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lunedì 2 novembre 2009

REGIONE PUGLIA, INCENTIVI PER L'ASSUNZIONE DI LSU

La Regione Puglia stanzia, in via sperimentale, 1 milione di euro a favore degli Enti pubblici, degli ATO e dei privati che intenderanno assumere a tempo indeterminato gli LSU per il potenziamento dell’attività di raccolta differenziata.

BARI - Gli Uffici dell’Assessorato al Lavoro hanno presentato alla Giunta Regionale una delibera finalizzata alla stabilizzazione dei lavoratori LSU per l’attività di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani.

Sulla base della convenzione stipulata il 30 aprile 2009 fra Ministero del Lavoro e Regione e nell’obiettivo si svuotare la platea storica degli LSU in continuazione con quanto fatto negli anni precedenti la Regione in via sperimentale stanzia 1 milione di euro a favore degli Enti pubblici, degli ATO e dei privati che intenderanno assumere a tempo indeterminato gli LSU per il potenziamento dell’attività di raccolta differenziata.

Ogni Ente pubblico potrà ricevere come una tantum 10.000 euro per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato mentre le imprese private saranno beneficiarie di 14.000 euro.

Il termine di scadenza, fissato per il 31 dicembre 2009, verrà - recita la delibera - riproposto fra le attività prioritarie a tutto il 2010.

“Si tratta - ha dichiarato l’Assessore Michele Losappio - di un primo provvedimento indirizzato a rafforzare concretamente la raccolta differenziata porta a porta e nello stesso tempo a dare lavoro e stabilità ai lavoratori socialmente utili; altri seguiranno nei piani antirecessivi che la Regione sta licenziando”.

http://www.salentopocket.it/article-8608-thread-0-0.html

Lettera a Pasolini

di Sarah Zuhra Lukanic (scrittrice nata in Croazia nel 1960.Vive a Roma dal 1987).

Caro Pier Paolo,
se la nostra Italietta fosse una malata di depressione, la curerei con amore. Il malessere degli italiani è seguito anche all’estero. Ma noi ci perdiamo a guardare la scatola chiamata televisione, mentre il nostro paese si sbriciola come una torta.
Nel lontano 1963 ci avevi avvertito che la “tv è una nuova arma”, pronta per la micidiale diffusione della menzogna. I nostri pensieri sono subappaltati a chi ha progettato le nostre opinioni di domani. In questo regime sotto nuove forme, la ricerca della verità sembra diventata obsoleta.
Non è il paese a essere malato.
Il problema è che ci siamo ammalati noi, inquinandoci quotidianamente con una dose di caroselli offerti gratis. Un’overdose. Il presidente della regione Lazio che finisce dentro questa processione non mi fa nè caldo nè freddo. Ci hanno abituato così bene agli scandali che ormai ne perdiamo il filo. Il polpettone di Beautiful gli fa un baffo.
Cro Pier Paolo,
forse tu saresti solidale con i più deboli in queste storie. Per esempio, quello che non capisco è: una transessuale non è una persona? Ti abbraccerei forte, caro maestro. Perchè bisognerebbe che tutti andassimo a riscoprire i vecche maestri, visto che i nuovi non ci insegnano niente. Per mesi la mia Italietta si è preparata al battesimo delle ronde, formate da“infermieri”arruolati per far stare bene tutti. Ma è stato tanto rumore per nulla, visto che ha aderito solo una manciata di persone.
Mi chiedo cosa ne diresti con il tuo pensiero graffiante e oltranzista.Ti immagino con gli occhiali scuri su un muretto del Pigneto, che recluti immigrati per organizzare delle ronde in difesa della dignità italiana. Anch’io mi metterei in fila. E ti farei conoscere i miei compagni d’avventura. Uno per uno. Tu si che alzeresti la mano con noi per condannare il razzismo istituzionale.

da Internazionale

L'autunno caldo e la necessita' di raccontarlo, dal basso


di Pietro Orsatti -
Lo sapevamo che questo autunno sarebbe stato decisamente caldo. Inziando dal punto di vista giudiziario, da quello dei doppi e tripli ricatti.
Ci aspettavamo minacce e rivelazioni, dossier e e contro-dossier. Come ci aspettavamo che l’informazione, ormai decisamente schierata e con tanto di elmetto in testa, venisse utilizzata come arma nei confronti di una parte o di un’altra. Ci aspettavamo tutto questo perché la fotografia di questo Paese ci mostra un’Italia profondamente divisa, sia dal punto di vista culturale e politico che dal punto di vista territoriale ed economico.

di Pietro Orsatti - 1°novembre 2009
Lo sapevamo che questo autunno sarebbe stato decisamente caldo. Inziando dal punto di vista giudiziario, da quello dei doppi e tripli ricatti.
Ci aspettavamo minacce e rivelazioni, dossier e e contro-dossier. Come ci aspettavamo che l’informazione, ormai decisamente schierata e con tanto di elmetto in testa, venisse utilizzata come arma nei confronti di una parte o di un’altra. Ci aspettavamo tutto questo perché la fotografia di questo Paese ci mostra un’Italia profondamente divisa, sia dal punto di vista culturale e politico che dal punto di vista territoriale ed economico.
I vari papelli e contro papelli, video a luci rosse, gossip da camera da letto, colpi di scena giudiziari, urla da salotto televisivo e anatemi lanciati dal centralino di casa Berlusconi, sembrano di giorno in giorno sempre più spezzoni di una incredibile sceneggiatura, una costruzione solo parzialmente reale di quello che sta veramente accadendo. Mi spiego. Mentre tutta l’attenzione è concentrata sullo scandalismo da un lato e la politica da fine impero dall’altro, il nostro Paese sta subendo il colpo di coda di una crisi economica globale a cui siamo giunti totalmente impreparati. Contemporaneamente, alcuni processi finalmente riaperti stanno mostrando le vere origini, distorte, dell’insieme politico e istituzionale di quella che viene chiamata, pomposamente, Seconda Repubblica. Mentre ci accaloriamo sulla caccia di “chiappette d’oro” e sulla presunta illibatezza di Noemi, mentre ci domandiamo come un anziano uomo politico e imprenditore multimiliardario possa reggere i ritmi di una vita di feste e festini come quelli che ci ha mostrato negli scorsi mesi l’inchiesta barese sul giovanotto rampante in caccia di favori Giampaolo Tarantini, mentre sbattiamo la testa al muro per capire come un giornalista e politico accorto come Marrazzo si sia andato a cacciare in quel appartamento a via Gradoli in compagnia di transessuali, spioni, carabinieri infedeli e ricattatori di ogni tipo, va in scena tutt’altra realtà. Quella degli effetti devastanti della crisi economica sul nostro Paese: milioni fra disoccupati e cassaintegrati, l’intero impianto produttivo (compreso quello piccolo e medio storicamente motore dell’economia nazionale) che rischia il collasso e la banca rotta, spaccatura ormai apparentemente irrecuperabile delle forze sindacali (la firma separata di accordi non è più un’eccezione ma la regola), un’opposizione politica da un lato residuale e dall’altro in cerca di un’identità che sembra ora del tutto impalpabile e probabilmente, domani, impraticabile (le contraddizioni all’interno del Pd sono innumerevoli, ben oltre già alle macroscopiche discrasie del sostegno a Bassolino e Loriero) che sembra assolutamente inadatta ad affrontare le conseguenze della crisi e a individuare soluzioni praticabili.
E poi c’è l’evento madre della nascita della Seconda Repubblica, che emerge oggi con chiarezza dalle inchieste sulla trattativa fra Stato e mafia, dall’intreccio incredibile che condusse alcuni poteri palesi e altri occulti a ricercare una soluzione praticabile di continuità e percorrerla anche attraverso l’illegalità, l’inganno, il patto innominabile. La Seconda Repubblica, leggendo le carte dei processi, le testimonianze, i ricordi tardivi di tanti dei protagonisti di allora (e di oggi) non è mai nata. Quella in cui stiamo vivendo, questa ormai è la sensazione sempre più diffusa, è l’effetto di un camuffamento di quei poteri che portarono al collasso di Mani Pulite, delle stragi del ’92/93, dell’implosione (solo apparente) del sistema partitico, della liquidazione del pubblico non verso una privatizzazione ma una liberalizzazione selvaggia e speculativa che ha di fatto liquidato un intero sistema economico che, nel bene e nel male, aveva tenuto in piedi il Paese per più di 40 anni.
C’è da farsi una montagna di domande in questa fine di autunno. C’è da avere i nervi saldi per individuare sia a livello personale che collettivo cosa fare e come. In questo Paese rimpinzato di una pseudo realtà mediatica dal sistema Raiset c’è l’enorme necessità di raccontare il reale, la vita, i bisogni e le aspirazioni degli italiani. E i media tradizionali sembrano non esserne assolutamente in grado. Neppure tanti di quelli che invece avevano dichiarato di farsi portavoce di queste istanze di verità. In qualche modo il Web sta supplendo a questo vuoto di informazione, di dibattito, di rappresentazione. Gli esempi sono tanti di questi esperimenti, grazie al cielo riusciti: da www.agoravox.it a www.antimafiaduemila.com, da www.dazebao.org a www.crisitv.wordpress.com , da www.ucuntu.org a www.liberainformazione.org. E poi migliaia di blog, pagine, video. E i libri che diventano sede naturale, vista l’impossibilità di trovare spazio sui media, dell’inchiesta. Come il teatro che mai come in questa fase si è fatto portatore di storie basate sul reale, sulla denuncia, sulla puntuale ricerca giornalistica.
Il sogno, in questo autunno, è che tutti questi frammenti trovino una sintesi e un incontro fra loro, che insieme formino una massa critica svelando la realtà del Paese non solo a piccoli settori degli Italiani, ma attraverso una fase di messa in rete e di amplificazione diventino (collettivamente) un nuovo media. Fatto di tanti e non di solitudini. Attento, puntuale, informato e comprensibile. Che abbi un solo formidabile e rivoluzionario (permettetemelo) obiettivo: raccontare.
Tratto da: orsatti.info

da AntimafiaDuemila

Processo Mills, B. torna imputato mafia, adesso Dell'Utri trema


Adesso Dell'Utri trema

di Giuseppe Lo Bianco -
Bocciato il lodo Alfano, a Milano il Tribunale fissa per il 27 novembre il processo a Silvio Berlusconi, accusato di avere corrotto l'avvocato inglese David Mills condannato a 4 anni e 6 mesi proprio per corruzione. A Palermo la Corte di Appello ritiene ''rilevanti'' le parole del pentito Gaspare Spatuzza, che ha accusato il premier di essere il terminale della trattativa tra Stato e mafia nella stagione delle stragi del '93 e ammette in aula la testimonianza del collaboratore di giustizia. Sull'asse Milano-Palermo arrivano due notizie destinate a togliere il sonno al premier e ai suoi legali, preannunciando un autunno assai caldo per Berlusconi, chiamato di nuovo nelle aule giudiziarie per spiegare e difendersi.

di Giuseppe Lo Bianco - 31 ottobre 2009
Bocciato il lodo Alfano, a Milano il Tribunale fissa per il 27 novembre il processo a Silvio Berlusconi, accusato di avere corrotto l'avvocato inglese David Mills condannato a 4 anni e 6 mesi proprio per corruzione. A Palermo la Corte di Appello ritiene ''rilevanti'' le parole del pentito Gaspare Spatuzza, che ha accusato il premier di essere il terminale della trattativa tra Stato e mafia nella stagione delle stragi del '93 e ammette in aula la testimonianza del collaboratore di giustizia. Sull'asse Milano-Palermo arrivano due notizie destinate a togliere il sonno al premier e ai suoi legali, preannunciando un autunno assai caldo per Berlusconi, chiamato di nuovo nelle aule giudiziarie per spiegare e difendersi.

Nel capoluogo lombardo i magistrati bruciano i tempi dopo la pronuncia della Consulta che bocciando il lodo Alfano ha acceso il semaforo verde per il dibattimento che dovrà verificare l'accusa al presidente del Consiglio. E sono proprio i tempi a non lasciare tranquilli i legali del premier: la sua prescrizione dovrebbe arrivare intorno all’estate 2011 ma se tutto resta come ora e Mills venisse condannato definitivamente, la sua sentenza diverrebbe una prova difficile da ignorare nel processo Berlusconi perché di fatto accerterebbe che se c’è un corrotto c’è anche un corruttore.

Invece a Palermo, dopo avere respinto l'audizione di Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco mafioso, per il contenuto contraddittorio delle sue rivelazioni, la corte di appello ha ammesso la testimonianza di Gaspare Spatuzza, il killer pentito di Brancaccio, braccio destro dei boss stragisti Filippo e Giuseppe Graviano che in alcuni interrogatori ha sostenuto che i referenti politici della trattativa nel periodo delle stragi del '93 erano Berlusconi e Dell'Utri, quest'ultimo condannato in primo grado a 9 anni per concorso in associazione mafiosa.

E c'è attesa a Palermo per le nuove rivelazioni che puntano ''in alto'', chiamando in causa direttamente il premier come interlocutore di quella fase della trattativa con Cosa Nostra: non è escluso che la corte, dopo avere ascoltato le parole di Spatuzza, citato dal pm Nino Gatto, possa disporre nuovi accertamenti, tra cui un nuovo interrogatorio di Berlusconi a palazzo Chigi sui suoi presunti rapporti con la mafia. Esperienza non nuova per il premier che venne interrogato sei anni fa, sempre a palazzo Chigi, dal Tribunale presieduto dal giudice Leonardo Guarnotta in trasferta a Roma: in quella occasione si avvalse della facoltà di non rispondere consigliato dai suoi legali. ''Avevamo messo nel conto questa decisione - ha detto ieri l'avvocato Giuseppe Di Peri, legale del senatore - anche se per noi le dichiarazioni di Spatuzza sono assolutamente non provate".

Adesso la corte deciderà il prossimo 6 novembre data e luogo dell'interrogatorio di Spatuzza, dopo avere acquisito e depositato anche i verbali che il collaboratore ha reso alla magistratura di Caltanissetta. I giudici, infine, decideranno solo dopo avere sentito il pentito se citare sul banco dei testimoni, come sollecitato dal pm, i tre capi mafia Giuseppe e Filippo Graviano e Cosimo Lo Nigro, testimoni, secondo Spatuzza, dei colloqui nei quali egli avrebbe appreso del ruolo di Berlusconi e di Dell'Utri. Sono due, infatti, gli incontri a cui avrebbe partecipato anche Lo Nigro, nei quali, prima con Giuseppe e poi con il fratello Filippo, Spatuzza apprese che tra Cosa nostra e lo Stato era in corso una trattativa, che sarebbe durata fino al 2004, e che i referenti politici dei boss erano proprio Dell'Utri e Berlusconi.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano
da AntimafiaDuemila

Quando le parole diventano pietre

Cosa è successo il 13 Agosto 2003, quando un centinaio di persone assaltano la caserma Massarelli a Gorizia? Per cosa, davvero, due giorni fa 5 ragazzi sono stati condannati a 9,8,5,4, e 3 mesi di galera ?

La Resitenza non è un feticcio: si pratica verso la routinaria barbarie, a cominciare da quella dei Pubblici Ufficiali.

di Spazi Sociali FVG
Cosa è successo il 13 Agosto 2003, cosa ha prodotto gli avvenimenti per cui 5 ragazzi dello Sportello degli Invisibili sono stati condannati due giorni fa a 9, 8, 5, 4 e 3 mesi di galera?
Cosa ha portato un centinaio di persone ad assediare simbolicamente una caserma di polizia, rischiando la propria incolumità e la galera?

Non vi fu nulla di preordinato, quel giorno: fu una reazione civile a un sopruso vigliacco e disgustoso che sconvolse la vita di due ragazzi incolpevoli.. ma bengalesi. Non fu molto di più, ma certamente nulla di meno.
I due ragazzi erano in questura quella mattina, accompagnati da un paio di noi e dal loro datore di lavoro: clandestini, avevano trovato un lavoro ed erano lì per regolarizzare la loro posizione (erano i tempi della sanatoria Bossi-Fini).
Dopo poco che siamo in Questura, cominciano movimenti loschi, sguardi strani, mentre cresce sulla pelle la sensazione che qualcosa non va, mentre i due non escono più da dietro una porta chiusa.. ecco il coup de theatre: c'è in sospeso un provvedimento di espulsione che diventa esecutivo seduta stante. I due sono prigionieri dentro la questura, con l'attonito datore di lavoro che non capisce il senso di tutto ciò. Non c'è, è solo un agguato vigliacco.
I due potrebbero, per legge, fare ricorso: chiediamo di far loro firmare il mandato ad un avvocato, ma ci scontriamo con un muro di viscida gomma. Nessuno è interessato alla norma, alla ragionevolezza o alla giustizia, neanche Squarcina, il vicario del Prefetto, colui che ha firmato il decreto di espulsione che la Corte competente riconoscerà poi essere incostituzionale. I due sono inaccessibili e vengono trasferiti alla caserma Massarelli.
Intanto cominciamo a telefonare a chiunque, consiglieri comunali, regionali, universali, esponenti politici, sindacali, avvocati, chiunque pur di cercare una soluzione. Abbiamo a cuore la vita di quei ragazzi, abbiamo camminato insieme. Abbiamo a cuore la giustizia e l'umanità. E siamo incazzati, incazzati oltre ogni limite.
La notizia si sparge e una piccola folla si raduna nel cortile della caserma, urlando slogan, bloccando ogni auto che esce per assicurarsi che i due non vengano subdolamente portati via: c'è tensione, si sfiora lo scontro. Cominciano ore di trattative per permettere loro di firmare la delega: ore di trattative per un atto che era dovuto secondo la legge vigente, oltre che secondo umanità e giustizia.
È inevitabile che in quel 13 agosto, in quel cortile, cominci a far caldo: salgono la rabbia, l'indignazione, siamo esasperati tutti quanti di fronte alla feroce assurdità della situazione. Intanto, il vicario del Prefetto ha spento il telefono. Si è seccato, troppe chiamate. Che ci sarà mai da discutere, forse pensa, sono solo due bengalesi.
All'improvviso un funzionario si fa sfuggire la notizia che i due sono stati portati via da ore, dentro un furgone chiuso che, quindi, non era stato bloccato dalla folla, perché nemmeno gli animali destinati al macello vengono trasportati così, senza luce, senza aria. Era inimmaginabile.
Allora esplode una rabbia incontenibile e anche sacrosanta, secondo noi: l'ingiustizia brucia feroce e abbiamo di fronte la faccia arrogante, beffarda e vigliacca del potere che calpesta gli esseri umani.
Allora l'indignazione prende corpo diventa carne e sangue, le parole sono pietre, e quelle parole forti si sono alzate, qualche vetro è andato in frantumi, la polizia ha dovuto indietreggiare e rinchiudersi all'interno della propria vergogna, all'interno della propria caserma. Ma come potevano pensare che fosse tutto uguale, tutto normale? Quando si parla della vita, della dignità delle persone non è tutto uguale, tutto indistinto, c'è ancora chi si indigna, chi si incazza quando vite vengono calpestate: noi eravamo lì, eravamo quelli indignati, quelli incazzati, quelli che hanno “resistito” alla normale routinaria barbarie.
Per questo “reato di resistenza” cinque persone sono state condannate a 9, 8, 5, 4 e 3 mesi di galera. È importante capire che legge e giustizia non sempre coincidono, quasi mai per i più deboli. Forse resistere non era legale, ma certamente era legittimo, perché la resistenza non è un feticcio ma una pratica di vita senza la quale non è possibile praticare solidarietà, antirazzismo, dignità e giustizia per i più deboli e oppressi.
E a chi mai dovremmo resistere se non cominciamo proprio dai pubblici ufficiali che non hanno la dignità di disobbedire e rendono operativi gli orrori di cui abbiamo raccontato?

da GlobalProject

Un altro morto in carcere


Trovata impiccata (da chi?) la militante BR Diana Blefari Melazzi

ogni "suicidio" in carcere appare sempre molto sospetto. in questi giorni poi......
Diana Blefari Melazzi, accusata di concorso nell'omicidio del professor Marco Biagi, e' stata trovata impiccata questa mattina nel carcere di Rebibbia. Il 27 ottobre la prima sezione penale della Cassazione aveva confermato la condanna all'ergastolo inflitta dalla Corte d'assise d'appello di Bologna. Diana Blefari Melazzi era stata condannata all'ergastolo per l'omicidio Biagi sia in primo che in secondo grado, ma la Suprema Corte, il 7 dicembre 2007, aveva annullato con rinvio la sentenza d'appello emessa nei suoi confronti sottolineando vizi di motivazione sulla sua condizione psichica. La Corte d'assise d'appello di Bologna aveva riesaminato il caso disponendo una perizia psichiatrica con la quale e' stata accertata la capacita' dell'imputata di stare in giudizio. I giudici bolognesi avevano quindi confermato l'ergastolo con una sentenza divenuta oggi, dopo la pronuncia della Cassazione, definitiva. (AGI) .
http://it.notizie.yahoo.com/9/20091101/tit-nuove-br-diana-blefari-trovata-impic-8968993.html
da Indymedia

Morire di carcere
di A Cura Del Centro Studi Di Ristretti Orizzonti
Da gennaio a ottobre nelle carceri italiane sono morti 146 detenuti, di cui 59 per suicidio
La morte di Stefano Cucchi e l'ondata di indignazione al riguardo, soprattutto dopo la pubblicazione delle sconvolgenti immagini del suo corpo martoriato, sono un fortissimo e drammatico richiamo alla realtà: per tutti coloro che si occupano di carcere, per lavoro o per impegno civile, ma anche per chi ne sente parlare soltanto dai giornali e soltanto quando in carcere finiscono persone famose. Ma la realtà del carcere ha poco a che spartire con il mondo leggero dei rotocalchi, è una realtàdura e cattiva.
Quando il sistema penitenziario italiano viene definito fuori-legge, illegale, incivile (parole più volte usate dallo stesso Ministro della Giustizia), vuol dire che la sofferenza di chi sta in carcere supera il livello ritenuto ammissibile, che la pena diventa supplizio. Soffrono in primo luogo i detenuti, ma soffre anche la polizia penitenziaria, che nellultimo mese ha pagato con tre suicidi lo stress di un lavoro sempre poco riconosciuto. E dove gli agenti stanno male, devono fare turni di 12 ore, e via dicendo, non ci sarà un bel clima neanche per detenuti.
Il Bollettino degli eventi critici negli Istituti penitenziari (realizzato dal Ministero della Giustizia) è un documento conosciuto solo dagli addetti ai lavori: parla di morti, suicidi, autolesionismi, scioperi della fame, ma anche di proteste collettive ed evasioni. Lo alleghiamo al dossier Morire di carcere di questo mese, in modo da fornire anche un riscontro ufficiale al nostro monitoraggio. Nel bollettino del Ministero cè una serie storica dei decessi di detenuti, dal 1992 al 2008: mediamente ogni anno muoiono 150 detenuti, di cui circa un terzo per suicidio e gli altri due terzi per cause naturali non meglio specificate. Gli omicidi registrati sono 1 o 2 lanno.
Con il nostro dossier cerchiamo di dare una lettura diversa a queste morti, distinguendo quelle causate da malattia da quelle per overdose (di droghe, di farmaci, di gas butano), ma anche segnalando i casi nei quali vengono aperte inchieste giudiziarie per laccertamento delle cause di morte: sono le cause da accertare, che a volte rimangono tali finché cadono nel dimenticatoio (sulla morte di Marcello Lonzi, avvenuta nel 2003 nel carcere di Livorno, ancora non cè una verità accertata). Alleghiamo anche un altro documento, il riepilogo dei casi raccolti nel Dossier 2009 (non sono tutti quelli verificatisi, perché non sempre le notizie delle morti in carcere vengono divulgate.
Noi raccogliamo le vicende segnalate dai media, dal volontariato, dai parenti dei detenuti, da qualche parlamentare particolarmente attento a queste problematiche, etc.) Nel riepilogo si può notare, ad esempio, che i suicidi riguardano prevalentemente i detenuti più giovani; addirittura i 10 morti di carcere più giovani del 2009 sono tutti suicidi e 2 avevano solo 19 anni. Le morti per cause da accertare sono più numerose di quelle per malattia.
I dati complessivi del 2009 (aggiornati al 30 ottobre) denunciano un aumento di ben 20 suicidi rispetto ai primi 10 mesi del 2008, mentre il totale delle morti di carcere hanno già superato il totale dello scorso anno: 146 contro 142.
Il curatore del Dossier Francesco Morelli
Consulta il dossier Morire di Carcere

da Global Project

LA VERITA’ DEGLI OCCUPANTI sullo sgombero del centro sociale Experia:



di Agatino Reitano- Cataniapolitica ieri pomeriggio si è recata in via Plebiscito, dove si è tenuto il corteo, nutrito in numero di partecipanti, contro lo sgombero del Centro Popolare Experia, sgomberato ieri dalle forze dell’ordine. L’evento di ieri, che ha suscitato clamore nel panorama politico e sociale catanese e non solo, merita una maggiore attenzione al fine di comprenderne la reale portata. A tal proposito abbiamo raccolto delle dichiarazioni fatte alla luce dei numerosi comunicati stampa pervenuti alla redazione del nostro giornale, ed alla luce di quanto emerso attraverso i media e la rete internet. Chiaramente ci si trova di fronte ad opinioni contrapposte, in virtù delle quali non è facile farsi un’idea oggettiva dell’annosa questione.


Secondo Luca Spataro, segretario provinciale del Partito Democratico, presente al corteo: “l’Experia è una realtà troppo importante per un quartiere carente di spazi di aggregazione; è un’esperienza che viene stroncata con la forza, da chi è capace di imporre con arroganza la legalità solo ai deboli e non, con uguale misura, ai forti”. Lo stesso aggiunge: “questa non è legalità, è ingiustizia. Purtroppo questo è il concetto di legalità che hanno molti esponenti della destra in questa città ed in questo paese”. Della stessa posizione è Valentina Riolo (PD), consigliere della I municipalità, presente al corteo: “il diritto di aggregazione di chi ha animato il centro Experia, in un quartiere difficile come questo, va comunque salvaguardato; a tal proposito, qualora non sia possibile ripristinare lo svolgimento delle attività nella sede sgomberata, sarebbe auspicabile, da parte dell’amministrazione comunale, l’individuazione di spazi alternativi e l’incentivazione di spazi già esistenti. L’onorevole Pogliese, invece di fare riferimenti anacronistici relativi all’immobile dove ha sede l’experia, pensi anche a quelle strutture di competenza della Regione, come l’ex Manifattura Tabacchi, che da due anni è immotivatamente chiusa”.



Durante lo svolgimento del corteo, abbiamo altresì sentito Giacomo Cacia, attivista del centro Experia, il quale, vittima delle manganellate di ieri, ci ha lasciato importanti dichiarazioni: “il mio sospetto è che dietro questa vicenda si nascondano delle enormi mancanze politiche di questa città. Lo sgombero è stato fortemente voluto da esponenti di una classe politica, quella di Alleanza Nazionale, che governa questa città da circa 15 anni, di fatto rendendola com’è oggi, ovvero tra gli ultimi posti nelle classifiche di vivibilità di tutte le città italiane.



Come fanno dei personaggi del genere, che gestiscono il potere politico ed economico in questa città, a giudicare l’operato del Centro Experia, etichettandolo come degrado, quando dovrebbero essere loro i primi a passarsi la mano sulla coscienza per quanto hanno o non hanno fatto? L’Experia non era altro che un tentativo di auto-organizzazione di alcuni bisogni negati da chi li dovrebbe erogare, in un quartiere in cui non esistono alternative simili, palestre, campi da calcio e luoghi dove si possa lavorare per il recupero scolastico. All’Experia si faceva questo. I bambini del quartiere per giocare a calcio sono costretti a scavalcare all’interno del cortile dell’attigua scuola Manzoni, che tra le tante cose rischia la chiusura, mettendo a repentaglio la loro stessa incolumità, poiché in quegli spazi insistono ancora quelle pericolose strutture, testimonianza di un degrado culturale che ha consentito la distruzione di una delle più importanti aree archeologiche della città (la collina di Montevergine, ndr). Noi fornivamo un servizio di palestra popolare, al modico prezzo di 10 euro mensili, che reinvestivamo nell’acquisto di attrezzature; organizzavamo insieme alle famiglie del quartiere un’attività di doposcuola, che vedeva scendere in campo persino degli insegnanti; combattevamo contro la “cultura dello sballo”.



Nel 1992, abbiamo combattuto fisicamente contro coloro i quali avevano trasformato quest’angolo in un centro di spaccio dell’eroina! Malgrado non siamo dei proibizionisti, dentro l’Experia non si faceva uso nemmeno di droghe leggere. Chi ci ha accusato di questo, attraverso i media, lo ha fatto senza cognizione di causa e con estrema disonestà. La verità è che le classi politiche che in questa città si sono alternate hanno accumulato montagne di “merda” che adesso stanno cercando di rimuovere, addossando la colpa agli altri. Nel 2000 abbiamo costituito il Comitato Antico Corso che aveva lo scopo di rendere “legale” questo spazio, anche alla luce del ripristino e della valorizzazione dell’attigua area archeologica e della creazione di una bambinopoli. “L’aggressione” da parte dell’Università, senza alcun pregiudizio per gli studenti, che ha già congestionato e deturpato il quartiere, non ci sembra una priorità. Per questo ci battiamo, anche in virtù della logica privatistica che sta interessando l’Università. Siamo abusivi, è vero, ma di fronte a quelle che riteniamo delle priorità sociali non ci siamo mai tirati indietro. Se avessimo avuto la possibilità di farlo in luoghi idonei, pagando l’acqua e la luce, l’avremmo fatto comunque. Molti dei politici che avrebbero dovuto rappresentarci, sia a livello locale che nazionale, non conoscono bene la nostra realtà, né, quantomeno, hanno fatto grandi cose per i lavoratori della nostra città. Alla luce di questo non abbiamo nemmeno chiesto il loro aiuto.”.



L’aggressione da parte delle forze dell’ordine andava evitata in virtù di un incontro tenutosi due giorni fa in questura, alla presenza dei legali del comitato Antico Corso. Il vice-questore, Anzalone, non ha tenuto conto delle modalità pattuite per lo sgombero. Le forze dell’ordine hanno caricato con la forza un gruppo di persone innocue con le mani alzate. Esistono delle prove, relative a video amatoriali, che non hanno bisogno di essere commentate”. Questo è quanto abbiamo raccolto al momento; ci auspichiamo che possano giungere, da parte dell’amministrazione comunale, delle reazioni immediate.


http://lnx.cataniapolitica.it/wordpress/2009/10/31/experia-la-verita-degli-occupanti/

Alda Merini. Punto

La morte di una persona in un qualche modo ’nota’ scatena sempre onde di rimbalzo. Onde massmediatiche evidentemente. Ma non solo.

Della morte non si parla, non interessa, non piace, almeno all’Italia di oggi. Della morte come ’fatto’. Della morte come ’transito’. Della morte come elemento che cadenza, equilibra, la vita.
Della morte si sussurra sempre dopo, mai prima, mai entro un ’accompagnamento’.

Alda Merini è morta ieri, il 1 Novembre 2009, ma era ricoverata all’Ospedale San Paolo da una decina di giorni. Aveva un tumore osseo.

Ecco dunque che la morte di Alda Merini scatena l’onda. Di voci. Di immagini. Di video e registrazioni varie. Le tecnologie sono capaci di recuperare qualsiasi ’cosa’ possa essere decodificato nel linguaggio a loro conosciuto, le tecnologie riportano ’in vita’, in una vita post mortem, espressioni, corpi che si muovono, sorridono, raccontano (Chi ha mai visto negli ultimi anni così spesso, così assiduamente, e ovunque il corpo di Alda Meridini?).


Le tecnologie recuperano brandelli di vita fissata entro pellicole e altri supporti inanimati. Le tecnologie fanno tutto questo e l’uomo se ne serve al bisogno. Un bisogno, in questo come in molti altri casi, che attende una rottura, un allontanamento, la morte appunto. Un bisogno mutevole, che rifiuta la vita finché è vita, e pare tendersi a riconoscerne pezzetti di carne quando la morte spezza, e spezzando ricolloca la percezione che gli altri hanno di quella vita che non è più vita.

Allora a distanza di dodici, ventiquattro ore il volto di Alda Merini riaffiora tra notizie, entro altre voci che ricordano, riprendono discussioni, eventi, chiacchierate, incontri. Le parole, di Alda Merini, tornano a sporcare angoli di spazi cartacei, virtuali e intimi. La vita di Alda Merini viene spolpata, scalettata, recuperata per spingerla verso una superficialità accessibile a tutti, per dare a chiunque la possibilità di dire o pensare: "Ah sì, l’Alda pazza, l’Alda indigente, l’Alda Grande Poetessa, l’Alda degli eccessi". I sensi, però, i sensi di queste parole, i sensi di questa vita, i sensi di questa donna, di questo corpo che ora - oggi, fors’anche domani - galleggiano davanti all’Italia; questi sensi annebbiati, sfocati, lontani nonostante la tecnica, il rumoreggiare improvviso, fastidioso, alienante che strappa alla routine, alle visioni notturne della domenica, ai risveglia stropicciati del lunedì mattina: questi sensi, insomma, che percezioni lasciano?

Perchè c’è, evidente come in ogni post mortem ’nota’, una percezione della morte, già accennata in precedenza. Ma la percezione della vita? Di quella vita entro carne, scelte, parole, fatti. Alda Merini lavorava di parole. Scriveva. E le parole - si dice - non conoscono fine, sono finchè vengono pronunciate, non finché vengono riconosciuti significati e sensi.

Le parole di Alda Merini ci sono ancora. Probabilmente è quella l’unica carne che potrà - prima o poi - essere saggiata da chi vorrà o potrà farlo. Perché la carne pulsante, sanguinante, malata di Alda Merini non ’era’, non ’esisteva’ per alcuni, fino al pomeriggio del 1 novembre 2009. Per alcuni che possono anche essere molti, non importa in fondo quantificare, aggrapparsi a statistiche fintamente salfiche che tentano spiegazioni numeriche.

Ma ora che la morte ha preso, gli ’altri’ potrebbero non prendere da quella morte, chiamandola vita. Si potrebbe - tutti - tacere. E ascoltare, volendolo, le parole di Alda Merini. Le parole che sono briciole della vita di Alda Merini. Lasciando il corpo a chi quel corpo lo conosceva, a chi quelle espressioni le aveva viste e sfiorate.


La vita non ha senso. Anzi è la vita che ci da un senso. Sempre che la lasciamo parlare. Dobbiamo ascoltarla la vita. (Alda Merini)


http://www.agoravox.it/Alda-Merini-Punto.html

Contestazioni per la visita del Ministro Maroni a Trani

Il Comitato "Accoglienza, Libertà, Democrazia", costituito da varie associazioni e forze politiche di Trani e della BAT, in occasione della visita a Trani del Ministro Roberto Maroni, ha organizzato un sit-in pacifico, in Piazza Gradenigo.

«L’inaugurazione dell’immobile strappato alla criminalità organizzata è qualcosa che esaltiamo, accogliendo con vero piacere il segno dell’impegno dello Stato nella lotta alle mafie. In occasione della venuta del Ministro Maroni, però, contestiamo vari passaggi negativi dell’azione del Governo-Berlusconi e del centro-destra. In particolare: la distrazione dei fondi per le aree sottoutilizzate, destinati alle regioni del Sud, e destinati ad altre poco coerenti destinazioni, e di vari altri fondi destinati al Meridione; la discriminazione dei lavoratori del Sud in alcuni enti locali governati dalla Lega, Partito di cui Maroni è dirigente; le politiche razziste del Governo, dal cosiddetto "decreto-sicurezza" ai respingimenti, dai CIE che diventano lager al carcere per i clandestini, che, lungi dal creare davvero sicurezza, ottengono l’effetto contrario, rendendo più difficile l’integrazione, ed alimentando il razzismo.


E ancora: la gestione repressiva della libertà di espressione del pensiero e di manifestazioni pubbliche. Piangiamo anche la morte misteriosa di Stefano Ciucchi, sulla cui scomparsa pretendiamo chiarimenti; l’attacco a Scuole ed Università del Sud. Nel 2011, grazie al Governo, le tasse all’Università di Bari aumenteranno esponenzialmente. Negli istituti superiori si sono avuti aumenti già a partire dal 2008/09; l’inesistente tutela della Costituzione Repubblicana, la Costituzione più moderna in Europa, a partire dai Princìpi di Unità Nazionale.

Volevamo fare queste contestazioni, in maniera assolutamente pacifica, col Ministro Maroni presente. Purtroppo, "dall’alto", hanno deciso altrimenti, impedendoci di fare il sit-in in Piazza Mazzini. Saremo quindi in Piazza Gradenigo (Sant'Agostino), per esprimere queste critiche ad un Governo che non mantiene le promesse e porta avanti politiche che penalizzano buona parte dei suoi stessi elettori».

Il Comitato Promotore "Accoglienza, Libertà, Democrazia" (Associazione per Sinistra e Libertà Trani, FGS B.A.T., Giovani Democratici B.A.T., Ass. "La Puglia Migliore", SD Barletta, PSI Trani, Giovani IDV Trani, Luca Negrogno Cittadino Tranese. Adesioni ancora aperte)

http://www.traniweb.it/trani/informa/11038.html

Il Tar Lazio dà ragione a Vendola, a Cavallino i rifiuti dell’Ato Lecce 2

I rifiuti dell’Ato Lecce 2 continueranno ad essere conferiti negli impianti di Cavallino a tempo indeterminato. A deciderlo, nei fatti, è stato il Tar Lazio rigettando il ricorso che il Comune di Cavallino aveva presentato contro l’ordinanza con cui il commissario straordinario per l’emergenza ambientale, Nichi Vendola, aveva disposto l’utilizzo della discarica di servizio soccorso dell’impresa Ambiente e sviluppo per lo smaltimento della frazione umida biostabilizzata proveniente dal secondo ambito territoriale.

L'ordinanza firmata dal sindaco di Cavallino prevedeva la chiusura di due strade difficili da percorrere per i tanti camion che arrivano dai comuni del Nord Salento. Lombardi aveva quindi inoltrato ricorso contro il provvedimento di Vendola, adottando per ragioni di sicurezza stradale anche un’ordinanza con la quale modificava sensi di marcia, limiti di velocità e di stazza dei mezzi lungo le vie d’accesso alla discarica.


http://www.sudnews.it/notizia/34807.html