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venerdì 9 ottobre 2009

ASSALTI FRONTALI - ROTTA INDIPENDENTE; RICORDANDO GENOVA 2001




Processo G8/ Dieci manifestanti condannati in appello, pene fino a 15 anni

Prescritti i reati di resistenza e danneggiamento, aumentate le pene per gli imputati accusati di devastazione e saccheggio. Queste le decisioni del Tribunale di Genova in merito al processo in appello per 25 manifestanti del G8 del 2001. In totale sono state dieci le condanne e quindici le prescrizioni e le assoluzioni. In primo grado le condanne erano state 24 con la richiesta complessiva di 108 anni di carcere per gli imputati. Per i dieci condannati le pene vanno dai 6 anni e sei mesi ai 15 anni.
DA CITTA’DIGENOVA.COM

Genova G8: mentre assolvono il porco De Gennaro aumentano le pene ai compagni. 10 condannati in appello

GENOVA - Condanna confermata solo per dieci dei 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio durante il G8 di Genova del 2001. I giudici della corte d'appello hanno dichiarato 15 tra prescrizioni e assoluzioni. In primo grado le condanne erano state 24 per complessivi 108 anni di reclusione.

LA RICHIESTA - Per gli imputati accusati di devastazione e saccheggio le pene sono state però aumentate: F. P. (10 anni e 6 mesi in primo grado) è stato condannato a 15 anni; V. V. (10 anni e 6 mesi) è stato condannato a 13 anni; M. C. (11 anni) dovrà scontare 12 anni e tre mesi; A. F. (9 anni) è stato condannato a dieci anni. Aumentate anche le pene per C. A. (da 7 anni e 6 mesi a 8 anni), L. F. (da 10 anni a 10 anni e 9 mesi), A. V. (da 7 anni e 8 mesi a 8 anni), C. C. (da 7 anni e 10 mesi a otto anni), D. U. (da 6 anni e 6 mesi a 7 anni), I. M. (da 6 anni a 6 anni e 6 mesi).

http://www.corriere.it/cronache/09_ottobre_09/g8_genova_condanne_manifes...
DA INDYMEDIA

LA MAFIA E' UNA MONTAGNA DI MERDA











Intervista a Salvatore Borsellino: ''Perche' parlano adesso?''

“Perché parlano soltanto adesso?”. Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ha visto la puntata di Annozero su via D’Amelio, sui misteri di quella terribile...

...stagione. Dentro gli è rimasta appiccicata una domanda.
La domanda di molti. Perchè soltanto adesso, per esempio, l’ex guardasigilli Claudio Martelli, rammenta certe circostanze che imboccano una strada senza uscita? Il senso delle sue dichiarazioni è unico e incontrovertibile: Paolo Borsellino sapeva. Fu messo al corrente della trattativa tra la mafia e lo Stato, o pezzi sparsi delle istituzioni.
Salvatore Borsellino, già, perché?“C’è da capire il motivo di queste rivelazioni inattese dopo diciassette anni. Forse alcuni soggetti vuotano il sacco ora, perché ci sono giudici che sull’argomento stanno lavorando egregiamente. Allora parlano, sperando di non essere chiamati dal magistrato sotto altra veste”.

Suo fratello fu ucciso perchè era a conoscenza della trattativa?“Sì, lo dico dal 2005. Prima mi hanno preso per pazzo. Poi, mi hanno oscurato”.

A suo fratello avrebbero potuto presentare il tutto non come un tentativo d’accordo, ma d’infiltrazione.
“Non lo so, non ho la sfera di cristallo. Paolo era un uomo integerrimo, difficilmente si sarebbe prestato ai giochi di palazzo, con gli occhi pieni delle scene atroci di Capaci. Era morto da poco Giovanni Falcone, il suo migliore amico. Non dimentichiamolo”.

Cosa altro non dobbiamo dimenticare?“Che Marcello Dell’Utri ha chiesto una commissione d’inchiesta sulle stragi”.

E che c’entra?“Mi chiedo: lancia un messaggio a qualcuno, o vuole sapere cosa hanno in mano i giudici?”.

Toriamo alla trattativa. Il giudice Borsellino si sarebbe messo di traverso?“Paolo aveva un grande rispetto per le istituzioni. Però non si tirava indietro. Ricorda la sua denuncia sullo smantellamento del pool?”.

Come dimenticarla…
“Rischiò una sanzione pesantissima e conseguenze gravi, per il rispetto della verità”.

E non avrebbe accettato alcuna intesa.
“Mai. L’avrebbe contrastata con tutte le sue forze, fino all’ultimo respiro. Infatti…”.

Infatti?“Lo hanno tolto di mezzo”.

Tratto da: livesicilia.it
da AntimafiaDuemila

Borsellino sapeva della trattativa. Ruotolo convocato dai magistrati di Palermo

Un altro colpo di scena, un altro improvviso lampo di memoria getta un po’ di luce sul mistero delle stragi del ’92 e ’93.

Ieri sera ad Anno Zero è stato addirittura Claudio Martelli, Ministro di Grazia e Giustizia di quell’epoca, a fare la rivelazione delle rivelazioni: Paolo Borsellino sapeva della “Trattativa”, dell’ormai famoso dialogo tra Stato e Mafia avvenuto proprio a cavallo delle stragi.
Secondo la testimonianza dell’ex ministro, andata in onda solo in forma di intervista però, il capitano De Donno si era recato dall’allora direttore degli affari penali, Liliana Ferraro, strettissima collaboratrice di Falcone, per spiegarle che Vito Ciancimino sarebbe stato disposto a passare dalla parte dello Stato a patto di avere copertura politica. La Ferraro “molto opportunamente e senza nemmeno bisogno che mi consultasse”, spiega Martelli, “gli disse di rivolgersi prima di tutto al magistrato competente, cioè Paolo Borsellino.

Questo dialogo, spiega in collegamento da Palermo Sandro Ruotolo, in questi giorni oggetto di minacce ritenute molto pericolose dalla Digos che lo sta proteggendo, sarebbe avvenuto nel trigesimo della strage di Capaci, in occasione della messa a suffragio, quindi il 23 giugno. Dopodiché, ed è questa la vera novità, Liliana Ferraro ne avrebbe parlato direttamente a Paolo Borsellino.
Tutta questa sequenza di eventi sarebbe stata confermata dall’interessata a Martelli che se ne è fatto garante, telefonicamente, presso Ruotolo.
Da qui sorgono spontanee almeno due domande: la prima, la più ovvia, è perché due “amici” di Giovanni Falcone, come sono stati sempre pubblicamente considerati, Liliana Ferraro e lo stesso Martelli decidono di parlare solo ora.
La seconda è se De Donno, che incontra Borsellino con Mori due giorni dopo la suddetta conversazione, il 25 giugno 1992, nella caserma Carini di Palermo, ne abbia parlato con il giudice così come gli disse la Ferraro.
Difficile se non impossibile pensare che Borsellino, se fosse già stato informato dei dialoghi tra Ciancimino e De Donno non gliene avrebbe chiesto conto immediatamente in quella riunione che a detta dell’allora colonnello Mori sarebbe stata super riservata. Se così fosse Mori e De Donno non solo non avrebbero mai riferito questa circostanza, ma avrebbero mentito dicendo che in quell’occasione parlarono solo di mafia e appalti.
Un elemento di indagine importantissimo quindi per i magistrati di Palermo che proprio sulla trattativa stanno lavorando da tempo. Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia intanto ha convocato d’urgenza Ruotolo per fare chiarezza e vorrà ovviamente sentire anche gli interessati. Se la Ferraro e Martelli dovessero confermare a verbale si potrebbe ampliare ulteriormente quello scenario già all’esame della Corte presieduta da Mario Fontana che sta processando il generale Mori e il colonnello Mauro Obinu per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.
Secondo l’accusa sarebbe esistito un patto tra Provenzano e alcuni referenti politici per ristabilire l’eterno equilibrio tra Cosa Nostra e Stato, interrotto definitivamente con le condanne all’ergastolo sancite dal Maxi processo e dalla caduta rovinosa della Dc e del vecchio sistema partitico con mani pulite. All’interno di questo accordo ci sarebbe stata la consegna di Riina, la mancata e mai sufficientemente spiegata perquisizione del suo covo, la mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso nel 95 e tutta una serie di eventi che hanno ristabilito con gli anni la pax tra Stato e Mafia diventata oggi la maggior “azienda” del Paese garantita e agevolata da leggi che ne reprimono principalmente la sfera militare.
Per raggiungere questo obiettivo, aveva più volte detto Provenzano ai suoi, c’era da pazientare una decina d’anni e soprattutto era stato necessario eliminare alcuni ostacoli, tra cui Paolo Borsellino e creare il necessario clima di instabilità politica e istituzionale, quindi anche le stragi del ’93.
Certo, trovare preciso riscontro processuale a tutto questo diabolico progetto è tutt’altro che semplice ed è diventato un carico enorme sulle spalle di pochi magistrati e forze dell’ordine. Proprio tra ieri e l’altro ieri si sono svolte due udienze del dibattimento in questione in cui ha deposto il collaboratore di giustizia Antonino Giuffré, l’ultimo dei pentiti ad avere avuto stretta relazione con Provenzano dopo la cattura di Riina.
Soppesando ogni singola parola l’ex capo mandamento di Caccamo ha spiegato che la priorità per Provenzano era quella di trovare la soluzione ai loro problemi più gravi, accentuatisi con la politica irruenta e di attacco allo Stato voluta da Riina e dalla quale il Provenzano aveva cominciato a dubitare, fin dalla decisione di votare il Psi, proprio di Martelli, al posto della Dc nel ‘87.
I problemi sono quelli ormai noti dell’ergastolo e quindi della possibile revisione dei processi, i benefici carcerari anche per i mafiosi, il sequestro dei beni, la neutralizzazione dei collaboratori di giustizia contenuti anche nel famoso “papello” consegnato da Riina a interlocutori politici per il tramite di Vito Ciancimino.
Giuffré, senza una parola di troppo, riferisce semplicemente che mentre la fazione di Bagarella e Brusca continuava a mettere a ferro e fuoco il Paese con le “bombe del continente” (Firenze, Milano e Roma) Provenzano lavorava alla “sommersione”, cioè a non fare eccessivo rumore per poter ritornare ai vecchi tempi della coabitazione con lo Stato e del grande business.
Ad un certo punto tra il ‘93 e il ‘94 aveva rassicurato i suoi più intimi di avere le garanzie necessarie e che occorreva prodigarsi per sostenere la nuova forza politica: Forza Italia.
A fare da tramite per questo rinnovato accordo: Marcello Dell’Utri.
La stessa ricostruzione l’ha fornita ieri sera Massimo Ciancimino ad Anno zero ribadendo quanto già riferito ai magistrati.
Ad un certo punto – ha raccontato - suo padre, don Vito, si era sentito scavalcato. Aveva capito di essere stato utile alla cattura di Riina e quindi alla causa della nuova trattativa che avrebbe riportato la pace tra stato e mafia, ma che ormai la sua funzione era finita.
Un po’ dispiaciuto aveva però finito con condividere la scelta di Provenzano di proseguire nei suoi negoziati con un uomo nuovo in grado di fargli da agente presso la nuova politica: Marcello Dell’Utri.
Anche le dichiarazioni di Massimo Ciancimino sono all’attento vaglio degli inquirenti che lo sentiranno presto a processo, nel frattempo però a deporre il prossimo 20 ottobre sarà invece suo fratello.
Giovanni Ciancimino, avvocato, era rimasto finora al di fuori da tutte le delicate faccende relative al padre. Tuttavia, chiamato dai magistrati, ha confermato di essere a conoscenza della trattativa e del ruolo svolto in questo passaggio dal genitore.
Assieme a lui è stato convocato anche l’onorevole Violante che, pure lui con il lieve ritardo di 17 anni, ha rammentato di essere venuto a conoscenza di questo dialogo tra il Ros e Ciancimino. Le sue dichiarazioni tardive sembrerebbero essere su alcuni punti discordanti, sarà compito delle parti a processo tentare di rimettere in ordine questo intricato periodo storico che ha segnato indelebilmente, piaccia o meno, la storia del nostro Paese.
E’ evidente che siamo in un momento politico assai delicato in cui sembra stiano per emergere pezzi di verità sempre più inquietanti che stanno facendo sperare gli italiani onesti e i tanti famigliari delle vittime. Ieri sera la trasmissione di Santoro si è aperta con una richiesta, sempre aristocratica e composta, di Agnese Borsellino, in cui la moglie del giudice chiede a chiunque sia informato di quei fatti di dire la verità perché ormai i tempi sono maturi. Poiché solo la verità potrebbe restituire dignità al nostro Paese.
Questo compito però, ed è bene che ce lo ricordiamo tutti, non può essere delegato alla sola magistratura, un’altra volta, ma deve essere condiviso. La società civile deve essere attenta, è vero, ma ora si dovrebbero sentire anche la voce degli intellettuali, degli storici, dei grandi giornalisti. Che non si nascondessero dietro le verità processuali, ce n’è abbastanza per analizzare questa fantasmagorica omertà di stato che solo oggi sembra lievemente infrangersi. E poi teoricamente ci sarebbe la politica; se ci fosse una classe dirigente onesta e coraggiosa sarebbe arrivato il momento anche per loro di una bella autocritica. E magari di una bella pulizia.







da AntimafiaDuemila di Anna Petrozzi

Nardò: Occupata aula consiliare. Video dell'incontro tra il Sindaco e i trenta ex-LSU

Ieri mattina trenta ex-LSU che lavoravano per conto della ditta Bianco, hanno deciso di occupare l'aula consiliare insieme ai lavoratori della Ses, che ricevuti dal Sindaco hanno ottenuto l'impegno dello stesso a portare il caso Ses al prefetto martedì.
"Occuperemo l’aula consiliare fino a quando non avremo delle risposte e delle garanzie". Parola dei trenta ex-LSU, di chi è in cassa integrazione straordinaria ormai da agosto e vede il proprio futuro sempre più nero dopo la gara d'appalto andata male.

I VIDEO







Salento- -Cnh (Fiat) : cassa integrazione per cinquecento

Adesso sono attesi durissimi contraccolpi sull’indotto salentino. Sul piazzale ci sono 300 escavatori invenduti

LECCE — La Cnh Italia del gruppo Fiat, la più importan­te azienda metalmeccanica del Salento, ha chiesto la con­cessione della cassa integra­zione straordinaria per 500 di­pendenti dal 2 novembre 2009 al 31 ottobre 2010. La ri­chiesta dell’azienda, specializ­zata nella produzione di mac­chine movimento terra, è sta­ta presentata ieri ai sindacati ed alla Provincia con una lette­ra dal direttore generale di Confindustria, Antonio Corvi­no. La crisi di mercato è anco­ra profonda, sul piazzale del­l’azienda di Lecce sono rima­ste invendute circa 300 esca­vatori. La situazione della Cnh avrà dei durissimi con­traccolpi sull’indotto salenti­no, composto da 31 aziende con complessivi 1500 operai. L’intero settore rischia ora di fermarsi.

LA CONGIUNTURA - Nella missiva, in modo par­ticolare, il direttore Corvino spiega che «l’azienda si vede costretta a dover continuare a procedere ad una significati­va contrazione delle proprie attività stante il crollo della domanda di mercato». E anco­ra: «La Case New Holland è un costruttore full-liner glo­bale di macchine movimento terra destinate a miniere, ca­ve e cantieri. Tali cantieri so­no penalizzati da una forte flessione, diretta conseguen­za della congiuntura economi­ca e finanziaria, manifestatasi a decorrere dalla seconda me­tà dello scorso anno sia a livel­lo nazionale che internaziona­le ». Per altri 12 mesi, dunque, l’azienda ha chiesto lo stato di crisi ma la Cnh ha assicurato ai sindacati che, in base alle esigenze tecnico-organizzati­ve e produttive, sarà concor­data una rotazione degli ope­rai.

IL POLO INDUSTRIALE - Attualmente i 500 operai della Cnh sono in cassa inte­grazione ordinaria fino al 29 ottobre prossimo. Dal 2 no­vembre resteranno ancora a casa. Eppure, secondo il pia­no illustrato nelle settimane scorse dall’amministratore de­legato della Fiat Sergio Mar­chionne, quello di Lecce dove­va diventare il polo di eccel­lenza del settore. La Fiat chiu­derà lo stabilimento di Imola e trasferirà nel Salento la pro­duzione delle Terne, escavato­ri stradali. Con queste macchi­ne, nel Salento saranno cin­que le linee di produzione del­la Cnh: mini Weel Loader, Te­lehandler, Dozer, Weel Loa­der e appunto Terna. Ma il mercato americano è blocca­to ed anche la produzione ha avuto dei forti contraccolpi. Entro il 20 ottobre, nella sede leccese di Confindustria, il di­rettore generale mondiale del­la Cnh, Vincenzo Retus, illu­strerà ai sindacati il piano per il 2010. La ripresa dovrebbe cominciare non prima del prossimo anno ed i benefici si potranno vedere solo nel 2011. Con i sindacati sarà af­frontato anche il nodo dei 43 apprendisti, i cui contratti sca­dano a novembre. Sarà chie­sta la trasformazione in con­tratti a tempo determinato.

IL DOCUMENTO - Ci sarà un confronto anche sul prepensionamento di 65 operai attraverso la mobilità volontaria. Nel frattempo l’in­dotto continua a soffrire. L’al­tro giorno l’Alcar di Dario Montinari ha chiesto la cigs per 340 operai. Ora è la volta dell’Olc di Specchia, guidata dall’imprenditore Oronzo Bar­bato. La cigs è stata chiesta per 110 lavoratori. Ieri vertice tra Confindustria e sindacati. Presto verrà stilato un docu­mento comune a sostegno del comparto metalmeccani­co.

Salvatore Avitabile

Corriere del mezzogiorno.it

Coppa Italia II turno: il Nardò supera di misura il Massafra

Goals:al 29' Pirrone, al 50' Di Rito, al 65' Calabuig

FORMAZIONI

MASSAFRA: Minno, Taurino, Russo, Accardo, Carlucci, Lopetuso, Fanuli, Morelli, Pirrone, Carrusca, Ciaurro. All. Carrano

NARDO': Bagflivo, De Padova, Contessa, Irace, Calabuig, Marini, Turitto, Ruggiero, Di Rito, Tartaglia, De Benedictis.. All. Longo

arbitro: Pedarra di Foggia

Note: spettatori un centinaio circa di cui una ventina neretini.

Intervista a Massimo Ciancimino. ''Nel papello le contro richieste della mafia''

di Pino Maniaci e Pietro Orsatti
Stagioni delle stragi e trattativa tra lo Stato e i boss. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo: «Parlo con Ruotolo e dopo pochi giorni gli arrivano le minacce».

Una delle figure centrali della riapertura dei processi a Caltanissetta e Palermo sulle stragi e sulla trattativa fra Stato e Cosa nostra nei primi anni 90 è sicuramente Massimo Ciancimino, figlio di Vito, il sindaco del “sacco di Palermo”. Dopo aver deposto presso le procure di mezza Italia e dopo essere stato ritenuto credibile, almeno in parte, da molti pm, che sulle sue dichiarazioni hanno aperto nuovi fascicoli, oggi è uno dei personaggi meno facilmente interpretabili di questo rinnovato interesse per il biennio 1992-93 e la stagione delle stragi. Lo raggiungiamo telefonicamente mentre è in auto per partecipare alla puntata di “Annozero”, una partecipazione, la sua, non prevista fino all’ultimo minuto. Infatti era già stato raggiunto da Sandro Ruotolo, che aveva registrato una lunga intervista. Poi negli ultimi giorni le intimidazioni verso il giornalista.

Ciancimino, lei rilascia un’intervista a Ruotolo e pochi giorni dopo il giornalista riceve minacce di morte. Solo una coincidenza?

Non sono al corrente dei dettagli della questione, ma so che la Digos sta indagando a fondo sulla vicenda. Certo è che la coincidenza c’è e fa pensare. Ma non ho dettagli e alcuna certezza. Non mi fa star sereno, però.

Dell’Utri prese il posto di suo padre come mediatore nella trattativa?
Ovviamente non posso entrare nel merito di questo perché l’argomento è al vaglio dell’autorità giudiziaria. Questa dichiarazione che lei mi sta riportando, però, è stata frutto di un’estrapolazione di qualche vostro collega. Comunque, io sto rispondendo ai magistrati anche su Marcello Dell’Utri.

Il famoso “papello”. Lo ha ancora lei? Lo ha consegnato ai magistrati?
Anche su questo argomento non posso rispondere perché si tratta di uno degli argomenti segretati. Quello che posso dire è che il papello -come a voi giornalisti piace tanto chiamare questo foglio di carta – riguardava delle contro richieste di Cosa nostra, ed era… sta nelle mie disponibilità.

Ma le trattative erano due? Una con l’area stragista, l’altra con Provenzano e la fazione della “sommersione”?
Questa è una delle più accreditate ricostruzioni giornalistiche. Io sono convinto che la trattativa fosse solo una con vari personaggi che si alternano nelle varie fasi. Si trattava di una questione di “equilibrio”.

Un giudizio su quella che fu la strategia portata avanti da Totò Riina?
Quello che penso di Totò Riina è stato anche manifestato nella mia piena disponibilità e volontà di contribuire al suo arresto. La valutazione si può sintetizzare in questo tipo di comportamento.

Riina che oggi, dopo anni, ha ripreso a parlare.
L’ultimo messaggio di Riina sicuramente è qualcosa di strano, quello che mi fa pensare è che quando parla lo fa sempre su di me. Sicuramente non è indifferente il fatto che lui riconosca pienamente il suo ruolo. “Non siamo stati noi”. Parla da capo dei capi. Riina parla poco e quando sa che deve parlare. Si esclude dall’eccidio di via D’Amelio ma non da altri fatti. Facendo quella dichiarazione riconosce un suo ruolo preciso fino a quel momento, e poi, non so se per strategia, un disconoscimento di quell’ultima fase.

La rassicura sapere che ora anche suo fratello sta parlando in sede di magistratura confermando le dichiarazioni che lei ha fatto finora?
Mi conforta che mio fratello abbia fatto questa scelta, iniziando a collaborare e dichiarando in relazione ad aspetti di questa vicenda. Anche perché, al contrario di me, lui non ha in sospeso alcun carico con la giustizia. Mio fratello, come la mia famiglia, è intervenuto con grande difficoltà e solo dopo che lo Stato si è preso carico della mia situazione. Sì, questo suo intervento mi conforta molto.

Sta dicendo che dopo mesi lei, quindi, ha una scorta? È sotto tutela?
Sì, oggi sono con una scorta. Per quello che possono fare secondo lo schema e gli ordini del ministero e degli organi di tutela.

L’ha sorpresa l’esclusione della sua deposizione al processo Dell’Utri?
Ormai non mi stupisco più di nulla.