HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

sabato 5 settembre 2009

Nardò, nuova giunta: ancora fumata nera!


Dopo la riunione di ieri pomeriggio, Antonio Vaglio raccoglie solo 14 consiglieri della sua ex maggioranza disposti a sostenerlo. Con lui sarebbero 15, ma non raggiungerebbero comunque il minimo indispensabile per mettere su un nuovo esecutivo che è di 16 .
E allora che succede adesso?

Come annunciato, ieri i gruppi consiliari Pd, Sdiu, "Nardò Insieme", "Uniti per Antonio Vaglio", Fernando Bianco del gruppo Misto, si sono ritrovati intorno alle 18 ed hanno steso un documento di sostegno a Vaglio:
"Riteniamo incomprensibile il protrarsi della crisi politico-amministrativa in atto. E' inammissibile che l'amministrazione e la sua massima istituzione siano ostaggio e sotto continua pressione di questa o quella forza politica o, di questo o quel singolo consigliere". Con queste motivazioni i 14 consiglieri chiedono al sindaco il ritiro immediato delle sue dimissioni e la costituzione di una maggioranza forte e coesa in grado di portare a termine il suo mandato.
L'impressione è che ciò sia difficile che avvenga, anche perchè domani scade il termine ultimo perchè Vaglio possa ritirare le dimissioni e quindi salvo apparentamenti dell'ultima ora con forze esterne alla maggioranza eletta dai cittadini Neretini la soluzione sarà il commissariamento fino a marzo 2010, mese in cui con molta probabilità avremo insieme elezioni regionali e comunali!

PRESA DIRETTA - 6 SETTEMBRE SPECIALE SUI RESPINGIMENTI


PRESADIRETTA
di Riccardo Iacona, Francesca Barzini e Domenico Iannacone
presenta


“RESPINTI”
Domenica 6 settembre ore 21.00 su Rai Tre

Da quando sono cominciati i respingimenti in mare sono stati finora 800 gli uomini e le donne che le autorità italiane hanno riconsegnato alla Libia. Eppure di tutti questi respingimenti non abbiamo mai visto neanche un’immagine:nessun telegiornale italiano, nè pubblico nè privato ha potuto documentare che cosa sia successo.

PRESADIRETTA per la prima volta è riuscita ad alzare il velo sul primo respingimento, quello fatto nei giorni 6 e 7 maggio dalla motonave BOVIENZO della guardia di finanza insieme ad altre due unità della capitaneria di porto . In esclusiva la RAI manderà in onda le foto scattate da Enrico Dagnino l’unico giornalista che si trovava a bordo della BOVIENZO e che ha assistito al primo respingimento dal momento in cui è stato avvistato il gommone carico di migranti fino a quando sono stati letteralmente “buttati” sui pontili del porto di Tripoli.

Non solo. PRESADIRETTA è riuscita anche a dare un nome e cognome a 24 dei primi respinti: 13 eritrei e 11 somali, tutta gente che scappa dalla guerra e dalla dittatura, gente che se fosse riuscita ad arrivare a Lampedusa avrebbe potuto ottenere lo status di rifugiato e il permesso di restare in Italia. E invece agli uomini e alle donne trovati allo stremo delle forze in mezzo al mare nessuno ha chiesto il nome e il cognome e sono stati rimessi nelle mani della polizia libica.

Che fine hanno fatto? Che cosa succede nelle carceri libiche ? Come vengono trattati i i migranti e hanno la possibilita’ in Libia di vedere riconosciuto il loro diritto di asilo come sostenuto da Berlusconi durante la conferenza stampa che ha fatto con Gheddafi durante la visita a Roma nel giugno scorso?

E infine la politica dei respingimenti ha contribuito al successo elettorale della Lega Nord? Per capirlo PRESADIRETTA è andata a Reggio Emilia dove la Lega è diventata il secondo partito della città e il terzo della provincia.

da Fortress Europe

SALERNO - SCONTRI TRA I DOCENTI E I POLIZIOTTI



Questi due video risalgono al 1 Settembre.

Fallita fuga dal CIE di Bari

Fuga fallita, questa notte, dal Centro di Bari Palese. Un piccolo gruppo di reclusi ha cercato di guadagnare la libertà passando dai tetti: intercettati dai soldati di guardia sono stati tutti fatti scendere, non si sa con quanto garbo. Sta il fatto che un soldato ci ha guadagnato otto punti di sutura ad una guancia, a suo dire a causa di una bottiglia piena d’acqua lanciatagli da un aspirante fuggiasco che ora è in arresto. Non sappiamo il nome dell’arrestato né in che condizioni sia. E non ci sono neanche notizie sulla salute dei suo compagni. Sicuramente, però, la tensione è ancora alta: oggi, almeno in un modulo del Centro, i reclusi hanno buttato fuori dalle gabbie il cibo che era stato portato loro per pranzo. A presto aggiornamenti.

da Indymedia

Merano: 15 naziskin indagati

BOLZANO - La Questura di Bolzano ha aperto un'inchiesta per violazione della legge Mancino a carico di una quindicina di giovani, di cui 7 minorenni - tutti residenti a Naturno, vicino Merano - che hanno organizzato sul sito Netlog una sorta di nucleo della 'Nuova gioventu' hitleriana'.
Il quotidiano di lingua tedesca 'Tageszeitung' pubblica oggi stralci di un dossier in cui emerge un armamentario di nomi in codice che richiamano al Fuehrer e collegamenti con il gruppo tedesco di
estrema destra 'Blood and Honour', dichiarato fuorilegge in Germania. (RCD)

http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Cronache/Merano-naziskin-indagati/04-09-2009/1-A_000044618.shtml
da Antifa

Il momento perduto di Barack Obama

Per Barack Obama l’autunno si annuncia caldo, anzi rovente. Basti pensare al putiferio che sta suscitando una quisquilia come il discorso – annunciato per martedì mattina – del presidente a tutti gli scolari per la riapertura delle scuole. Un atto rituale, quindi scontato, ma i genitori di destra sono insorti: «Non voglio che mio figlio sia indottrinato da un presidente marxista», «voglio prima leggere quel che dirà per non esporlo ai veleni liberal». Alla fine Obama ha detto che renderà pubblico il testo del discorso lunedì. Ma non è bastato a placare gli animi.
È solo un sintomo del veleno che ormai circonda una presidenza nata sotto i migliori auspici appena otto mesi fa. E non importano tanto i nuovi minimi di consenso toccati dai sondaggi: conterà solo il sondaggio del novembre 2010, per le elezioni di metà mandato, per rinnovare tutta la Camera e un terzo del Senato.
Obama si trova in un impasse su tre fronti: Afghanistan, disoccupazione e riforma sanitaria. In Afghanistan, è ormai preso nella trappola che si era costruito da solo in campagna elettorale: allora aveva promesso escalation a Kabul per bilanciare il disimpegno da Baghdad e non alienarsi tutto il complesso militar-industriale. Ora lo sganciamento dall’Iraq è ancora parzialissimo (ma almeno i soldati Usa non muoiono più, chiusi come sono nelle loro basi), mentre l’Afghanistan si sta confermando come “il cimitero degli imperi”: le perdite della coalizione toccano record mai raggiunti in sette anni di guerra.
Lo staff di Obama e si rende conto delle implicazioni politiche di un’equazione escalation afghana = escalation in Vietnam. Il problema per il presidente è che non ha la forza per opporsi ai generali, ma nessuno sa in che cosa potrebbe mai consistere una vittoria sul terreno: spazzare via i taleban è chiaramente impossibile. Né c’è la minima idea su una strategia di sganciamento.
A prima vista l’economia parrebbe più favorevole a Obama, se (e solo se) è vero che la recessione sta esaurendosi. Ma le banche e, in parte, Wall street, si sono riprese solo perché la maggior parte del denaro riversato dal governo (cioè dai contribuenti) è fluito sulle banche stesse che lo hanno usato anche per giocare di nuovo in Borsa: da qui il rialzo dei vari mercati. Ma quanto è stato fatto finora va catalogato sotto la voce «socializzazione delle perdite», mentre pochissimo è andato ad alimentare l’occupazione e accrescere il potere d’acquisto della «classe media»: senza queste due misure, qualunque rilancio dell’economia potrà basarsi solo su un’altra bolla del credito e cioè sullo stesso meccanismo che ha provocato la crisi. Un piccolo indizio della gravita della situazione: gli acquisti per la riapertura delle scuole sono crollati, cioè i genitori sono restii a comprare persino zainetti, quaderni e accessori. Senza contare i dolori prossimi venturi per General Motors e Chrysler (e quindi per Fiat), ora che gli incentivi alla rottamazione sono finiti, aggravando ancora i problemi di disoccupazione.
Sulla riforma sanitaria, ormai non passa giorno senza che Casa bianca e leadership democratica non annuncino un passo indietro o un ridimensionamento. Gli strateghi repubblicani sono riusciti a dare un seguito e un’eco mediatica inauditi all’«Obama stacca la spina a nonnina», cioè alla tesi che la riforma imporrà l’eutanasia su tutti gli anziani per ridurre i costi del servizio sanitario. Di fronte alle assemblee comunali prese d’assalto da vegliardi imbufaliti, la reazione dei parlamentari democratici è stata inefficace, se non imbelle. Ormai l’obiettivo è portare a termine non la migliore riforma sanitaria possibile, ma una riformetta qualunque, pur di averla alle spalle l’anno prossimo.
Obama è perciò prigioniero delle piattaforme bipartisan su cui ha costruito la sua vittoria elettorale. Per vincere aveva proposto: 1) uno scambio tra Kabul e Baghdad per accontentare la sua base di colombe (che esigeva il ritiro dall’Iraq) ma non irritare i falchi; 2) un’uscita dalla crisi favorevole al mondo della finanza e delle banche, in cambio dell’appoggio elettorale che Wall street gli ha garantito; 3) una riforma sanitaria al ribasso per non avere contro di sé le lobbies: e infatti case farmaceutiche e assicurazioni avevano foraggiato la sua campagna assai più di quella di Bush, anche perché scommettono sempre sul cavallo favorito.
Il risultato è quindi il contrario di quello a cui punta ogni buon stratega, da Clausewitz in poi: invece di animare le proprie truppe e scoraggiare i nemici, Obama sta infiammando gli avversari e demotivando i sostenitori: in questa dinamica delle forze, più che nell’istantanea del potere, sta il suo vero impasse politico. Di fronte a una destra scatenata che brandisce il bisnonno morente e i discorsi agli scolaretti, il popolo di Obama è ora preso da scoramento per i regali alle banche e il delinearsi di una riformetta sanitaria e un’escalation in Afghanistan. Nei siti di discussione delle sinistra Usa leggi sempre più domande tipo: «Dove è finito il movimento della pace? Perché non ci mobilitiamo per la riforma sanitaria con la stessa aggressività con cui la destra si mobilita contro di essa?» Il paradosso è che, in economia, come sulla sanità, Obama è considerato un pericoloso rivoluzionario marxista dalla destra, proprio mentre la sinistra si sente abbandonata da lui e lo vede pronto ai compromessi più disonorevoli.
Nella politologia Usa il concetto critico è il momentum, quel che in fisica si chiama impulso o quantità di moto: non tanto la forza di cui disponi, ma lo slancio: puoi essere davanti, ma se stai frenando, stai per perdere, mentre puoi stare dietro, ma se in accelerazione, la vittoria ti arriderà. Ecco, per Obama il problema è che ormai ha perso momento, si è esaurita la spinta propulsiva dovuta alla sua elezione. Ora, riacquistare un impulso perso è assai più difficile che mantenerlo. Ma è questo il compito che l’aspetta. In altre parole, si gioca tutto nei prossimi mesi.

da IlManifesto

Sud in lotta. Operai Fincantieri paralizzano Castellammare di Stabia. A Cosenza bloccata la Salerno-Reggio

Un autunno di lotta, tanti lo temono, molti di più lo sperano. L'ultimo scorcio d'estate ne è un buon aperitivo, soprattutto al Sud Italia, dove la situazione è storicamente grave e potenzialmente esplosiva (che se ne dica di costo della vita più basso e altre correlate statistiche, visto il deserto e la carenza imperante in ogni sfaccettatura dei servizi sociali). E proprio dal Sud sono partite le mobilitazioni oggi più significative, che stan facendo da volano, nel settore della scuola così come del lavoro.
Conseguenza delle tensioni che attraversano il meridione ne è la giornata di quest'oggi. Castellammare di Stabia è da questa mattina completamente paralizzata dai blocchi degli operai della Fincantieri, contro cassa integrazione mobilità e licenziamenti. La Fincantieri annovera 150 operai in cassa da lunedì, tra una settimana altri 150 ci andranno, mentre 400 addetti delle aziende dell'indotto sono assolutamente privi di ammortizzatori sociali, sprovvisti di reddito da mesi. Il blocco della viabilità più importante 300 operai lo stanno effettuando al bivio di Pozzano, chiusa la strada statale Sorrentina. Impossibile raggiungere Napoli, dal bivio la coda si allunga fino a Vico Equense, ogni inversione di marcia è proibitiva per gli automobilisti (molti turisti) perchè un terzo blocco è attuato dai lavoratori all'altezza del ponte di Seiano.

Interessante notare come dinnanzi al blocco completo della città da parte degli operai della Fincantieri anche i lavoratori della Manutention coop, addetti ai servizi di pulizia dell'Asl Napoli 3, hanno deciso di entrare in sciopero anche loro con gli operai, dando loro manforte con un blocco in viale Europa, chiudendo l'ingresso in città.

Altro focolaio di lotta continua ad esserlo Cosenza, con gli operai del Consorzio Valle Crati che questa mattina, come già fatto in diverse occasioni durante l'estate (provocando la paranoia delle istituzioni, che hanno militarizzato per tutto agosto lo svincolo), hanno bloccato la Salerno-Reggio Calabria, in entrambe le direzioni, tra gli svincoli di Cosenza nord e Rose Montalto. Questo avviene mentre i tetti della Provincia sono ancora occupati da un'altra parte di lavoratori dell'azienda!

Il prefetto di Napoli Pansa ha passato la mattina nell'agitazione, cercando di metter una pezza alla situazione di Castellammare di Stabia che è andata ad evolversi nel crescendo della protesta. Il sindaco Vozza, i rappresentanti sindacali ed una delegazione degli operai della Fincantieri sono stati convocati in prefettura in fretta e furia... L'amministratore delegato della Fincantieri è stato costretto ad accettare l'aut-aut delle Rsu: li riceverà lunedì. Anche a Cosenza il mondo politico è impegolato nella vertenza della Valle Crati, con dinnanzi un'assoluta fermezza dei lavoratori in lotta, che fin dallo scorso agosto hanno chiarito: "non ci interessano le chiacchere, vogliamo garanzie per il nostro futuro!".

Dopo la vicenda Innse e la sua riproduzione diffusa, mentre s'infiamma la mobilitazione dei precari della scuola, un'altra preziosa indicazione per l'autunno...!

da Infoaut

Salento: dieci immigrati bloccati dopo lo sbarco dalla GDF



(AGI) - Lecce, 5 set. - I militari della compagnia della Guardia di Finanza di Gallipoli (Le), verso le tre di stamani, hanno rintracciato, lungo il litorale salentino nella zona di Tricase, dieci extracomunitari, dai primi accertamenti sembra che si tratti di afgani. I migranti sarebbero sbarcati poco prima sulla costa leccese, nel tratto compreso fra Torre San Gregorio e Punta Ristola. Secondo una prima ricostruzione gli immigrati sarebbero giunti a bordo di un'imbarcazione che unita' aeronavali della Guardia di Finanza stanno cercando di rintracciare.

Nigeria, leader del Mend si arrende con 3mila uomini


Farah Dagogo è l'ennesimo comandate del gruppo ad accettare l'amnistia

Il gruppo militante guidato da Farah Dagogo, composto da circa 3000 guerriglieri, si è arreso accettando l'amnistia proposta dal governo. Insieme ad altri due leader del Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger (MeND), Ateke Tom e Government Tompolo, aveva da giorni stabilito contatti informali col governo, principalmente per avere garanzie specifiche sulla sua incolumità.
Il MEND aveva annunciato pochi giorni fa che avrebbe ripreso gli attacchi alla fine della tregua pattuita col governo, 15 settembre. Il gruppo ha dichiarato in un cdispaccio a Reuters che "ci stiamo liberando dei comandanti la cui identità è ormai nota per garantire la nostra sicurezza".
La resa di Dagogo si inserisce in una serie di rese. avvenute negli ultimi due mesi. che hanno privato il MEND di molti leader storici. Secondo il governo, la proposta di amnistia ha diviso il movimento e lo ha privato di migliaia di effettivi.

da PeaceReporter

Il ragazzo che imbrigliò il vento

Due anni fa un ventenne del Malawi è salito sul palco della Ted conference per spiegare come aveva costruito un mulino. Quel giorno ha cambiato la sua vita, scrive Ethan Zuckerman.

Credevo di conoscere la storia di William Kamkwamba: nel 2007 ero tra il pubblico della Ted conference di Arusha, in Tanzania, quando è salito sul palco per presentare l’incredibile mulino a vento che aveva costruito accanto alla casa della sua famiglia, in una zona rurale del Malawi.

Come molti altri spettatori, all’inizio mi è venuto da ridere ma poi mi sono commosso fino alle lacrime mentre William spiegava come era riuscito a trasformare alcuni tubi in pvc, una bicicletta rotta e dei pali di legno in una macchina capace di generare la corrente necessaria per alimentare le lampadine e la radio della casa dei suoi genitori.

Da quel giorno la vita di William è molto cambiata: si è trasferito a Lilongwe per frequentare un’importante scuola superiore del Malawi, è stato ammesso in un’accademia di Johannesburg e ha ricevuto vari premi negli Stati Uniti.

Avevo dato per scontato che la sua storia fosse iniziata quel giorno sul palco di Arusha. Ma nel libro che ha appena pubblicato, The boy who harnessed the wind (Il ragazzo che imbrigliò il vento), William sottolinea con chiarezza che la realtà è ben diversa.

Nel libro, scritto insieme al giornalista Bryan Mealer, William Kamkwamba ci porta nel piccolo paese di campagna dove è cresciuto, tra i campi di mais e tabacco in cui lavorava con il padre e le sorelle, e tra la fatica e le sfide affrontate da chi cresce in uno dei paesi più poveri del mondo.

Il libro racconta di scienze e magia, fame e miseria, creatività e scoperta: la storia del giovane talento dell’ingegneria deciso a sperimentare idee un po’ folli è solo la parte finale della sua avventura.

Sotto i riflettori
Nelle campagne del Malawi la magia è viva e vegeta: durante la notte gli stregoni rubano la testa agli uomini e ci giocano a calcio, e le gomme da masticare potrebbero essere avvelenate da una pozione magica. Considerate le calamità che affliggono il paese, dove la siccità e le piogge improvvise possono distruggere il raccolto di un anno intero, è facile credere in poteri invisibili.

William teme che la magia impedisca a chi vive in Malawi di adottare un approccio scientifico per risolvere i problemi cronici di sviluppo del paese. Quando gli abitanti del villaggio hanno cominciato a chiedersi se la siccità era colpa del suo mulino a vento, ha scoperto che anche il suo lavoro era visto con sospetto.

Questo ambiente, però, si è anche rivelato un terreno fertile per le scoperte scientifiche. Il libro è costellato delle soluzioni creative che gli amanti dell’Africa conoscono bene: macchine giocattolo fatte di fil di ferro e tappi di bottiglia, vecchie radioline riportate in vita, fionde per gli uccelli. Ne viene fuori il ritratto di un giovane che è diventato quasi un Thomas Edison del Malawi a forza di cercare soluzioni originali ai suoi problemi.

L’aspetto più stupefacente della storia non è l’improbabile sequenza di eventi che lo hanno portato dall’anonimato alla prima pagina del Wall Street Journal, ma il fatto che la sua creatività e le sue ambizioni non siano state cancellate dalle circostanze.

Quasi metà del libro racconta la carestia che ha colpito il paese nel 2001. All’epoca William era un adolescente che non vedeva l’ora di iscriversi alla scuola superiore, ma la povertà gli ha impedito di studiare per cinque anni.

I risultati che ha ottenuto sembrano ancora più straordinari se pensiamo alle condizioni in cui hanno vissuto lui e la sua famiglia. Immagino che William consideri questo libro una sfida lanciata agli africani per spingerli a impegnarsi e a innovare. Guardando al di là del suo paese, il ragazzo non fa che chiedersi: “Perché questo non possono farlo anche gli africani?”.

In ogni angolo del pianeta ci sono persone eccezionali e spesso le loro capacità non riescono a emergere. Permettere alle persone di talento, dovunque sono, di sviluppare le loro potenzialità fino in fondo è una delle sfide più complesse dello sviluppo internazionale, e questo libro dimostra che vale la pena di raccoglierla.

Ethan Zuckerman lavora al Berkman center for internet and society. Nel 2004 ha fondato il sito Global Voices insieme a Rebecca MacKinnon. Questo articolo è uscito sul suo blog con il titolo The boy who harnessed the wind (altri articoli di Ethan Zuckerman pubblicati da Internazionale).

da Internazionale

Puglia: guerra di D'Alema a Vendola per allearsi con Casini

Dietro il polverone di inchieste pugliesi, che stanno frugando nel centrosinistra (Pd in particolare) e nella gestione della sanita', si sta consumando anche un feroce scontro politico. La posta in palio sono le regionali del prossimo anno, e la candidatura a governatore. La polemica tra Nichi Vendola e il Riformista, che ha sbattuto in prima pagina gli ultimi scampoli di inchiesta, con gli assessori regionali alle prese con signorine piu' o meno prezzolate, e' eloquente. L'attacco piu' duro alla giunta Vendola arrivava da un presunto alleato, l'esponente Pd Francesco Boccia, intervistato dal quotidiano di Antonio Polito. E il governatore, alla festa Pd di Genova, ha denunciato che "e' in atto un omicidio politico". Il suo. E i mandanti sono tutti interni al suo schieramento, e stanno utilizzando le inchieste per "un cecchinaggio politico", come lui lo definisce.
La Puglia, com'e' noto, e' terra dalemiana. E a Massimo D'Alema (cui fa riferimento anche Boccia) sta estremamente a cuore evitare di perderla alle prossime elezioni, e addirittura farne il vero laboratorio di nuove, possibili alleanze. Con l'Udc in primo luogo: in Puglia Pierferdinando Casini sembra ben deciso a costruire un'intesa con il Pd, e lo ha spiegato anche agli emissari di centrodestra che lo stanno corteggiando. Ma Casini ha posto una condizione ben chiara per allearsi: il candidato governatore non puo' essere Nichi Vendola, un ex esponente di Rifondazione non e' proprio digeribile da parte dell'elettorato moderato e cattolico dell'Udc. Dunque va cambiato: e l'Udc e' pienamente disposta ad appoggiare un esponente del Pd, purche' concordato. Il problema e' che Vendola non ha alcuna intenzione di tirarsi indietro, e che - nonostante gli inciampi della sua giunta - il governatore conta ancora su una sua autonoma forza elettorale. E su un'alleanza importante con un altro outsider di grande seguito elettorale come il sindaco di Bari Emiliano, schierato dalla sua parte. Quindi farlo fuori non e' facile, anche perche' nel Pd locale serpeggia il terrore che - sgambettato - Vendola decida di scendere in pista comunque con una sua lista personale contro il candidato Pd-Udc. Con un risultato praticamente certo: la vittoria del centrodestra.

Sparate di fine estate

Mihai Mircea Butcovan è uno scrittore romeno. Vive in Italia dal 1991.

L’estate è trascorsa tra le sparate agostane della Lega nord sui dialetti, le bandiere regionali e l’inno nazionale. Sì, quel brano che impariamo a farfugliare alle partite di calcio, e di cui qualcuno conosce gli autori solo grazie a una canzone di Rino Gaetano.Poi, su Facebook è comparso un gioco intitolato Rimbalza il clandestino: uno sciocco trastullo estivo per militanti leghisti. Gli stessi che smentiscono la paternità di un’altra campagna ripugnante: “Immigrati clandestini. Torturali! È legittima difesa”.

Nel deserto vacanziero di un supermercato non stupisce, quindi, la vacuità delle riflessioni di una signora che chiacchiera con la cassiera e un altro cliente. Ed è più facile individuare l’origine delle frasi che la signora inserisce nelle orecchie dei presenti mentre riempie le buste della spesa: “Gli extracomunitari li prenderei tutti a calci nel sedere, via!”. Già, avrà in mente i giochi di cui sopra. “Che se li prendano tutti la chiesa e i comunisti”. Già, la prima faccia il suo mestiere, i secondi sono mangiabambini o terroristi islamici. “Noi italiani siamo troppo deboli, dovremmo riprendere in mano le mazze”. Già, i fucili erano caldi e pronti già a primavera dell’anno scorso. “Dobbiamo ribellarci e difendere il nostro paese. Ma purtroppo siamo in pochi”. Già, d’estate hanno sospeso le ronde a Milano.

Ma la Lega non si preoccupa solo degli immigrati. Un parlamentare europeo, noto per aver proposto carrozze della metropolitana riservate ai milanesi, afferma che per il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, “senza federalismo non ci sarà niente da festeggiare”. In attesa del 2011, nel Mediterraneo i migranti respinti dall’Italia continuano a morire. In effetti, in questo paese c’è poco da festeggiare. Mihai Mircea Butcovan

da Internazionale