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sabato 12 settembre 2009

FROM RUSSIA WITH HATE - DALLA RUSSIA CON ODIO





"Russia per i Russi": Xenofobia crescente nell'èra Putin-Medvedev

In Italia ci stiamo accorgendo che stanno cominciando a crescere gli attacchi xenofobi contro immigrati e stranieri. Nella Federazione Russa questi attacchi si spingono da anni oltre i semplici attacchi, arrivando sino all'omicidio.

Secondo Aldiyar Autalipov di ISN Security Watch le cause degli omicidi dell'avvocato dei diritti umani Stanislav Markelov e della giornalista della Novaya Gazeta Anastasia Baburova avvenuti il 20 Gennaio a Mosca sono da ricercare nelle loro indagini rivolte a denunciare la crescente violenza xenofoba nel paese.

Durante l'ultima decade c'è stata in Russia una escalation di violenta xenofobia che può essere misurata anche coi dati statistici sul sentimento xenofobo dei Russi. Nel 1995, il 38 percento dei Russi intervistati ha espresso il supporto al concetto di "Russia per [gli etnici] i Russi" Nel 2007,il 55 percento degli intervistati si è espresso per lo stesso concetto.I dati sono del Levada Center, un istituto pubblico indipendente di opinione.

In un paese così diverso come la Federazione Russa - dove le genti non-Slave comprendono circa il 20 percento della popolazione - la nozione di una "Russia per i Russi" ha un potenziale eplosivo,che a lungo termine espone ad una seria minaccia il paese e la sua integrita' territoriale.

Il SOVA Center, un'istituzione di ricerca con base a Mosca stima che 87 persone sono state uccise e 378 ferite in attacchi razzisti nel 2008. A Mosca (51 uccisi, 175 feriti) e a San Pietroburgo (15 uccisi e 37 feriti). Casi di violenza razzistica sono stati registrati in 39 regioni del paese. Durante il 2004 ci furono 46 casi letali come risultato di attacchi a sfondo razzistico mentre i feriti furono 208.

Gli immigrati sono i principali obiettivi di xenophobia ed attacchi razzistici in Russia. I native del Caucaso, molti di loro immigrati e lavoratori provenienti dall'Asia Centrale e dalla Cina sono stati attaccati per mero risentimento e mera ostilità.

C'è stata una crescita numerica di gruppi nazionalisti radicali o di skinheads ma anche di movimenti nazaionalisti organizzati. Secondo il SOVA Center i gruppi neonazisti informali conterebbero circa 50mila simpatizzanti e 10-20mila attivisti. Le loro azioni si esplicano in graffiti urbani ed attacchi contro persone che non appaiono Slave.

I gruppi organizzati come il Movimento Contro l'Immigrazione Clandestina (DPNI), ha organizzato comizi attraverso la Russia. domandando al governo la "pulizia" delle città da lavoratori immigrati. Centinaia di manifestanti sono stati detenuti durante l'ultima "Russian March", tenuta ogni anno il 4 November, giorno dell'Unità Nazionale.

Le autorità russe hanno sottovalutato l'escalation razzistica bollando come atti di "hooliganismo" sicché gli skinheads hanno agito con un certo senso di impunita'. Non a caso gli ultimi governi sono saliti al potere sull'onda di sentimenti xenofobi. Specialmente sull'onda della seconda guerra cecena Putin ha cavalcato il sentimento per unificare la società russa.

D'altro canto ora il Primo Ministro Putin ed il Presidente Medvedev hanno pubblicamente parlato dei pericoli per la sicurezza nazionale insiti nel nazionalismo estremistico.

Le cause della crescita del fenomeno xenofobo vanno ricercate nel collasso dell'URSS che ha portato ad una riformulazione dell'identità nazionale russa. In assenza di un sano e civica ideologia della nazione l'affiliazione etnica è sembrata a molti Russi un'attraente e seducente ideologia da contrapporre allacultura dell'accoglienza del diverso.

La guerra nel Caucaso ha poi causato una migrazione di lavoratori dalle repubbliche del Caucaso le cui diversità culturali mal si conciliano con quelle dei russi ortodossi generando cosi' paura e risentimento.

La difficile crisi finanziaria e l'aumento della disoccupazione hanno anche inciso sul crescere del fenomeno xenofobo dandogli uno sfondo economico.

La Russia è un paese che manca di ideee e di ideali. Diversamente dall' Occidente dove i principi ed I valori della democrazia e della libertà di espressione e dei diritti umani uniscono la maggioranza dei Russi non condividono questi valori. L'unico sentimento che i Russi condividono è quello della minaccia comune che sia essa reale o percepita, interna o esterna li rendera' facile prede di opportunisti politici.

Anche i rapporti di Amnesty International del 2007 e del 2008 denunciano esplicitamente le violazioni dei diritti umani, come il diritto di libertà di stampa o il diritto di assemblea dei dissidenti e dell'opposizione ma anche le discriminazioni per motivi etnici o per orientamenti sessuali.

Le uccisioni di uomini d'affari, ufficiali pubblici e politici. La tortura come mezzo per estorcere le confessioni di presunti terroristi catturati in Cecenia,Nord Ossezia ed Inguscezia.Le restrizioni commerciali per i mercatini di strada condotti da immigrati

Amnesty denuncia anche la violenza nell'esercito, la corruzione di stato e la brutalità della polizia, la famigerata unità speciale (OMON).

Gli individui (ed i loro difensori) che si erano rivolti alla giustizia russa o alla Corte Europea dei diritti umani hanno ricevuto intimidazioni e minacce. La presenza di numerose forze paramilitari e le loro arbitrarie azioni hanno reso difficile risalire all'identità dei responsabili delle violazioni dei diritti umani. Infine l'aumento dei casi di violenza alle donne nelle mura domestiche e la violazione del giusto processo (vedi i caso di Mikhail Khodorkovskii già capo della Yukos ora detenuto in Siberia)

Gli ultimi attacchi xenofobi del 11 gennaio 2009 (un Camerunense morto accoltellato) e del 17 Gennaio(un Vietnamita Mr Dinh Nhu Tien, lavoratore di 44 anni anche lui ucciso a coltellate) seguono gli omicidi di Dicembrre 2008 in cui sono rimasti vittime un Uzbeko Salokhiddin Azizov di 20 anni trovato decapitato ed un giovane attivista antifascista Fedor Filatov di 26 anniaderente a gruppo Antifa. Gli omicidi sono stati rivendicati dal Organizzazione di combattimento dei Nazionalisti russi.

da AgenziaRadicale

CASO LUANA RICCI: RASSEGNA STAMPA DELLE AGENZIE

CAMBIA SESSO E PERDE POSTO: CURIA LECCE, AUSPICHIAMO DIALOGO

(ANSA) - LECCE, 9 SET - Auspica ''l'ascolto reciproco'' la Curia Arcivescovile di Lecce che oggi, in una nota, interviene su quella che definisce ''la sofferta vicenda'' dell'organista della Cattedrale, il maestro Marco Della Gatta, leccese, sino al 31 agosto scorso organista e direttore del coro della Cattedrale del capoluogo salentino, il quale, dopo aver cambiato sesso, ha pero' perso il posto di lavoro.

''Non intendiamo entrare in merito - si sottolinea nella
breve nota della Curia di Lecce - alle decisioni riguardanti la vita privata di una persona che merita rispetto''. ''Per questo motivo la Curia si e' astenuta da qualsiasi dichiarazione pubblica''. ''Auspichiamo - si conclude nel comunicato della
Curia - che il dialogo e l'ascolto reciproco chiariscano i vari aspetti della vicenda di per se' complessa''.
Marco Della Gatta, che si chiama ora Luana Ricci, si e' diplomata al Conservatorio di Lecce nel 1984 e poi in musica jazz a quello di Bari e, dal '91, ha lavorato per l'attivita' musicale liturgica della Cattedrale. Una ventina di anni fa si
e' anche sposata e ha avvuto due figli, oggi di 18 e 15 anni.
''Sia loro sia mia moglie - ha raccontato ai giornalisti Luana - mi amano per quella che sono, non avrei mai pensato che la mia condizione personale potesse crearmi problemi sul lavoro''.
Luana ha raccontato di aver avuto il benservito dallaCattedrale senza spiegazioni, con giri di parole per farle intendere quale fosse il motivo della sua estromissione. (ANSA).

AME
09-SET-09 10:46 NNNN

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Radicali: Curia di Lecce discrimina musicista perche' transessuale

Roma, 09 SET (Velino) - "Luana Ricci, una persona transessuale di Lecce, musicista, che dal 1991 svolgeva il ruolo di organista principale e maestro del coro della
Cattedrale e della Diocesi di Lecce, e' stata 'licenziata' con effetto immediato per motivi 'evidenti' dall'economo della Cattedrale di Lecce". Lo riferisce una nota dei
deputati radicali-Pd Elisabetta Zamparutti, Maria Antonietta Farina Coscioni, Rita Bernardini, Marco Beltrandi, Matteo Mecacci, Maurizio Turco. "Su questa vicenda - continua la nota - i deputati radicali eletti nel Pd, prima firmataria Elisabetta Zamparutti, hanno depositato l'interrogazione parlamentare urgente al ministro per le Pari Opportunita', al ministro per i Beni Culturali e al ministro degli Interni,
per sapere se i ministri non ritengano che il comportamento della Curia di Lecce sia gravemente lesivo della dignita' umana e confermi l'evidente pregiudizio della chiesa
cattolica verso le persone transessuali e quanti sono i casi di persone transessuali discriminate in Italia e quali iniziative il Governo ha avviato per aiutare e sostenere le persone transessuali che subiscono spesso discriminazioni e
soprusi". (com/mga)
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GAY. RADICALI: CURIA LECCE LICENZIA MUSICISTA TRANS
INTERROGAZIONE IN PARLAMENTO: E' UNA CHIARA DISCRIMINAZIONE

(DIRE) Roma, 9 set. - Un'interrogazione parlamentare sulla vicenda di un musicista trans "licenziato" dalla Curia di Lecce. A presentarla sono i deputati radicali eletti nel Partito democratico Elisabetta Zamparutti, Maria Antonietta Farina
Coscioni, Rita Bernardini, Marco Beltrandi, Matteo Mecacci, Maurizio Turco.
Nell'interrogazione, rivolta ai ministri per le Pari opportunita', per i Beni culturali e dell'Interno, si spiega: "Luana Ricci, all'anagrafe Marco Della Gatta, musicista di Lecce, che ha avviato da circa 20 mesi un percorso di transizione
relativo alla sua identita' di genere, ha sempre svolto la sua attivita' professionale con soddisfazione e con il sostegno sia in ambito lavorativo che sociale". Ricci, si legge ancora, "svolgeva sin dal 1991 il ruolo di organista principale e maestro del Coro della Cattedrale e della Diocesi di Lecce, fornendo
prestazioni professionali e musicali in modo costante e apprezzato, avendo sempre riguardo e attenzione all'abbigliamento decoroso". Il 31 agosto 2009 pero' "ha ricevuto una comunicazione dall'economo della Cattedrale di Lecce che le diceva che il rapporto professionale era da considerarsi concluso con effetto
immediato, per motivi 'evidenti'".
Nell'interrogazione i Radicali chiedono "se i ministri inindirizzo non ritengano che il comportamento della Curia di Lecce sia gravemente lesivo della dignita' umana e confermi l'evidente pregiudizio della chiesa cattolica verso le persone transessuali".

da CircoloPasolini

Caso Ricci, on. Bellanova e Paola Martino: «il diritto alla non discriminazione e’ nella costituzione»

L’on. Teresa Bellanova, parlamentare del PD, e Paola Martino, coordinatrice del Forum provinciale delle donne del PD, intervengono a proposito del caso della musicista Luana Ricci, all’anagrafe Marco Della Gatta: «La risoluzione del rapporto collaborazione con la Curia di Lecce a causa delle personalissime scelte di vita di Luana Ricci non può passare sotto silenzio. L’improvvisa decisione della Curia non ha nulla a che fare con la professionalità e la competenza di questa musicista, doti peraltro più volte riconosciute dalla stessa Curia.

Si tratta di un caso che ha a che vedere, piuttosto, col mancato rispetto del diritto costituzionale di non discriminazione. Un caso non isolato, purtroppo, in un Paese in cui si stanno verificando gravi episodi di intolleranza nei confronti degli omosessuali e degli stranieri. È necessario allora che tutte le forze democratiche si facciano sentire per ribadire i valori di tolleranza, solidarietà e sostegno ai più deboli, valori che caratterizzano la nostra democrazia e che sono fondamento della nostra Costituzione».

da IlPaeseNuovo

Irregolarità nei test di ammissione, la denuncia dell'Udu Lecce

Lecce (Salento) – “Irregolarità nei test di ammissione per quanto riguarda Sienze della Formazione e Lingue”. È questo quello che denunciano i componenti dell'associazione studentesca Udu di Lecce, i quali hanno esposto questa mattina in una conferenza stampa, le ragioni della loro affermazione.
(Serena Mendrano - Ines De Marco) - Già nei giorni scorsi l'Udu aveva denunciato una situazione similare prima on-line e poi poi con un sit-in in merito ai test di ammissione alle facoltà di Lingue e Letterature straniere e di Scienze della Formazione, da invalidare, secondo i componenti dell'associazione, in quanto infiaciati da gravi irregolarità. Ai rappresentanti dell'Udu sono pervenute varie lamentele fatte da aspiranti matricole e non solo: “Doppi regolamenti, presenza di gente non autorizzata nelle aule in cui si svolgevano le prove”.

In partisolare, le prime segnalazioni hanno riguardato il test di ammissione a Scienze e Tecniche Psicologiche che si sono svolte il 2 settembre scorso; in quella circostanza pare che alcuni rappresentanti dell'associazione studentesca Progetto Universitas erano presenti nelle aule in cui si svolgevano le prove, intenti a fornire il loro materiale informativo ma anche a distribuire i compiti e vigilare affinchè nessuno copiasse. “Da chi erano autorizzati i ragazzi del Progetto Universitas? E per quale motivo?”, si chiedono i rappresentanti Udu “senza contare – continuano – che tale avvenimento, oltre che minare la regolarità della prova, genera confusione tra gli esaminandi che, ancora lontanti dalle dinamiche universitarie, non possono distinguere i compiti meramente istituzionali dell'Università del Salento da quelli, seppur legittimi, dell'associazionismo studentesco”.

Per quanto riguarda i testi di ammissione per i corsi di Scienze e tecniche della mediazione linguistica e di Lingue, Letterature e Comunicazione Interculturale, svoltisi il 4 settembre scorso, per un disguido interno alla Facoltà sono stati diffusi due regolamenti d'esame diversi, di cui alcuni docenti non erano stati informati. “Come mai” - si chiedono i rappresentanti Udu “se dovrebbero essere loro ad approvarli?”. Le conseguenze – fa sapere l'associazione – si sono ripercosse sui ragazzi che hanno sostenuto l'esame, con un conseguente gap sulle valitazioni e con un diverso modo di affrontare la prova: “se, secondo un regolamento, l'errore avrebbe comportato la penalità di un punto, secondo l'altro sbagliare una risposta semplicemente non avrebbe fatto incrementare il punteggio. Di fatto, si rischia di non rientrare nella rosa degli ammessi per un'errata valutazione delle risposte sbagliate sul test”.

“Un'Università che favorisce le irregolarità a danno della meritocrazia”, questa è la visione che l'Unione degli Universitari porta avanti da anni contro il numero chiuso.

Per queste ragioni l'associazione Udu, considerando inammissibile tutto ciò, ritiene che invalidare questi test di ammissione sia un atto dovuto. Prossimamente i senatori accademici presenteranno un'interrogazione a tal proposito. Inoltre sollecitano il Magnifico Rettore Domenico Laforgia a fare immediatamente chiarezza sull'accaduto, “vista la gravità degli avvenimenti e altrettanto spiacevoli conseguenze che si abbatteranno, come sempre, sugli studenti”.



In merito, poi, alla conferenza stampa indetta ieri dal Rettore Laforgia su un possibile aumento delle tasse per rispondere ai tagli previsti dal Ministero, Massimo Toma, Senatore Udu, risponde: “Gia ci siamo dati un bel pizzicotto sullo stomaco. Infatti, quest'anno, per rispondere alla furbata, perchè la definisco tale l'iniziativa del Rettore, abbiamo steso un documento congiunto con le altre associazioni studentesche, perchè come al solito sono gli studenti a pagare le conseguenze di questa crisi, che si vedono in ogni occasione aumentare le proprie tasse”. Continua Toma: “Secondo me, questa nuova presa di posizione, che non escludere la possibilità di far diventare la nostra Università un'associazione cooperativa o una fondazione, va letta come un adeguarsi del nostro Rettore ai capricci della Gelmini. Laforgia risponde esattamente al disegno politico di questo governo, che è appunto quello di creare più fondazioni e più scuole private al Sud”.

Però il Rettore sembra intenzionato a risolvere la situazione di crisi. Ha chiesto aiuto a tutti gli Enti Locali: “Su questo c'è da dire – continua - che gli Enti fino a questo momento sono stati latitanti più di una volta, non solo per quanto riguardo gli Atenei, ma soprattutto per il diritto allo studio. Penso che la Puglia presenti la più scarsa attenzione a tal proposito”.

Martedì sulla stampa si leggeva una lamentela da parte de 'La Sveglia', un'altra associazione studentesca, che non usava mezze parole nel definire inefficiente il servizio delle segreterie e mal funzionante l'informatizzazione del nostro Ateneo. Ma il Rettore non ha confermato quanto dichiarato: “Anch'io ribadisco il cattivo funzionamento delle segreterie e soprattutto del portale on line. Anche il mio non funziona, come quello di tanti altri studenti che hanno provato a immatricolarsi. C'è sempre qualcosa che non va, i servizi sono pochi e continua ad essere assurdo un ulteruiore aumento delle tasse, dato che queste sono già tante rispetto alla situazione di altri atenei meridionali che hanno un Pil basso come il nostro, come Bari per esempio. Non è dunque corretto aprire un banco di trattative su questo discorso, anche perchè è vero che al Nord, come Bologna, le tasse sono maggiori, ma è pur vero che i servizi concessi non sono paragonabili ai nosrti”.

Ci sarà altro dialogo con Laforgia?: “Già l'anno scorso – conclude Toma - ci siamo battuti per evitare che le tasse aumentassero più di quanto fossero la sue intenzioni. Tra l'alto gli accordi presi non sono stati neppure mantenuti in Senato. Basti pensare che le lamentele della associazioni studentesche vengano definite 'strumentalizzazioni politiche' in occasione delle prossime elezioni. È veramente assurdo. Non sappiamo neppure quando si faranno, né chi andremo a votare. Anche questo dipenderà dalla riforma Gelmini. Quindi stiamo pensando ben poco alle elezioni studentesche! Il problema è che ogni anno ci sono sempre gli stessi problemi. A questo dovrebbe dar conto il Rettore.”

da IlPaeseNuovo

Torino, ex clinica San Paolo: eseguito il trasferimento in via Asti ma non e' affatto finita!

Durante tutta la mattinata di ieri è proseguito il trasferimento dei rifugiati dall'occupazione di corso Peschiera verso lo stabile di Asti. La maggior parte dei migranti ha accettato questa soluzione emergenziale nella speranza che li sia possibile trovare una vita un poco più dignitosa seppur provvisoria. Dalle 8 di ieri mattina è presente anche un presidio di monitoraggio da parte del comitato di solidarietà con profughi e migranti, per supervisionare il traferimento, a tutela di coloro che hanno optato per via Asti come per coloro che invece l'hanno rifiutata.
Una vicenda che, come detto, si sarebbe potuta risolvere meglio e prima, nonostante i problemi permangano ed il nodo politico della questione non potrà che essere ancora terreno di battaglia! Dopo 2 anni di lotta, che comunque ancora oggi valgono risultati ottenuti (anche su via Asti, costringendo le istituzioni a riconsiderare modalità di accesso e gestione!), molti dei rifugiati raccolgono un qualche cosa ottenuto battendosi, costringendo le istituzioni ad erogare fondi dati sempre per dispersi... Una soluzione, se così vogliam definirla, provvisoria e parziale, che fanno tornare a galla, nonostante tutta l'operazione mediatica imbastita su via Asti, le pesanti responsabilità (ed omissioni) delle istituzioni sulla vicenda!

A fronte di ciò comunque restano nodi da sciogliere nell'immediato da parte delle istituzioni: 35 rifugiati, che avrebbero anche accettato di trasferirsi in via Asti, si sono visti respingere dalla struttura perchè colma; una cinquantina di migranti ha invece deciso di restare in occupazione in Casa Bianca (struttura vicina all'ex clinica), non accettando la soluzione proposta, preparandosi a resistere dinnanzi ad uno sgombero della polizia. Ragione, quest'ultima, per cui il comitato di solidarietà seguirà fino alla fine le operazioni di trasferimento, proteggendo l'occupazione da un'eventuale prova di forza, che non sembra però nei programmi odierni della questura, per non sporcare l'operazione e le prime pagine dei giornali cittadini di domani.

Resta irrisolta la richiesta dei rifugiati di vedersi riconosciuta la residenza. Via Asti non può essere una soluzione per nessuno, è un tampone emergenziale. Casa Bianca resta occupata. A 35 profughi disposti (ma estromessi) al trasferimento in via Asti dovran trovare altra collocazione. Se Comune Prefettura e stampa pensavano di essersi levati dai piedi (per un pò) la questione rifugiat* sbagliavano... non è affatto finita!

da Infoaut

Notte prima della trattativa

Esterno, notte, un uomo seduto su un cornicione di tegole in cima a un tetto fuma pacificamente una sigaretta arrotolata, probabilmente corretta con derivati di sostanze cannabinoidi, i pensieri meravigliosamente in libertà, svolazzanti come libellule nel panorama che si stende tutto attorno, le luci della città immersa nel buio fondo della notte disegnano un'infinità di percorsi che portano ovunque, da ovunque appaiono, verso ovunque scompaiono.

E' proprio bella, Roma, a guardarla dall'alto.

Osservarla dal tetto del campidoglio, poi, nonostante gli arresti e le manganellate e la vita perennemente incasinata e forse proprio per questo, è fortuna riservata a quella nuova casta di eletti che sono i “militanti” .

Interno, tarda mattinata, un uomo, sempre quello di prima, dorme beatamente sul suo letto.

Rincoglionito di sonno come una talpa thailandese dopo il periodo di letargo sento il cellulare, nel senso che squilla il telefonino.

Arfo', che te va de dà er cambio stanotte su 'r tetto de 'r campidoglio?

Mi stai prendendo per il culo?, penso tra me e me di primo acchitto. D'accordo che facciamo occupazioni abitative per tentare di combattere l'emergenza casa, passi che in un delirio di onnipotenza ci siamo messi in testa di salvare fabbriche abbandonate e spazi in disuso da speculazione e rendita, ma occupare il tetto del campidoglio mi par cosa oggettivamente esagerata e irrispettosa dell'Autorità Costituita.

Ma tutto questo l'ho pensato e non glie l'ho detto, che poi si sa, i “militanti” sono permalosi.

E invece eccomi qua a bearmi di una Roma di cui pochi possono godere, senza neanche l'ipotesi di un problema che mi ronza per la testa e dopo aver posato per una comitiva di turiste americane brillantemente anzianotte che mentre dalla statua di Marcaurelio facevano ciaociao con le manine scattavano foto ridacchiando tra di loro e facendoci domande di cui nessuno capiva un benedetto tubo di niente, perchè noi “militanti” duri e puri brutta razza, col cazzo che impariamo l'inglese.

A farmi da cicerone per spiegarmi la situazione mentre saliamo è un compagno di vecchia scuola, uno di quelli tosti come legno stagionato, io lo chiamo “Il torello” . Un metro e sessanta centimetro più centimetro meno, la prima volta che l'ho visto a torso nudo Rocky Balboa mi è apparso come un esserino storto e rachitico a confronto di quest'uomo di cinquant'anni che i muscoli se li è fatti nei cantieri a dargli giù di piccone e cemento, con un sorriso che è una cascata di luci colorate e un cranio senza neanche l'ombra di un capello, lucido come una boccia da bowling, che sebbene possa esteticamente richiamare una certa “mussoliniana” solidità, il cranio, intendo, non per questo risulta essere, il compagno Torello, meno rassicurante.


Esterno, sera, un grappolo di uomini e donne su un tetto.

A un certo punto sembra di essere a una festa. Chi porta un po' di fumo per far passare la nottata, chi qualche birra per rinfrescarsi dall'afa implacabile che al solo atto di pensare ti sembra di stare in una sauna, io me la chiacchiero sul Berlusca e relativa banda bassotti con una compagna del Regina Elena, qualcuno è andato in fissa e gira per statue cercandone una dalla quale far sventolare una bandiera di Cuba, ha cominciato ad osservarle con attenzione, una ad una, un compagno mi confida di aver avuto l'impressione che ci parli come per convincerle a far quel gesto rivoluzionario.

Sono preoccupato, sta girando a vuoto da mezzora e comincio seriamente a pensare che la cosa possa evolversi in patologia.

Altri stanno sbracati a far girar canne e bere vino bianco e echicefermapiù sotto la “cucina” che abbiamo attrezzato con un telo di plastica ed un po' di fantasia, io nel frattempo, vittima sacrificale di una botta di fame chimica, sto attaccando con decisione un piatto di spaghetti al pomodoro fatti da dio, di quelli che sono maledettamente buoni anche se freddi come ghiaccioli.

Vista da quassù scopri che gli eroi non son soltanto quelli di marmo che dalla balaustra vigilano da tempo immemore sulla piazza sottostante.

Uno dei più casinari, che da quando è arrivato non fa che sventagliar cazzate da numero di cabaret scrive il titolo della mia commedia che verrà.

Ridi su 'sto...tetto.

Geniale.


Esterno, mezzanotte circa, sagome più o meno immobili in controluce.

Chi dorme, chi seduto sui vari cornicioni a guardare in basso Mamma Roma che urla e strepita senza posa dall'alba al tramonto, negli occhi di tutti noi ci leggi l'amore per una città tanto bella quanto dilaniata, oppressa, sbeffeggiata da quattro politicanti infami che non riescon a guardare aldilà delle proprie tasche.

Last train home di Pat Metheney ci fa ben sperare, abbiam beccato una radio seria, siam fortunati.

Un gruppetto di compagni appena arrivati salutano tutti, sotto il braccio una scatola di cartone, sorriso a quarantotto denti, si guardano attorno, parlottano tra di loro, poi individuano il punto giusto.

Il resto è magia.

Tiran fuori quattro bottiglie di vino bianco, fresche che dio le manda, puliscono accuratamente la balaustra da sassolini e schifezze varie, aprono il cartone.

Dieci flute, lavati, lucidati, pronti per un brindisi che chi se lo scorda più un momento così fan la loro elegante apparizione.

Sul tetto del Campidoglio.

Sul tetto del mondo così come ci piacerebbe che fosse, almeno un po' .

Insostituibile.


Esterno, notte fonda, un uomo, ancora lui, pare star comodamente sdraiato su una passerella di ferro dalle misure esigue e costringenti, in rapporto alla sua massa corporea, ma questo sembra non preoccuparlo affatto.

Capisco di aver perso la guerra contro le mie palpebre, non voglion più saperne di star aperte.

Mi arrendo, a me la passerella, e meno male che ho rimediato un tappetino, te lo immagini domattina con una ragnatela irregolare di rettangolini stampata sul faccione?

Chiudo gli occhi con l'immagine degli ultimi mohicani che cazzeggiano tranquilli, il compagno della bandiera cubana sta discutendo animatamente con l'unica statua ancora disposta ad ascoltarlo, rattrista vedere una giovane vita andare alla deriva in questo modo, ma si dice che così è la vita.


Esterno, notte fonda, il tetto del Campidoglio, un grappolo di uomini e donne giacciono qui e là beatamente addormentati, come se non si trovassero dove effettivamente sono, aggrappati su un tetto a lottar come babbuini inferociti contro i titani.

Mi addormento pensando a questa bella Italia, quella che resiste, che si abbarbica tenace e fastidiosa su tetti impossibili, cime tempestose di una vita spesa a urlare che non ci stiamo e mai ci arrenderemo allo sceriffo cattivo che vuol colonizzare la vallata.

Che è di tutti, lo tenesse bene a mente.

Esterno, notte fonda, l'omone se la dorme che è una bellezza.

Buonanotte compagni, se ne riparla domani.

Click...

Buio.

da GlobalProject 11/09/2009

I dieci siti per l'avventura nucleare


Monfalcone [Gorizia], Scanzano Jonico [Matera], Palma [Agrigento], Oristano, Chioggia [Venezia], Caorso [Piacenza], Trino Vercellese [Vercelli], Montalto di Castro [Roma], Termini Imerese [Palermo], Termoli [Campobasso]. Sarebbero questi i siti individuati dal governo per realizzare le centrali nucleari.

E’ di ieri la notizia che il governo avrebbe individuato dieci aree per la realizzazione delle centrali nucleari in Italia. L’elenco, riportato da Metro, comprende: Monfalcone [Gorizia], Scanzano Jonico [Matera], Palma [Agrigento], Oristano, Chioggia [Venezia], Caorso [Piacenza], Trino Vercellese [Vercelli], Montalto di Castro [Roma], Termini Imerese [Palermo], Termoli [Campobasso]. Il documento riservato del ministero delle sviluppo economico, alla fonte della notizia, indicherebbe anche come principali criteri di scelta dei siti la vicinanza al mare e a una centrale elettrica.
Dieci siti fra cui scegliere i più «idonei» per realizzare le quattro centrali di cui parla da tempo il ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, o per un numero superiore? La domanda è lecita, almeno sulla carta, perché le quattro centrali annunciate sono già state appaltate al raggruppamento Enel – Edf [Electricité de France], con tecnologia francese.

Ma il ministro ha in programma un viaggio negli Stati uniti, il prossimo 28 settembre, per sottoscrivere l’accordo industriale per produrre energia nucleare concordato a maggio, in occasione del G8 sull’energia a Roma. Comprende la formazione del consorzio fra l’Ansaldo e la società nippo-americana Toshiba-Westinghouse, per costruire centrali nucleari in Italia. Ansaldo smentisce, ma conferma di essere in gioco nella partita nucleare italiana. Edison, da parte sua, protesta per essere stata finora esclusa. Quindi, sempre sulla carta, le centrali potrebbero essere non solo quattro, più il sito unico per lo stoccaggio di tutte le scorie?

Comunque, stando agli annunci da Scajola, verrebbero utilizzate sia la tecnologia francese Epr sia la diretta concorrente americana, Westinghouse. Ma ambedue di terza generazione, cioè quella tecnologia vecchia, pericolosa e costosa, che continua a produrre scorie che nessun paese è in grado di trattare né di stoccare definitivamente in sicurezza. Gli ultimi impianti di terza generazione realizzati in occidente risalgono agli anni ’80, mentre nei successivi anni ’90 li hanno costruiti solo in Giappone e in Corea. Poi basta, perché nessuno li vuole più. Salvo qualche paese del sud del mondo. Per i reattori di quarta generazione, potenzialmente sicuri, c’è da aspettare almeno altri venti anni.

E c’è già fermento sui territori, a partire da Scansano Jonico [Matera], dove il precedente governo Berlusconi aveva annunciato la costruzione del sito unico di stoccaggio delle scorie radioattive italiane provocando la rivolta popolare e la completa marcia indietro dell’allora ministro dell’ambiente Altero Matteoli. Lì i comitati noscorie non hanno mai smesso di lavorare. Non staranno certo a guardare le popolazioni e gli enti locali di Caorso e di Trino Vercellese, che non ne possono più di convivere con le centrali vecchie centrali nucleari chiuse, ma non spente né smantellate, diventate depositi di stoccaggio delle scorie prodotte nel corso della loro breve attività.

Né sarà semplice convincere Monfalcone, fresca di battaglia contro il rigassificatore e dove contro la «candidatura» atomica si sono espressi ambientalisti, politici e cittadini. Insomma, se si dovesse passare realmente dalle parole ai fatti, non sarebbe facile per il governo far accettare localmente queste decisioni, prese per di più in modo autoritarie e magari sostenute con la forza militare.

Fra tanti annunci e indiscrezioni, però, resta un dubbio decisivo: chi investe miliardi di euro in una partita in perdita come è, certamente, quella delle centrali di terza generazione? Il dubbio è che gli unici soldi promessi siano quelli pubblici, considerando che Ansaldo è del gruppo Finmeccanica, per oltre il 30 per cento di proprietà del ministero dello sviluppo economico, e che anche il 30 per cento del capitale di Enel è pubblico. Non a caso lo stop più vigoroso alle mire nucleari di Scajola è arrivato dal suo collega all’economia, Giulio Tremonti.

da Indymedia

CILE:2 MORTI IN SCONTRI PER ANNIVERSARIO GOLPE PINOCHET

Due giovani sono morti e sette poliziotti sono rimasti feriti nei disordini scoppiati a Santiago del Cile nel 36mo anniversario del golpe di Augusto Pinochet. A Recoleta, sobborgo a a nord della capitale, un 23enne e' stato ucciso da due colpi d'arma da fuoco. A Huechuraba e' stata dichiarata la morte cerebrale di un 19enne raggiunto da un proiettile alla testa. Nella stessa localita' un gruppo di giovani a volto coperto ha assaltato una caserma dei Carabineros. Due agenti sono stati ricoverati in prognosi riservata. Disordini, assalti a caserme e saccheggi di supermercati sono stati segnalati in varie zone di Santiago e in numerose altre localita', tra cui Vina del Mar, Valparaiso, Talca e Concepcion.

da Indymedia

Allarme

L’esibizione di Silvio Berlusconi nella conferenza stampa con Zapatero non è solo imbarazzante, è allarmante. Siamo governati da uno squilibrato, uno che di fronte alla stampa internazionale, infastidito da un evento che in Italia non capita quasi mai, ossia un giornalista che, come ha fatto il corrispondente del Pais, pone una domanda diretta, dice di se stesso: sono stato il miglior presidente del consiglio in 150 anni di storia dello Stato italiano. «E di gran lunga», aggiunge. Lasciamo stare la vicenda del «giro di prostituzione», come lo ha definito il giornalista del quotidiano spagnolo, cosa per la quale Berlusconi non è penalmente responsabile, ha precisato il procuratore di Bari, ma di sicuro è colpevole eticamente e dal punto di vista della pulizia che una figura pubblica dovrebbe esibire, per non parlare del «narcisismo», come ha scritto la ex moglie Veronica Lario, di un anziano convinto di sedurre ragazze giovanissime solo con il suo fascino.
La questione è molto più grave. I comportamenti di Berlusconi, in quando capo del governo e della maggioranza, sono dettati da una megalomania che non ammette critiche, riflessioni e confronti, ossia la sostanza della politica democratica; ed è misurata, questa azione, solo sullo scopo di rimanere in sella, indiscusso e indiscutibile leader sostenuto da sondaggi fantascientifici, quanto a consenso e, ha detto in quella conferenza stampa, «ammirazione» nei suoi confronti. Perciò regala alla Lega leggi indegne come quella sulla «clandestinità». Lo show della democrazia si sta trasformando in un monologo delirante degno di Caligola, quel tale imperatore che nominò senatore il suo cavallo: qui a diventare parlamentari e ministri sono i servi e le veline. Siamo in una emergenza drammatica.

di Pierluigi Sullo da Carta

Firenze: gay pestato a sangue da due italiani

(AGI) - Roma, 11 set. - Ancora un gay aggredito. Questa volta e' successo a Firenze, in piazza Salvemini, dove la notte tra il 9 e il 10 settembre, un ragazzo di 26 anni, poche ore dopo il presidio-fiaccolata unitario sui ponti fiorentini contro l'omo/transfobia, e' stato pestato a sangue da due italiani. Il ragazzo stava rientrando a casa dopo una serata trascorsa in un locale gay fiorentino". A rendere noto l'episodio e' l'Arcigay Firenze "Il Giglio Rosa", in contatto diretto con il ragazzo e la famiglia. "Siamo vicinissimi al ragazzo e alla sua famiglia, e siamo scossi dal fatto che anche la citta' di Firenze sia protagonista di un episodio di inaudita violenza ai danni di una persona omosessuale, proprio a poche ore dalla grossa mobilitazione contro la violenza omofobica che aveva visto una straordinaria partecipazione della cittadinanza. Il ragazzo - prosegue l'associazione - era stato avvicinato e minacciato da due uomini nel corso della serata di mercoledi' all'interno di un locale gay del centro. I due erano stati allontanati dai gestori. Intorno alle 3 del mattino, il giovane sarebbe uscito dal locale e si sarebbe diretto a piedi verso Piazza Salvemini, dove i due uomini, di circa 35 e 40 anni, lo avrebbero aspettato e gli si sarebbero scagliati contro a mani nude. Il ventiseienne e' stato trovato in un bagno di sangue da alcuni amici e accompagnato a casa in auto intorno alle 5". Ieri mattina il ragazzo e' stato portato al Pronto Soccorso e successivamente ricoverato d'urgenza. Gli sono state diagnosticate, oltre che contusioni e tumefazioni, molteplici fratture: agli zigomi, alla mandibola e al naso. "Questo pomeriggio - fa sapere Il Giglio Rosa - sara' operato. Al momento il giovane gay e' ancora sotto choc. Chiediamo pero' la collaborazione di tutte e tutti affinche' possano essere individuati dagli inquirenti i due aggressori. Nel frattempo, oltre a fornire alla famiglia un primo aiuto psicologico, abbiamo dato mandato ai legali della nostra associazione, avvocati Alessandro Traversi e Paola Pasquinuzzi, di raccogliere la denuncia del ragazzo. Invitiamo autorita' e istituzioni a non considerarlo come un episodio isolato e chiediamo agli inquirenti di indagare accuratamente affinche' gli aggressori possano essere identificati e fermati quanto prima. Chiediamo a tutta la comunita' lgbt di non avere paura, ma soprattutto di rimanere compatta e continuare con coraggio e determinazione il percorso di sensibilizzazione e isolamento delle frange violente in citta'. Valuteremo assieme alle altre sigle e associazioni fiorentine e nazionali quale risposta dare all'ennesimo episodio di violenza ai danni della comunita' lgbt che coinvolge il nostro paese.


http://www.agi.it/firenze/notizie/200909111652-cro-r012481-firenze_gay_pestato_a_sangue_in_piazza_salvemini_da_2_italiani
da Antifa

Amnesty contro la pena di morte

Il moderno e industrializzato Giappone è l’unico paese tra le economie avanzate, esclusi gli Stati Uniti, a prevedere ancora la pena capitale nel suo ordinamento giudiziario. Le esecuzioni, previste per i casi di omicidio e per i crimini particolarmente gravi, avvengono per impiccagione; secondo il Times, oggi almeno 102 detenuti sono in attesa di essere giustiziati.

Amnesty International ha presentato un rapporto in cui denuncia la giustizia giapponese. Secondo Amnesty, infatti, tra i condannati a morte ci sarebbero diversi malati psichiatrici, in violazione di una norma del diritto internazionale e dello stesso diritto giapponese. Il numero esatto di malati mentali nel braccio della morte è sconosciuto, perché le autorità del paese non permettono di saperlo. Amnesty denuncia inoltre le drammatiche condizioni di vita imposte ai detenuti, che vivono in isolamento assoluto, non possono muoversi all’interno della cella, non hanno accesso all’aria aperta e alla luce se non per pochissimo tempo, possono incontrare i familiari e il proprio avvocato solo per qualche minuto. Inoltre, l’esecuzione viene comunicata all’interessato qualche ora prima, mentre i familiari restano all’oscuro di tutto.

“Permettere a un prigioniero di vivere per periodi prolungati, a volte decenni, con la minaccia quotidiana di una morte imminente è crudele, disumano e degradante”, ha dichiarato James Welsh, coordiatore del dipartimento salute di Amnesty e uno dei principali autori del rapporto. “Le condizioni riservate ai prigionieri in attesa di esecuzione nelle carceri giapponesi spesso li portano alla pazzia”.

Un caso emblematico è quello di Iwao Hakamada, un uomo di 73 anni che da 41 vive in cella di isolamento. È la persona più anziana al mondo nel braccio della morte e la dura e prolungata detenzione l’ha portato alla follia. La richiesta di Amnesty è chiara: fine delle esecuzioni a carico dei malati psichiatrici e moratoria sulla pena di morte. Sarà una delle prime sfide per il nuovo primo ministro giapponese, il riformista Yukio Hatoyama.

da Internazionale

Videocracy intervista ad Erik Gandini



La censura del trailer di Videocracy nasce dal timore che aumenti l’impatto sul pubblico del documentario denuncia del regista italiano che lavora in Svezia. Erik Gandini, autore di Videocracy, coglie il collegamento tra la sua opera precedente Gitmo, dedicata al carcere di Guantanamo e l’inchiesta sul rapporto tra media e potere nel nostro paese. “In entrambi i casi – spiega Gandini – con un sorriso lasciano trasparire impressioni e cancellano i fatti”.

Noemi rilascia un’intervista a Sky e dichiara “non ho paura di nulla”. Gli italiani che descrivi in Videocracy forse dovrebbero recuperare un po’ di sobrietà, di ritegno…

“Io ho paura. Lei non ha paura? Io ho paura. Questa situazione mi fa paura. Questo modo di lanciare così innocuo, così divertito, così divertente, così intrattenente. Nel film vedi questo mondo che non vorrebbe mai raccontare di sé stesso. Ha il monopolio di se stesso. Si racconta da solo. Da filmaker. Voglio raccontare la mia versione delle cose. Mi prendo la libertà di farlo. Con lo stesso linguaggio di questo mondo, con le immagini, con il cinema”.

Erik, a 20 anni sei andato in Svezia. Hai trascorso gran parte della tua vita professionale all’estero. Il tuo punto di vista è sicuramente…esterno rispetto al nostro. Tra le cose che ti fanno paura c’è anche quest’immagini che proiettiamo all’esterno?

“Non sono certo straniero. Sono Italiano. Né si può dire in esilio chi vive in Europa. Certamente ho un’esperienza in più in Svezia. I miei amici. Ti assillano di domande sull’Italia e non capiscono. Sempre domande spesso incredule, a volte divertite, a volte un po’ sprezzanti. L’Italia fa un po’ ridere. Videocracy l’ho fatto per un pubblico straniero. Il progetto è così. L’ho fatto per i miei amici in Svezia per far veder che non c’è niente da ridere”.
“Queste prospettive esterne. Il fatto di confrontarsi con una visione diversa, con un altro punto di vista, fa sempre bene. Rispetto a questo mondo dello spettacolo ci vorrebbero molti più interventi da un diverso punto di vista”.

C’è un dato di fatto. Negli ultimi mesi tre direttori di grandi testate (Corriere della Sera, Stampa e Avvenire) sono stati messi all’indice da Berlusconi o dai suoi giornali non perché schierati contro Berlusconi ma semplicemente perché non affidabili come vorrebbe: tutti e tre son cambiati.

“In realtà lui si preoccupa dell’Unità. E’ come dire micro-management Quando personaggi tanto potenti si preoccupano di problemi tanto irrisori… la stampa in Italia non lo minaccia più di tanto. A livello di pubblico incidono relativamente poco…
Prendiamo il trailer che è stato censurato. E’ evidente che questa televisione non vuole che si parli della televisione con il linguaggio della televisione ma da un altro punto di vista. Ci deve essere il monopolio, l’assoluto controllo di quello che appare in televisione. Berlusconi lo ha anche dimostrato negli ultimi giorni anche con le minacce alle testate. Anche nei confronti di giornali stranieri. Questa guerra contro la libertà di espressione è importante”.

Ecco. Il trailer. Cosa può aver costretto Rai e Mediaset a censurarlo?

“Io non so. Uno dei trailer vedi immagini di vecchi programmi Mediaset con tette e culi, per altro proiettate molto più rapidamente dell’originale, che finiscono con Berlusconi che applaude ad una parata militare. Se scrivessi il messaggio di questo trailer. Una frase. Il vestito di Berlusconi è alla base del suo potere odierno. E’ una frase che se la scrivi non è una novità, anche se la scrivi mille volte non fa effetto. Se descrivi lo stesso concetto con il linguaggio della televisione, in trenta secondi, con lo spot da trenta secondi, esprime la più potente forma comunicativa. Se esprimi le stesse cose con le immagini anziché le parole e le inserisci in un contesto televisivo diventa pericoloso. “Penso che nel mio lavoro in particolare, riappropriarsi di questo linguaggio, per me, per la mia vita… è importante”.

A mio parere c’è un piccolo scoop in tutto il tuo impianto che narra di videocrazia. La suoneria del telefonino di Lele Mora (si sente faccetta nera mentre appaiono simboli nazisti e fascisti, ndr.).

“Non so se sia uno scoop. Più che un fatto ideologico, mi sembra vi sia una questione di non etica, di non valore. Non credo che Lele Mora sia un fascista convinto che legge i libri sul fascismo. Che fa propaganda. Fa invece parte di un sistema di disvalori come dice Moretti. E’ proprio che non importa assolutamente avere un’etica a questo mondo. Ho pensato a questo sogno di Berlusconi che avrebbe potuto fare dell’Italia, in politica, quello che ha fatto con le sue società, con il successo del Paese. Quel che accaduto, invece, è che il berlusconismo ha portato questa cultura senz’etica di questo mondo della televisione commerciale dentro la politica e dentro tutto il Paese. In questo senso la suoneria di Mora è sintomatica”.

“E’ un mondo che propone pochissimi valori. Insomma, quattro cose: il successo personale, l’apparenza, i soldi, l’egoismo. Questo è riconducibile alla figura di Berlusconi. Se parli di scoop, penso più alle dichiarazioni del regista del Grande Fratello, Fabio Chiatti…”

Qualcosa riunisce le figure di Berlusconi, Mora e Corona.

“Il film è raccontato in modo cinematografico. Chiaro che c’è un legame tra loro tre ma con una gerarchia. Ovviamente. C’è un legame generazionale. Di generazioni diverse che però in qualche modo ripropongono una certa cultura e la rifanno per il presente”.

Fabrizio Corona che fa la doccia restituisce in qualche modo l’impressione di qualcosa o qualcuno che lustra il nulla. Rappresenta il nulla e lo rappresenta al meglio.

“Se hai avuto quest’impressione, ne sono contento”.

Ma quando li riprendevate, non si rendevano conto dell’immagine che stavano offrendo? Persino nel paradosso che riuscivano a rappresentare con quelle dichiarazioni, quegli atteggiamenti. Il lettone bianco piuttosto che la doccia nudo?

“Nel loro mondo il documentario penso che non esista come forma. Esistono i programmi grossi, di grande impatto, in televisione. Esistono questi programmoni che loro fanno con gli spettatori. Il mio progetto per quella televisione non li interessava più di tanto…”.

Esatto. E’ l’impressione che si coglie guardando il film. Che dessero queste interviste come una… concessione…

“Sono veramente curioso di loro. Mi interessavano proprio come persone. Li ho potuti incontrare a fatica. Fabrizio è molto difficile… è impegnato. Il mio progetto è marginale nella sua vita”.

Un altro personaggio del tuo documentario è quel ragazzo che vuol diventare qualcuno sulla scena. Rappresenta molto l’italiano medio. Il giovane italiano medio.

“L’ho visto ad un casting. Un provino per un programma televisivo. E’ molto sincero, molto tenero. Molto diretto, in modo molto poco intellettuale. Quando dice che la televisione ti pone dieci gradini più in alto degli altri. Che quando vai in televisione diventi immortale. Quando è disposto a fare tante cose per andare in televisione capisci che per lui non è un hobby. E’ sul serio. Ha investito. Nella sua vita di operaio in fabbrica, al tornio, quel mondo è il paradiso. Però è anche solo. Tutti questi protagonisti sono tutti soli. Hanno un progetto assolutamente individuale. Se riesce va bene a loro stessi. Il concetto è: i soldi fanno bene a te.
“Non c’è niente di collettivo, di altruista in questo. In questo sogno in cui tutti sono avvolti sono completamente soli. Ed è un po’ la cosa che vivo dell’Italia di questo momento. Il messaggio che viene dall’alto è quello di pensare a se stessi, alla propria famiglia, ai propri amici e basta. Soprattutto a se stessi. Non c’è un progetto collettivo in atto. In Svezia si respira in modo diverso. Ci sono i progetti collettivi della società. L’ecologia, la parità dei sessi. Vanno a prescindere dall’appartenenza politica. In Italia questo manca moltissimo. Il berlusconismo conferma questo egoismo di base”.

Erik, nel tuo lavoro di documentarista sei passato da Guantanamo al fortino dei media di Berlusconi. E’ sempre un problema di libertà.

“Il legame tra Guantanamo e le televisioni di Berlusconi è più vicino di quanto si pensi. Guantanamo è un posto totalmente aberrante ma che viene raccontato da loro giocando moltissimo sulle impressioni. Sull’impressione che lì tutto vada bene. Lì, ci sono queste guide bionde con gli occhi azzurri, molto gentili, ti fanno fare un giro della base per tre giorni, in albergo. Le guide rappresentano una facciata esterna molto innocua. Mi rendo conto che così come è stato raccontato Guantanamo, assolutamente sulle impressioni, non sui fatti, si percepisce l’idea che va tutto bene a livello di opinione pubblica. La stessa cosa c’è in Italia, fortissima, con questa cultura di videocrazia in cui le impressioni sono tutto. Basta dare i messaggi emotivi… tipo: Noemi era semplicemente un rapporto di padre buono che si preoccupa di una ragazza giovane che tutto si risolve. I fatti non contano, solo le impressioni.

Erik, sei nato a Bergamo. Quando hai scoperto di essere nato in Padania? E che sensazione hai provato?

“L’ho scoperto negli anni in cui andavo molto in Bosnia. Ho fatto i miei primi film a Sarajevo, in Bosnia nel ’94, ’95. Mi sono scontrato con la realtà balcanica totalmente ossessionata dall’idea di popolo. Il mio popolo è diverso dal tuo popolo. Io sono serbo tu sei musulmano. Siamo uguali. Abbiamo la stessa lingua. Siamo imprescindibili. Però siamo più preoccupati dalle differenze tra di noi che dalle cose familiari. In questo contesto che faceva veramente paura, ho scoperto la stessa mentalità nella zona in cui sono nato e cresciuto, nel Bergamasco, dove c’era molto questa rinascita di identità del popolo padano. E… ho avuto paura anche lì”.

pinofinocchiaro@iol.it

di Pino Finocchiaro daArticolo 21

Somalia: il Ramadan non ferma gli attentati: 32 civili uccisi in 3 giorni

Il Ramadan, mese sacro dei musulmani, che è in corso, non ferma la strage degli innocenti a Mogadiscio, e più in generale in Somalia.
Almeno 32 civili uccisi, tra cui 18 donne e sette bimbi, ed un centinaio di feriti nella sola capitale tra il 5 e l'8 settembre. A renderlo noto oggi -riferiscono vari siti- è l'Elman Peace and Human Rights Organization, un osservatorio somalo attendibile ed indipendente. Vittime innocenti, dei combattimenti tra insorti islamici e forze governative appoggiate dai peacekeeper dell'Unione Africana, Ua.

L'Organizzazione accusa gli insorti (alla testa dei quali c'è il gruppo al Shabaab, ritenuto il braccio armato somalo di al Qaida), di attacchi indiscriminati, lanciati soprattutto a sera quando, essendo concluso il digiuno imposto dal Ramadam durante il giorno, la gente si ritrova a mangiare. Attacchi lanciati da zone densamente abitate, con l'obiettivo di suscitare la reazione delle truppe governative ed Ua, che sovente reagiscono sparando indiscriminatamente ad alzo zero.
Si tratta, sostiene ancora l'Elman, di uno dei Ramadan più sanguinosi riscontrati negli ultimi 20 anni in Somalia, dove il livello di scontro è ormai totale. Gli Shabaab ed i loro alleati controllano (applicando spietatamente la sharia, la legge coranica: lapidazioni, mani e braccia amputate, fustigazioni e via dicendo) buona parte del territorio, ma le forze governative e quelle dei peacekeeper africani hanno iniziato a riguadagnare terreno, forti anche del pieno appoggio politico della cancellerie occidentali e di quelle arabe moderate.

http://africa.blog.ilsole24ore.com/2009/09/somalia-il-ramadan-non-ferma-gli-attentati-32-civili-uccisi-in-3-giorni.html#more

Ghana, il sindaco di Accra vuole produrre energia dai rifiuti

Il sindaco di Accra, Alfred Oko Vanderpuije, ha sostenuto l'opportunità di imboccare la strada della produzione di energia dai rifiuti. Vandepuije ha lanciato tale idea in un intervento alla cerimonia di inaugurazione del 'Ghana Innovation Marketplace 2009', manifestazione creata con lo scopo di promuovere soluzioni strategiche innovative nel settore della gestione dei rifiuti solidi.Il primo cittadino ha anche rilevato che per il nuovo approccio sia necessario il «coinvolgimento di tutte le fasce della popolazione, dal momento che si tratta di formare una nuova mentalità nella gestione di un problema così importante». Vaderpije ha quindi esortato i connazionali e i media ad adottare un nuovo stile di vita e a promuoverne l'adozione in scuole, case, luoghi di culto.

da http://africa.blog.ilsole24ore.com/2009/09/ghana-il-sindaco-di-accra-vuoleprodurre-energia-dai-rifiuti.html