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venerdì 2 ottobre 2009

NARDO’ – I LAVORATORI S.E.S. QUESTA VOLTA DICONO NO E PROTESTANO



Ieri una giornata insolita a Nardò, i lavoratori della S.E.S. protestano contro i licenziamenti indiscriminati.
Ora è arrivata a 14 operai la disoccupazione, domani investirà altri dieci e dopodomani ?????
E’ proprio questa la domanda che i “dissidenti” hanno ripetuto a voce alta ai colleghi cercando di avere solidarietà almeno fra operai.
“Noi stiamo qui per voi” urlavano a squarcia gola.


Accanto a loro erano presenti il segretario della FILLEA CGIL Alessio Colella e altri rappresentanti sindacali, solidarietà anche da parte di gruppi politici come Movimento per la Sinistra – Sinistra e Libertà, Rifondazione Comunista e Italia Dei Valori.
Lo stesso segretario ci ha informato dell’avvio di un tavolo di trattativa con Confindustria per martedì prossimo.



Ecco il comunicato della FILLEA CGIL presentato prima della protesta:

LA FILLEA CGIL SI OPPONE AI LICENZIAMENTI DEI LAVORATORI DEL GRUPPO S.E.S. DI NARDO’

Continuano gli atteggiamenti discriminatori delle Direzioni Aziendali del Gruppo S.E.S. (SEVAR srl – ITALGECRI srl), nei confronti delle proprie maestranze e dei loro Rappresentanti Sindacali.
Nel corso dell’anno 2009 sono stati 14 i lavoratori licenziati, tra cui delegati sindacali, da parte delle ditte SEVAR srl ITALGECRI srl ed ora incombe la minaccia di licenziamento di altre dieci unità lavorative con qualifica di operaio, attualmente impiegati con la terza ditta del gruppo, la GRANDI srl.
Contestiamo i licenziamenti di personale con contratto a tempo indeterminato in quanto avvenuti disattendendo precedenti accordi siglati in sedi ufficiali con le OO. SS., che prevedevano incontri preventivi qualora ci fossero state difficoltà e senza preventiva consultazione con le parti sociali.
Contestiamo il modo in cui la Direzione Aziendale abbia rifiutato in modo categorico la revoca dei licenziamenti e il reintegro dei lavoratori che potevano invece usufruire degli ammortizzatori sociali.

Perché l’azienda si ostina a rifiutare la nostra legittima proposta ?

Ci opponiamo a tale atteggiamento da parte dell’azienda e ribadiamo che bisogna scrupolosamente attenersi a quanto già stabilito in fase di contrattazione a livello nazionale e territoriale tra le parti datoriali e sindacali, disconoscendo qualsiasi altra forma di contrattazione.
Proseguiamo la protesta con un sit-in vicino ai cancelli dello stabilimento, in c.da Castellino a Nardò in data giovedì 1 ottobre p.v. a partire dalle ore 16:00.

Vi invitiamo a partecipare per dare sostegno ai lavoratori licenziati e alle loro famiglie.

La Segreteria Provinciale FILLEA CGIL

Durante la protesta anche qualche momento di tensione VIDEO

NARDO' - MOVIMENTO PER LA SINISTRA - SINISTRA E LIBERTA'; BANCHETTO A SOSTEGNO DELLA LIBERTA' DI STAMPA

Il gruupo del Movimento per la Sinistra-Sinistra e Libertà, comunica che SABATO 3 OTTOBRE, in occasione della manifestazione nazionale che si svolgerà a Roma, dalle ore 18:30 alle ore 22:00, in Corso Galliano (angolo P.zza Mazzini) a Nardò, sarà allestito un banchetto per la raccolta firme a sostegno della libetà si informazione.
Vi aspettiamo numerosi perchè la crisi che sta attraversando questo paese non è solo economica ma soprattutto morale e la libertà di informazione, indipendente da partiti politici e senza presidenti del consiglio padroni, deve essere salvaguardata se non vogliamo che il "regime" si manifesti in tutto il suo slendore.

Sale la tensione a Tricase: gli operai bloccano il Comune



È partita da piazza Pisanelli a Tricase la manifestazione che ieri ha visto prendere parte, oltre ai dipendenti cassaintegrati Adelchi e ai loro familiari, l'onorevole Teresa Bellanova, parlamentare del Pd, Don Stefano Rocca, parroco di Ugento, i rappresentati di undici amministrazioni comunali e numerosi studenti degli istituti di istruzione superiore di Tricase.

Manifestanti di sostegno sono arrivate anche da parte di tutta la cittadinanza. Al passaggio del corteo i bambini delle scuole elementari, affacciati alle finestre delle loro classi, hanno applaudito fragorosamente i passanti, mentre i commercianti tricasini, come segno di protesta, hanno abbassato le saracinesche.

Al termine della manifestazione ai partecipanti della sfilata è stato rivolto un "grazie" da parte dei cinque lavoratori Adelchi che da oltre una settimana sono accampati sul tetto del palazzo comunale Gallone di Tricase.

In serata poi il dramma. Salvatore Fusaro, un trentenne di Specchia, da giorni stava esercitano lo sciopero della fame e della sete e questo motivo è stato la causa del suo malore. Accasciatosi a terra è stato da subito soccorso dall'equipe medica del 118 e portato all'ospedale "Panico" di Tricase, per poi essere trasferito in nottata al "Vito Fazzi" di Lecce.

da IlTaccoD'Italia

Lecce (salento) - Sale la tensione a Tricase: ieri pomeriggio, un gruppo di lavoratori in cassaintegrazione, si sono spostati dal presidio di piazza Pisanelli fin dentro al Municipio; fuori tutti i dipendenti comunali, gli uffici del Comune sono bloccati.

(Michele Frascaro, imPAZiente on-line) - I lavoratori, una cinquantina in tutto, in questo momento si trovano nel corridoio principale del Comune, davanti alla porta che dà accesso all'Aula consiliare, "protetta" da tre Carabinieri.

Alle 19 di oggi è prevista una seduta del consiglio comunale durante la quale il Sindaco Antonio Musarò dovrebbe comunicare i nuovi componenti della Giunta comunale, ma i lavoratori puntano a far saltare la seduta, per mettere al centro la propria vertenza, "dando - dicono - un segnale chiaro alla Prefettura, alla proprietà e a tutte le Istituzioni. Qui stanno giocando con i nostri destini. Basta".

Fin da questa mattina stanno circolando voci circa i possibili contenuti del piano di rilancio che Adelchi si è impegnato a presentare al Prefetto entro la giornata di domani, e le notizie non sono assolutamente rassicuranti per i lavoratori.

Da indiscrezioni filtrate durante un vertice svoltosi questa mattina in Prefettura per fare il punto sulla crisi economica del territorio salentino, pare (non c'è alcuna ufficialità) che il piano preveda il rientro immediato per cinquanta lavoratori, e di altri 100 entro tre anni, con la conseguente dichiarazione di oltre 400 esuberi. C'è da sperare che siano voci assolutamente sbagliate, che qualcuno abbia capito questo per qualcos'altro: in caso contrario c'è da essere seriamente preoccupati. E' intanto rientrato nel gruppo anche Salvatore Fusaro che ieri era stato colto da malore (al secondo giorno di sciopero della fame e della sete).

da IlPaeseNuovo

La capolista ASD Nardò cade a Bisceglie

Goals: al 5' su rigore,e al 42' Di Pinto, al 55' Ingrosso, al 65' Calabuig

FORMAZIONI

AS. BISCEGLIE: Moschetto, Malerba, Quercia, Rufini, Ruggiiero, Tarantino (71´ Di Bitetto), Moreo, Barroti (85´Nocco), Grieco (88´Verolino), Di Pinto. A disp. Leuci, Lanera, Ugramin, Di Liso. All. Di Corato.

NARDO´ CALCIO: Bassi, De Donno, Contessa, Ruggiero (55´Tartaglia), Calabuig, Marini, Parlacino (66´De Benedictis A.), Frascolla (71´Patera), Di Rito, Irace, Montaldi. A disp. Vetrugno, Petilli, De Padova, Turitto. All. Longo
ARBITRO: Pagano di Caserta
AMMONITI: Malerba, Di Pinto (B) , Calabuig, Irace (N)

CLASSIFICA

NARDO' 13
LIBERTY 13
LUCERA 13
COPERTINO 12
BISCEGLIE 12
TRANI 11
SOGLIANO 10
TERLIZZI 10
CORATO 9
CASTELLANA 7
LOCOROTONDO 6
TAURISANO 6
MANDURIA 6
MAGLIE 6
CERIGNOLA 3
TRICASE 2
MASSAFRA 2
ALTAMURA 1

Rifiuti: discarica abusiva sequestrata nel Salento

Lecce (Salento) – I carabinieri del NOE di Lecce hanno sequestrato un’area di circa 600mq adibita a discarica abusiva. 3 le persone segnalate alla Procura della Repubblica di Lecce.

La scoperta è stata fatta a Copertino (Le), in contrada “Monaci”, dove i militari hanno sequestrato un terreno di 600mq circa nel quale i militari, al momento del controllo, hanno sorpreso un operaio del posto mentre scaricava, da un autocarro, macerie da demolizione di cantieri edili .
dagli accertamenti è emerso che era stata realizzata una vera e propria discarica abusiva nella quale erano stati abbandonati prevalentemente rifiuti provenienti da cantieri edili, ma anche sfalci di potatura e materiale plastico.

Il proprietario del terreno, l'autista del mezzo ed il titolare dell'impresa di costruzioni proprietaria dello stesso sono stati segnalati alla Procura della Repubblica di Lecce per esercizio di discarica abusiva; al legale rappresentante della ditta di costruzioni, inoltre, i carabinieri hanno anche contestato il reato di trasporto di rifiuti speciali non pericolosi con mezzo sprovvisto dei requisiti di legge che prevedono anche l'iscrizione ad un apposito albo regionale; per questo motivo anche l'autocarro è stato sequestrato.

da IlPaeseNuovo

PONTE GALERA - SCIOPERO DELLA FAME AL CENTRO DI IDENTIFICAZIONE E ESPULSIONE

ROMA – Quarto giorno di sciopero della fame al centro di identificazione e espulsione di Ponte Galeria, a Roma. Da lunedì mattina i 114 trattenuti della sezione maschile rifiutano il cibo, per protestare contro il prolungamento della loro detenzione. L’adesione è altissima. Martedì due persone si sono sentite male e sono state ricoverate dai medici dell'ente gestore, la Croce rossa italiana. Mercoledì sera un'altra persona è stata portata in infermeria. Già il primo settembre una cinquantina dei reclusi avevano rifiutato il cibo, ma la protesta era rientrata il giorno dopo. Stavolta invece da dentro fanno sapere che sono pronti a continuare lo sciopero a oltranza. Chiedono di incontrare parlamentari e giornalisti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la visita di alcuni giornalisti lunedì mattina, a cui è stato vietato l’ingresso nella sezione maschile, ufficialmente per motivi di sicurezza. La tensione è dovuta al prolungamento del trattenimento. Lo scorso 8 agosto infatti, è entrato in vigore il pacchetto sicurezza (legge 94/09), che ha portato a 180 giorni il limite massimo di detenzione e che è stato applicato in modo retroattivo anche a chi stava già nei Cie.

E a Ponte Galeria sono già tanti i reclusi ad aver superato i tre mesi di detenzione. A. Mohamed, saharawi, è dentro da 67 giorni. R. Chraiet, tunisino, da 101. Ibrahim, sudanese, da 76. B. Dogan, kurdo, da 73. E. Said, tunisino, da 96. A. Ahmed, marocchino, da 81. B. Hicham, marocchino, da 72. Arrivati al centro identificazioni e espulsioni nel mese di giugno, si erano visti convalidare dal giudice di pace un trattenimento di 60 giorni. Da agosto al cie di Roma si sono già registrati 5 casi di autolesionismo e un tentato suicidio. La presenza all'interno del Cie di sportelli di associazioni esterne (Bee Free, Differenza Donna, e Usmi per le donne, Centro Astalli, per i richiedenti asilo, e il Garante dei detenuti del Lazio) non diminuisce il clima di tensione, dovuto essenzialmente al prolungamento a sei mesi della detenzione e al rischio rimpatrio.

Le condizioni di detenzione non aiutano a rendere confortevole il soggiorno. Circondato all'esterno da un alto muro di cinta, e presidiato permanentemente da polizia e militari, i padiglioni all'interno sono delimitati da una doppia serie di gabbie di ferro alte quattro metri. Ogni camerata ospita dai sei agli otto reclusi e si affaccia su un cortile in cemento a sua volta recintato. I materassi sono sporchi e le lenzuola monouso. Molti preferiscono dormire fuori. La pulizia non è delle migliori, in alcuni bagni non funzionano scarichi, docce e lavandini.

Dalla sua apertura nel 1998, il Cie di Roma è sempre stato gestito dalla Croce rossa italiana. Anche se a fine ottobre scade la proroga dell'ultimo appalto e si preannuncia un cambio gestione, visto che la Croce rossa è stata estromessa dalla gara per l'incompletezza della documentazione presentata, pur avendo presentato un ricorso di cui si attende ancora l’esito. La concorrenza è agguerrita, si fanno i nomi di Connecting People (che gestisce i centri di Gradisca, Cassibile, Trapani e Cagliari), Auxilium (che gestisce i centri di Bari) e Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, che a Roma gestisce vari centri di accoglienza per richiedenti asilo politico (Cara)

da Fortress Europe

Anche l'altro figlio di Ciancimino conferma la trattativa mafia-Stato

Un altro Ciancimino conferma l'esistenza della trattativa fra Stato e mafia e del cosiddetto "papello", le richieste che i boss avanzarono ai rappresentanti delle Istituzioni per interrompere la catena stragista: i pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo hanno depositato - in attesa di convocarlo in aula, al processo Mori - i verbali di Giovanni Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco mafioso di Palermo, e fratello di Massimo, gia' autore di una serie di dichiarazioni che hanno consentito di arricchire o riaprire vecchi filoni investigativi.

Giovanni Ciancimino racconta che il padre, nell'estate del '92, fra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio, nel '92, gli disse di essere stato incaricato di "una cosa importante" da "persone altolocate": don Vito (morto nel novembre 2002) avrebbe dovuto prendere contatti con "quelli dell'altra sponda", cioe' i mafiosi, per evitare che dalle stragi si passasse a "una mattanza". Da questo incarico l'ex sindaco condannato per mafia e corruzione aveva intenzione di trarre benefici per se' e per i familiari.

Dopo la strage di via D'Amelio, racconta Giovanni Ciancimino, di professione avvocato, il padre gli fece delle domande di carattere tecnico-giuridico, "consultando un manoscritto a stampatello". In particolare, Ciancimino padre volle sapere se fosse possibile l'abolizione dell'ergastolo, la revisione del maxiprocesso, l'abolizione del carcere duro e una legge sui pentiti molto severa. Il figlio avrebbe risposto che non c'era molto da fare e l'ex sindaco del sacco di Palermo si sarebbe mostrato "molto stizzito", confermando pero' che "quella cosa e' andata avanti" e che le "persone altolocate" avevano avuto la loro interlocuzione con "quelli dell'altra sponda". Giovanni Ciancimino precisa pero': "Non so pero' chi siano queste persone altolocate".

L'Unità

Innse fino all'ultimo minuto ma... vittoria!!!



Una notte davanti alla prefettura di Milano, con il fiato sospeso, ad attendere notizie, verso mezzanotte ancora niente e gli animi si scaldano, blocchiamo l'ingresso e iniziamo slogan urla, in pochi minuti viene chiamata una delegazione dell' RSU dell'INNSE ad entrare, la situazione non è chiara, e la tensione sale. Dopo circa mezzora scendono e.... l'accordo è fatto!!! Domani ci sarà la prima riassunzione e dal 12 Ottobre entrano i primi 10 operai.


[30 settembre - ore 16] Innse ultimo giorno, ma sembra infinito

Questa mattina doveva iniziare la seconda parte della trattativa sull'area, che avrebbe permesso domani mattina, secondo accordo sindacale, che 10 operai potessero rientrare a lavorare. Intorno alle 10, 00 è arrivata la notizia che il Comune poneva diversi problemi. Una ventina di operai allora hanno deciso di occupare la sede di Aedes, ottenendo la convocazione di un tavolo alle 17,00 in prefettura per risolvere la questione.

Davvero sembra non finire mai questa storia, sempre con il fiato sospeso, sempre pronti a partire per fare pressione, per tenere sotto controllo chi da mesi sta cercando si speculare di farsi i soldi sulle spalle degli operai. In 16 mesi non abbiamo abbassato la guardia mai, neanche a Natale, e capodanno. Fino a sta mattina che sembrava andasse tutto senza intoppi, senza bisogno di mobilitarsi, ma dopo pochi minuti ecco la chiamata: ''il comune pone dei seri problemi'' e via che si riparte bandiere, striscioni slogan e via ''andiamo ad occupare Aedes'', e.... si blocca il traffico si grida e si esprime tanta rabbia. Una storia infinita, una storia che fa scuola, una storia che parla di dignità di coerenza.

da Infoaut

La cattedra vuota di Francesco Mastrogiovanni

Non si è ancora raggiunta, dopo quarant'anni, la verità sull'omicidio di Giuseppe Pinelli che un caso molto simile impegna la magistratura di Vallo della Lucania. Questa volta l'anarchico in questione non è volato da una finestra della questura ma è spirato, a soli 58 anni, alle 7,20 di martedì 4 agosto, quattro giorni dopo il ricovero avvenuto il 31 agosto, legato mani e piedi (per quanti giorni?) ad un letto dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania. Liberazione è stato il primo giornale nazionale a parlare della morte di Francesco Mastrogiovanni, grazie al tempestivo intervento dell'insegnante - editore Giuseppe Galzerano, amico e compagno del maestro. Per gli amici più intimi di "Franco" ci si trova di fronte ad un'altra triste storia di persecuzione e di repressione.

L'ultima vacanza. Il 30 luglio il maestro Francesco si trova in vacanza nel campeggio Club Costa Cilento quando, mentre si appresta a fare il bagno, viene inseguito dai carabinieri. In preda al panico inizia a correre e dopo un breve inseguimento la pattuglia desiste e il maestro si rifugia nel bungalow del campeggio. In questo camping è molto conosciuto e la signora Licia, la proprietaria, di tanto in tanto, gli affida i suoi nipotini. La mattina del 31 luglio le forze dell'ordine ritornano nel villaggio turistico, sono una quindicina i carabinieri coadiuvati da una pattuglia dei vigili urbani e da un medico dell'ospedale di Vallo della Lucania. Sono venuti a prendere Francesco per portarlo in ospedale. Il maestro appena li vede scappa dalla finestra, raggiunge la riva e a nuoto cerca di allontanarsi in direzione di una secca. Grazie al suo fisico poderoso (è alto m.1.90) resta in acqua per circa due ore. Come si fa per i più grandi trafficanti di armi e di droga sopraggiunge persino una motovedetta ed il film, in pieno stile holliwoodiano è garantito gratuitamente a tutti i villeggianti. Sfinito per lo sforzo decide di ritornare a riva, chiede una sigaretta e si fa una doccia. Ormai ha capito che tutto è stato già deciso. Nonostante lo stato di assoluta tranquillità gli vengono fatte tre iniezioni. Prima di salire sull'ambulanza rivolgendosi alla proprietaria del campeggio, la sua amica Licia, le dice: "Se mi portano a Vallo, non ne esco vivo".

Il ricovero e la morte. Dopo quattro giorni di ricovero Francesco muore per un infarto causato da edema polmonare. Questa volta , pur trattandosi di un libertario, non siamo in presenza di un "malore attivo" o di "morte accidentale" e dall'autopsia emergono particolari che definire inquietanti è poco. Il cadavere del maestro presenta diversi lividi sul corpo e segni di lacci su polsi e caviglie. Sulla cartella clinica non c'è traccia del provvedimento di contenzione. Quattordici, fra medici e infermieri finiscono sotto inchiesta perchè "il maestro più alto del mondo" , come lo chiamano i suoi scolari, non è solo. Intorno al suo cadavere tanti amici e parenti chiedono verità e giustizia.

Una vita difficile. Quella di Francesco Mastrogiacomo è stata una vita breve e difficile. Negli ultimi anni ha cercato, in ogni modo, di lasciarsi alle spalle i brutti ricordi tra i quali la morte di Carlo Falvella, giovane neofascista, vicepresidente del Fuan salernitano, ferito a morte durante l'aggressione dell'anarchico Giovanni Marini il 7 luglio del 1972. Insieme a Giovanni Marini e Gennaro Scariati, Francesco stava passeggiando sul lungomare di Salerno. "Incontrano Carlo Falvella e Giovanni Alflinito armati di lame. Francesco accelera il passo per andare a parlare con loro. Dai racconti e dalle testimonianze del processo emerge come tentò di far da paciere ma, per tutta risposta, ricevette una coltellata ad una coscia da Alflinito e stramazzò a terra. I due compagni intervennero immediatamente e, nella rissa che ne seguì, Giovanni riuscì a disarmare Falvella ferendolo a morte con la sua stessa arma. Si costituì il giorno stesso mentre Franco venne trasportato in ospedale. Gennaro, invece,sarà immediatamente scarcerato perché minorenne." In quell'epoca gli scontri fisici tra militanti dei vari partiti e movimenti erano all'ordine del giorno. Francesco era anche impegnato in un lavoro molto complicato: stava cercando di ricostruire le dinamiche di uno strano incidente stradale che il 27 settembre 1970 aveva provocato la morte sulla autostrada Roma-Napoli, nei pressi di Ferentino, di cinque giovani anarchici calabresi che si stavano recando a Roma per consegnare alla redazione di Umanità Nova i risultati di una loro "controinchiesta" sul deragliamento del "Treno del Sole" Palermo-Milano del 22 luglio del 1970, avvenuto nei pressi della stazione di Gioia Tauro.

Da quel triste periodo, per Francesco, il solo vedere uomini in divisa gli provocava dolore e ansia. Il 5 ottobre 1999 viene arrestato nuovamente, gli mettono le manette ai polsi per aver protestato contro il vigile per una semplice multa per divieto di sosta a Vallo Scalo. Il maestro denuncerà tutte le persecuzioni subite in venti anni: dall'arresto illegale, alle lesioni personali, all'abuso di autorità e calunnia. Per lui scattano gli arresti domiciliari presso l'abitazione familiare, a Castelnuovo Cilento e il compito di controllarne l'osservanza, guarda caso, viene affidato agli stessi carabinieri da lui denunciati. L'unica ancora di salvezza per la mente di un uomo così perseguitato è l'insegnamento, il rapporto con i bambini della sua scuola. I bambini adorano il loro "maestro gigante". Le uniche proteste dei genitori sono sempre state avanzate perché era poco severo. Era riuscito a rimanere se stesso nonostante tutto. Adesso che la cattedra è vuota qualcuno sussurra "non sono riusciti a cambiarlo".

http://www.rivistaonline.com/Rivista/ArticoliPrimoPiano.aspx?id=5975
da Antifa

Ora Pechino è obbligata a cambiare

Dopo sessant’anni di governo autoritario, il Partito comunista cinese è corrotto e la sua legittimità è in calo. Per evitare il declino dovrà promuovere la democrazia, scrive Asia Times.

Il sessantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese è una buona occasione per riflettere sulla situazione politica del paese. In vista della festa nazionale del 1 ottobre, i mezzi d’informazione di stato non hanno fatto altro che ricordare i “grandi successi” ottenuti dalla Cina sotto il regime comunista.In particolare, hanno fatto di tutto per mettere in risalto lo sviluppo socioeconomico degli ultimi tre decenni, che ha trasformato il paese nella terza potenza economica mondiale. Ma il “miracolo economico” basta a legittimare la continuità al potere del Partito comunista? A quanto pare, nemmeno i suoi leader ne sono molto convinti.

Al termine della sessione plenaria annuale del comitato centrale del Partito comunista, a fine settembre, i suoi leader hanno ammesso che l’autorità politica del partito è minacciata dalla corruzione dilagante, dalle tensioni etniche e dalle diseguaglianze sociali. “Questi problemi”, si legge nel comunicato rilasciato dopo l’incontro, “hanno danneggiato i legami con il popolo, ostacolando i tentativi di consolidare la posizione di potere del partito. C’è bisogno di un controllo più rigoroso sui suoi meccanismi interni”.

I centomila episodi di agitazioni e rivolte di strada scoppiate lo scorso anno in tutto il paese, il divario crescente tra ricchi e poveri e le continue violenze etniche in Tibet e nel Xinjiang rappresentano una grossa minaccia per i leader cinesi, che stanno pensando a una nuova strategia per tenere in vita il regime. Secondo lo storico Zhang Lifan, ex membro dell’accademia cinese di scienze sociali, il malcontento sociale porta molti cittadini a mettere in discussione la legittimità del regime. “Molte delle promesse fatte sessant’anni fa”, spiega Lifan, “non sono state mantenute. Come quelle di un Congresso nazionale del popolo (l’assemblea legislativa cinese) a elezione diretta o di una distribuzione equa della ricchezza. Tutto questo intacca la legittimità del regime”.

Apertura o declino
Bao Tong è stato direttore dell’ufficio per le riforme politiche del comitato centrale del Partito comunista. Secondo Tong, che ha passato sette anni in prigione perché accusato di aver appoggiato le proteste del 1989, il partito potrà riconquistare la fiducia del popolo solo trasformandosi in una formazione politica moderna. “Non è molto difficile: i suoi leader dovrebbero solo rispettare la legge e rinunciare al comando assoluto. La costituzione afferma che il potere appartiene al popolo, non al Partito comunista. Una volta rispettato questo principio, il partito riconquisterà la sua legittimità”.

Ma a quanto pare l’apparato comunista non sembra intenzionato a intraprendere questa strada. Durante il 2009, il governo ha cominciato a usare tattiche ancora più repressive per colpire quei cittadini che considera una minaccia. C’è stato un giro di vite sulle ong, molti avvocati impegnati nella difesa dei diritti umani sono stati radiati dall’albo professionale e diversi attivisti politici di primo piano sono stati arrestati. Inoltre, durante l’ultimo incontro dei vertici del partito, il governo si è impegnato, alla luce delle recenti agitazioni in Tibet e nello Xinjiang, a “prevenire efficacemente le rivolte e a reprimere con fermezza le attività separatiste di matrice etnica”.

A ogni modo, il governo sembra convinto di poter ancora sfruttare la crescita economica e il nazionalismo per unificare il popolo e assicurarsi la sua fedeltà. Secondo Willy Lam, professore di storia all’università di Hong Kong, le Olimpiadi del 2008, il programma spaziale e la parata militare per il sessantesimo anniversario della Repubblica Popolare hanno fatto crescere l’orgoglio nazionale. Secondo il giornalista Ching Cheong, gli sforzi fatti dal regime negli ultimi trent’anni per eliminare la povertà, insieme alla straordinaria crescita economica, ha rafforzato il nazionalismo, contribuendo a legittimare il regime.

“Il problema”, spiega Cheong, “È che questo modello non potrà reggere ancora per molto”. Secondo la maggior parte degli analisti, senza delle riforme politiche che introducano un sistema veramente democratico, il partito è destinato a perdere tutto il suo capitale politico.–Verna Yu, Asia Times, Hong Kong

da Internazionale

SUMATRA: IN MIGLIAIA SOTTO LE MACERIE, SERVE AIUTO INTERNAZIONALE

“Ci sono ancora migliaia di persone sotto le macerie e abbiamo bisogno dell’aiuto di paesi stranieri nelle operazioni di salvataggio. Abbiamo bisogno di personale specializzato e di macchinari”: questo l’appello lanciato oggi dal ministro della Sanità indonesiano Siti Fadilah Supari alla comunità internazionale, mentre a 48 ore dal sisma di 7,6 gradi della scala Richter che mercoledì ha colpito la zona occidentale dell’isola indonesiana di Sumatra si continua a scavare nella speranza - “debole” per stessa ammissione delle istituzioni - di trovare qualche sopravvissuto. Secondo gli ultimi bilanci ufficiali sarebbero 777 le vittime accertate finora e 440 i feriti gravi, ma il timore delle autorità indonesiane è che ci si possa avvicinare al bilancio di alcune migliaia di vittime (dalle 3000 alle 5000 a seconda delle fonti) che nel 2006 provocò il terremoto che colpì Yogyakharta. Fonti sanitarie locali fanno sapere che in città mancano acqua, vestiti, ripari e comincia a scarseggiare il cibo. Da questo punto di vista la situazione più difficile si registra nella città di Padang (capoluogo della provincia di West Sumatra con circa 1 milione di abitanti) visto che una delle zone più colpite dal sisma è stata proprio quella del mercato. Un’altra vera emergenza è la scarsità di personale medico per fronteggiare la situazione e l’altissimo numero di feriti, ma anche la mancanza di macchinari e medicinali rimasti sotto le macerie dei molti ospedali e presidi sanitari crollati. Il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono, che ha trascorso la notte a Padang e stamani sta visitando l’area vicina di Pariaman, ha chiesto che vengano mobilitate tutte le risorse possibili, invitando i funzionari statali a non sottovalutare la situazione e chiedendo di “inondare Padang di aiuti e materiale medico”.

da Misna

Voyager, il divulgatore di stronzate (nel senso di Frankfurt)


Confessiamo! Lunedì sera abbiamo visto la seconda puntata di Voyager. Ci siamo sottoposti nuovamente alla stupefacente ordalia mediatica che la televisione di Stato somministra all'abbonato "sempre in prima fila". Purtroppo, ci siamo sintonizzati in ritardo, certi però che Giacobbo non avrebbe deluso le nostre peggiori aspettative. E infatti...

Non appena lo schermo si illumina siamo irrimediabilmente coinvolti in uno dei "viaggi attraverso domande a caccia di risposte" in cui la guida turistica del mistero - nonché vicedirettore della seconda rete - ci conduce alla ricerca di "cosa c'è di vero nella leggenda e di fantastico nella storia". Accidenti!

Giacobbo incalza, ansioso di precipitare i suoi ascoltatori in quelle "strabilianti coincidenze" che squarciano la fumosa coltre dei fatti per aprire persino gli occhi degli increduli sul cialtronesco marasma della dietrologia a buon mercato.

Cosa accadde la notte del 14 aprile 1912? Per chi si accontenta delle verità di superficie, il Titanic affondò a seguito dello scontro con un iceberg.

In realtà, spiega l'ineffabile segugio del mistero, quella notte accadde "qualcosa di inspiegabile". Inspiegabile? E se così fosse, come farà il Nostro a renderci edotti su ciò che parrebbe non avere spiegazione? Mah!

Quello che conta, dopotutto, sono solo le "strabilianti coincidenze". E, infatti, ci viene prontamente ricordato che nel 1898 lo scrittore britannico Morgan Robertson pubblicò un romanzo in cui si parla di una nave che, partita dal porto di New York alla volta dell'Inghilterra, affondò in mare aperto a seguito di uno scontro con un iceberg! Avete letto bene, 1898! Quattordici anni prima dei drammatici eventi in questione.

Una voce fuori campo sottolinea "che le coincidenze tra il romanzo di Robertson e la tragedia del Titanic sono davvero impressionanti", anche perché - tenetevi forte! - il nome dello scafo di cui si parla nel romanzo era Titan... Una tragedia annunciata?

Subdola e immotivata (come sempre!) comincia a ricorrere come un sinistro tormentone la parola profezia. Era tutto scritto... E se qualcuno di voi provasse, per esempio, a far notare che il Titan viaggiava dagli Usa all'Inghilterra, mentre il Titanic dall'Inghilterra agli Usa, potrebbe almeno dire che era tutto scritto, ma male? Irriducibili scettici che non siete altro! E' noto che le profezie vanno interpretate... Inoltre, Giacobbo aggiunge - a chi fosse sfuggito il dettaglio - che ci furono "uomini e donne che non tornarono mai". Davvero??? E "forse questi uomini e queste donne - prosegue il conduttore - avrebbero potuto intuire qualcosa se solo avessero letto un piccolo libro uscito 14 anni prima della catastrofe". Quante volte ve lo dobbiamo dire che leggere fa bene e allunga la vita?

Ma a raggelare gli entusiasmi dei più ingenui, giunge un avviso ai naviganti dal capitano di Voyager: "Trovare una spiegazione al fatto che un romanzo ha anticipato di 14 anni la tragedia del Titanic francamente è difficile". E quindi??? Un quarto d'ora di trasmissione gettato al vento? Un momento di involontaria lucidità? O la cautela tipica di chi prende il mistero con le pinze? Scegliete voi.

Forse, più semplicemente, "i misteri non finiscono qui. [...] La teoria legata all'iceberg è solo una. C'è n'è un'altra altrettanto sorprendente che basa i suoi capisaldi su tre elementi innovativi": un tesoro scomparso, vittime mai ritrovate e un sottomarino tedesco.

In estrema sintesi, lo scrittore James Clary sarebbe convinto di aver dimostrato che l'affondamento del Titanic non sia dipeso da un iceberg. Secondo Clary, "il transatlantico navigò ancora quindici minuti dopo la collisione". Ma collisione contro cosa, se quella dell'iceberg sarebbe una bufala? Pazientate ancora qualche riga. Pare infatti, che il comandante, rispettando il protocollo, abbia dato ordine di continuare a navigare a mezza velocità, il che avrebbe accelerato l'infiltramento d'acqua e quindi velocizzato l'affondamento. A ciò si aggiunga che lo squarcio si sarebbe prodotto in prossimità dei vani in cui erano conservati gli inestimabili gioielli dei ricchi passeggeri che alloggiavano nei piani nobili del transatlantico.

Tutta colpa del comandante, quindi? Ma soprattutto cosa provocò, se non il famigerato iceberg, lo squarcio nella chiglia del Titanic? Lo storico David Roberts ipotizza un incendio, o meglio, "un focolaio virulento vicino alla stanza delle caldaie sei".

E quindi la solita domanda sorge spontanea nella testa di Giacobbo: "Fu solo una coincidenza? Oppure l'incendio indebolì la paratia, causando danni maggiori del previsto al contatto con l'iceberg". Allora l'iceberg c'era...

E il sottomarino? Ecco uno dei consueti avvitamenti carpiati tipici della retorica "giacobbina": "Può sembrare incredibile, eppure questa non è la rivelazione più sconcertante. [...] Alcuni indizi tendono a guidare la nostra indagine verso la sinistra ipotesi della cospirazione. [...] La tragedia del Titanic potrebbe essere stata un atto di guerra?".

L'iceberg di nuovo scompare! "Molti superstiti dissero che dalle scialuppe di salvataggio videro una strana luce provenire da una nave vicina, come il lampo di un proiettore". Per alcuni si tratterebbe del Californian, ma il capitano di quella nave sostenne che c'era un'altra nave che non soccorse i naufraghi.

Giacobbo esige chiarezza: "Dobbiamo porci due domande: la prima, perché questa eventuale terza imbarcazione non andò in soccorso dei naufraghi? E poi, perché il capitano Lord avrebbe dovuto inventare tutto questo?". Ecco l'ipotesi che spiegherebbe tutto: "c'è la possibilità che quel faro appartenesse a un sottomarino tedesco e la ragione del mancato soccorso dei naufraghi sarebbe che o si era appena scontrato con il Titanic o lo aveva colpito con i suoi siluri per affondarlo".

Quindi, come sono andate le cose in quella notte di aprile del 1912? Cediamo di nuovo la parola a Giacobbo, ne vale la pena: "La tragedia del Titanic può avere due finali diversi. Il primo, quello di un incidente banale, ma previsto da un libro qualche anno prima; un altro, quello di un attentato, di un affondamento voluto per prendere un tesoro. Un bivio quindi. Quale strada scegliere: l'una o l'altra?" Già, quale? Eccovi il clamoroso risultato delle turbinose indagini di Giacobbo: "Questa è una scelta che lasciamo a voi. Ma se ci pensiamo con attenzione forse queste due soluzioni in un punto potrebbero addirittura incontrarsi. Ma questa è un'altra storia". L'abbonato ringrazia!

Se il riferimento non fosse troppo nobile, verrebbe da dire che c'è del metodo in questa follia. Nella prima puntata della nuova edizione - quella dedicata a 2012. Fine del mondo? (che per una "strabiliante coincidenza" replica il titolo del libro del conduttore pubblicato da Rai-Eri Mondadori) - avevamo assistito a un simile delirio argomentativo dedicato alla "nuova razza, nata in previsione dei cambiamenti epocali che avverrebbero - guarda un po' - nel 2012", i bambini indaco. Vi risparmiamo la girandola di suggestioni e contraddizioni che ha scandito lo spazio vanamente dedicato al tema e vi regaliamo solo l'imperdibile conclusione di Giacobbo sull'argomento: "Falso, vero o limitato che sia, il fenomeno dei bambini indaco ci spinge comunque a riflettere su due cose molto importanti: il percorso evolutivo che sta compiendo l'umanità e il grado di attenzione che dovremmo rivolgere ai nostri figli".

Abbiamo un'idea precisa su come classificare imbonitori di tal fatta e ce l'ha suggerita un saggio di Harry Frankfurt (Stronzate. Un saggio filosofico, Rizzoli 2005), in cui il filosofo ha spiegato la differenza tra chi racconta balle e chi spara "stronzate". Secondo Frankfurt, infatti, "Il divulgatore di stronzate [...] non è dalla parte del vero né da quella del falso. [...] Non prende in considerazione i fatti, se non nella misura in cui possono aiutarlo a confermare le sue affermazioni". E facendo propria questa tassonomia, il giornalista scientifico Ben Goldacre nel suo La cattiva scienza (Bruno Mondadori, 2009) ha opportunamente ribadito che "il divulgatore di stronzate [...] tenta semplicemente di fare colpo sui suoi ascoltatori". Se trovate una qualche corrispondenza tra le parole di Frankfurt (e di Goldacre) e le trasmissione di Giacobbo, condividerete con noi l'amarezza di vedere una televisione di stato ridotta a "divulgare stronzate" in prima serata.

Diversamente, buona visione!

di Chiara Ceci* e Stefano Moriggi**
* comunicatrice della scienza
** filosofo della scienza
da MicroMega

L'Onu insabbia la frode elettorale afgana

Rimosso il numero due dell'Unama che aveva denunciato i brogli. Usa e Nato hanno deciso di riconoscere la vittoria di Karzai, anche se fraudolenta

Le Nazioni Unite, con il placet del presidente Usa Barack Obama, hanno rimosso dal suo incarico lo statunitense Peter Galbraith, il numero due della missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) entrato in aperta polemica con il suo capo, il norvegese Kai Eide, sulla gestione dello scandalo delle frodi nelle elezioni presidenziali del 20 agosto.

"Così l'Onu dà un segnale terribile". "E' sorprendente che le Nazioni Unite rimuovano un ufficiale perché questo era preoccupato per le frodi emerse in elezioni finanziate e supportate dalle Nazioni Unite", ha commentato Galbraith. "Così si manda un segnale terribile. Io non ero pronto a rendermi complice di un insabbiamento o di uno sforzo per minimizzare queste frodi".
"Ho avuto un duro disaccordo con il mio superiore, Hai Eide, su come affrontare la questione: quando ho chiesto di presentarle le ampie prove dei brogli alla Commissione per i reclami elettorali (Ecc) perché svolgesse ulteriori indagini, lui disse che non era il caso di diffondere queste notizie. Su pressione del presidente Karzai, Eide ha deciso di supportare il candidato beneficiario dei voti manipolati. Eide ha cercato di archiviare le frodi. Non voleva che il personale Onu ne parlasse. Non voleva, per esempio, che con gli ambasciatori a Kabul si discutesse dell'affluenza alle urne, che sapevamo essere stato bassissimo nelle province meridionali da dove invece era arrivato un numero enorme di voti".

Usa e Nato hanno già deciso: Karzai non si tocca. Nel comunicato dell'Onu che annuncia la sua rimozione, il segretario generale Ban ki-moon ha scritto che la decisione è stata presa "nell'interesse della missione" in seguito alle "inconciliabili divergenze" emerse tra Galbraith ed Eide, al quale viene "ribadito il pieno appoggio".
Cinque membri dello staff dell'Onu a Kabul hanno rassegnato le dimissioni in sostegno a Galbraith.
Secondo Abdullah Abdullah, lo sfidante di Karzai che sperava nel ballottaggio, "il licenziamento di uno come Galbraith è il segno che la frode ha avuto la meglio sulla legge".
Il secondo turno, che fino a pochi giorni fa era dato per scontato dopo l'avvio del riconteggio dei voti contestati (avviato proprio in seguito alle insistenze di Galbraith), pare ormai escluso. Sembra infatti certo che giovedì scorso, a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu a New York, il leader di Stati Uniti e dei loro alleati Nato abbiano deciso che se anche il riconteggio dovesse privare Karzai della maggioranza, la sua vittoria verrà comunque accettata per evitare un secondo turno elettorale.

Enrico Piovesana da PeaceReporter

Birmania, confermati altri 18 mesi di arresti domiciliari per Aung San Suu Kyi


Questo impedirà al Premio Nobel per la pace di partecipare alle elezioni del prossimo anno

Aung San Suu Kyi, la leader dell'opposizione birmana, rimane agli arresti domiciliari. Lo ha deciso oggi un tribunale della giunta militare del Myanmar, respingendo il suo appello contro la sentenza con cui lo scorso agosto il premio Nobel per la pace è stata condannata ad altri 18 mesi di detenzione per aver violato i termini degli arresti domiciliari dopo che un cittadino statunitense (condannato ma poi rilasciato su pressione Usa) cercò di raggiungere a nuoto la sua abitazione. Una sentenza che ha lo scopo di impedire alla Suu Kyi, che ha trascorso agli arresti 14 degli ultimi 20 anni, di partecipare alle elezioni che la giunta militare si e' impegnata a convocare il prossimo anno.
"L'appello e' stato respinto, ma ci rivolgeremo alla Corte suprema" ha fatto sapere l'avvocato di Suu Kyi e portavoce della Lega nazionale per la democrazia, Nyan Win, dopo la bocciatura del tribunale di secondo grado. La prima condanna a tre anni di lavori forzati era stata convertita in un anno e mezzo di arresti domiciliari, stessa pena inflitta a due collaboratrici dell'attivista. Anche le due donne si sono viste respingere l'appello che avevano presentato.

da PeaceReporter

Caos supplenti e classi ghetto


L’anno scolastico appena iniziato si preannuncia uno dei più avventurosi, ­ per usare un eufemismo, ­ degli ultimi decenni. Intanto giunge notizia che anche il tar, dopo il Consiglio di stato, dà ragione ai ricorsi ignorati dal ministero, che aveva messo dei limiti alle graduatorie per "blindare" i posti al nord. Ciò significa che le graduatorie dei precari saranno nel caos e nei prossimi mesi vi sarà un vero e proprio balletto di supplenti. Il Consiglio di stato, dando ragione a migliaia di supplenti che si sono rivolti alla giustizia amministrativa, ha infatti dichiarato illegittimo il provvedimento che ha creato le cosiddette "code" nelle graduatorie ad esaurimento. L'inserimento in graduatoria, quindi, deve avvenire "a pettine", cioè secondo il punteggio. Il che significherà rifare tutte le graduatorie a tempo di record. Insomma, il caos.
Ma c’è di peggio: il diffondersi un po’ in tutta Italia di "classi-ghetto". Prima dell’estate era stata la Lega Nord a paventare tale raccapricciante ipotesi, suscitando numerose polemiche nel mondo della scuola e uno stop preventivo anche da parte del governo. Ora, anche se non se ne parla più molto, le classi-ghetto arrivano, sembrerebbe, per necessità organizzative. Per esempio: a Brescia c’è una terza media riservata solo a ripetenti e a figli di immigrati ­ che sono quindi considerati automaticamente come asini. Si tratta di 17 ragazzi, la III D di Capriolo, a una quarantina di chilometri da Brescia, creata ex novo per venire a capo dell'emergenza bocciature e per arginare il flusso degli alunni immigrati che arrivano in Franciacorta in ogni periodo dell'anno senza sapere una parola di italiano: una grana per gli insegnanti ma anche per gli studenti visto che, azzerati gli aiuti ministeriali per gli alunni stranieri, costringe a procedere a rilento con il programma anche gli alunni italiani e non bocciati. "Pontificare è un conto, calarsi nella realtà è un altro", ­ si giustifica il preside, Antonio Bellino, ricordando che la decisione della III D è stata presa in accordo con il consiglio d'istituto. Stessa cosa alla scuola Grisandi di Luzzara, in provincia di Reggio Emilia: è stata istituita una classe solo di alunni indiani. Ha protestato in un corteo il Coordinamento delegati immigrati ­ Cgil di Reggio Emilia, insieme ai genitori dei bambini indiani che hanno issato cartelli con scritto: "Non volete i nostri bambini a scuola, perché volete le nostre braccia da lavoro?". Ma la Cgil scuola e gli altri sindacati della scuola, al momento, tacciono. E il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Luzzara difende la sua scelta di formare una classe di soli indiani, senza italiani, ammettendo di avere avuto pressioni dai genitori italiani dei bimbi luzzaresi, che non volevano mettere i loro figli in sezioni a maggioranza di stranieri, minacciando di andarli a scrivere a Reggiolo.
Insomma, con l’arrivo dei tagli a personale e fondi della Gelmini inizia a uscir fuori non solo l’idea di una scuola inevitabilmente più razzista, ma anche un’idea alquanto bislacca di autonomia scolastica. Nele scuole-azienda, proiettate in una prospettiva sempre più forte di concorrenza, la presenza di scuole senza bambini stranieri sembra già utilizzata come criterio di merito e di preferenza fra le scuole pubbliche. Le mamme e i papà italiani stanno diventando improvvisamente razzisti? No, certo. Ma leggi come quelle della Gelmini lo fomentano, il razzismo: dat i tagli di fondi e personale, chiunque cerca di correre ai ripari, in una inevitabile lotta di tutti contro tutti per assicurare un futuro migliore ai propri figli. Il problema è politico, ancor prima che culturale. C’è infatti chi, anche nella sinistra e nel centrosinistra, non si sta accorgendo del punto fino al quale in questi anni si sta tentando di ridurre qualità e diritti degli alunni e dei genitori. E di come questo possa fomentare, se non il razzismo, quantomeno un'emorragia di voti dalla sinistra. E’ disarmante vedere come i sindacati della scuola e i partiti stessi di centrosinistra, legati a una politica sempre più del qui-e-ora che non sa più progettare, siano balbettanti e meno compresi della Lega. Se sinistra e centrosinistra non saranno in grado in questi anni di fare una battaglia forte e rigorosa per la salvaguardia e il rispetto dei diritti e dei servizi di tutti, italiani e non italiani, faranno inevitabilmente il gioco del centrodestra e, inevitabilmente, saranno destinati a perdere altri voti.

di Giuseppe Caliceti da Il Manifesto