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sabato 31 ottobre 2009

VENDOLA «In Puglia apriamo all'Udc. Se resto io non sarà trasformismo»

di Daniela Preziosi da Il Manifesto del 27 ottobre 2009
«Facciamo asse sul lavoro Così riparte l'alleanza»
Presidente Vendola, il neosegretario Bersani ha parlato del suo Pd come di un partito «d'alternativa» non solo d'opposizione. È il calcio di avvio delle nuove alleanze?

Le primarie sono state uno straordinario fatto democratico. Hanno espresso, in forma forse persino disperata, un bisogno di contare, di essere protagonisti, di condividere l'uscita dal tunnel in cui la sinistra è prigioniera. E ora Pierluigi usa la parola 'alternativa'. Una parola bella, importante. Significa che non dobbiamo più vivere una coazione al governo in cui si alternano ceti politici come variazioni dello stesso tema. Quindi, ora che si è chiusa la vicenda congressuale Pd, propongo a Pierluigi di fare un passo avanti.

Che passo?
Ho telefonato a Bersani. E gli ho fatto una proposta: uniamo tutte le forze di opposizione in una grande mobilitazione nazionale a difesa del mondo del lavoro. Siamo in un paese che sta oggi scoprendo la sua crisi, che fin qui era stata sottovalutata. La lotta alla precarietà è un terreno importante per costruire l'alternativa, un terreno di nuova egemonia, visto che ormai la critica alla precarietà è un dato universalmente accettato. Ora si tratta di tradurre questa critica in una piattaforma politica comune. E poi, dinanzi alla scadenza dei rinnovi contrattuali, dobbiamo chiedere tutti insieme che i contratti siano validati dal voto dei lavoratori e delle lavoratrici, per una ragione di igiene sociale e democratica. Questi sono due cardini su cui ricostruire le coordinate generali della sinistra.

Proposta rivolta anche al Prc?
Certo. Misurarci tra di noi sulla base delle nostre opzioni ideologiche è inutile e noioso. Dobbiamo misurarci avendo come metro la realtà.

Quindi, Sinistra e libertà non si iscrive al Pd, neanche a quello di Bersani.
No, no. Il Pd non ha ancora svelato la sua natura. E i temi che ci hanno diviso fin qui non sono ancora alle nostre spalle. In tutta Europa si consuma la sconfitta, a volte catastrofica, di un trentennio del moderatismo di sinistra, del liberismo temperato.

Bersani è un esponente del liberismo temperato?
Pierluigi è il riformista emiliano per antomasia. Di quella storia conserva l'idea dell'autorevolezza della politica. Quello che mi piace di lui è che ha conoscenza degli oggetti della politica. Oggi la contesa pubblica è fatta di fiction, di Porta a Porta, dove trovi due che si scannano su cose di cui non sanno niente. Lui invece è uno che ha una conoscenza reale dei fenomeni sociali e del mondo del lavoro. Quanto al moderatismo di sinistra, lei parla di un leader, io parlo di tutta una storia: della passione per le privatizzazioni, per la flessibilità, per una certa idea della crisi. Oggi guardiamo avanti, ma i punti di differenza restano, ed è bene che ci siano protagonisti a sinistra del Pd.

Dopo l'elezione del segretario Pd in Puglia, Sergio Blasi, cercherete di fare una nuova coalizione con l'Udc in regione, per poi applicare quel modello su scala nazionale?
I tre candidati alla segreteria del Pd pugliese sono tutti espressione di una nuova classe dirigente: Michele Emiliano, il sindaco di Bari con la sua capacità di sparigliare la politica, il mio assessore alla trasparenza Guglielmo Minervini e Blasi, l'amato sindaco della taranta di Melpignano. Chiedono tutti e tre la mia conferma. Io condivido con tutti loro un'idea di costruzione dell'alleanza: quella che tiene al centro la difesa del mezzogiorno, della democrazia e lo sviluppo della nostra esperienza peculiare: fare della Puglia un luogo in cui l'intreccio fra i diritti di libertà, i diritti sociali e quelli umani è la cifra del governo.

La condizione dell'accordo nazionale è la sua riconferma in Puglia?
Intanto dobbiamo aprire un dibattito su quale Puglia vogliamo. Le alleanze non si fanno 'a prescindere'. Per quanto mi riguarda: il meridionalismo, la questione democratica e quella morale. Se si allarga la geografia dell'alleanza bisogna evitare che qualunque mutamento possa tradursi in un'operazione trasformistica. Quindi, scopriamo le carte. Io dico: acqua pubblica, una riorganizzazione sanitaria che punti sulla centralità del territorio, un'idea di politiche giovanili che ci ha fatto diventare un'avanguardia in Europa. E continuazione della stagione delle energie rinnovabili.

Da parte dell'Udc una delle carte per entrare in coalizione con il centrosinistra era: fuori Vendola. È caduta questa pregiudiziale?
Non so, chieda a loro. Certo, la cultura del veto a me sembra inaccettabile.

Crede che il Pd non la accetterà, rischiando di perdere la regione?
Non lo so. Ma direi che il processo politico per definire l'alleanza, il programma e il candidato presidente comincia oggi. Molte delle questioni sollevate fin qui appartenevano alla battaglia interna del Pd. Ovviamente, resta che io sono diventato candidato e poi presidente attraverso le primarie. Quindi ora ci sono solo due strade: o confermano me, o si torna alle primarie.

Nel qual caso lei si candiderebbe comunque.
Certo. Ma sono convinto che non ci sarà bisogno di arrivare a tanto.


di Andrea Fabozzi
FERRERO «Bene se rompe il bipolarismo»
«Al governo insieme? Sarebbe un inganno»
Anche Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, ha fatto gli auguri a Bersani «ci mancherebbe, abbiamo un ottimo rapporto personale» ma più in là non va. Da questa parte della sinistra «extraparlamentare» non ci si aspettano grandi novità nel rapporto con il Pd. Opposizione comune al governo sì - ma proprio oggi Ferrero presenta una manifestazione di Prc e Comunisti italiani con Di Pietro - alleanza per il governo no.

Segretario Ferrero, cosa cambia per voi con l'elezione di Bersani?
La cosa principale è l'uscita dal veltronismo, inteso come autosufficienza del partito democratico. Un'idea che si teneva insieme con il tentativo di cancellare della sinistra attraverso le soglie di sbarramento e il voto utile. In secondo luogo da parte di Bersani mi pare che ci sia un'attenzione maggiore al quadro sociale.

Lo dice per il riferimento che ha fatto all'«alternativa»?
Al momento è solo uno slogan diverso, vedremo cosa c'è dentro e se qualcosa cambierà sul serio. Io me lo auguro, ma il fatto che Bersani non eluda la questione sociale non vuol necessariamente dire che saprà proporre risposte di sinistra. Perché si tratta non solo di andare contro le politiche di Berlusconi ma anche quelle di Confindustria. Su questioni come la redistribuzione del reddito e l'intervento dello stato nell'economia. Ci confronteremo ma resto prudente. La vera novità è quella sul sistema politico, la fine della «vocazione maggioritaria».

Che però faceva il paio con la vostra scelta, da sinistra, di rompere con il Pd. È tempo di rivedere anche questa posizione?
No, io penso che il problema più urgente sia superare il bipolarismo così com'è. Altrimenti l'alternativa che ci viene posta è sempre quella tra il voto utile e l'andare al governo con Mastella. Bersani mi sembra disponibile ad andare oltre questo bipolarismo chiuso che è poi il terreno di crescita del berlusconismo e insieme l'arma di distruzione della sinistra. Col bipolarismo non si sposta niente, le lotte sociali non incidono. La Cgil ha fatto i suoi scioperi ma nulla si è mosso.

Al momento Bersani si limita a riaprire le porte a un'alleanza a sinistra, nel quadro dell'alternanza centrosinistra-centrodestra.
E noi confermiamo che non ci sono le condizioni per fare un accordo di governo con questo centrosinistra. E che siamo ovviamente interessati a costruire un'alleanza per battere Berlusconi, ma non per riprodurre lo schema bipolare.

Non teme l'isolamento nel momento in cui Sinistra e Libertà è più disponibile a cercare un accordo?
Non si possono fare pasticci. Non si può firmare un accordo di governo e poi scoprire che sulle liberalizzazioni la pensiamo in modo opposto, che sulla guerra in Afghanistan non siamo d'accordo per niente. Vedo lo spazio di un discorso comune per battere Berlusconi, ma in questo contesto gli elementi di unità sono tutti da cercare.

Va a finire che proprio l'elezione di Bersani scaverà un solco tra voi e Sinistra e Libertà. Vi eravate mandati messaggi concilianti negli ultimi tempi, il rapporto col Pd può far crollare tutto?
Chi oggi vede lo spazio per alleanze di governo non si capisce perché non si sia alleato con il Pd già nel 2008. È sbagliato immaginare adesso tranquillamente un accordo con il Pd senza valutare cosa è successo col governo Prodi. Chi lo fa ha un'altra linea politica: si pone come una corrente esterna del Pd. È legittimo ma è un'altra cosa. Il discorso è però prematuro, questo è il momento di mandare a casa Berlusconi con un'opposizione comune.

Anche con l'Udc?
Più larga meglio è, ma sempre sui contenuti. Bisogna passare da una discussione tutta sulla moralità del premier alle questioni economiche e sociali.

Non vi sarà indifferente la possibilità che dal Pd si scindano teodem e rutelliani.
Il fatto che se ne vada qualcuno non sposta automaticamente a sinistra quelli che restano. Io nei due anni di governo Prodi non ho litigato solo con Mastella ma con tutto il resto del governo sulle politiche economiche, sulla guerra e le grandi opere. Per questo considero poco serio fare finta di non vedere quei nodi politici che abbiamo già incontrato soltanto perché Bersani viene da una storia più di sinistra di Franceschini. Altrimenti riproduciamo lo stesso schema: ogni dieci anni facciamo un governo che alla prova dei fatti non reggiamo.

Universita': la riforma e' solo una favola

di Nicola Tranfaglia - 30 ottobre 2009
Il meccanismo che governa le nuove leggi del governo Berlusconi risponde a obbiettivi che sono sempre gli stessi.
Ottenere dai mezzi di comunicazione (in gran parte asserviti o intimiditi) un giudizio positivo, su quello che si propone in parlamento, sicuri di una maggioranza che conta cento deputati in più alla Camera e più di cinquanta al Senato.
Quindi mostrare soltanto gli aspetti che possono apparire accettabili a tutti quelli, come chi scrive, hanno sempre sognato un’università che assomigli a quelle che nel mondo occidentale,
dagli Stati Uniti alla Germania, dalla Svezia alla Gran Bretagna, cioè istituzioni aperte agli studenti, razionalmente organizzate, prive delle vecchie baronie universitarie proprie del nostro paese. Così la Gelmini parla di merito, di premio alle università virtuose e castigo per quelle che virtuose non sono, di ricercatori che, se non producono entro un certo tempo, cambiano amministrazione e così via.
Ma i casi sono due: o il governo attuale fornisce i fondi necessari per una riforma che osservi quello che c’è negli altri paesi europei e cioè accresce e di molto gli attuali stanziamenti per tutto il settore dell’istruzione (che soltanto ieri ha registrato il licenziamento di 135 mila precari, insegnanti e salariati della scuola, e per la ricerca che ormai è collocata agli ultimi posti della classifica europea) o i criteri indicati non mutano la situazione attuale e si collocano in una sfera astratta che ha altri obbiettivi concreti.
In mancanza di risorse dello Stato, notizia conclamata anche ieri dal ministro Tremonti, l’obbiettivo fondamentale è quello di tagliare in ogni settore dell’università italiana. Stabilendo che nelle Università pubbliche con più di 3mila docenti (Roma e Napoli) ci siano soltanto 12 Facoltà e nelle altre, le Facoltà non superino il numero magico di 6. C’è il proposito di cedere ai privati gli Atenei che non godano delle risorse assai scarse dello Stato alle condizioni fissate dalle medesime università.
Quanto al reclutamento dei docenti si prevede che ci sia un’abilitazione nazionale seguita dalla chiamata delle università locali. E qui già il ministro dimostra di non conoscere l’università italiana nella quale, oggi come oggi, è quasi impossibile trasferirsi dall’uno all’altro ateneo per il peso determinante che hanno le singole scuole e i baroni dominanti.
Quelli che hanno a cuore la qualità dell’insegnamento e della ricerca sono purtroppo una minoranza neppure troppo grande. Sicché il rischio è che molti abbiano l’abilitazione e non siano mai chiamati o al contrario che non si neghi l’abilitazione a nessuno.
Naturalmente il peggio spetta ai ricercatori che non hanno lo stato giuridico di terza fascia, pur svolgendo in molte situazioni la maggior parte della didattica e la possibilità di entrare in una situazione di risorse decrescenti è una favola come quelle che la Gelmini dice di voler raccontare al Maurizio Costanzo Show.

Tratto da: l’Unità
da AntimafiaDuemila

Don Ciotti: ''Vicini alla famiglia di Stefano Cucchi. Ripensare a sistema carcerario''

Roma. «In questi giorni difficili siamo vicini alla famiglia di Stefano Cucchi» dice don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele e di Libera.
«La sua è una morte che non solo chiede verità, ma che impone a tutti una riflessione vera sulle implicazioni penali di certe norme di legge e sulle politiche carcerarie del nostro paese». Politiche che è necessario ripensare perché così come sono penalizzano l’intero mondo carcerario:«Le carceri non possono essere luogo di degradazione, contesti sovraffollati e fatiscenti dove la dignità e i diritti delle persone detenute e di chi ci lavora con grande impegno – agenti, educatori, insegnanti, personale medico, cappellani, volontari – vengono calpestati. Spazi destinati in massima parte ai poveri cristi: immigrati e tossicodipendenti», commenta il presidente del Gruppo Abele. «Nessuno vuole mettere in discussione il principio di responsabilità penale. Chi infrange la legge è giusto che paghi le conseguenze, anche se non va dimenticato che spesso abbiamo leggi a doppio registro, forti coi deboli e deboli coi forti. In nessun caso però la pena deve essere afflittiva, non deve dare alla privazione della libertà il sapore della sopraffazione. E’ il dettato della Costituzione a stabilirlo, nell’interesse di tutti: vittime e detenuti, personale carcerario e società intera».
Aggiunge don Ciotti: «Un carcere umano, capace di coniugare la pena con l’attenzione della persona, è un carcere che non riproduce e moltiplica la violenza ma permette a chi ha sbagliato di ricredersi e di risarcire materialmente e moralmente il danno e le ferite prodotte. C’è una legge nata da questa idea lungimirante di diritto, la Gozzini, poco o per nulla applicata. E non può essere una soluzione, come di recente prospettato, la costruzione di nuovi penitenziari. In una deriva dove i problemi sociali sono affrontati sempre più in un’ottica repressiva, più carceri significa semplicemente più detenzione».
«E’ necessaria una netta inversione di tendenza», conclude il presidente del Gruppo Abele. «Questo ci chiedono Stefano, Marcello, Federico, come i tanti, troppi casi di suicidio avvenuti nei nostri istituti penali. Percorrere una strada diversa, fatta di politiche sociali, di opportunità di lavoro, di reinserimento, di dignità. Nel segno di un diritto giusto e non afflittivo. Diritto che usa la pena per includere, riconoscere, responsabilizzare, che sa conciliare rispetto delle regole e attenzione alla persona».

Tratto da: facebook.com
da AntimafiaDuemila

INCIVILTA'

Ogni giorno assistiamo impotenti ad una nuova aggressione verso coppie omosessuali o verso persone omosessuali tali o presunte.
Mentre nella vicina e cattolica Spagna il Gov. Zapatero ha preso atto di una realtà sociale, facendo un passo in avanti enorme nella civiltà, da noi si assiste ad una netta regressione. La paura e il sospetto per il “diverso” alimentati da questo governo, perfettamente si incastrano con la mentalità dei nostri luoghi cioè con la nostra subcultura. Ma come si può tentare di cambiare per fare un passo avanti? Di chi è principalmente la responsabilità? Secondo me di tutti quelli che non si indignano, che non si arrabbiano ogni giorno e che si chiudono in omertoso silenzio per indifferenza o per essere accettati dai più.
Di tutti quelli, altresì, che non insegnano e non spiegano ogni giorno ai propri figli in che cosa consiste il rispetto e il valore dell’altra persona, il valore della libertà individuale e il suo confine, il rifiuto per ogni forma di violenza e di aggressione (mezzi facili ed ipocriti). Un’altra responsabilità poi, è da imputarsi alla religione, bisognerebbe cioè combattere tutti i messaggi maschilisti bigotti e punitivi di cui trasuda, che ci hanno inculcato e che molti tramandano ancora ai propri figli. “Aiuto, stiamo sprofondando nella barbarie!!! SVEGLIAMOCI!!! I sentimenti non hanno sesso, l’amore non ha sesso…

Antonella

In nome della Paura



Stefano Cucchi ucciso dalla volontà politica di distruggere il diverso nella metropoli delle aggressioni e degli scandali

di Luca Blasi
Stefano viene arrestato per 20 grammi di sostanze stupefacenti.

Un altro "tossico solo ed emarginato", un'altra figura abituale della tabella (a breve ufficiale) dei "diversi che fanno paura". Questo avranno pensato forse gli agenti del carcere di Regina Coeli quando lo hanno visto entrare nella prima stanza in cima alla scaletta, quella del primo impatto col carcere; generalità, impronte e l'incubo inizia.

Stefano viene arrestato e processato; nell'aula del tribunale i familiari si accorgono che ha già qualche livido. Il processo per direttissima inspiegabilmente va male; perchè un ragazzo incensurato (con qualche carico pendente) con una modesta quantità di sostanze non viene rilasciato e neanche gli vengono concesse le misure alternative al carcere? Perchè pochi mesi prima chi aveva quasi ammazzato un ragazzo al GayVillage il giorno dopo era a piede libero?

Stefano viene arrestato e processato; nell'aula del tribunale i familiari si accorgono che ha già qualche livido. Il processo per direttissima inspiegabilmente va male; perchè un ragazzo incensurato (con qualche carico pendente) con una modesta quantità di sostanze non viene rilasciato e neanche gli vengono concesse le misure alternative al carcere? Perchè pochi mesi prima chi aveva quasi ammazzato un ragazzo al GayVillage il giorno dopo era a piede libero?

Stefano muore pochi giorni dopo nel Reparto Penitenziario dell'Ospedale Sandro Pertini, un pezzo di ospedale pubblico sotto regime carcerario dove non si entra se un magistrato non ti autorizza. I familiari di Stefano, che per due giorni hanno atteso la possibilità di visitarlo durante il ricovero, strappano alle autorità un ultimo sguardo al volto prima dell'autopsia e del funerale.

Il volto è tumefatto, un occhio non è dove naturalmente dovrebbe essere, lividi ed escoriazioni.

Stefano non si è fatto male da solo e questa è una verità. Stefano è passato per il centro di identificazione di Tor Sapienza. Un non-luogo della repressione dove chiunque c'è finito racconta di ore in stanze orrende con muri sudici di sangue e vomito, senza la possibilità di bere o andare al bagno. Da anni i movimenti cittadini chiedono la chiusura di quel posto. Questa è un'altra verità.

L'altra verità è che la morte di Stefano purtroppo si inserisce nel tessuto modificato della metropoli e del paese. Forse nella testa qualcuno/a arriverà a capire che questa ennessima tragedia si lega a tanto altro.

Si lega alla morte di Nabruka, una giovane donna somala, che quest'estate è "stata suicidata" nel Cie di Ponte Galeria dopo che la dignità e la libertà le erano state tolte.

Si lega alle aggressioni istituzionali e non, dalla guardia di finanza che rastrella la comunità nigeriana del Pigneto alla nuova moda popolare di aggredire gli omosessuali.

Si lega alle legge Fini sulle droghe, grazie alla quale da consumatori siamo diventati tutti pericolosi spacciatori; fanno sorridere,oggi, i propositi di una intera classe politica che proclama una crociata "contro la droga e per la famiglia" tra vescovi, escort e cocaina.

Si lega ad Aldo Bianzino, ad Aldro, fino a Nikki arrestato da incesurato a 26 anni per sospetti crimini informatici e sbattuto in un carcere di massima sicurezza. In isolamento. E da solo morto. E ancora non si sa niente.

Le metropoli, diffuse o concentrate, vedono in aumento la costante della Paura. Paura tangibile, che la rassegnazione o l'ignoranza possono facilmente trasformare in catastrofi naturali contro cui non si può niente. Non è così. E' pensata, organizzata e agita questa Paura.

E' passata nelle aule dei tribunali quando si sentenziava sul G8 di Genova. Perchè se brucio una macchina o spacco una vetrina vengo condannato a 15 anni di carcere e l'agente Luigi Spaccarotella che ammazza Gabriele Sandri con una arma da fuoco se ne becca 6. E non la vedrà mai una cella.

In nome della Paura non si processano le ististuzioni, servono tutte anche quelle che "esagerano".

La crisi incombe. Comportamenti minoritari possono diventire contagiosi, di massa, replicabili.

La paura è un buon antidoto.

PRIMA



DOPO

Stefano Cucchi: Fiore si appropria del caso e attacca La Russa

CASO CUCCHI: FIORE (FN), LA RUSSA HA DONO ONNISCENZA
''Le circostanze della morte di Stefano Cucchi devono essere chiarite immediatamente. Questa e' una ulteriore riprova di come lo stato italiano sia endemicamente molto debole: e' debolissimo contro tutti coloro che hanno atteggiamenti e comportamenti violenti, ed e' violento ed accanito contro i poveri disgraziati. Non e' affatto giusto continuare a far finta di nulla, tollerare all'infinito le ingiustizie e le prepotenze di stato.Vogliamo la verita'''.

lO afferma il Segretario di Forza Nuova Roberto Fiore che aggiunge:''Le parole del Ministro La Russa sono inquietanti: o ha il dono dell'onniscienza, o ha perso una buona occasione per tacere''.

da Indymedia

Ora lo Stato punisce i comuni antimafia

di *Vito Lo Monaco - 30 ottobre 2009
A gli enti locali, e probabilmente anche alle associazioni antiracket e antimafia, costituitisi parti civili nei processi di mafia saranno riconosciute solo le spese processuali senza altro risarcimento per il danno subito dalle attività mafiose.

L´ha stabilito il ministero della Giustizia applicando la norma contenuta nel decreto sicurezza approvato nel luglio scorso. La prima vittima segnalata è il comune di Bagheria che non riceverà i 3 milioni di euro stabiliti dal giudice quale risarcimento e che gli amministratori avevano intenzione di destinare ad attività antiracket e al riuso sociale di beni confiscati.

È un ulteriore esempio dell´antimafia "flessibile" del governo Berlusconi : decisa e larga a parole, stretta, quasi ostile, nei fatti e nelle sue azioni.
Infatti, col governo Berlusconi una parte significativa dei capitali confiscati alle mafie sono state dirottate nel calderone del bilancio generale dello Stato, riducendo così la quota da destinare alle cooperative sociali assegnatarie dei beni confiscati, alle Procure nei cui territori sono stati maggiormente perseguiti i mafiosi e alle forze di polizia.
È un modo quasi esplicito per dire agli enti locali e alle associazioni antimafia di non costituirsi parte civile e di mortificare l´attivismo repressivo. Naturalmente il Centro Pio La Torre e le altre associazioni persevereranno nella loro costituzione di parte civile. Sono sicuro che altrettanto faranno tutte le amministrazioni locali rette da democratici coerentemente antimafiosi, non solo perché obbligati da una legge regionale, ma perché impegnati dal loro ruolo storico e morale a contrastare la mafia e ogni suo legame con la politica, l´economia e la società.
Chiediamo la modifica dell´orientamento negativo manifestato sul risarcimento alle parti civili dal Governo. Esso ha una valenza più generale: ne ridiscutano il Parlamento, le silenti commissioni antimafie nazionali e regionali, i partiti.
I risarcimenti alle vittime e agli enti locali sono stati disciplinati dopo molti anni l´approvazione Rognoni-La Torre (settembre 1982) e ha segnato l´evoluzione positiva dell´impegno dello Stato nel contrasto alle mafie, riconoscendo esplicitamente il danno sociale e morale procurato dalle loro attività criminose. Ciò ha allargato il fossato tra la società civile e la criminalità organizzata.
Il Governo, riducendo la conquista civile dei risarcimenti alle vittime a una mera questione monetaria, indebolisce l´azione di contrasto dello Stato e accresce l´area di scetticismo della società civile. Inoltre non supportando adeguatamente la costituzione di parte civile degli enti locali e delle associazioni antimafia tende a non riconoscere il valore storico dell´antimafia popolare e sociale che è riuscita a isolare la mafia e a conseguire l´obbiettivo di impegnare in senso antimafia non solo le amministrazioni locali più esposte come Gela, Bagheria, ma anche tante altre, sino a rendere matura la legge regionale che obbliga gli enti locali a costituirsi parte civile.
L´antimafia per ogni governante e amministratore è impegno etico che sarà disatteso se non è sostenuto da una coerente volontà politica.

* Presidente del Centro studi "Pio La Torre"
da Indymedia

Liberi dalle scorie: Al Presidente del Consiglio dei Ministri On. Silvio Berlusconi

Negli ultimi mesi in Calabria è stata accertata la presenza di scorie di diversa natura ed in particolare:
- a 14 miglia dalla costa di Cetraro, il relitto di un mercantile che gli inquirenti ritengono essere il Cunsky, con un carico di 120 fusti contenenti presumibilmente rifiuti radioattivi;
- in agro di Aiello Calabro è stata rilevata la presenza nel terreno di possibili radionuclidi artificiali;
- a Crotone sono stati utilizzati materiali fortemente radioattivi per la costruzione di numerosi edifici pubblici e anche di scuole, nelle quali è stato già accertato un livello di contaminazione tra i bambini. Il Governo non può accettare che sia messa così in pericolo la salute di migliaia e migliaia di calabresi.
Pertanto noi firmatari della presente petizione chiediamo al Governo di intervenire con la massima urgenza per:
1) verificare il contenuto della stiva del relitto al largo di Cetraro, recuperando i fusti con i rifiuti radioattivi e procedendo alla messa in sicurezza del tratto di mare interessato;
2) verificare la presenza delle altre "navi a perdere" nel Mediterraneo, così come indicate dal pentito Fonti ed eventualmente da altri filoni d'indagine;
3) verificare la presenza di radionuclidi artificiali nel territorio di Serra d’Aiello e Aiello Calabro, in particolar modo alla foce del fiume Oliva, mettendo in sicurezza il sito;
4) provvedere alla bonifica degli edifici contaminati di Crotone;
5) chiarire se esiste una relazione tra l’aumento di patologie tumorali e l'eventuale presenza di rifiuti nucleari o tossici in alcune zone della Calabria ed agire immediatamente per garantire la salute degli abitanti di quelle aree;
6) chiarire tutte le responsabilità, anche quelle di eventuali apparati deviati dello Stato, e fornire pieno supporto all’azione della magistratura.

http://www.articolo21.org/
da Indymedia

Honduras, Micheletti accetta il ritorno al potere di Zelaya

Grazie anche alle pressioni degli Stati Uniti, giovedì si è giunti a un accordo per risolvere la situazione in Honduras. Roberto Micheletti, che aveva preso il potere dopo il colpo di stato del 16 giugno, ha firmato l’accordo che restituisce la presidenza a Manuel Zelaya, da lui deposto ed esiliato quattro mesi fa. L’accordo prevede anche un governo di riconciliazione nazionale e la conferma delle elezioni presidenziali del 29 novembre. Inoltre saranno istituite due commissioni: una verificherà che siano realizzati tutti i punti dell’accordo e una indagherà su cosa è successo durante e dopo il colpo di stato. Infine sono richiesti osservatori delle Nazioni Unite per le elezioni presidenziali.–La Vanguardia, Spagna

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Criminale di guerra ruandese condannato all’ergastolo in Canada.

Désiré Munyaneza è stato condannato all’ergastolo da un tribunale canadese, con l’impossibilità di chiedere la libertà condizionata per almeno 25 anni. È la pena più grave che possa essere assegnata in Canada. Munyaneza era arrivato nel paese con la speranza di chiedere asilo politico, ma la sua richiesta era stata rifiutata e nel 2005 era stato arrestato con l’accusa di crimini di guerra e contro l’umanità. Durante il massacro del 1994, secondo vari testimoni Munyaneza avrebbe guidato una squadra di assassini e stupratori hutu.–The Globe and Mail, Canada

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La Francia tratta i migranti minorenni come clandestini adulti.

I minori stranieri soli che atterranno all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi vengono trattati come se fossero adulti: sono trattenuti in “zone d’attesa” dove possono essere sottoposti a un regime giudiziario che non è lo stesso dalla Francia. Il rapporto dell’associazione Human Rights Watch presenta molte testimonianze, raccontando storie di bambini che sono stati rimpatriati senza accertarsi che arrivassero in paesi sicuri o almeno tornassero dalle loro famiglie.–Libération, Francia

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L’Ue vuole aiutare i paesi poveri a combattere i cambiamenti climatici.

Il consiglio europeo ha deciso di presentare al summit sul clima di Copenaghen un piano di aiuto ai paesi in via di sviluppo per la lotta ai cambiamenti climatici. Una commissione ha calcolato che saranno necessari cento milioni di dollari ogni anno fino al 2020, ma i 27 stati dell’Unione europea stanno ancora trattando per decidere quanto stanziare e soprattutto come, visto che alcuni paesi, come la Polonia, vorrebbero che il contributo fosse volontario, mentre altri, come la Svezia, vogliono che sia equamente suddiviso tra gli stati membri.–The Wall Street Journal, Stati Uniti

da Internazionale

Obama, guerra e pace

Il premio Nobel a Barack Obama era un segnale d’incoraggiamento. Ma intanto la guerra continua, e forse si potevano fare scelte più coraggiose, scrive Noam Chomsky.

Speranze e prospettive di pace sono un obiettivo ancora lontano. Il compito è avvicinarle. Era questa probabilmente l’intenzione del comitato del premio Nobel per la pace quando ha scelto il presidente Barack Obama.
Il premio “è sembrato una preghiera di incoraggiamento da parte del comitato del Nobel per futuri sforzi e una leadership americana ricca di maggior più consenso”, hanno scritto Steven Erlanger e Sheryl Gay Stolberg sul New York Times.

La natura della transizione da Bush a Obama si gioca sulla possibilità che preghiere e incoraggiamento portino un miglioramento. Le preoccupazioni del comitato del Nobel erano valide e premiavano la retorica di Obama sulla riduzione della armi nucleari.

Le ambizioni nucleari dell’Iran dominano oggi le prime pagine. I timori sono che Teheran possa avere occultato qualcosa all’Agenzia Internazionale dell’energia atomica (Aiea) e aver violato la risoluzione 1887 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, approvata a settembre e salutata come una vittoria di Obama negli sforzi per contenere l’Iran.

Nel frattempo continua il dibattito sulla recente decisione del presidente degli Stati Uniti di riconfigurare i sistemi di difesa missilistici in Europa. Secondo alcuni si tratta di una resa ai russi, per altri di una scelta strategica per difendere l’occidente da un attacco nucleare iraniano. Poiché il silenzio è spesso più eloquente del clamore, occupiamoci di quel che viene taciuto.

Nel bel mezzo delle accuse sul doppio gioco iraniano, la Aiea ha approvato una risoluzione in cui chiede a Israele di aderire al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) e consentire ispezioni ai suoi impianti. Stati Uniti ed Europa hanno tentato di bloccare la risoluzione della Aiea, ma non ci sono riusciti. I mezzi d’informazione hanno in pratica ignorato l’evento.

Come affermano funzionari a conoscenza dell’intesa, gli Stati Uniti hanno assicurato a Tel Aviv il loro aiuto, riaffermando un accordo segreto che ha consentito a Israele di non aprire alle ispezioni il suo arsenale nucleare. Anche in questo caso i giornalisti hanno ignorato l’evento.

In India, alcuni funzionari hanno salutato la risoluzione 1887 dell’Onu annunciando che ora il loro paese “può costruire armi nucleari con lo stesso potere distruttivo di quelle presenti negli arsenali delle maggiori potenze nucleari”, ha riferito il Financial Times. Sia l’India sia il Pakistan stanno incrementando i programmi nucleari. In due occasioni hanno pericolosamente sfiorato il conflitto nucleare e i problemi che hanno quasi portato alla catastrofe non sono ancora risolti.

Armi letali
Obama ha salutato la risoluzione 1887 in modo diverso. Il giorno prima dell’annuncio del premio nobel, il Pentagono ha rivelato di avere accelerato la consegna delle più letali armi non-nucleari dell’arsenale: bombe da 13 tonnellate per gli aerei invisibili B2 e i bombardieri B52 progettate per distruggere bunker protetti da difese in cemento armato da 4,5 tonnellate. Non è un segreto che le bombe anti bunker possano essere utilizzate contro l’Iran.

La progettazione di questi ordigni nucleari è cominciata nell’era Bush, ma Obama ne ha chiesto un rapido sviluppo al momento della sua elezione. La risoluzione 1887, approvata all’unanimità, chiede la fine della minaccia nucleare e a tutte le nazioni di aderire al Tnp, come ha fatto l’Iran molto tempo fa. I paesi che non hanno ancora firmato il Trattato sono India, Israele e Pakistan, che in violazione del Tnp hanno sviluppato il nucleare con il sostegno degli Stati Uniti.

L’Iran rappresenta una minaccia irrisoria e non invade un altro paese da centinaia di anni, al contrario di Stati Uniti, Israele e India, che occupa brutalmente il Kashmir. Se Teheran avesse armamenti nucleari e missili balistici in grado di lanciarli sarebbe polverizzato in breve tempo. Credere che l’Iran voglia usare armi nucleari per attaccare Israele o chiunque altro, “equivale a ritenere pazzi i leader iraniani” o che vogliano essere ridotti in pulviscolo radioattivo, ha dichiarato l’analista strategico Leonard Weiss, aggiungendo che i sottomarini lanciamissili israeliani “sono in grado di prevenire un attacco militare”, per non parlare dell’immenso arsenale degli Stati Uniti.

Nel corso delle manovre navali di luglio, Israele ha inviato i sottomarini Dolphin, in grado di trasportare missili nucleari nel mar Rosso, oltre il canale di Suez, affiancati da navi da guerra, da dove avrebbero potuto attaccare l’Iran, come hanno “il diritto di fare”, secondo il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden. Notizie come queste, tenute per l’ennesima volta nascoste, riceverebbero grande spazio in una società che avesse a cuore la propria libertà e si preoccupasse per i destini del mondo.

Il regime iraniano è duro e repressivo, e nessun essere umano vorrebbe che né l’Iran, né nessun altro paese, possedesse armi nucleari. Ma un po’ di onestà nell’affrontare questi problemi non guasterebbe. Il premio Nobel per la pace non si occupa naturalmente soltanto della riduzione della minaccia nucleare, ma anche della guerra in generale e della sua preparazione. A questo proposito, la scelta di Obama è stata accolta con scetticismo, soprattutto in Iran, paese circondato dell’esercito di occupazione degli Stati Uniti.

Un presidente di guerra
Obama ha intensificato la guerra di Bush in Afghanistan e Pakistan ai confini con l’Iran e si appresta a proseguirla e forse incrementarla. Il presidente ha chiarito che gli Stati Uniti intendono mantenere una presenza a lungo termine nella regione come sottolineato dal progetto “una città nella città”, che ha preso il via con la costruzione della nuova ambasciata Baghdad. Obama ha annunciato la realizzazione di mega ambasciate a Islamabad e Kabul e di enormi consolati a Peshawar e in altri luoghi.

Osservatori indipendenti hanno denunciato sulla rivista Government Executive che “la richiesta dell’amministrazione di 538 miliardi di dollari per il bilancio della difesa 2010 e l’intenzione di mantenere un livello elevato di spesa nei prossimi anni, indicano la possibilità che l’amministrazione Obama spenda in questo settore in termini reali più di qualunque altra dalla Seconda guerra mondiale. Senza contare i 130 miliardi aggiuntivi richiesti dall’amministrazione per finanziare il prossimo anno le guerre in Iraq e Afghanistan, con una programmazione di spesa ancora maggiore per i prossimi anni”.

Il comitato del premio Nobel per la pace avrebbe potuto fare una scelta virtuosa preferendo l’attivista afgana Malalai Joya. Questa donna coraggiosa è sopravvissuta ai russi e agli attivisti islamici e si è opposta ai taliban e al ritorno dei signori della guerra nel governo Karzai.

Eletta in parlamento ed espulsa per avere denunciato le atrocità dei signori della guerra, si è battuta con efficacia in difesa dei diritti umani, quelli delle donne in particolare. Oggi vive protetta e in clandestinità ma continua a battersi. Grazie ad azioni come la sua, ripetute ovunque con impegno, speranze e prospettive di pace sono più vicine.

da Internazionale

Regione Puglia: stanziati fondi per i centri comunali di raccolta differenziata

15 milioni di euro per la realizzazione dei CCR: centri comunali di raccolta differenziata. I Comuni potranno farne richiesta attraverso gli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO).Una volta realizzati, si potranno conferire presso gli eco-centri diverse tipologie di rifiuti

In seguito all’approvazione, da parte della Giunta regionale, delle linee guida per la realizzazione dei Centri Comunali di Raccolta (CCR), sono stati impegnati 15 milioni di euro (Por Puglia 2007-13), a favore degli Ambiti Territoriali Ottimali per la realizzazione degli stessi CCR. Si tratta di un provvedimento di rilevante portata che consentirà ai comuni pugliesi, che ne faranno richiesta attraverso gli Ambiti Territoriali Ottimali, di realizzare infrastrutture funzionali all’implementazione delle raccolte differenziate sul territorio regionale. Ogni ATO ha 30 giorni di tempo per presentare idonei progetti per i quali è prevista una dotazione massima di 1 milione di euro.

I Centri Comunali di Raccolta sono aree attrezzate con contenitori idonei e custodite, che consentono ai cittadini il conferimento dei rifiuti urbani differenziati secondo tempi e modalità definiti dalle amministrazioni comunali. Il bando promosso dalla Regione Puglia prevede che ogni domanda di ammissione al finanziamento sia corredata, oltre che dal progetto, da un preciso programma di utilizzo dei centri che consenta ad ogni cittadino il migliore utilizzo degli stessi. Una volta realizzati, i centri potranno garantire anche una puntuale contabilità delle tipologie e delle quantità conferite da parte dei cittadini ai quali potrà essere riconosciuto un premio in termini di riduzione tariffaria, secondo il principio “più differenzi meno paghi”. Inoltre, i centri potranno essere utilizzati per attività formative e di sensibilizzazione con il coinvolgimento delle scuole, delle associazioni o dei semplici cittadini.

Il costo per realizzare un centro di raccolta è stimato tra i 150.000 ed i 200.000 euro. Ogni centro dovrà essere attrezzato con un locale di ricevimento e con contenitori differentemente colorati in funzione della tipologia dei rifiuti: carta, plastica, vetro, alluminio, ingombranti (divani, poltrone, mobili, materassi, ecc.), apparecchiature elettriche (frigoriferi, televisori, computer, elettrodomestici, ecc.). Il conferimento delle varie tipologie produrrà un sicuro miglioramento del “decoro urbano” e assicurerà indubitabili effetti di miglioramento degli attuali servizi di raccolta dei rifiuti.

http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=100413