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venerdì 11 settembre 2009

Verso Sinistra e Libertà - Assemblea Provinciale

Il processo di unificazione della Sinistra è ormai avviato.
L'esperienza di Sinistra e Libertà è in piena evoluzione, dallo stato di cartello elettorale a quello di partito vero e proprio.Questo è ciò che vuole la base elettorale.Gli organi dirigenti di Sinistra Democratica, Movimento per la Sinistra, Verdi, Partito Socialista ed Unire la Sinistra hanno avuto il grande merito di avviare questo processo, ora possono completare la transizione restituendo finalmente ai loro elettori la dignità di un Partito che non debba essere più vittima dei quorum.
Sono molteplici in Italia le esperienze territoriali di coordinamento delle attività politiche dei partiti prima menzionati sotto l'unica sigla di Sinistra e Libertà.
Lunedì 14 nascerà il coordinamento di Bari.
E' giunta l'ora di farlo anche in Provincia di Lecce.
I militanti intendono porre in essere una rete di circoli di Sinistra e Libertà, da offrire come piattaforma organizzativa ed operativa agli organi dirigenti di qualsiasi livello territoriale.
Con questo contributo, la base militante intende accelerare la fase costitutiva del partito unitario, e inviare un messaggio all'Assemblea Nazionale del 20 settembre che dovrà esprimere un indirizzo chiaro sul cammino verso Sinistra e Libertà.
L'Assemblea Provinciale si terrà a Maglie presso la sede dell'Associazione "Biblioteca di Sarajevo" il prossimo martedì, 15 settembre, con inizio alle ore 19,00.
In quella sede saranno raccolte le adesioni dei militanti alla costituzione di una rete di rapporti che consentirà di avviare da subito l'attività di Sinistra e Libertà sul territorio.
Siete tutti invitati a partecipare ed a far partecipare, per contribuire alla nascita dal basso del nuovo partito unitario della moderna Sinistra italiana.

Victor Jara - Manifiesto



UN MANIFESTO DI LIBERTÀ

È una canzone di libertà, la libertà di espressione. Un diritto che gli è stato negato non solo durante la sua prigionia ma anche dopo la sua morte.
Dopo averlo ucciso, i militari cileni non solo proibiscono la vendita dei suoi dischi, ma ordinano la distruzione delle matrici.
Mi hanno colpito i versi dove dice:

"...il canto ha senso quando scorre nelle vene di chi morirà cantando le verità autentiche"

direi un testo premonitorio....

In questa canzone Victor spiega perché ha scelto di cantare... non perché ha una bella voce o perché prova piacere nel farlo ma perché usa la musica per raccontare verità (magari sconvenienti), per difendere il diritto alla libertà, per far sì che la gente prenda coscienza di quel che è successo e di quel che succede... non come altri cantanti dell'epoca che scelgono la canzone del momento o quella straniera che va di moda...
Cantare in quel modo, per lui non ha senso... è uno che, anche quando canta, si prende le sue responsabilità... uno che si schiera, uno che "lavora" con la chitarra, come Violeta (Violeta Parra,sua grande amica), uno che ha pagato un prezzo troppo alto ed è stato assassinato per aver "cantato" le sue idee, le sue verità...

Credo che la sua morte è una prova più che sufficiente del fatto che IL CANTO scorreva veramente nelle sue vene.

Questa canzone è stata cantata anche da Victor Heredia, anche lui faceva parte delle liste "nere" durante la dittatura militare in Argentina ma dopo la ripercussione mondiale dell'assassinio di Victor Jara i militari argentini preferirono il desaparecido ignoto a quello popolare.

Victor Jara,il tuo sacrificio non è stato vano... e tanti cantautori argentini ti devono la vita...

"...canto che ha sido valiente, siempre serà canciòn nueva"

Una canzon ,che con le sue parole,ha avuto il coraggio di raccontare "certe cose" non passerà mai di moda...sarà una canzone di tutti i tempi.

Questa è la mia umile interpretazione di MANIFIESTO.

Marcia Rosati


MANIFIESTO

Yo no canto por cantar
ni por tener buena voz,
canto porque la guitarra
tiene sentido y razón.

Tiene corazón de tierra
y alas de palomita,
es como el agua bendita
santigua glorias y penas.

Aquí se encajó mi canto
como dijera Violeta
guitarra trabajadora
con olor a primavera.

Que no es guitarra de ricos
ni cosa que se parezca
mi canto es de los andamios
para alcanzar las estrellas,
que el canto tiene sentido
cuando palpita en las venas
del que morirá cantando
las verdades verdaderas,
no las lisonjas fugaces
ni las famas extranjeras
sino el canto de una lonja
hasta el fondo de la tierra.

Ahí donde llega todo
y donde todo comienza
canto que ha sido valiente
siempre será canción nueva.


MANIFESTO

Io non canto solo per cantare
né perché ho una bella voce,
canto perché la chitarra
possiede sentimento e ragione.

Ha un cuore di terra
e ali di colomba,
è come acqua benedetta
che benedice gioie e dolori.

Quì il mio canto trovò uno scopo
come diceva Violeta
chitarra lavoratrice
con profumo di primavera.

La mia chitarra non è dei ricchi
né sembra esserlo
il mio canto è per le impalcature
che cercano di raggiungere le stelle,
perché il canto ha senso
quando palpita nelle vene
di chi morirà cantando
le verità sincere,
non serve a raccogliere premi fugaci
né per darmi fama internazionale
ma è il canto di un spicchio di terra
che giunge giù fino in fondo al mondo.

Là, dove tutto giunge
e dove tutto ha inizio
un canto che sia stata coraggioso,
sarà sempre una canzone nuova.

Víctor Jara. Simbolo della Resistenza cilena.


17 settembre. Sono già passati 36 anni da quando il corpo di Víctor Jara apparve per la strada “con il corpo crivellato e da una ferita aperta nell’addome le mani sembravano contorte in uno strano angolo come se i polsi fossero stati spezzati”, così raccontò la moglie, da allora vedova, Joan Turner.

Il cadavere di questo cantante , simbolo della resistenza cilena, venne ritrovato cinque giorni dopo la sua detenzione e successivamente trasferito nel fatidico Estadio de Chile, in mezzo ad una lunga fila di corpi senza vita. Il recinto, un padiglione utilizzato per le partite di pallacanestro, venne adibito come campo di detenzione e tortura in quei giorni dopo il golpe militare di Pinochet.
Il medico di Salvador Allende, Danilo Bartulin fu l’ultima persona che vide Víctor vivo nello stadio, poco prima che fosse separato dal resto degli altri pringionieri, lontano dall’essere riconosciuto, ritirato per essere identificato dal comandante del campo come un “estremista molto pericoloso”. Da vedere quanto pericolose possano esser le parole musicate e il canto dei sentimenti ai dirigenti fascisti.

Cercava di porre fine all’ingiustizia, di una società senza elitismo dominato dalle classi operaie e contadine. Bisogna promuovere il popolo, ripeteva sempre, perfezionarlo da chi lo detiene. Definiva l’America Latina come la Grande Patria, la gande cas nella quale entrare e aprire le abitazioni chiuse dai fascisti. Considerava i Latinoamericani, sempre con la maiuscola. Erano alinati come conseguenza di una colonizzazione culturale e che bisonava unirsi per formare un continente differente. Ma lo chiamarono rivoluzionario e lo rinchiusero in un labirinto senza via d’uscita dalle pareti macchiate d’odi, pareti macchiate dal proprio sangue.

Nello Stadio Nazionale del Cile, chiamato attualmente Estadío Víctor Jara – tardo omaggio -, si spensero le speranze di centinaia di innocenti. Lì, Víctor compose la sua ultima canzone, un canto pieno d’orrore e di spavento per tutto ciò che vedeva intorno a se: “Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto, si potesse colpire un essere umano.”, dice la sua composizione, “il sangue per loro è una medaglia, la carneficina è un atto d’eroismo”, narra in un’altra strofa. Triste esperienza di cui non sentiremo mai la melodia.

Lo stesso giorno in cui Víctor fu detenuto dai militari, l’11 settembre del 1973, uscì per le strade l’ultima edizione di “Ramona”. La rivista pubblicava quella che fu l’ultima inervista realizzata dal cantante poco prima della sua morte. In essa il cileno parlava del suo ultimo disco e dei momenti che marcarono la sua vita, una storia ce non arrivò ai 41 anni, perché così venne deciso dal fascismo pinochetista.

Musica e religione.
Víctor Jara nacque nell’autunno del 1932, figlio di contadini. La morte della madre, Amanda, significò lo scioglimento della famiglia e una grande solitudine per il cantante, che si rifugiò nella religione ed entrò nel Sermiario Redondista de San Bernardo, dove imparò la musica e iniziò a cantare. Due anni dopo, si disse che non aveva una reale vocazione per essere sacerdote e uscì dal seminario per compiere il Bervizio Militare. Un cambiamento brusco che Víctor superò con facilità.

A vent’uno anni faceva parte del coro dell’Universidad de Chile, e tempo dopo studiò recitazione edirezione nella Escuelade Teatro della stessa università. Malgrado la sua qualitàpiù conosciuta, cioè cantare, Víctor Jara fu anche direttore di teatro, raccogliendo grandi premi in questo settore, il Laurel d’oro al migliore direttore dell’anno, Jara diceva che il teatro cileno era stato fino ad allora “eccessivamente pauroso” e doveva rappresentarsi nello scenario la violenza della lotta delle classi in Cile.

Musica e teatro scorrevano parallelamente nella sua vita. Nel 1957 pre il suo primo contatto con Violeta Parra e dieci anni dopo attuava come solista nel “La Peña de los Parra”. Fu nel 1964 con la canzone “Palma quiero contarte”, che sergnò l’inizio della sua carriera musicale e poetica. Agli inizi degli anni ’70 fece un recital per tuto il paese nella campagna elettorale dell’Unidad Popular. Jara cominciò ad essere famoso e le sue canzoni si ascoltavano già su entrambi i lati dell’Atlantico, “La canción del minero” , “Plegaria a un labrador” e “El derecho de vivir en paz”.

Viaggiò in Inghiterra invitato in qualità di diretore teatrale per il Consiglio Britannico. In terra britannica sua moglie gli aveva comunicato che sua figlia Amanda era diabetica. Víctor allora scrive come se chiedesse scusa a sua figlia per essere lontano da loro in quel momento, è anche un omaggio a sua madre, che si trova sempre nei suoi ricordi.

L’11 settembre 1973, Víctor si dirigeva all’Universidad Técnica del Estado, suo posto di lavoro, dove continuerà nell’inaugurazione di una esposizione e nella quale il presidente Salvador Allende dirigeva il paese. I militari, soto gli ordini di Augusto Pinochet, circondarono il recinto universitario ed entrano dentro, il giorno successivo presi detunuti tutti i professori e alunni che si trovavano al suo interno. A Jara lo portarono all’Estadio de Chile e lì venne torturato. Nel 1973 i militari sentenziarono il futuro di Víctor Jara mettendo fine alla sua vita. Morì il 16 settembre, pochi giorni prima di compiere 41 anni.

Il «Seminario Conservador Qué Pasa» rivelò che a distanza di poco più di un anno, secondo la testimonianza dei sopravvissuti del massacro dello stadio, il tenente di Sicurezza di questo luogo di detenzione, un sottufficiale, biondo, il quale venne chiamato “El Principe”, fu colui che siglò la sorte del cantautore per ordine esperesso dal comandante del campo di prigionia. In realtà, questo rozzo personaggio di lussuoso soprannome (Juan Maclean Vergara) è colonnello è rimase come addetto militare associato all’Ambasciata del Cile a Madrid, secondo investigatori dell’equipe Nicor integrato per attività di Diritti Umani dell’America Latina. Dal paese andino, l’Esercito Nazionale smentisce questa accusa a carico di Maclean e afferma che in quel periodo egli non fosse ufficiale dell’esercito ma bensì che stesse frequentando il suo secondo anno nella scuola militare e solo il 1 gennaio del 1975 venne nominato sottotenente. Ciò dimostra quanto fosse semplice per gli aspiranti diavoli cambiare il ricordo del passato, spezzare la storia per abbellirla e stracciarla poi.

Oggi i resti mortali di Víctor Jara riposano a cinquanta metri dal suo compatriota Pablo Neruda, i Grandi del Cile libero, e la sua voce continua ad essere ascoltata tra i giovani che ogni domenica vanno a cantarle sulla sua tomba nel Cimitero di Santiago, o nei festival annuali che portano il suo nome. Con lui se ne andò una brava persona e un compositore, ma la sua opera rimarrà viva per sempre e il suo ricordo sarà legato e benedetto dal potere della trasmissione e permanenza nella musica. Un legame che hanno ereditato cantautori veterani e principianti che militarono e militano la canzone nella protesta e nella difesa della giustizia.

Cile, 11 settembre 1973. La lezione del golpe


Il golpe in Cile interruppe tragicamente un’esperienza a cui molti guardavano con interesse e simpatia. Soprattutto spazzò via la speranza che la sinistra potesse raggiungere il potere per via pacifica, tramite elezioni.

La ragione dell’enorme impatto emotivo conseguente al colpo di stato dell’11 settembre 1973 in Cile risiede non solo nella feroce repressione che ne seguì, ma soprattutto nel fatto che il golpe interruppe tragicamente un’esperienza a cui molti guardavano con interesse e simpatia. Ne scaturì un vivace dibattito politico che dura tuttora.
Il golpe spazzò via le speranze che anche nel “cortile di casa” degli Stati Uniti la sinistra potesse raggiungere il potere per via pacifica, tramite elezioni.


I drammatici fatti cileni costituirono il presupposto per l’elaborazione, da parte del vertice del PCI, della strategia del compromesso storico: Berlinguer ne trasse infatti la conclusione che alla sinistra, per governare, fosse necessario un accordo con le forze cattoliche e moderate.

Più di recente la sinistra neoliberista ha fatto ricadere le responsabilità politiche del colpo di stato cileno sull’”estremismo massimalista” di coloro che avrebbero spinto per una radicalizzazione dell’esperienza di governo di Unidad Popular provocando in questo modo l’ostilità delle classi medie e delle masse cattoliche e la reazione degli Stati Uniti e del capitale internazionale.

La morale sarebbe che non è possibile alcuna vera alternativa e che una sinistra di governo non può alienarsi il consenso dei “poteri forti”.

In realtà per quanto Allende sia stato un politico di grande statura morale, vi furono errori politici clamorosi del gruppo dirigente di Unidad Popular che si rilevarono decisivi.

A proposito delle nazionalizzazioni va ricordato innanzitutto che quelle più importanti (delle miniere di rame, carbone e ferro) furono votate all’unanimità dal Parlamento cileno l’11 luglio 1971 e quindi è difficile descriverle come una trovata bizzarra di settori estremisti.

Va anche detto che poco prima, il 4 aprile il 36% delle elezioni dell’anno precedente era già diventato il 51%, a dimostrazione del fatto che le misure a difasa delle classi meno abbienti riscuotevano grande consenso.

Che successe dopo?

Era chiaro fin dalla investitura di Allende che i fascisti cileni, gli USA e i loro servizi segreti, le multinazionali puntassero al golpe. Ma Allende credette che un assoluto legalitarismo potesse costituire una strategia difensiva efficace contro i golpisti: pensava che non dando adito a pretesti il golpe non ci sarebbe stato.

Non capì che ai suoi avversari interessava ben altro che la legalità del governo cileno...

Fu quindi trascurata o addirittura osteggiata la creazione di organismi di contropotere e di controinformazione (eppure per le elezioni del 1970 erano nati ben 15mila comitati di UP, diffusi in modo capillare in tutto il paese) e fu votata una legge per “il controllo delle armi” che fu usata dalle forze di polizia a senso unico contro le organizzazioni di sinistra, mentre i terroristi fascisti di “Patria e Libertà” avevano piena libertà di movimento.

Non si mise in atto alcuna strategia efficace per assumere il controllo delle Forze Armate, o perlomeno per dividerle. Appena 20 giorni prima del golpe il generale Pratts, uno dei pochi ufficiali di vertice leali al governo, si dimise cedendo alle pressioni delle lobby fasciste indicando come suo successore proprio Pinochet.

Di fronte alle difficoltà provocate dalla strategia golpista (attentati, serrate, provocazioni) si cominciò a fermare il processo di trasformazione, causando la demoralizzazione dei militanti e la diminuzione del consenso popolare.

A rafforzare questa interpretazione può essere paragonato l’esito del golpe in Cile con quello del golpe in Venezuela dell’aprile 2002.

Fatti i debito distinguo (certamente la situazione internazionale non è la stessa) si vede che in Venezuela, di fronte a una strategia golpista del tutto simile, le forze popolari hanno reagito e l’esercito non ha seguito i generali promotori della ribellione.

Come scrive Gennaro Carotenuto “I motivi del rovesciamento della fortuna golpista vanno ricercati dunque nel campo popolare e nell'evoluzione delle forme di militanza, nel modello di stato inclusivo alla base della Costituzione bolivariana, nei meccanismi partecipativi che innescano il senso di cittadinanza, nel diverso ruolo dei partiti”.

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Salvador Allende (2004), di Patricio Guzman
Il cineasta cileno Patricio Guzman ha realizzato un vero e proprio ritratto filmato della figura del Presidente cileno Salvador Allende (Valparaìso 1908-Santiago del Cile 1973), alternando materiali d’archivio a riprese effettuate nella contemporaneità, attraverso l’utilizzo di interviste (giornalisti, politici, ma anche operai), di discorsi del Presidente, e delle testimonianze dei familiari.

Interessante l’edizione della Feltrinelli, distribuzione Fandango, dove nei contenuti speciali è presente un altro film di Guzman, La memoria ostinata (1997). All’interno del cofanetto è presente anche un libro, ormai marchio di fabbrica delle edizioni Feltrinelli, dal titolo Companero Presidente a cura di Danilo Manera, il quale raccoglie testimonianze e racconti di scrittori cileni, riportando, inoltre, alcuni degli ultimi messaggi del Presidente.

Questo film ha vinto il premio come miglior documentario al Festival di Lima nel 2004. Nello stesso anno ha concorso anche al festival di Cannes e di Locarno, nella selezione ufficiale.

La trama del film
Come più volte ho sottolineato, imbattendomi nella recensione di documentari, risulta difficile definire e delineare una trama in senso classico, a maggior ragione se il documentario viene realizzato manipolando vari filmati, utilizzando lavori altrui, e soprattutto mischiando materiale d’archivio con riprese attuali.

In questo modo il lavoro di Guzman risulta un accorato riesame della figura del Presidente cileno Allende: dall’infanzia alla laurea in medicina (parentesi che lo avvicinò alla povertà e alle malattie), dai primi approcci alla politica all’ascesa al potere il 5 settembre del 1970, sino al fatidico 11 settembre cileno del 1973, dove un golpe di Stato decretò la fine del sogno del socialismo allendiano.

Attraverso varie testimonianze attuali, familiari, amici, ma anche persone comuni (avvicinate dal regista addirittura porta a porta, “alla Michael Moore”), Guzman tenta di elaborare una sorta di diario del ricordo, raffigurando la figura di El Chicho (soprannome dato ad Allende in gioventù) non solo attraverso l’operato dello stesso, ma anche attraverso la memoria e gli insegnamenti che il Presidente ha lasciato nell’immaginario comune.

E’ davvero interessante notare come Guzman arrivi a domandarsi se la figura di Allende abbia inciso nella memoria dei cileni, poiché nel cammino delle riprese incontra anche indifferenza e contrarietà. Inoltre l’autore sottolinea come il documentario sia l’unica opera tendente a fare luce su Allende, sui suoi insegnamenti, e soprattutto sulla sua morte, dove aleggiano ancor oggi misteri mai svelati.

Sono oramai appurate le “interferenze” (per utilizzare un termine moderato) della C.I.A., e del presidente Nixon, come testimonia del resto all’interno del documentario lo stesso ex-ambasciatore americano a Santiago del Cile al tempo dei fatti.

Considerazioni
Come ho rimarcato precedentemente l’opera di Guzman risulta affettuosa, sincera, vissuta con sensibile partecipazione. Questi sono gli stessi sentimenti che l’autore provò trent'anni prima, a cospetto della figura di Allende e dei suoi precetti politici, e soprattutto morali. Successivamente Guzman verrà imprigionato durante la tremenda dittatura di Pinochet.

Ci si riconosce sentimentalmente nell’operazione del regista cileno. Non si ha scelta, ponendosi davanti ad una figura politica del genere, maledettamente assente al giorno d’oggi. Allende, infatti, uomo vicino al popolo, fervente sostenitore di una democrazia socialista, audace portatore di valori etici, fu uno degli uomini che contribuì a cambiare la politica, e il potere di pochi, rivolgendosi alle masse, ascoltando le voci delle classi meno abbienti, utilizzando sempre come strumento di lotta politica la “rivoluzione” pacifica.

Fu questo tipo di approccio che scalfì la Storia politica sudamericana e mondiale, in quanto unico (o meglio uno dei pochi) tentativi rivoluzionari di ascesa al potere senza armi. Quelle armi che, sotto l’egida dei capi militari, tra cui Pinochet, e sotto la regia statunitense nixoniana, lo fecero capitolare nel settembre del 1973, con il bombardamento de “La Moneda”, residenza del governo.

Piuttosto di cadere in mano ai golpisti Allende si tolse la vita, sparandosi un colpo in testa. E’ questo forse uno dei pochi peccati che viene riconosciuto allo statista. Molti, infatti, ritengono che il corso della dittatura sarebbe stata più lieve con Allende in vita.

Stupendo il finale. Il poeta Gonzalo Millan, dopo i terribili fatti del settembre ’73, recita una poesia dove gli avvenimenti sembrano andare a ritroso, ricomponendosi come se non fossero mai accaduti. In sostanza Guzman chiede di ricordare e di non dimenticare il credo allendiano di una vita “mas justa y mas libre”.

da Indymedia

BOB MARLEY & GILBERTO GILL - THREE LITTLE BIRDS



Three Little Birds

Don't worry about a thing
'Cause every little thing
Gonna be alright
Singin' don't worry about a thing
'Cause every Iittle thing
Gonna be alright
Rise up this morning
Smiled with the rising sun
Three little birds
Beside my door step
Singin' sweet songs of melodies pure and true
Singin'
This is my message to you oh oh
Singin'
Don't worry about a thing
'Cause every little thing gonna be alright
Singin' don't worry about a thing
'Cause ev'ry little thing gonna be alright


Tre Uccellini

Non preoccuparti di nessuna cosa
Poiché ogni piccola cosa
Andrà per il verso giusto
Sto cantando non preoccuparti di nessuna cosa
Poiché ogni piccola cosa
Andrà per il verso giusto
Stamattina mi sono alzato
Ho sorriso al sole nascente
Tre uccellini
Oltre l'uscio di casa
Cantando dolci canzoni con melodie pure e vere
Cantando
Questo è il mio messaggio per te oh oh
Cantando
Non preoccuparti di nessuna cosa
Poiché ogni piccola cosa andrà per il verso giusto
Cantando non preoccuparti di nessuna cosa
Poiché ogni piccola cosa andrà per il verso giusto

Loro giocano a fare la guerra e gli altri muiono - 11 settembre 2001: il giorno del terrore

Alle 8 e 45 dell'11 settembre 2001 un Boeing 767 della United Airlines si schianta su una delle Torri Gemelle di New York. Poco dopo un secondo aereo colpisce la Torre Sud, mentre un terzo aereo si schianta sul Pentagono, sede del Dipartimento della Difesa, a Washington.
Un quarto aereo con 45 passeggeri a bordo precipitera' poco dopo in Pennsylvania vicino a Pittsburg.
E' l'inizio del giorno più lungo e doloroso nella storia degli Stati Uniti d'America, mai colpiti così duramente al proprio interno da un attacco suicida, immediatamente paragonato a Pearl Harbour. Ma le vittime stavolta sono molte di più.

CRONOLOGIA

N.Y. - Ita.

8:45 14:45 Un aereo di linea si schianta contro una delle due torri gemelle del World Trade Center a New York

9:05 15:05 Secondo impatto: un secondo velivolo si abbatte contro l'altra torre del World Trade Center

9:18 15:18 Il presidente George W. Bush cancella gli impegni della mattinata

9:20 15:20 Giunge la notizia che l'Fbi era stato messo in allerta per il possibile dirottamento di un aereo poco prima delduplice impatto

9:28 15:28 Fonti del governo parlano di un attentato

9:30 15:30 Evacuata la Borsa del Nymex e il New York Mercantile Exchange

9:32 15:32 Wall Street rinvia l'apertura delle contrattazioni.

9:33 15:33 Uno dei due aerei era un Boeing 767 delle American Airlines dirottato da Boston

9:35 15:35 Evacuata anche Wall Street

9:36 15:36 Primo bilancio delle vittime: si parla di sei morti e di un migliaio di feriti

9:40 15:40 La polizia avverte che un terzo aereo potrebbe avvicinarsi alle due torri

9:42 15:42 Rivendicazione: la tv di Abu Dahbi attribisce l'attentato al Fronte Democratico per la liberazione della Palestina

9:45 15:45 Evacuata la Casa Bianca. Colpito il Pentagono: un aereo precipita sull'eliporto, causando il crollo di un'ala dell'edificio, che s'incendia

9:47 15:47 Evacuati il dipartimento al Tesoro e edifici circostanti

9:48 15:48 Incendio sul Mall di Washington, di fronte alla Casa Bianca. Wall Street annulla l'apertura

9:49 15:49 Evacuati il Congresso e il ministero del Tesoro a Washington

9:53 15:53 Incendio al dipartimento alla Difesa che viene fatto evacuare.

9:53 15:53 La Federal Aviation Administration chiude tutti gli aeroporti USA

10:00 16:00 Nuova enorme esplosione su una delle torri gemelle del World Trade Centre. Il personale dell'Onu scende per precauzione nei sottosuoli.

10:03 16:03 Il Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp) smentisce di essere responsabile degli attentati. Evacuazione del grattacielo Sears a Chicago.

10:07 16:07 Crolla il grattacielo colpito per primo

10:08 16:08 Il segretario di Stato Colin Powell lascia il Perù dove si trova per l'assemblea generale dell'Osa e rientra negli Usa

10:11 16:11 La rete tv NY1 informa che il secondo aereo che ha colpito il Wtc è stato dirottato dall'aeroporto di Boston ed era della United Air Lines.

10:20 16:20 Evacuato anche il palazzo di Vetro, sede dell'ONU

10:27 16:27 Tutti i voli transatlantici per gli Usa sono dirottati sul Canada.

10:28 16:27 Crolla anche la seconda torre del World Trade Centre.

10:28 16:28 Incendio davanti al dipartimento di Stato a Washington: corre voce che sia stata un'atuobomba

11:34 17:34 Reso noto il numero dei passeggeri dei due jet dirottati in totale, 156 persone erano a bordo

11:36 17:36 Un funzionario del dipartimento di Stato smentisce che una autobomba sia esplosa davanti alla sede del ministero

12:26 18:26 Terzo crollo a New York: un palazzo vicino al World Trade Center si abbatte al suolo

12:39 18:39 Sono migliaia tra morti e feriti. Emergenza sangue negli ospedali


A UN MESE DALL'ATTENTATO: INTERVISTA AL PROFESSOR PAOLO FASOLI

Paolo Fasoli, abruzzese, vive da sette anni a New York; da un anno ha lasciato Manhattan, allontanandosi dal centro per vivere nei sobborghi della metropoli. Insegna Letteratura Italiana alla City University of New York; lo abbiamo sentito per telefono pochi minuti prima che si recasse in classe per una lezione sui sui consigli che Paolo Sarpi, il sacerdote servita che fu cronista del Concilio di Trento, elargiva alla Serenissima in merito ad alcuni libri che, benché vietati, circolavano clandestinamente. Dalla censura barocca passiamo, immediatamente, alla censura sui media richiesta dal Consigliere del Presidente Bush, Condoleeza Rice, in merito alla circolazione delle dichiarazioni di bin Laden nei media statunitensi.

Come ha reagito New York alla censura sulla stampa?

New York è una città smaliziata, che ha sempre mal digerito il conformismo. Ma in questa situazione lo "spirito patriottico" prevale. Però, e non lo dico a titolo personale, cominciamo a stufarci di vedere la stampa imbavagliata, le Tv obbedienti, il giornalismo investigativo sacrificato... speriamo soltanto che tutto questo non duri ancora a lungo...

Si può tracciare un consuntivo a un mese dal disastro, mentre su Kabul piovono le bombe di "Libertà duratura"?

Cominciamo dalla fine: le operazioni militari trovano una quasi totale approvazione, però è vivo il dubbio, e diffuso, che noi, qui, non sappiamo davvero tutto quello che succede, né quello che è successo l'11 settembre. Ripeto: l'informazione conformista, seppure per ragioni di stato, non può che alimentare questa sensazione di nebulosità che avvolge la realtà dei fatti. Poi c'è questo mese, trascorso in cerca di una normalità che - contrariamente a quanto si è potuto leggere sulla stampa italiana - non ha tardato a ritrovare i percorsi e i gesti di ogni giorno.

Vuole dire che oggi Manhattan è tornata come il giorno prima dell'attentato?

No. La tensione è ancora tanta. Ma se nei giorni immediatamente successivi al disastro ogni rumore proveniente dal cielo poteva gettarci nel panico, oggi non è più così. Se allora le strade erano pressoché deserte, oggi siamo tornati a lavorare, a vivere la nostra città, a frequentare i bar... Leggendo qualche quotidiano italiano - le scene granguignolesche e l'«olezzo dei morti che giungeva fino ai ristoranti del "Village"», come ho letto da qualche parte - difficilmente potrete farvi un'idea della facilità e della semplicità con la quale la gente di questa città ha ripreso il suo posto in ufficio, a casa, a scuola...

Torniamo a un mese fa: come apprese la notizia?

Questo è un episodio molto global, o forse glocal, come si dice. Quella mattina, una splendida mattina di settembre, col cielo azzurro e l'aria calda, lessi la notizia in internet, su "repubblica.it", il sito del quotidiano italiano; soltanto successivamente accesi la Tv, assistendo alla tragedia. Fu così che decisi di raggiungere Manhattan, e da una strada sopraelevata, in macchina, vidi la seconda torre venire giù. In quel momento mi accorsi che la prima non c'era già più...

Veniamo alla politica: la leadership di Bush appare rafforzata, quella di Giuliani addirittura indiscussa.

Bisogna distinguere: Bush, in un momento di paura, di crisi, di tensione ha trovato perfino l'appoggio, palese e pubblico, di Clinton, e questo a New York non vuol dire poco. Giuliani, dal canto suo, ha avuto l'intelligenza di buttarsi a capofitto negli impegni straordinari dell'amministrazione di una metropoli ferita nell'orgoglio e nei beni, nei sentimenti della gente. La sua leadership è stata quasi naturale, senza avversari. Ma il sindaco ha commesso un errore: quello di chiedere l'estensione del mandato.

Non le sembra naturale ina una situazione di emergenza?

No, per niente: in America non esiste una legislazione d'emergenza, non esistono regole d'emergenza: la Costituzione è una e non può essere cambiata. La richiesta di Giuliani è stata avvertita come una caduta di stile, e la stampa, il New York Times come il Wall street Journal, non hanno mancato di rimproverarglielo.

Eppure le regole dell'economia sembrano infrante, almeno dal punto di vista liberista. L'intervento dello Stato sull'economia in crisi è stato pesante...

È vero. In questo campo gli aiuti concessi soprattutto alle compagnie aeree non hanno precedenti; ma l'economia non c'entra coi principi della Costituzione. E poi bisogna sconfiggere la paura della crisi, della crisi economica.

Un'ultima domanda, professore: dopo l'attacco agli Usa ha mai pensato di lasciare New York?

No, mai. All'inizio ero attonito, spaventato. Mi offersi come volontario per lavorare agli scavi, ma ce n'erano già troppi; come donatore di sangue, ma il problema era risolto. E poi - forse non ci crederà - anche le minacce terroristiche di ulteriori, possibili attacchi, qui le prendono con un fatalismo inaspettato, e anch'io faccio così: come posso reagire altrimenti? In fin dei conti mi sembra che - nonostante tutto - la reazione della nazione americana sia stata molto matura: gli episodi di intolleranza contro gli arabi americani, qui, sono stati davvero episodici, e non certo perché l'ha chiesto Bush. Insomma: non mi sento del tutto tranquillo, ma non troverei davvero ragioni sufficienti per lasciare la metropoli tanto americana, la meno americana d'America.


DA VICINO: LE TESTIMONIANZE DEI SOPRAVVISSUTI

Gli strazianti dettagli della vicenda umana dei passeggeri coinvolti negli attacchi terroristici di ieri stanno emergendo oggi.

SOCCORSI A QUATTRO ZAMPE
Questa volta l'eroe di turno non indossa nessuna divisa. E' un eroe a quattro zampe di tre anni di età. Una Labrador dal pelo biondo, di nome Roselle che ha portato in salvo il suo padrone cieco facendolo scendere per 78 piani all'interno di una delle Torri Gemelle. "Lei è una dei nostri eroi", ha detto un anchorman sollevandola e mettendola davanti alle telecamere. La storia è questa: durante il primo attacco contro la Torre Nord di New York, Mike Hingson si trovava all'interno del grattacielo. L'uomo, un non vedente di 51 anni, si e' lanciato per le scale grazie all'aiuto della sua cagnolina che lo ha fatto scendere senza paura, tra fumo e grida, per 78 piani. "Non ha mai avuto un momento di esitazione, mai un momento di panico. Gradino dopo gradino, lungo il muro mi ha portato alla salvezza", ha raccontato Hingson.


FRATELLI
Una donna irlandese di 45 anni e sua figlia di quattro muoiono nello schianto contro una delle due Torri Gemelle dell'aereo dirottato a bordo del quale si trovavano. Il fratello della donna appena entrato nel World Trade Center al momento dell'attentato sopravvive miracolosamente. È questa una delle tante storie di assurde coincidenze arrivate da New York, colpita al cuore ieri da due devastanti attentati terroristici. Secondo quanto raccontato dai familiari, Ruth McCourt e sua figlia Juliana, di origine irlandese, erano partite ieri mattina da Boston dirette a Los Angeles con il volo 175 dell'United Airlines, il primo lanciato dai kamikaze contro le Torri Gemelle. Al momento dello schianto, il fratello della donna, Ronnie Clifford, era appena entrato nel World Trade Center: aveva da poco varcato la porta d'ingresso al piano terra quando, racconta un altro fratello, John, "la donna che si trovava appena davanti a lui è stata colpita da una palla di fuoco". "Ronnie - racconta ancora il fratello, intervistato dalla radio irlandese Rte - ha preso una sorta di tovaglia e l'ha buttata addosso alla donna e mentre lo faceva ha sentito un'altra esplosione e un sacco di gente trascinare lui e la donna fuori. Penso che lei sia morta". John Clifford dice che la sua famiglia è devastata dalla tragedia: "Vedere due aerei schiantarsi contro due edifici e poi scoprire che a bordo c'erano tua sorella e tua nipote è una cosa assolutamente terrificante". Ruth McCourt, originaria di Cork, nel sud dell'Irlanda, viveva insieme alla figlia nel Connecticut.

INSIEME NEL VUOTO
L'ultimo volo hanno voluto farlo insieme. Giù da una delle Torri, 300 metri nel vuoto, mano nella mano verso la morte. Nessuno sa chi fossero, ma decine di testimoni oculari sono certi di aver assistito all'epilogo drammatico di una storia d'amore, nel giorno della strage. I corpi dell'uomo e della donna che hanno scelto di morire uniti, mentre precipitavano dal grattacielo in fiamme, sono scomparsi insieme ai resti migliaia di altri, sotto le macerie delle Torri distrutte. Da quelle macerie, all'indomani dell'attentato, escono per ora solo brandelli irriconoscibili, arti, pietosi resti umani. Le scene delle persone aggrappate alle finestre e costrette a scegliere tra due morti certe, quella delle fiamme e quella del salto nel vuoto, hanno sconvolto New York quanto i filmati che catturano il momento in cui gli aerei si infilano dentro le Torri. "Saltavano dalle finestre, uno dopo l'altro - racconta Nancy Joyner, un'addetta alle pulizie del World Trade Center - prima uno, poi due, poi decine di corpi". Edwin Moore, un muratore che stava lavorando in un cantiere vicino, aggiunge un altro frammento dell'orrore: "Ho visto un uomo che ha tentato di scendere aggrappandosi alle pareti esterne del grattacielo. Ha resistito scivolando forse per tre piani, poi e' volato giù. Era sicuramente oltre l'80mo piano". Dentro i grattacieli, pochi minuti prima del crollo, i vigili del fuoco raccontano di aver sentito "urla indescrivibili". "Si sentiva la gente gridare, dai piani più alti - racconta Matt Tansey, 27 anni - ma improvvisamente abbiamo cominciato a sentire un altro rumore. L'acciaio che si piegava, un rombo come di un terremoto e di un'esplosione uniti insieme". "Abbiamo sentito il grattacielo accartocciarsi su se stesso - dice un altro pompiere, Mike Miraglia - e siamo fuggiti. Mentre la gente lassù gridava, gridava... Non dimenticherò mai quelle urla".

ULTIMI SQUILLI
"Aiuto, ci stanno sgozzando!" Barbara Olson, ex procuratore federale e commentatore politico conservatore, la giornalista che ha chiamato il marito sul suo cellulare nei drammatici minuti del dirottamento del volo per Los Angeles precipitato sul Pentagono, sarebbe dovuta partire lunedì, ma aveva deciso di rinviare la partenza di un giorno per fare colazione con il marito il giorno del compleanno di lui. È stata lei, nella sua prima telefonata, a riferire che i dirottatori, armati solo di coltelli, avevano fatto spostare tutti i passeggeri nella coda del velivolo. Oltre alla Olson, che ha chiamato il marito Ted, avvocato dello stato, per chiedergli assistenza, mentre era in corso il dirottamento dell'aereo che si è schiantato sul Pentagono ("Che cosa devo dire al pilota di fare?", sono state le sue ultime parole), anche Mark Bingham, 31 anni, che si trovava sul volo precipitato vicino Pittsburgh, ha chiamato la madre per dirle: "Volevo farti sapere che ti voglio bene". "Gli ho risposto che gli volevamo bene tutti", ha raccontato la madre Alice. "Dei quattro aerei dirottati il suo è il solo a non aver raggiunto l'obiettivo che i terroristi si erano prefissati - ha aggiunto. - La nostra sola consolazione è pensare che Mark possa essere riuscito ad opporsi a quella gente". Un altro passeggero del volo precipitato in Pennsylvania era riuscito a chiudersi nella toilette dell'aereo e aveva chiamato il 911, il numero delle emergenze, dando l'allarme sul dirottamento. La trascrizione della telefonata, che riassume gli ultimi minuti di vita del passeggero, è al vaglio dell'Fbi.


SOLIDARIETA': I SOCCORSI E IL BILANCIO DELLE VITTIME

NY.com, il sito della città di New York, mette a disposizione un DataBase che contiene la lista dei superstiti al crollo del World Trade Center.
È aggiornata ogni mezz'ora, e permette agli utenti di rintracciare le persone eventualmente scomparse. Una lista di vittime e dispersi anche sul sito della CNN.

L'ultimo bilancio dell'attacco contro le torri gemelle di New York è di 5.366 persone scomparse. Secondo i dati forniti dalla polizia della città al "Ground zero" sono stati recuperati 380 corpi, di cui 321 sono stati indentificati. La società che ha perso il maggior numero di dipendenti è la cantor Fitzgerald, con 700 vittime. A questa seguono il dipartimento dei pompieri di New York, con 343 morti; la compagnia di assicurazioni Marsh and McLennan, con 315 dipendenti finiti sotto il crollo; la Aon con 200 scomparsi. L'attentato al World Trade Center ha provocato danni per almeno 105 miliardi.

Secondo il Dipartimento della Difesa il bilancio delle vittime del pentagono e' di 126 persone

da RaiNews24

LAMPEDUSA : DALL'11 AL 19 SETTEMBRE, CONVEGNI, FESTIVAL E UNA MANIFESTAZIONE


LAMPEDUSA - Nell'isola divenuta simbolo della frontiera italiana e delle violazioni dei diritti fondamentali di emigranti e rifugiati, sta per iniziare una intensa settimana di mobilitazioni. Si parte con un convegno di due giorni nel week-end dell'11 e 12 settembre: "La frontiera del diritto. I diritti della frontiera", organizzato da Magistratura democratica, Medel, e Movimento per la giustizia - art. 3.A metà settimana poi apre i battenti la prima edizione del festival di film e video delle migrazioni e del recupero della storia orale “L’incontro con l’Altro”, organizzato da Recosol (Rete comuni solidali), Askavusa e Asgi, che avrà luogo dal 15 al 18 settembre sull'isola. On line trovate l'elenco delle opere selezionate. E poi, per concludere, ci sarà una manifestazione contro i respingimenti e le stragi in mare, il 19 settembre, promossa da Psimm – Società Italiana Medicina delle Migrazioni, Rete antirazzista catanese, ANLAIDS Sicilia e Asgi.

Per saperne di più:
La frontiera del diritto. I diritti della frontiera, convegno, Lampedusa, 11-12 settembre 2009
L’incontro con l’Altro, festival, Lampedusa 15-18 settembre 2009
Lampedusa Porta d'Europa, manifestazione, Lampedusa, 19 settembre 2009

da Fortress Europe

Genitori omosessuali: in Uruguay ora è possibile

L’Uruguay ha definitivamente adottato una legge che permette l’adozione da parte delle coppie omosessuali, diventando un’avanguardia per tutto il continente latinoamericano, e non solo.

La nuova legge estende un diritto che era già riconosciuto a livello individuale ed equipara le coppie omosessuali a quelle etero, pur rimanendo l’obbligo di dimostrare una convivenza di almeno cinque anni. Il matrimonio continua a essere vietato, ma l’Uruguay conferma la sua volontà pionieristica nel riconoscimento di molti diritti civili, come già avvenuto con il divorzio o il voto alle donne.

da Internazionale

L’Iran vicino alla bomba?

Secondo il New York Times, “l’intelligence americana è convinta che l’Iran abbia prodotto abbastanza combustibile nucleare da rendere possibile, per quanto rischiosa, la creazione di un’arma nucleare. Un altro rapporto indirizzato alla Casa Bianca sostiene addirittura che l’Iran abbia deliberatamente deciso di fermarsi pochi stadi prima della costruzione della bomba”.

“Nonostante l’Iran abbia sempre affermato di arricchire l’uranio solo a scopi pacifici”, continua il quotidiano statunitense, “dal 2007 esistono e prove che il governo di Ahmadinejad sta lavorando alla costruzione di una testata nucleare. Non si sa quanti mesi o anni saranno necessari perché l’Iran possa ultimare il suo programma nucleare, costruendo testate e missili a lungo raggio: molto dipende da quanto il governo iraniano è stato ed è distratto dalle proteste seguite alle contestate elezioni di questa primavera”.

Nei giorni scorsi l’Iran aveva aperto al dialogo con l’occidente, per bocca del ministro degli esteri Manouchehr Mottaki: “Abbiamo una nuova opportunità di dialogo e cooperazione bilaterale, e speriamo di poter organizzare dei confronti per discutere di nuove proposte”. La questione del nucleare, però, non è mai stata messa sul tavolo. L’inviato iraniano alle Nazioni Unite ha sgombrato il campo da ogni dubbio: “Siamo disponibili a una discussione serena e concreta riguardo vari problemi, compreso come combattere la proliferazione delle armi nucleari. Ma questi colloqui non riguarderanno il nostro programma”.

da Internazionale

Casa. I movimenti annunciano querele contro Il Messaggero


Lo spiraglio aperto nei giorni scorsi sembra richiudersi pericolosamente nelle ultime 24 ore. Da una parte, l’incontro con il sindaco, previsto per il prossimo 15 settembre, strappato dai movimenti di lotta per la casa dopo una settimana di proteste sui tetti dei Musei capitolini; dall’altra, ieri mattina, l’ennesimo sgombero di circa duecento persone che vivevano da due anni negli spazi dell’ex Museo della carta, in via Salaria, all’altezza del raccordo anulare. Un clima di incertezza e di paura che sembra la strategia preferita dalla giunta Alemanno. Ma non solo. In queste settimane, alcuni giornali della capitale si sono messi a disposizione di una campagna violenta contro le occupazioni abitative, riportando le “testimonianze” [sempre vaghe e anonime] su presunte denunce su estorsioni, violenze e minacce. In prima fila, ovviamente, i quotidiani Il Messaggero e Il Tempo, di proprietà rispettivamente di Franco Caltagirone e Domenico Bonifaci, esponenti di primo piano del potere immobiliare romano [una “coincidenza” curiosa: fu proprio Caltagirone, nel 1996, a vendere Il Tempo a Bonifaci per circa 70 miliardi di lire].

L’ultimo capitolo della campagna si trova nell’edizione odierna del Messaggero: il solito Davide Desario la spara grossa, scrivendo di “centocinquanta euro di pizzo per occupare una stanza”. Questa volta, l’articolo fa riferimento specifico all’occupazione dell’ex scuola 8 marzo [promossa dal Coordinamento cittadino], nel quartiere della Magliana. Si parte ovviamente dalla solita denuncia anonima, in questo caso di un cittadino eritreo che si sarebbe rivolto anche ai carabinieri. “Un’accusa inaudita – commenta Gabriele, uno degli occupanti della scuola di via dell’Impruneta – Una menzogna facilmente verificabile: si parla di 150 euro a persona, bambini compresi. Ma qui ci sono famiglie composte da tre o quattro persone, il che vorrebbe dire un esborso di circa 500-600 euro a nucleo familiare. Ve lo immaginate un precario o un disoccupato che occupa una casa per quella cifra?”.

Attualmente nella scuola 8 marzo abitano 40 famiglie; un terzo delle persone sono italiane, il resto cittadini stranieri. Il comitato d’occupazione ha presentato un progetto di riqualificazione, approvato in consiglio municipale all'unanimità, che prevede la trasformazione dei piani alti della scuola in edilizia popolare e il piano sottostante destinato a servizi e commercio. “La persona che viene citata nell’articolo – continua Gabriele - è un ex occupante che abbiamo allontanato qualche tempo fa a causa di comportamenti incompatibili con le regole della buona convivenza. Forse si tratta di una vendetta, ma non spetta a noi dimostrarlo. Sicuramente, invece, presenteremo una querela per diffamazione contro Il Messaggero”.

Reazioni indignate anche da parte di Action: “Le accuse di questi giornali sono surreali – Spiega Simona Panzino – Da noi si paga una tessera annuale di 15 euro e si versa ogni mese un piccolo contributo, per le spese di gestione, che viene stabilito in assemblea. Non abbiamo letto niente, invece, sulle vere truffe del Regina Elena operate durante la gestione del rettore Frati: tra queste, un’indagine della procura della repubblica sulla scomparsa di 100 milioni di euro stanziati dalla Regione negli anni novanta”. In questo clima, domani pomeriggio, ci sarà il corteo cittadino promosso da tutti i movimenti per il diritto all’abitare. “E’ chiaro il tentativo di criminalizzazione – conclude Irene Di Noto dei Blocchi precari metropolitani – Se si colpisce il movimento di lotta per la casa, si idebolisce una parte significativa dell’opposizione sociale nella città. I poteri forti stanno usando qualsiasi mezzo, anche la diffamazione a mezzo stampa. Ma questa volta la risposta sarà duplice: politica e legale”.

da Carta

Dichiarano di voler "accettare" gli zingari! Fermiamoli!

Il web è un mondo tanto vasto, che a quanto pare è possibile qualsiasi atteggiamento, lecito ed illecito. La protezione è più o meno garantita dalla enorme quantità di pagine web, nel quale è possibile nascondersi. Aprire un sito internet, o un blog, oppure una pagina di facebook è come essere una goccia d'acqua nell'oceano, confusa tra miliardi di altre gocce d'acqua. In questo ambiente è stato possibile incitare alla tortura dei clandestini, come giocare stupidamente alla caccia ai barconi dei migranti. Si arriva anche ad istigare alla più brutale violenza.

Girovagando su Facebook, mi imbatto in un manipolo di razzisti imbecilli, riuniti nel gruppo "noi ACCETTIAMO gli zingari", dove "accettiamo" sta per prendere ad accettate. Simbolo del gruppo, appunto, una grossa scure. Il gruppo si dice "dedicato a tutti quelli che..... sarebbero disposti ad accettare gli zingari del nostro paese...". Tra gli oltre 2000 iscritti, ovviamente molti fasci, croci celtiche, croci uncinate e, al solito, molti manifesti leghisti che danno lo spunto alle discussioni.

E facile immaginare i messaggi degli aspiranti assassini, scritti con il solito barbaro, povero e squallido lessico fascista e razzista. Frasi già lette e sentite del tipo: "tutti al rogo"; "accettiamo sti cazzo di zingari"; ecc. sono quelle che si leggono. Di più, questi bastardi fascisti non sanno dire, che hanno trovato in questa pagina di Facebook il luogo virtuale dove il branco si riunisce e, magari, uscito dal quale meschinamente agisce.

Di questi istigatori alla violenza, dichiarati razzisti e xenofobi, aspiranti accettatori e potenziali assassini, ci sono nomi e cognomi. Sicuramente stanno violando la Legge Mancino sulla discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Già solo per questo sarebbe il caso che organi giudiziari competenti intervenissero rapidamente. Intanto invito tutti ad inviare una sdegnata segnalazione a Facebbok affinchè rimuova il contenuto di quella pagina.

di Crocco1830 da Indyymedia

Bergamo-Ponteranica: "Via la targa per Peppino Impastato" Decisione shock del sindaco leghista


La biblioteca di Ponteranica, nel bergamasco, era stata dedicata al giovane ucciso dalla Mafia
La Picerno (Pd): "Solo politica intrisa di ideologia, la Lega si assuma le proprie responsabilità"
"Via la targa per Peppino Impastato"
Decisione shock del sindaco leghista

Peppino Impastato
BERGAMO - Il nuovo sindaco leghista di Ponteranica, in provincia di Bergamo, ha fatto rimuovere ieri la targa voluta un anno e mezzo fa dal suo precedessore di centrosinistra per dedicare la biblioteca civica a Peppino Impastato, giovane siciliano ucciso dalla mafia nel 1978.

"Meglio onorare personalità locali". Cristiano Aldegani, primo cittadino del paese lombardo, motiva l'iniziativa con il desiderio di onorare personalità locali, suscitando, però, la reazione degli esponenti locali del Pd e dell'associazione antimafia Libera. "Sono polemiche pretestuose - ribatte il sindaco - fatte da persone in malafede. C'è addirittura chi mi accusa di essere pro-mafia, è assurdo".

Le reazioni. Il Pd: "Sconcertante". La rimozione della targa è "sconcertante" commenta Pina Picierno, responsabile "Legalità" del Partito democratico. Secondo l'ex ministro-ombra, la Lega "fa politica con paraocchi ideologico". Una politica che, a suo parere, è "intrisa di ideologia e di interessi localistici, che dividono e indeboliscono il Paese. Negare la memoria di un giovane ucciso dalla mafia non trova giustificazioni. La Lega si assuma le proprie responsabilità e sia coerente".

L'Idv: "Un gesto incivile". Si associa alle proteste anche il capogruppo dell'Idv alla Camera Massimo Donadi: "Rimuovere la targa è un gesto incivile, uno schiaffo alla memoria di chi ha combattuto contro la mafia a costo della propria vita. Siamo indignati da una decisione che offende la coscienza collettiva di tutta l'Italia perché la lotta contro il crimine non è una questione territoriale".

La precisazione del sindaco. Il sindaco, di contro, precisa che l'iniziativa della Giunta "non ha alcuna motivazione diversa" da quella di valorizzare personalità locali, come il sacerdote Giancarlo Baggi, al quale sarà presto ridedicata la biblioteca. A fine giugno, dieci giorni dopo le elezioni, c'era stato anche un incontro, che lo stesso Aldegani definisce "cordialissimo", con i rappresentanti locali di Libera. In quell'occasione si era parlato di un'eventuale manifestazione "riparatoria" dedicata ad Impastato. Tuttavia, oggi il sindaco fa un passo indietro spiegando che prima di riproporre l'idea della manifestazione dovrà sentire "la volontà della Giunta e della maggioranza".

fonte La Repubblica
da Indymedia

RIFLETTENDO INSIEME (Con Obama e Sepulveda, su come può cambiare il mondo)

1) "Ora, tutto calcolato, il piano che io propongo costerà circa 900 miliardi nei prossimi 10 anni, meno di quello che abbiamo speso nelle guerre in Iraq e in Afghanistan; e meno della riduzione di tasse approvata al principio della precedente amministrazione per pochi americani ricchi […] La classe media avrà più sicurezza, non tasse più alte".
[Il presidente statunitense Barack Obama, presentando il suo piano per una diffusa e accessibile assistenza sanitaria nazionale


2) "In America Latina la gente ha più speranza che in Europa; Lula ha fatto fare passi da gigante al Brasile, con Michelle Bachelet presidente il Cile ha recuperato una normalità di cittadinanza. In Italia invece molti hanno smesso di essere cittadini per diventare telespettatori".

[Lo scrittore cileno Luis Sepulveda, parlando al Festival di Letteratura di Mantova, dove, in una giornata riservata ad autori 'esuli e migranti' è stata presentata l’ultima sua opera, il romanzo “L’ombra di quel che eravamo”, "storia della sua generazione - scrive Alessandra Muglia sul 'Corriere della Sera' per anni schiacciata dalla dittatura, che ha patito il carcere e ha visto infranti i propri sogni, ma che ancora cerca il riscatto.]

da Misna

SACRA CORONA UNITA: 38 ARRESTI PER LA RESA DEI CONTI

Carabinieri dei Ros e polizia di Lecce hanno eseguito gli ordini di custodia cautelare in carcere per fatti di sangue dal 1989 al 2002. Le indagini hanno fatto emergere nuovi volti per vari episodi

LECCE – La città è stata svegliata all’alba del 09/10 dal fragore sordo delle pale degli elicotteri di polizia e carabinieri che annunciavano l’esito dell’ultima operazione congiunta, quella che, usando i concetti del procuratore capo Cataldo Motta, ridisegna e definisce con più chiarezza il panorama degli anni bui del Salento, quando in seno alla Sacra corona unita si usava risolvere le frequenti dispute territoriali nel sangue. Si colmano alcuni buchi, dunque, nell’ambito della corposa inchiesta che s’insinua all’interno dell’ormai noto filone ribattezzato “Maciste” ed emergono volti nuovi in seno a fatti per i quali esistono già condanne, anche con sentenza irrevocabile.

Le indagini, condotte dalla squadra mobile di Lecce e dai carabinieri del Ros, hanno dunque acceso un nuovo faro sui principali capi storici della frangia leccese della Scu, attualmente detenuti. Tra questi: Giovanni De Tommasi, Mario Tornese, Angelo Tornese, Salvatore Rizzo, Bruno De Matteis, Remo De Matteis, Claudio Conte e Marcello Dell’Anna. L’analisi ha preso le mosse nel 2002 ed ha permesso di ricostruire, anche sulla base delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, i moventi, gli autori e i mandanti di oltre diciotto omicidi e dieci tentati omicidi. Tutti fatti commessi durante la guerra di mafia che determinò lo scontro armato per il controllo del territorio. Tra il 1987 ed il 2002, furono contrapposti gli storici sodalizi leccesi De Tommasi e Tornese e successivamente all’interno dello stesso clan De Tommasi, i gruppi “Toma-Cerfeda” e “Pellegrino-Presta-Vincenti”. Con l’operazione di oggi, la mappa si amplia e l’autorità giudiziaria, concordando con le risultanze di squadra mobile e Ros, ha emesso il provvedimento di custodia cautelare a carico di 38 persone, molte delle quali già in carcere. La firma del gip arriva su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Lecce. I capi d’imptuazione: omicidi e tentati omicidi aggravati dal metodo mafioso.

Tanti, dunque, gli episodi di riferimento. Si parte dall’assassino di Italo Pinto, avvenuto a Lecce il 12 febbraio del 1987. Pinto, ritenuto un affiliato alla Scu, sarebbe stato ucciso su mandato dell’allora capo Antonio Dodaro per dissidi nell’ambito dell’organizzazione nel traffico di stupefacenti. Il fatto è stato attribuito dagli inquirenti a Fabrizio Bernardini, Giovanni De Tommasi, Massimo Mello e Mario Tornese. Si tratta di un omicidio che ha fatto, per certi versi, scuola. “Siamo nella prima fase, quella dell’affermazione sul territorio - ha spiegato il procuratore Motta – con l’eliminazione della vecchia guardia della malavita locale”. Nello stesso ambito, rientra l’omicidio di Luigi Scalinci, del 19 gennaio 1989, scaturito nell’ambito del clan De Tommasi per il controllo delle attività illecite nella zona di Campi Salentina. L’episodio è stato attribuito in questo caso ad Alberto Agiolillo, Domenico Antonio Calabrese, Giovanni De Tommasi, Mario Margarito, Valerio Spalluto e Dario Toma. Ci sono poi i tentati omicidi ai danni di Francesco Politi (13 agosto 1989 e dicembre ’98), personaggio ritenuto già vicino al clan De Tommasi e successivamente sospettato di essersi alleato con il contrapposto clan Tornese nell’omicidio di Ivo De Tommasi, fratello del capo clan Giovanni. Il primo tentativo di eliminazione di Politi viene attribuito dalla Procura a Giovanni De Tommasi e Claudio Conte, il secondo a Dario Toma e Paolo Tomasi. In quest’ultimo caso, sarebbe risultato coinvolto anche Giuseppe Ricciardi, che però nel frattempo è deceduto.

Sotto la lente, poi, il tentato omicidio di Antonio Palazzo dell 22 agosto del 1989, quindi quello di Valerio Colazzo, con tentativo di eliminazione anche di Cristina Fema del 3 settembre 1989, a Campi. Per i casi Colazzo e Fema i fatti sono attribuiti a Dario Toma, Giovanni De Tommasi e Ciro Bruno. A questi episodi, si deve quindi aggiungere l’omicidio di Giuseppe Quarta (11 ottobre 1989), avvenuto in una località imprecisata e attribuito a Valerio Spalluto, Ciro Bruno e Dario Toma. Si tratta di personaggi, in tutti i casi, considerati già vicini al clan De Tommasi e ritenuti coinvolti a vario titolo nell’omicidio del già citato Ivo De Tommasi. Per l’assassinio di Quarta risultano già condannati con sentenza irrevocabile Giovanni De Tommasi, Francesco Taurino e Domenico Antonio Calabrese.

Sono del 15 ottobre del 1989, invece, l’omicidio di Piero Colapietro ed il tentato omicidio di Antonio Calcagnile, sulla strada che congiunge Porto Cesareo a Veglie. Per quei fatti Claudio Conte è stato già condannato, mentre vi è un’ulteriore attribuzione nei confronti di Giovanni Greco e di Sandro Angelelli, quest’ultimo indagato nel frattempo deceduto. Il tentato omicidio di Pietro Leo risale a qualche giorno dopo: era il 24 ottobre dell’89. Il 5 novembre dello stesso anno, quindi sempre dopo poco tempo, cadde sotto i colpi di fuoco Giovanni Corigliano: per questo episodio risultano già condannati Tonio e Cosimo D’Agostino ed ulteriore attribuzione è stata data a Giovanni De Tommasi, Antonio Pulli e Dario Toma.

A San Cesario, l’11 novembre, morì invece Donato Erpete: condannati Antonio Pulli e Claudio Conte, indagato Giovanni De Tommasi. Il 12 dicembre, in un’escalation continua di violenza, fu ucciso a Galatone Francesco Calcagnile. L’episodio è stato attribuito a Claudio Conte, Cosimo D’Agostino Franco Adriano, Antonio Pulli e Dario Toma. Risulterebbe anche in questo caso implicato il deceduto Sandro Angelelli. Il sangue tornò a versarsi nel 1990, quando il 28 maggio morì Maurizio Petrini. Il fatto è attribuito a Tommaso Guerrieri. Segue quindi l’omicidio di Ugo Causio, avvenuto a Nardò il 3 febbraio del 1991 insieme al tentato omicidio di Cosimo Basso, fatti addossati a Claudio Conte. Il duplice omicidio di Vincenzo Martena e Paolo Spada ed il tentativo di eliminazione di Giovanni Spada (Carmiano, 5 gennaio del 1993), sarebbero ascrivibili alla guerra di mafia tra i clan De Tommasi e Tornese e vengono attribuiti dagli inquirenti a Marcello Dell’Anna, Pietro Leo, Francesco Giovanni Monte e Fabio Perrone.

Scalpore fece anche, a suo tempo, l’omicidio di Romolo Morello, avvenuto il 15 luglio del 1991 a Lecce, maturato nell’ambito del clan Rizzo, su mandato del capo clan Salvatore Rizzo, ritenuto inaffidabile a seguito di alcune dichiarazioni fornite nell’ambito del primo maxi processo alla Scu all’autorità giudiziaria nei confronti di vari affiliati. Sarebbero coinvolti anche Luigi Catalano, Bruno e Remo De Matteis e Giovanni Prinari. Seguì, poi, l’assassinio di Roberto Valentini (Campi Salentina, 15 ottobre 1992) attribuito a Luciano Colazzo e Giuseppe Sirsi, quindi quello di Giuseppe Nacci (Lecce, 2 gennaio 1993) maturati nell’ambito del clan De Tommasi per la gestione delle attività illecite. In quest’ultimo caso, sono attribuiti a Massimiliano Pagliara e Fiorello Rapanà. Sono poi del 12 agosto del 1996, quindi, il tentato omicidio di Claudio Lo Deserto (attribuito a Massimo Nisi) e del 16 dello stesso mese l’omicidio di Ennio Zollino (attribuito a Fabio Tolentino e Realino De Mitri) e che sarebbero maturati nell’ambito del clan Lezzi per la gestione delle attività illecite.

Si arriva così, seguendo un rigido ordine cronologico, all’eliminazione di Antonio Filieri (Nardò, 2 settembre 1997), scaturito per dissidi nella gestione delle attività illecite del clan Dell’Anna ed attribuito a Giuseppe Durante, Giuseppe Fiorito e Raimondo De Simone, poi ai tentati omicidi di Paolo Tomasi (luglio 2000) e Sergio Notaro (28 luglio 2000), maturati nell’ambito del clan De Tommasi nel periodo di reggenza di Dario Toma. Nel primo caso sarebbe coinvolto Nicola Luperto, nel secondo Fabio Schiavone (oltre, ovviamente, ai due stessi interessati, in una sorta di tiro incrociato).

L’operazione di oggi rappresenta, dunque, la prosecuzione di ulteriori due attività investigative che hanno generato nel 2005 e nel 2006 diversi provvedimenti di custodia cautelare. Il 12 luglio del 2005, la sezione del gip del Tribunale di Lecce ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Salvatore Caramuscio e altri dodici, in relazione a vari episodi delittuosi scaturiti nell’ambito dello scontro armato tra i gruppi “Toma-Cerfeda” e “Presta-Pellegrino-Vincenti”. Si tratta dell’omicidio di Roberto Scippa, avvenuto a Lecce il 5 marzo del 2001, del tentato omicidio di Giuseppe Vincenti (avvenuto a Surbo tra il 20 gennaio ed il 15 giugno del 2000, del tentato omicidio di Valerio Paladini (Surbo, 8 novembre 2000), dell’omicidio di Willam Vincenti (Surbo, 7 maggior 2002), di quello di Andrea Pisa (Surbo, 15 agosto 2002) e della tentata estorsione ai danni di Gianfranco Spedicati.

Il 16 giugno del 2006 è quindi arrivato l’arresto di Oronzo Cagnazzo e di altri sette, per ulteriori episodi di mala scaturiti nell’ambito dello scontro tra i gruppi “Toma-Cerfeda” e “Presta-Pellegrino-Vincenti”. In questo caso, il sequestro di persona di Roberto Maggio e Carmelo Giordano (fatti avvenuti a Surbo tra il 4 e 5 febbraio del 1999), il tentativo di omicidio di Mario Perrone (Surbo, 11 febbraio 1999), l’attentato dinamitardo ai danni dell’Unione sportiva di Trepuzzi del 14 febbraio 1999, un altro tentato omicidio, quello di Maurizio Macella (Trepuzzi, 20 febbraio 1999), gli attentati dinamitardi contro la “Stockhouse”, riconducibile a Dario Toma (Lecce, 24 e 27 febbraio 1999), il duplice omicidio di Cosimo Conversano e Gianfranco Gianfranco Fantastico, quelli, tentati, di Giuseppe Ricciardi, Ivan Cipponi ed Ezio Immorlano (Squinzano, 18 gennaio 1999) e l’omicidio, alla fine eseguito, del già citato Ricciardi, avvenuto nella marina leccese di Casalabate il 29 luglio 1999. Chiude il conto il duplice omicidio di Fabrice Negro e Antonio Della Bona, fatti avvenuti a Surbo il 13 marzo del 2001.

Ma come cambia il panorama attuale, negli affari illeciti? “Gli affiliati alla Sacra corona unita – spiega il procuratore Motta – hanno capito che non conviene usare violenza e allarmare la gente. Quest’indagine è, dunque, una sorta di rilettura di molti episodi, per alcuni dei quali vi è già stato il giudizio. Si tratta di un completamento dell’identificazione”. La Scu è dunque diversa, oggi, rispetto al passato. “Si sono abbandonate certe logiche di schieramento che hanno portato ai conflitti all’interno della stessa Sacra corona unita. C’è stato un periodo in cui si sono svolti affari tra gruppi una volta contrapposti, con un cambiamento radicale dell’atteggiamento, e adesso gli omicidi sono ridotti e gli affari continuano con una dimensione anche transnazionale”. Rientrerebbero in questa logica anche appalti e aste giudiziarie, “ma non in rapporto organico”, precisa Motta. “Si tratta, in vari casi, di persone esternamente affiliate e, comunque, di attività non di appannaggio esclusivo della Sacra corona unita”.

“L’operazione effettuata in mattinata contro 38 presunti affiliati alla Sacra corona unita, costituisce l’ennesima, concreta, risposta delle forze di polizia alla richiesta di tutela e di controllo del Salento”, commenta a margine della conferenza tenutasi in Procura, il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano. “Pur non essendo direttamente collegata a episodi criminali, di varia matrice e privi di collegamento organico come ripetutamente sottolineato, che hanno interessato Lecce e provincia nelle ultime settimane, in quanto indirizzata a colpire autori e mandanti di delitti e disegni criminali del recente passato, l’operazione di oggi, consegnando alla giustizia elementi di spicco di quella che è stata la principale organizzazione criminale salentina, contribuisce a bonificare un territorio che vede sistematicamente stroncato ogni tentativo di riorganizzazione dei tradizionali assetti criminali. Per questo – conclude Mantovano - esprimo sincera gratitudine alle forze di polizia e all’autorità giudiziaria”.

Sanita' barese: Forse quattro i parlamentari coinvolti

di Monica Centofante - 10 settembre 2009

Le inchieste sulla corruzione nella Sanità pugliese, che stanno facendo tremare la giunta di Nichi Vendola e i partiti del centrosinistra, alzano il tiro e puntano alla politica nazionale. Secondo quanto rivelato oggi dal Corriere della Sera sarebbero tre o quattro i parlamentari coinvolti nelle indagini in mano ai magistrati della procura di Bari.

Almeno per come sarebbe emerso da un primo accertamento svolto dalla delegazione della Commissione d’inchiesta del Senato sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, che due giorni fa ha iniziato proprio dalla città pugliese una missione che la porterà in diverse regioni d’Italia. E che non ha il compito di esaminare “le vicende giudiziarie che non competono”, bensì quello di appurare se vi sia la necessità di “correggere comportamenti o normative” nel sistema sanitario che non sono adeguati.
Lo sottolineano i senatori Lionello Cosentino (Pd), Giuseppe Astore (Idv), Michele Saccomanno (Pdl) e Luigi D’Ambrosio Lettieri (Pdl) che come prima cosa hanno incontrato il governatore Nichi Vendola e l’assessore alla Sanità Tommaso Fiore. E successivamente i magistrati che stanno conducendo le complesse e delicate indagini su un presunto intreccio tra politica e affari nella gestione della Sanità pugliese.
“Noi vogliamo il bisturi del chirurgo per estirpare il male – ha dichiarato per l’occasione Vendola – e abbiamo bisogno di diradare l’aria da queste nebbie che talvolta cercano soltanto di depistare l’attenzione dell’opinione pubblica”.
Per quanto concerne invece l’incontro dei senatori con i pubblici ministeri si è appreso che sarebbe durato poco più un’ora e che l’ipotetico coinvolgimento dei parlamentari nelle inchieste sarebbe emerso in seguito ad una domanda secca del senatore Astore. Alla quale i pm Giuseppe Scelsi e Roberto Rossi, alla presenza di Lorenzo Nicastro e Desirée Digeronimo , avrebbero dichiarato: “Ci sono molti esponenti locali collusi. E anche dirigenti nazionali”, “tre o quattro” di entrambi gli schieramenti.
Per il momento - visto che l’incontro è stato preliminare e che entro due settimane dovrebbe esserci un secondo round - nessun nome è stato fatto e “in questa fase – ha sottolineato Cosentino – a noi i nomi non interessano, perché vogliamo solo capire come funzionano i meccanismi della corruzione, in Puglia come in altre Regioni, per poi formulare proposte di interventi legislativi e migliorare l’efficienza del sistema”. In poche parole: “Non intendiamo sostituirci alla procura”.
In realtà la Commissione ha pieni poteri e il vicepresidente Astore avrebbe già dichiarato che nel prossimo incontro i nomi li vorrà sapere e che se non dovessero risultare elementi certi si dovranno mettere a tacere le tante voci sul coinvolgimento di politici e parlamentari.
Nel frattempo le indagini della Dda di Bari proseguono a tutto campo.
La procura sta verificando la posizione di diversi esponenti del centrosinistra in merito a un presunto voto di scambio, alla compravendita di incarichi, appalti, nomine o posti di lavoro.
Lo scorso 4 settembre il pm Digeronimo ha interrogato l’imprenditore Gianpaolo “Gianpi” Tarantini, indagato in procedimento connesso nell’inchiesta a carico dell’ex assessore regionale della giunta Vendola Alberto Tedesco (Pd) oltre che di direttori generali, dirigenti di Ausl pugliesi e imprenditori. E dal Tarantini il magistrato avrebbe appreso nomi e cognomi di politici finanziati dalle sue aziende e, tra le altre cose, che il 65% del mercato pugliese delle protesi sanitarie (che secondo una stima degli investigatori vale circa 30 milioni di Euro l’anno) sarebbe stato gestito dalle società che fanno capo alla famiglia dello stesso Tedesco, ora senatore del Pd. Al vertice, secondo quanto starebbe emergendo, di quello che sembrava essere un vero e proprio comitato d’affari interno all’assessorato alla Sanità e che sarebbe stato documentato anche da intercettazioni compiute per otto mesi grazie a una microspia piazzata nel suo ufficio.
Sempre all’inizio di settembre il sostituto procuratore Digeronimo avrebbe inoltre ascoltato, a Milano, un misterioso testimone. Che secondo indiscrezioni sarebbe un pentito della criminalità organizzata barese e che avrebbe rilasciato dichiarazioni utili a fare chiarezza sul filone degli appalti legati al voto di scambio. Se la notizia fosse confermata si tratterebbe del secondo collaboratore di giustizia a disposizione dei magistrati. Il primo dei quali, avrebbe parlato di un patto scellerato che prevedeva consistenti pacchetti di voti in cambio di un po’ di soldi e di qualche regolarizzazione di circoli abusivi.
In quanto al filone del finanziamento illecito ai partiti del centrosinistra il pubblico ministero avrebbe invece affidato a consulenti l’incarico di esaminare i bilanci e la documentazione bancaria sequestrati a fine luglio nelle sedi regionali del Pd, Lista Emiliano, Sinistra e Libertà, Socialisti Autonomisti e Prc. Mentre da intercettazioni telefoniche e ambientali sarebbero spuntati riferimenti a finanziamenti e a nomi del centrosinistra nazionale.
Ancora un’intercettazione avrebbe invece rivelato alcuni particolari di una cena elettorale che avrebbe visto la partecipazione di Tarantini, del sindaco di Bari e segretario regionale del Pd Michele Emiliano, dell’esponente del Pd Massimo D’Alema. Un tema già toccato un mese fa quando lo stesso Emiliano raccontò di essere rimasto “raggelato” alla vista dell’imprenditore.
Anche se non è certo che si tratti dello stesso incontro, in quell’occasione, ripete oggi Emiliano, “sono stato costretto a fare gli onori di casa. Me lo chiese Massimo D’Alema, o qualche suo collaboratore, perché era in ritardo. Ma quando mi accorsi di quella presenza raggelai. Aspettai che lui arrivasse e lo trascinai via. D’Alema non sapeva nulla del finanziatore impresentabile di quella cena elettorale”.
Interrogato dai giornalisti su un’altra conversazione captata dagli inquirenti nel 2004, nella quale Tarantini avrebbe confidato che Emiliano gli aveva “chiesto di procurargli voti”, il sindaco barese risponde secco: “Falso”. “Io, a differenza di quanto ha raccontato questo signore al telefono, non gli ho mai chiesto voti per la campagna elettorale del 2004. Mai avrei potuto farlo perché sapevo chi era: fui io da magistrato a iniziare le indagini su di lui”. Poi, in merito alle accuse rivolte a Tedesco e all’ex assessore Sandro Frisullo, entrambi appartenenti al suo partito, dichiara: “Lo dico chiaramente. Per tutti vale la presunzione di innocenza ma credo che il partito debba valutare ora la loro posizione, senza aspettare una sentenza della Cassazione”. Che siano tutti innocenti Emiliano non lo pensa, ma è giusto, dice, aspettare la conclusione delle indagini.