dire"...le fonti sono disparate: i genitori, i politici, ma prima fra tutte la regina della malainformazione, la carissima TV...prontissima a gettare scalpore nelle nostre case qnd l'omicidio d turno avviene x mano straniera...e noi ancor + pronti a pendere dalle loro labbra e a condannare loro invece dei burattinai che ci vendono queste "notizie"...personalmente, poco mi importa se il crimine lo compie o no un italiano..va cmq punito(utopia)...perchè non facciamo pressione su questo punto? Sul più scandaloso sistema giurisdizionale d'Europa?..ma no ma no...a noi basta il capro espiatorio...sarò folle, ma x me i problemi del paese sono ben altri...tanto x restare in termini giudiziari, il nostro beneamato presidente del consiglio. Non starò lì a buttar sentenze sull' ormai celeberrimo caso delle minorenni, atto solo a creargli più notorietà e a mascherare la miriade di altri illeciti, non ultimo il caso Mills. Ma è ancora lui che ad Arcore ospita il noto mafioso Mangano; lui che si iscrive alla loggia deviata P2; lui che tramite Previti corrompe giudici quali Squillante e Metta, eccetera eccetera...molti temono "l'uomo nero"..io ho molta più paura dei suddetti giri di corruzione e di strettissimi contatti con la mafia...ma lui persiste nel raccoglier consensi e a convincerci che sia molto più "umano" lasciare questi immigrati in mezzo a mare. Non ci passa neanche per la testa che la maggior parte di questa gente giunge disperata...e che qui non troverà certo vita facile..un esempio? Siete mai andati anche solo a curiosare tra i 500 che raccolgono cocomeri dalle nostre parti? Avete almeno una minima idea delle ,oserei dire drammatiche, condizioni igieniche e alimentari in cui versano e del vero e proprio "sfruttamento di vite umane" condotto con maestria dai propietari locali?..questi ultimi sono il vero male, non dell'Italia, ma del mondo..d'altronde qui hanno un degno rappresentante, il suddetto gnomo imprenditore.....tempo fa lessi un articolo ricavato da un giornale americano degli anni 20..e l'argomento eravamo proprio noi italiani, definiti cm "sporchi e rubalavoro"..è venuto anche a voi il dejà vu?..ma poi ti cascano le braccia quando a riempirsi la bocca di questi sentimenti d'odio siamo noi del Mezzogiorno, che meglio di chiunque altro dovremmo comprendere la ricerca di migliore fortuna altrove...forse loro come tutti in fondo sono solo vittime..vittime di anni e anni di non-informazione...per questo vi dico, e mi rivolgo soprattutto ai miei coetanei, cercate di svegliarvi, di non prendere passivamente tutto quel che vi passano, non lasciate che qualcuno tramite un quasi-regime si serva di voi per continuare indisturbato a controllare i suoi sporchi affari, non state dietro le bandiere e i partiti dei tanti (troppi) politicanti..ma ragionate sempre e solo con la vostra testa.....spero di non avervi annoiato. Buonanotte.

di Matteo Corvaglia

Italia, l'Avvenire: 'Sui migranti morti in mare occhi chiusi dell'Occidente. Come durante la Shoah'

Marina Corradi: "Ci sono regole in mare: bisogna salvare le vite"

Dalle pagine del quotidiano della Conferenza Episcopale un duro attacco contro la mancanza di aiuto nei confronti dei migranti rimasti alla deriva per 20 giorni. Solo in cinque si sono salvati. Almeno altri 70 sarebbero morti.
"Sono arrivati in cinque. Erano ischeletriti, cotti dal sole che martella, in agosto, sul canale di Sicilia. Ma il barcone era grande: ce ne stipano ottanta, i trafficanti in Libia, di migranti, su barche così. Affastellati uno sull'altro come bidoni, schiena a schiena, gli ultimi seduti sui bordi, i piedi che penzolano sull'acqua. E dunque quel barcone vuoto, con cinque naufraghi appena, è stato il segno della tragedia. Laggiù a 12 miglia da Lampedusa, ai margini estremi dell'Europa, un relitto di fantasmi. Cinque vivi e forse più di settanta morti, in venti giorni di peregrinazione cieca nel Mediterraneo.
Decine e decine di eritrei inabissati come una povera zavorra di ossa in fondo a quello stesso mare in cui a Ferragosto incrociano navi da crociera, traghetti, e gli yacht dei ricchi. È questo il dato che raggela ancor più. Perché in venti giorni, nelle acque della Libia e di Malta, e in mare aperto, qualcuno avrà pure incrociato, o almeno intravisto da lontano quel barcone; ma lo ha lasciato andare al suo destino. Solo da un peschereccio, hanno detto i superstiti, ci hanno dato da bere. Come dentro a una spietata routine: eccone degli altri. E non ci si avvicina. Non si devia dalla rotta tracciata, per un pugno di miserabili in alto mare. Noi non sappiamo immaginare davvero. Come sia immenso il mare visto da un guscio alla deriva; come sia spaventoso e nero, la notte, senza una luce.Come picchi il sole come un fabbro sulle teste; come devasti la sete, come scarnifichino la pelle le ustioni. Noi del mondo giusto, che su quelle stesse acque d'agosto ci abbronziamo, non sappiamo quale spaventevole nemico siano le onde, quando il motore è fermo, e l'orizzonte una linea vuota e infinita. Non possiamo sapere cosa sia assistere all'agonia degli altri, impotenti, e gettarli in acqua appena dopo l'ultimo respiro. ‘Altri' che sono magari tuo marito o tuo figlio. Ma bisogna liberarsene, senza tempo per piangere. Perché quel sole tormenta e disfa anche i morti; e i vivi, vogliono vivere. Noi non sappiamo com'è il Mediterraneo visto da un manipolo di poveri cristi eritrei, fuggiti dalla guerra, sfruttati dai trafficanti, messi in mare con un po' di carburante e vaghe indicazioni di una rotta. Ma c'è almeno un equivoco in cui non è ammissibile cadere. Nessuna politica di controllo della immigrazione consente a una comunità internazionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino. Esiste una legge del mare, e ben più antica di quella pure codificata dai trattati. E questa legge ordina: in mare si soccorre. Poi, a terra, opereranno altre leggi: diritto d'asilo, accoglienza, respingimento. Poi. Ma le vite, si salvano. E invece quel barcone vuoto - non il primo arrivato come un relitto di morte alla soglia delle nostre acque - dice del farsi avanti, tra le coste africane e Malta, di un'altra legge. Non fermarsi, tirar dritto. (Pensate su quella barca, se avvi¬stavano una nave, che sbracciamenti, che speranza. E che piombo nel cuore, nel vederla allontanarsi all'orizzonte).
Poi la Correadi rammenta tempi passati ma simili sotto l'apetto dell'indifferenza e, forse, della paura. "La nuova legge del non vedere. Come in un'abitudine, in un'assuefazione. Quando, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei sotto il nazismo, ci chiediamo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida, nelle stazioni di transito nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il totalitarismo e il terrore, a far chiudere gli occhi. Oggi no. Una quieta, rassegnata indifferenza, se non anche una infastidita avversione, sul Mediterraneo. L'Occidente a occhi chiusi. Cinque naufraghi sono arrivati a dirci di figli e mariti morti di sete dopo giorni di agonia. Nello stesso mare delle nostre vacanze. Una tomba in fondo al nostro lieto mare. E una legge antica violata, che minaccia le stesse nostre radici. Le fondamenta. L' idea di cos'è un uomo, e di quanto infinitamente vale.

da PeaceReporter

Terre ai giovani, l'uovo di Colombo

Tra le esternazioni estive dell’on Bossi, quella relativa al recupero produttivo di terreni agricoli male utilizzati affidandoli a giovani imprenditori appare come una delle più sensate. E il coro di apprezzamenti è stato vasto e unanime: ha visto, oltre che la Confidustria, anche il principale giornale di opposizione al governo, la Repubblica. Sulle pagine di quel giornale (rispettivamente lunedì 17 e martedì 18) un amichevole duetto di Carlo Petrini di Slow Food e del ministro dell’agricoltura Zaia esponente della Lega, ha mostrato i grandi vantaggi, le prospettive e – perché no? - i rischi connessi all’inziativa.Con chiaro e netto orientamento di classe, Petrini ha raccomandato con enfasi, tra l’altro, di semplificare la modulistica necessaria per accedere ai benefici dell’iniziativa. Insomma, l’idea è buona, si tratta gestirla al meglio. E il ministro ha prontamente ringraziato
D’altra parte la proposta di Bossi è un po’ come l’uovo di Colombo: ci sono le terre male utilizzate, ci sono i giovani pronti a farle fruttare con grande risparmio per lo stato, allora perché non dare ai giovani una opportunità? Poi si tratta di terre demaniali: un anacronismo. O no?
Forse no. Pur riconoscendo un certo radicamento populista (che poi è l’altra faccia della xenofobia) della Lega, a me la cosa puzza un po’ di bruciato. È dall’epoca delle ultime leggi eversive della feudalità (un paio di secoli addietro) che le terre demaniali hanno fatto gola ai privati, i quali in generale se ne sono appropriati con la frode o con la violenza. Lo stesso è avvenuto con i beni della mano morta espropriati a ordini religiosi e diventati di proprietà pubblica dopo l’Unità d’Italia.
Le terre dello stato e dei demani comunali se le sono accaparrate prima i galantuomini, poi, quando hanno potuto, anche strati piccolo borghesi. E a volte ce l’ha fatta pure qualche contadino ricco. Ricordo da ragazzo «le terre della comuna» a Montalto delle quali si era appropriato uno che di soprannome veniva detto ‘U jngu’ (il giovane toro) o, forse, i suoi antenati. Ora a privatizzare i beni pubblici ci pensano Bossi, Zaia e Tremonti.
Questa storica ingiustizia di classe, questa usurpazione, fu oggetto di lotta e di una polemica della sinistra (e nella sinistra). Era un chiodo fisso di Paolo Cinanni che ancora negli anni settanta pubblicava un libro importante per spiegare l’attualità del problema e l’esigenza di intervento dello stato. Non se ne fece nulla. Alle terre usurpate (questo è il termine tecnico) si aggiungono quelle ancora di effettiva proprietà demaniale, ma che sono già in mano a privati con vecchi contratti di affitto a canori irrisori per pascoli che in realtà sono sterminate stalle per bufale all’aperto dove il mangime (prodotto nelle produzioni estensive di mais e cereali) viene portato giornalmente a tonnellate. E si tratta di allevatori vecchi e giovani.
La questione delle terre demaniali venne portata all’attenzione del pubblico e della politica negli anni Settanta dal movimento di lotta per l’occupazione giovanile. Con la loro carica di illusioni e di speranze i giovani alla ricerca di un lavoro (e di un lavoro possibilmente diverso) costruirono cooperative, occuparono terre e le ebbero in concessione, ne presero anche in affitto e tentarono di viverci lavorando etc. Non andò benissimo. Ma fu un movimento importante e qualcuno imparò un mestiere Non è qui il caso di parlarne, salvo per ricordare che allora erano i giovani e non i ministri a chiedere che le terre, pubbliche e private, incolte o malcoltivate, venissero messe a profitto.
L’on Bossi ha parlato anche di spreco del danaro pubblico. E a ragione. Ma questo, per quel che ne so, riguarda soprattutto le grandi aziende private. Nel perverso meccanismo di sostegno alle aziende agricole si possono ricevere (e si ricevono) in maniera del tutto legale contributi per terreni che non si coltivano affatto.
È là che sta il vero spreco. C’è una spinta alla concentrazione che riguarda in maniera particolare le aziende zootecniche, che è l’effetto della PAC, della politica agricola comunitaria spesso sostenuta nei suoi aspetti peggiori dall’Italia. I compagni di Piadena hanno parlato sul manifesto degli orrori della produzione zootecnica su vasta scala e dei disastri ambientali che ad essa spesso si accompagnano. Queste problematiche non sono entrate affatto nel dibattito di questi giorni.
Eppure si sono sprecati paroloni. Federico Orlando alla lettura commento dei giornali su Rai Tre ha parlato di Riforma Agraria. A sinistra si è pensato che per una volta Bossi ha preso una iniziativa che avremmo dovuto prendere noi. Ma non è proprio così. Nel vuoto politico lasciato dalla crisi delle tradizionali organizzazioni degli agricoltori (a partire dal poderoso blocco di potere rappresentato dall’intreccio DC-Coldiretti) è facile inserirsi con proposte populiste e corporative. Ma non so ora i contadini poveri part-time, i semi-proletari agricoli (come si diceva una volta), del Mezzogiorno ( e non solo del Mezzogiorno) avranno nulla da guadagnare dalla proposta di Bossi. E comunque non sembrano esserne al corrente. Con buona pace di Federico Orlando, alla base delle riforme agrarie ci sono le mobilitazioni dei contadini, non le trovate dei ministri.
A rifletterci, più che di un uovo di Colombo forse si tratta di un uovo di Tremonti, come la proposta della privatizzazione delle spiagge.

di Enrico Pugliese da Il Manifesto

Giornale svedese: esercito israeliano 'rapisce' palestinesi per prelevarne gli organi


La denuncia di Aftonbladet ha provocato un terremoto diplomatico, tanto da mettere a rischio le relazioni Svezia-Israele

L'articolo del principale giornale svedese, Aftonbladet, che accusa i soldati israeliani di rapire palestinesi per prelevarne gli organi, sta causando un terremoto diplomatico tra i due Paesi. L'ambasciata di Israele a Stoccolma prenderà 'provvedimenti' in queste ore, mentre è prevista la convocazione dell'ambasciatore svedese al ministero degli Esteri israeliano.

Aftonbladet è uscito la settimana scorsa con una serie di racconti di palestinesi che denunciano come nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania giovani feriti o uccisi vengano 'prelevati' dalle Forze armate israeliane (Idf) e riconsegnati alle famiglie senza alcuni organi.
"I nostri figli diventano involontari donatori, mi hanno raccontato i parenti di Khaled di Nablus, o la madre di Raed di Jenin, o gli zii di Machmod e Nafes a Gaza, tutti scomparsi per alcuni giorni e riportati alle famiglie nottetempo, già cadaveri e sottoposti ad autopsia", scrive l'autore dell'articolo, Donald Bostrom. Questi cita anche un episodio risalente al 1992, durante la prima Intifada. Secondo Bostrom, l'Idf avrebbe rapito un giovane, Bilal, che tirava pietre alle truppe israeliane nell'area di Nablus. Colpito al petto, alle gambe e allo stomaco da proiettili israeliani, è stato portato in un ospedale militare in elicottero e condotto in un posto "ignoto ai parenti". Cinque notti dopo, il corpo è stato riconsegnato ai genitori, avvolto in lenzuola verdi da ospedale. Sempre secondo Bostrom, Bilal era stato aperto dallo stomaco alla gola per un preciso motivo.

L'articolo include anche un collegamento a una recente inchiesta su un gruppo criminale nel New Jersey, che include diversi rabbini statunitensi, accusati di negoziare la compravendita di un rene umano per un trapianto.

La critica alla pesante denuncia di Aftonbladet giunge dapprima da un altro giornale svedese, il liberale - e rivale - Sydsvenskan, che accusa apertamente Bostrom di antisemitismo: "Abbiamo già sentito questa storia - scrive la testata - in una forma o nell'altra. Segue il classico schema della cospirazione: i teorici prendono un numero enorme di fili sparsi e tentano il lettore a metterli insieme in un tessuto che non ha alcuna connessione. Sussurri, fonti anonime, voci. E' tutto. La difesa è ugualmente prevedibile: 'Anti-semitismo', e la risposta 'No no, solo critica di Israele".

Il ministero degli Esteri ha reagito con furore, per bocca del portavoce Yigal Palmor, che ha definito la pubblicazione un "marchio d'infamia" per la stampa svedese, un'"isteria razzista nella sua forma peggiore". "Nessuno - ha aggiunto - dovrebbe tollerare questo infame medievale libello demonizzante che sicuramente può incoraggiare a compiere crimini contro gli ebrei".

Oggi è arrivata la risposta di Donald Bostrom, l'autore dell''infamante' articolo: "Non sono antisemita - dice - e mi rattrista molto sentire persone che mi accusano di questo. Ora che la storia riemerge in superficie, la mia intenzione era di evidenziare il legame con la 'cosca' del New Jersey e il fatto che debba aprirsi un'inchiesta sul caso del prelevamento degli organi".

L'ambasciata svedese a Tel Aviv ha condannato l'articolo come "scioccante e terribile, per noi svedesi come per i cittadini israeliani. Come in Israele, la libertà di stampa prevale anche in Svezia. Ma la libertà di stampa e quella di espressione sono libertà che portano con sè una certa responsabilità", ha detto l'ambasciatrice svedese Elisabet Borsiin Bonnier.

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da Indymedia

Somalia: guerra e siccità causerebbero crisi alimentare

La Somalia potrebbe essere sull'orlo di una catastrofe per fame. Lo afferma l'Associazione popoli minacciati (APM) di Bolzano.

L'Associazione per i popoli minacciati (APM) mette in guardia da una probabile catastrofe per fame che minaccia la Somalia con l'approssimarsi dell'autunno. I cooperanti internazionali a causa dell'inasprimento della guerra civile hanno sempre meno la possibilità di raggiungere la popolazione civile con gli aiuti umanitari.

Tra l'altro gli attacchi ai cooperanti nel corso degli ultimi sei mesi sono aumentati drammaticamente. Urge adesso un intervento straordinario dell'Unione Europea per portare la pace in Somalia, per poter garantire l'approvvigionamento umanitario a favore di quasi quattro milioni di persone in situazione di estremo bisogno.

Tutte le parti in conflitto dovrebbero essere invitate a non ostacolare l'accesso e le forniture umanitarie per la popolazione civile.

L'Unione Europea, nel corso della lotta ai pirati nel Golfo di Aden aveva anche promesso "ampie misure" per stabilizzare la Somalia. Adesso l'Unione europea deve anche passare alle azioni concrete e impegnarsi con forza per garantire la pace in Somalia.

Ai due stati vicini in guerra tra loro, Eritrea ed Etiopia, deve essere impedito di spostare il proprio conflitto sul territorio della Somalia. La crisi umanitaria verrebbe ulteriormente aggravata dalla siccità, che minaccia seriamente la sopravvivenza di 700.000 nomadi nel nord della Somalia e nei vicini Puntland e Somaliland.

E' da quattro anni ormai che nella regione le precipitazioni sono completamente assenti. Ora si rischia la totale distruzione delle mandrie.

Dal gennaio 2008 in Somalia sono stati uccisi 42 cooperanti e 33 operatori umanitari sono stati rapiti, 13 aiutanti sono ancora nelle mani dei rapitori. Data la crescente frequenza degli attacchi le organizzazioni ritirano il proprio personale in quanto la loro sicurezza non è più garantita. Così l'UNICEF ha dovuto sospendere la fornitura di aiuti per 85.000 bambini nel sud della Somalia per motivi di sicurezza.

Regolarmente attrezzature e veicoli di soccorso delle organizzazioni umanitarie vengono derubate.

Il 17 agosto è stato respinto con molta difficoltà un attacco armato notturno alla sede del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite. Tre degli attaccanti sono rimasti uccisi nel raid.

Dagli inizi di maggio 2009 sono stati circa 280.000 i civili fuggiti in seguito all'escalation della violenza nella capitale Mogadiscio. Almeno 12.000 rifugiati erano in attesa nel nord della costa somala presso la città costiera di Bosasso nel Puntland in attesa di buone condizioni atmosferiche, per tentare la pericolosa fuga attraverso il Golfo di Aden verso lo Yemen con l'aiuto di trafficanti di esseri umani.

Più di 30.000 persone dal gennaio 2009 sono fuggite via mare.

Quasi 500.000 profughi provenienti dalla Somalia vivono già in condizioni di estrema povertà e indigenza in Yemen.

Nel 2008, il numero dei nuovi rifugiati arrivati dalla Somalia è aumentato del 70% rispetto all'anno precedente.

da AfricaNews

Giocate a "Rimbalza il clandestino". Bossi junior a caccia di immigrati su facebook

Renzo Bossi, 21 anni figlio del più noto Umberto si è inventato un originale passatempo estivo che è apparso sul sito della Lega Nord. Si chiama "rimbalza il clandestino" e l'obiettivo del gioco è molto semplice come recita la spiegazione per gli utenti di facebook: "mantenere il controllo sui clandestini che arrivano in Italia!" Come? Durante i vari livelli del gioco alcune barche di varie dimensioni toccheranno a sorpresa il suolo italiano. Premendo su di esse un numero variabile di volte che va da 1 a 5 le rimanderai indietro ottenendo un punteggio a seconda dell'imbarcazione. Il giovane cacciatore di clandestini si sarà ispirato alla nota massima del compagno di partito Calderoli che nel 2006 sentenziava "ributtiamoli in mare".
Poteva fare anche di più, studiare ad esempio un sistema che, a seconda della pressione sul mouse aumentasse l'effetto deflagratorio sulle imbarcazioni: sfiori appena il mouse e scheggi minimanente la prua, clicci con più decisione e un raggio laser divide la barca in due. Tieni premuto il pulsante e la nave scoppia in mille pezzi.

Siamo sicuri che la prossima volta non ci deluderà, soprattutto ora che, dopo tanti sforzi e tre bocciature, Bossi junior è riuscito brillantemente a superare l'esame di maturità. Già, maturità... "...l’avere raggiunto un avanzato stadio di sviluppo in relazione alla legislazione, al comportamento sociale e al grado di civilizzazione..." E' la definizione estensiva dell'Enciclopedia Treccani. Per la commissione esaminatrice Renzo è maturo. Siete proprio sicuri?

P.S. La nostra redazione invita gli utenti di Facebook ad inventare un nuovo gioco: "rimbalza l'immaturo". Clicca sul mouse e fai rimbalzare il figlio di Bossi nelle facoltà universitarie italiane di Giurisprudenza. Vince chi lo farà restare più a lungo incollato sui libri di diritto.

da Articolo21

“E’ stata una strage. Maroni? Un uomo irresponsabile e immorale”

“L’imbarcazione non è stata mai avvistata”. Così c’è scritto nella relazione inviata dal prefetto di Agrigento al Ministero dell’Interno. Nessuno sa dunque da dove sia spuntato quel gommone con a bordo 5 naufraghi stremati che è stato segnalato giovedì all’alba dalle autorità maltesi alla Guardia di Finanza di Messina. Nessuno lo sa. Tranne i 5 eritrei, che hanno raccontato: “Siamo stati alla deriva per più di venti giorni, abbiamo incrociato almeno dieci imbarcazioni, ma solamente un pescatore si è fermato per darci cibo e acqua”. La loro versione, che pure pare attendibile alle organizzazioni internazionali e umanitarie, però non convince il ministero dell’Interno. “Ci sono degli elementi contrastanti”, dice Maroni. Per Econews e ItaliaRadioWeb Ambra Murè ha intervistato Pietro Marcenaro, senatore del Pd e presidente della Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani.

“Io mi son fatto l’opinione che ci sia stata una strage. E questo mi basta per avermi sulle responsabilità che ciascuno di noi ha per un fatto così grave”.
Il senatore ci ha tenuto a rimarcare la propria distanza dalle prudenze del Viminale: “Maroni è un uomo che da sempre rifiuta le proprie responsabilità, è un uomo che rifiuta di guardare le conseguenze delle sue azioni. Lo ha fatto per Lampedusa e continua a farlo. Il fatto che di fronte a una cosa così grave l’unica cosa che esca dalla sua bocca sia di mettere in dubbio la versione di queste persone la dice lunga sulla sua figura morale, prima ancora che politica”.

Il problema vero, secondo Marcenaro, non sta tanto nella diatriba sulle reciproche responsabilità che ormai da mesi segna i rapporti diplomatici tra Roma e La Valletta: “La questione tra Italia e Malta è solo uno degli aspetti che andranno chiariti, per capire se siamo di fronte all’ennesimo episodio di un conflitto che avviene sulla pelle di questi poveracci”.

I punti da chiarire sono altri. E Marcenaro li evidenzia uno per uno, girandoli al ministro Maroni e al Governo sotto forma di domande. E sono domande che bruciano.
“La prima riguarda i rapporti con la Libia. Nessuno infatti può pensare che si parta da un paese poliziesco come la Libia, che ci si raduni e si riesca a partire a bordo di imbarcazioni senza che le autorità ne siano informate. Cosa sta capitando? Il Governo si era impegnato a verificare l’accordo con la Libia, a controllarne la gestione, a rendersi garante del rispetto dei diritti fondamentali. Cosa ha fatto? Cosa sta facendo?”.
“Seconda questione: si dice che queste persone siano eritree. Gli eritrei, che fuggono da una zona di guerra, hanno quasi sempre il riconoscimento della protezione umanitaria. Ma allora perché una persona che ha diritto alla protezione umanitaria deve essere costretta alla clandestinità, a consegnarsi alle strutture e al meccanismo della tratta? Perché non si costruisce un meccanismo per cui chi ha diritto alla protezione umanitaria possa venire in modo trasparente nel nostro paese?”

“La terza questione: com’è possibile che in un tratto di mare che dovrebbe essere tra i più sorvegliati al mondo possa capitare che un’imbarcazione vada alla deriva per giorni e giorni, senza nessuna segnalazione? Adesso sta venendo fuori che le segnalazioni ci sono state e nessuno è intervenuto per tempo. Noi oggi abbiamo chiesto al Governo cosa intende fare per perseguire e punire, come prevede la legge, quelle persone che non hanno effettuato soccorso in mare”.

“E, infine, sono mesi che ci raccontano che sono finiti gli sbarchi. Ma qui non c’è solo questa tragedia di fronte a Lampedusa. A Porto Empedocle, in Sardegna, ovunque, gli sbarchi sono ripresi. E il Governo come pensa di gestirli? Attraverso il meccanismo dei cie, che è già al punto di esplosione?”
Marcenaro ha concluso rivolgendo un appello al Ministro dell’Interno: “Maroni la smetta di nascondersi dietro un velo di propaganda immorale e affronti i problemi che ha di fronte”.

da Articolo21

Intervista ad Antonio Ingroia

Che cosa succederebbe se Cosa nostra decidesse di allungare le mani sul ricchissimo porto di Napoli, estromettendo i clan locali, come suggeriscono i risultati di alcune indagini della magistratura siciliana? «Ci troveremmo davanti a due possibili ipotesi: una guerra tra mafie, o la creazione di un sistema criminale federativo. In entrambi i casi, gli scenari sono assolutamente terribili».

Per Antonino Ingroia, pm di punta del pool antimafia di Palermo ed «erede» del giudice Paolo Borsellino, tutto dipende dall’esistenza, o meno, di accordi pregressi: «Se non c’è un patto alla base, la possibilità di uno scontro tra mafia e camorra è molto elevata, anche se l’esperienza porta a considerare una eventualità diversa: che le organizzazioni criminali giungano a un rapporto di gestione comune degli interessi finanziari su base nazionale, rendendo gli investimenti sempre meno localizzati e localizzabili. In pratica, creando un unico sistema mafioso».

Una super-cupola, dunque?

«Parlerei piuttosto di un sistema mafioso integrato tra camorra, Cosa nostra e ’Ndrangheta. È in corso un processo evolutivo delle mafie, che cercano di interagire per il raggiungimento di un obiettivo unico. Ciò che si ipotizzava potesse accadere all’indomani delle stragi di Capaci e di via D’Amelio non è più una fantasia, ma una realtà».

Dottor Ingroia, gli scenari di cooperazione tra clan napoletani e siciliani si rinforzeranno, allora?

«I rapporti, su cui si è indagato negli anni Novanta, esistono tuttora e non si sono mai interrotti. Non posso entrare nel dettaglio, ma abbiamo notizie certe di collaborazioni molto solide su specifici affari illeciti»

Quali?

«Soprattutto traffico di droga e armi. Siamo sicuri che si sia creato un processo di scambio tra camorra e mafia siciliana su questi due canali: Cosa nostra rifornisce di armi i gruppi di Napoli e Caserta e, in contemporanea, acquista da loro ingenti partite di stupefacenti. Al contrario di quanto accadeva nel passato, dunque, sono i clan campani a vendere la droga alla mafia e non più viceversa».

Qualche settimana fa, indiscrezioni di stampa parlavano di un carico di tritolo giunto ai Casalesi da un deposito segreto della mafia siciliana. È possibile?

«Abbiamo notizia dell’esistenza di questa “santabarbara”, perché, nella fase stragista di attacco allo Stato, Cosa nostra accumulò un incredibile quantitativo di armi ed esplosivo, che solo in parte negli anni è stato sequestrato e che, probabilmente, si trova ancora nascosto nel Palermitano. Avendo rinunciato nel frattempo alla strategia terroristica, la mafia potrebbe aver deciso di vendere questo materiale bellico ad altre organizzazioni. E non è un caso che proprio i Casalesi siano stati interessati all’acquisto dell’esplosivo, dal momento che, da quanto leggo, hanno alzato il livello di scontro».

Proprio come fecero i Corleonesi nel 1992…

«Sì, è un paragone che regge, perché anche i Casalesi fondano il loro potere sulla intimidazione e sul controllo militare del territorio, ma con una differenza sostanziale, però: i Corleonesi, prima di inaugurare la strategia stragista, attuarono un meccanismo di trasformazione dell’organizzazione interna, dandosi una struttura piramidale e verticistica. Modello che ancora manca alla camorra, che resta una organizzazione orizzontale e di natura federativa».

Il pericolo rappresentato dai Casalesi, intanto, ha suggerito al Governo di inviare l’Esercito in Campania. Lei che ne pensa?

«Nel 1992, in Sicilia, l’invio dei militari diede dei frutti importanti, ma fu accompagnato da sforzi legislativi e di impegno finanziario davvero notevoli. Al contrario, in Campania mi sembra che la questione sia limitata soltanto all’impiego degli uomini in divisa, in un numero peraltro inferiore all’esperienza siciliana».

18 agosto 2009