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giovedì 5 novembre 2009

Nardò -Caso S.E.S. : Alcuni video che scottano...


-LAFONTE- Abbiamo realizzato un'intervista al Segretario provinciale(LE)della FILLEA CGIL Alessio Colella intorno alle 15;30 di ieri, orario ufficiale di chiusura dei cantieri dell'azienda in questione e abbiamo potuto constatare con i nostri occhi quali sono gli orari di rientro degli operai. Guardate i video e vi renderete conto...















Rettifica: In seguito ad una utile segnalazione abbiamo modificato l'articolo sostituendo "orario di rientro degli operai" con "orario di chiusura dei cantieri."

NARDO' - COMUNICATO STAMPA FILLEA CGIL SUI LAVORATORI S.E.S.


FEDERAZIONE ITALIANA
LAVORATORI LEGNO
EDILI INDUSTRIE AFFINI
ED ESTRATTIVE


VERTENZA S.E.S. UNA SFIDA DI CIVILTA’
La nostra vertenza non si è ancora conclusa a causa dell’assurdo e incomprensibile rifiuto della Direzione Aziendale del Gruppo SES a trattare con il Sindacato.
Consideriamo i 14 licenziamenti effettuati nel corso del 2009 atti ignobili e irriguardosi ai danni di maestranze specializzate che per anni con spirito di sacrificio e dedizione si sono prestate all’attività aziendale.
Ma mentre in tutta Italia le imprese in crisi che sono costrette a licenziare avviano le procedure degli ammortizzatori sociali, a Nardò le imprese de Gruppo SES si ostinano categoricamente a non farlo, negando diritti e tutele ai lavoratori licenziati ed alle loro famiglie, avallando ogni nostra proposta di ragionamento circa la cassa integrazione o la mobilità (pagate dallo Stato). Richieste legittime le nostre, soprattutto in tempo di crisi, ma reiteratamente negateci dai referenti aziendali anche sui tavoli istituzionali (Confindustria, Provincia, Prefettura).
Ma c’e’ un aggravante: tra i licenziamenti in questione di cui chiediamo il reintegro vi sono anche quelli illegittimi di due delegati sindacali della FILLEA Cgil.
Inoltre constatiamo con rammarico che l’azienda prova in vari modi a strumentalizzare i lavoratori ancora in forza denigrando le ragioni della nostra protesta e rischiando di contrapporre lavoratori ad altri lavoratori.

IL SINDACATO NON HA MAI CONDIVISO GUERRE TRA POVERI.
LA STORIA DEL SINDACATO E’ BEN ALTRO.


Chiediamo ai cittadini di Nardò sostegno e solidarietà per i lavoratori che da giorni, in un sit-in di protesta di fronte ai cancelli dello stabilimento aziendale, con il freddo e sotto la pioggia, rivendicano i loro diritti in quella che altro no è che una sfida di civiltà.

I LAVORATORI LICENZIATI
Segr.Prov.le FILLEA Cgil

Pensieri sul 4 novembre, la storia e le festività nazionali.

di Marco Greco

In questi giorni ho riflettuto spesso sul significato della ricorrenza civile del “4 novembre”.
Già, il 4 novembre, la festa delle forze armate. Mi sono chiesto quanti di noi sapessero effettivamente cosa ricorda la ricorrenza del 4 novembre. Ma questo è un po’ il problema che coinvolge le ricorrenze civili (25 aprile, 2 giugno, ecc.), ovvero l’ignoranza del significato e delle vicende legate ad una data che viene assunta a festività nazionale.
Come in una spirale autolesionista ci sentiamo colpevoli se mostriamo in pubblico il nostro orgoglio nazionale, patriottico, come se fosse una macchia da tenere ben nascosta. E’ vero anche che i regimi totalitari come nazismo e fascismo hanno contribuito non poco ad inculcare, nella nostra coscienza di italiani, diverse remore legate all’amor di patria. Ma io sto parlando di “orgoglio nazionale” e di “patriottismo”, non di “nazionalismo”, che invece racchiude le accezioni negative e le espressioni più cupe del concetto.
E allora mi chiedo il significato del 4 novembre. Mi chiedo quanti di noi conoscono veramente cosa ricorda il 4 novembre, cosa è successo il 4 novembre, ma soprattutto cosa ha portato al 4 novembre.
Spero di sbagliarmi e che invece sia noto a tutti che il 4 novembre ricorda la fine della Prima Guerra Mondiale per l’Italia, il 4 novembre del 1918. Alle 12 di quel 4 novembre il Generale Armando Diaz, capo di Stato Maggiore, annunciava la vittoria nella Prima Guerra Mondiale e la disfatta dell’esercito austro-ungarico:


“La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.
…….
L'Esercito Austro-Ungarico è annientato
……
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.”

Ma cosa sappiamo veramente della Prima Guerra Mondiale, di un evento così cruciale e importante, non solo per il nostro paese.
Cosa ci hanno insegnato sulla Prima Guerra Mondiale, ovvero la Grande Guerra come fu chiamata dai contemporanei? Poco, molto poco, poiché la Grande Guerra viene studiata a scuola con la stessa superficialità e con gli stessi luoghi comuni con cui vengono affrontati molti argomenti e vicende storiche. Per non parlare poi di quegli avvenimenti che non sono degni, secondo gli attuali programmi, di essere neanche accennati (Guerra Fredda, Il Muro di Berlino, il genocidio in Cambogia, giusto per dirne alcuni), soprattutto avvenimenti e fatti del ‘900, cos’ importanti e cruciali per il nostro passato e per il presente in cui viviamo.
Sicuramente a tutti viene in mente, parlando della Grande Guerra, il contrasto tra neutralisti e interventisti:questo ce lo ricordiamo perché è questo che ci hanno insegnato, insieme al solito elenco di date e fatti slegati tra loro, di cui la nostra memoria storica da studenti è piena e di cui però, spesso, non afferriamo il significato e la portata né tantomeno i legami reciproci.
Ma cosa è stata davvero la Prima Guerra Mondiale, o Grande Guerra?
Fu veramente una guerra grande, sotto tanti punti di vista. Per la mobilitazione di massa (milioni di soldati di ogni paese), fu una guerra nuova per le novità in fatto di armamenti e tecnologie, anche se spesso combattuta con tecniche e ferocia degne di tutt’altre epoche. Giusto per dire alcune motivazioni.
Per il nostro paese fu la quarta e ultima guerra per l’Indipendenza e per l’unità nazionale, pagata con un costosissimo tributo di vite umane, 650.000 morti italiani (nella 2a Guerra Mondiale ne abbiamo avuti la metà!) a cui si sommano mutilati, invalidi e prigionieri.
Ma non sono certo io quello che può dire che cosa è stata veramente la Grande Guerra per tutti coloro che l’hanno vissuta direttamente sulla propria pelle. I testimoni di quella pagina di storia se ne sono andati (restano pochissimi reduci, in Italia nessuno), ma restano le loro testimonianze scritte e non solo.
E così un giorno decisi di acquistare un libro: “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu, tenente della Brigata Sassari ai tempi della Grande Guerra. Nel libro si narrano le vicende di un anno sul fronte italiano, ricostruite abilmente dall’autore.
Solo dopo aver letto quel libro ho capito cosa è stata veramente la Grande Guerra; ho capito che la storia che abbiamo studiato sui libri a scuola è tutt’altra cosa! In quelle pagine c’era veramente l’essenza e il vero significato di tali avvenimenti.
Poi ho capito che dovevo visitare quei luoghi:le trincee, i forti, i musei, i cimiteri. Mi sono recato in Trentino nel settembre del 2007 e ho capito, ho compreso, ho contemplato.
Vedere quei luoghi, dove richiede uno sforzo sovrumano il semplice sopravvivere, figurarsi combattere contro la natura e insieme contro il nemico!
Ho visto la bandiera italiana e quella austriaca sventolare insieme……
Ho ascoltato il silenzio di quei luoghi…..
Anche lì è nata l’Italia!
E quello sventolare di bandiere mi ha fatto comprendere in maniera semplice e diretta l’essenza di un’Europa unita nella pace e nella cooperazione.
Poi ho continuato a leggere della Grande Guerra, volevo capire le verità storiche, militari e politiche, al di là delle menzogne ufficiali che spesso si leggono fra le righe di alcuni testi scolastici.
E allora mi chiedo come mai il 4 novembre non sia una festa nazionale. Come mai non sia la festa dell’Unità Nazionale e della Vittoria, prima ancora che la festa delle Forze Armate.
In questo periodo in cui si sente tanto parlare di secessioni, di federalismo, di Nord contro Sud, il 4 novembre dovrebbe assumere una rilevanza “nazionale”.
Ma io non sono certamente uno storico, sono solo una persona che ha voluto vedere e toccare con mano i luoghi, per non tradire quella memoria, quei sacrifici.
Perché la storia, quella vera, si insegna e la si comprende sui luoghi, o in alternativa sui libri, ma quelli veri e vivi, che hanno qualcosa da dire anche a novant’anni di distanza.
E allora cerco di ricordare a me stesso di essere italiano, non solo di fronte ad una partita in tv, e di andarne fiero, dopo tutto.
E ritengo che per capire ed essere liberi, l’unico strumento è quello di conoscere le proprie radici, le proprie tradizioni, insomma la propria storia, perché è questo che conta veramente.
In quel settembre del 2007 ho compreso cosa intendeva dire Piero Calamandrei quando scrisse:
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione”.

Fallimento ''I Siciliani'': evitati pignoramenti


Catania. Pignoramento evitato per Claudio Fava e un gruppo di giornalisti de I Siciliani, tra i quali Graziella Proto, ex presidente del Cda, che nel giugno scorso avevano ricevuto la visita dell'ufficiale giudiziario per i debiti contratti dalla pubblicazione.
La sottoscrizione avviata per il periodico fondato e diretto da Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio del 1984, è andata buon fine: sono stati infatti raccolti i circa 90 mila euro chiesti dal Tribunale civile di Catania al quale avevano fatto ricorso i creditori. Lo rende noto Claudio Fava nella newsletter di Sinistra democratica "ringraziando tutti coloro che hanno scelto di darci una mano". "Lo consideriamo non solo un gesto di amicizia ma un prezioso atto di militanza civile - aggiunge il figlio del giornalista assassinato da Cosa nostra - la memoria di Giuseppe Fava e del suo giornale è patrimonio di questo Paese: voi ci avete aiutato a custodirla". Dopo l'assassinio, il figlio Claudio e alcuni redattori decisero di non abbandonare il progetto editoriale e per tre anni il quotidiano fu in edicola. La coraggiosa esperienza di denuncia dei cronisti siciliani si concluse nel 1987. I soldi serviranno a saldare le spese del giornale - carta e tipografia - e andranno agli eredi dei creditori, nel frattempo morti. Il resto servirà a pagare le spese del giudizio fallimentare e gli interessi maturati.

da AntimafiaDuemila

Berlusconi ordina, Nicolo' e Angelino obbediscono


di Pietro Orsatti su Terra - 5 novembre 2009
Il premier vuole evitare i tribunali mentre si allargano inchieste e altri “impacci” nel portare avanti la «volontà popolare», e cerca in tutti i modi di aggirare Fini e la Bongiorno con un provvedimento blindato.
Il processo Mills e quello per i fondi neri a Mediaset. E poi, ancora, le conseguenze di quello in secondo grado al suo amico Marcello Dell’Utri, l’eventualità della riaperture di inchieste che lo riguardano a Caltanissetta, Palermo e Firenze. Berlusconi, dopo il respingimento del Lodo Alfano da parte della Corte costituzionale, ha di che preoccuparsi. Rimandata l’udienza del processo per i fondi neri per gli impegni al vertice Fao, Silvio Berlusconi sta cercando di forzare i tempi affidandosi al proprio avvocato Ghedini, che sta lavorando notte e giorno per trovare una soluzione (che possa essere accolta dai finiani) di prescrizione. Ci lavora eccome, Ghedini, nonostante le dichiarazioni rassicuranti del ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ieri, pressato dalla stampa, ha dichiarato che «il governo non sta studiando alcuna norma in materia di prescrizione».
Il tema del giorno, che sia una priorità o meno del Paese, è ormai al centro del dibattito politico e tutto ruota attorno a esso. «La riforma della giustizia non è uno sfizio di Berlusconi, né un capriccio della maggioranza, ma un’esigenza del Paese – ha proseguito Alfano -. Ho sempre detto che la riforma costituzionale avrebbe dovuto essere cornice e punto di approdo di tutte le altre riforme, e questa linea non è mai cambiata». Ma per Alfano la sede del dibattito su un’eventuale riforma non è rappresentata dalle commissioni e dalle aule parlamentari, ma dalla Consulta del Pdl presieduta dall’avvocato-parlamentare Nicolò Ghedini, appunto, e il ministro precisa che «è esattamente su quei testi che bisogna ragionare». Il ministro ha anche ribadito l’intenzione del governo di andare avanti anche «a fronte di un mancato accordo» con l’opposizione, motivando questa scelta perché «come ministro della Giustizia non mi sento di dire che non abbiamo fatto nulla ma abbiamo molto dialogato».
Quanta fretta dopo la bocciatura del Lodo. Anche senza avere informatori nei “palazzi” è evidente che il premier sta facendo pressioni di ogni genere sui suoi e sugli alleati per uscire dalla strettoia che gli si presenta con la riapertura di processi che il premier sperava di aver evitato. Da qui una campagna durissima, con le polemiche e le censure alla magistratura e per accelerare i tempi in sede di proposta (che sia decreto, mini emendamento ad altro testo in discussione o disegno di legge non importa, basta che si faccia e si faccia in fretta). E questa “campagna d’autunno” sembra aver ottenuto un primo risultato con l’assenso da parte dell’Udc di Casini a partecipare alla Consulta Ghedini. A fargli da blocco non solo la sparuta pattuglia di parlamentari del Pd in ordine sparso (cosa faranno i teodem e i rutelliani in uscita?), ma soprattutto Fini e Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia a Montecitorio. Finora i due sono riusciti a bloccare sul nascere ogni escamotage dell’avvocato del premier di far uscire dal cappello da prestigiatore qualsiasi forma più o meno palese di prescrizione abbreviata che possa in qualche modo far saltare i processi che riguardano il presidente del Consiglio, in particolare quello Mills.
E nelle procure e nei tribunali, consapevoli che il Pdl potrebbe mettere in atto in tempi brevi un colpo di mano, si stanno accelerando i tempi. Domani si deciderà a Palermo se accettare nel processo Dell’Utri la dichiarazione del pentito Gaspare Spatuzza che riaprirebbe il discorso di un coinvolgimento di Berlusconi, mentre a Firenze, sulla strage di via dei Georgofili si sarebbe già deciso positivamente. È una corsa contro il tempo, della quale tutti i protagonisti sono al corrente.

Tratto da: orsatti.info
da AntimafiaDuemila

IL GOVERNO PRIVATIZZA L’ ACQUA e I BENI COMUNI

Con un decreto del 10 settembre scorso (D.L. 135/09, Art. 15) il Governo regala l’acqua ai privati: sottrae ai cittadini l’acqua potabile, il bene più prezioso, per consegnarlo, a partire dal 2011, agli interessi delle grandi multinazionali e farne un nuovo business per i privati.
Entro il prossimo 24 novembre, il decreto che privatizza l’acqua potrebbe diventare legge.
Si tratta della definitiva mercificazione di un bene essenziale alla vita

Si tratta della definitiva consegna al mercato di un diritto umano universale
Si tratta di un provvedimento inaccettabile!
IMPEDIAMOLO !
FIRMA L’APPELLO ON-LINE: CAMPAGNA NAZIONALE “SALVA L’ACQUA” - IL GOVERNO PRIVATIZZA L’ ACQUA!
*****
Mercoledì 18 Novembre (ore 14.00)
Presidio sotto al Parlamento (Piazza Montecitorio)
in concomitanza con la discussione del decreto legge 135/09 presso la Camera dei Deputati.
Mobilitiamoci per impedire la conversione in legge del decreto legge 135/09!
Partecipiamo tutte e tutti al presidio!

Per informazioni...

*****

Protesta contro questa decisione del Governo tramite interlocuzioni con i parlamentari ed invio di e-mail al Ministro dell’Ambiente, ai vari Ministri e parlamentari.

Chiedi al tuo Consiglio Comunale di prendere posizione contro questo decreto che dichiara l’acqua potabile una merce ed avvia una campagna - anche attraverso una raccolta di firme - per impegnare il consiglio comunale ad inserire nello Statuto Comunale il riconoscimento che l’acqua è “un bene comune e un diritto umano universale” e che il servizio idrico è “un servizio privo di rilevanza economica” da gestire in forma pubblica e con la partecipazione delle comunità locali. ---> Scarica la petizione popolare contro l’Artt. 15 e 23 bis e organizza banchetti di raccolta firme

http://www.acquabenecomune.org/
da Indymedia

La Russa e la Corte europea: «Possono morire» - EIAR

«Non lo leveremo il crocifisso. Possono morire, ma il crocifisso resterà in tutte le aule delle scuole. Possono morire, loro e quei finti organismi internazionali»: il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è sbottato durante la trasmissione di Rai Uno “La vita in diretta”, che a suo dire avrebbe trattato in modo «disequilibrato» il tema della sentenza europea sul crocifisso.

«Ero tra il pubblico e volevano linciare quella specie di professore che si chiama Odifreddi, che non ha alcun titolo scientifico per essere un esperto di religione, e che va in tutte le trasmissioni», ha detto La Russa, facendo riferimento al professor Piergiorgio Odifreddi (con cui già in altre trasmissioni ha avuto modo di polemizzare in modo acceso), che nel corso della trasmissione si è detto favorevole a che il crocifisso non sia esposto nelle aule.

«E non capisco - ha aggiunto, rivolgendosi con foga crescente al conduttore, Lamberto Sposini - perché su cinque invitati, in un’Italia che sino a prova contraria non penso abbia le idee né del professore né di quell’altro che leva e mette i crocifissi come se fossero gli asciugamani nel suo bagno (il riferimento è un altro degli ospiti della trasmissione, ndr), ve ne fossero tre che esprimevano l’opinione contraria al crocifisso. È insopportabile».

Inutili i tentativi di Sposini di spiegare che «non conta il numero degli invitati, ma il tempo concesso» e che entrambi i punti di vista sono stati equamente rappresentati: La Russa (che poi dirà di aver espresso «un’opinione molto non autorevole, ma incazzata») continua lo sfogo sulla questione del crocifisso, nonostante che fosse stato invitato per parlare delle celebrazioni per il 4 novembre: «Faceva il santone, quell’illustre sconosciuto professore, che secondo me - ha detto - non ha mai scritto un rigo importante, e parlava come se le sua parole fossero ex cathedra, dicendo sciocchezze enormi. Hanno perfino detto che il crocifisso è fascista: là dietro ridevano tutti. Io non sono certo un baciapile, ma non si può non capire che l’identità cristiana è l’identità nazionale, non ricordare che c’è un concordato. Comunque, il dibattito era disequilibrato, adesso abbiamo pareggiato: ci ho pensato io».

«Ma c’era anche un prete», ha concluso Sposini. «Che questa volta non potrà assolverla», ha replicato, questa volta col sorriso sulle labbra, La Russa.

da Indymedia

Israele intercetta una nave iraniana carica di armi destinate alla Siria

All’alba di mercoledì mattina le forze navali israeliane hanno intercettato una nave iraniana carica di armi destinate alla Siria, ma era prevista anche una sosta in Libano. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto alla comunità internazionale di fare pressione sull’Iran perché smetta di sostenere le organizzazioni terroristiche. Il ministro degli esteri siriano Walid al Moallem ha denunciato una “macchinazione israeliana” e subito dopo il gruppo Hezbollah ha fatto sapere di non avere niente a che fare con la nave e le armi.–Ha’aretz, Israele

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La criminalità organizzata uccide sedici persone nel nord del Messico.

Nel nord del Messico aumentano gli omicidi legati alla criminalità organizzata. A García, nello stato di Nuovo León, è stato ucciso il segretario di pubblica sicurezza con quattro dei suoi agenti. A Ciudad Juárez, nello stato di Chihuahua, al confine con gli Stati Uniti, un tentato sequestro si è trasformato in una sparatoria che ha portato alla morte di sei uomini e una donna mentre altri tre sono rimasti feriti. Ciudad Juárez è la città più violenta del Messico: dall’inizio dell’anno si contano più di duemila morti attribuiti alla criminalità organizzato.–El Mundo, Spagna

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Iran, manifestazioni contrapposte a Teheran.

Nel trentesimo anniversario dell’attacco all’ambasciata americana a Teheran, che, dopo un sequestro di più di 400 giorni, ha sancito l’antiamericanismo come base della Repubblica islamica, ci sono state diverse manifestazioni. I pochi e disciplinati manifestanti filogovernativi non hanno invocato l’odio verso gli Stati Uniti, ma verso chi “cerca la riconciliazione”. Il movimento popolare di opposizione, invece, ha chiesto a Obama di decidere con chi schierarsi. Mentre andavano verso l’ambasciata, un globo verde si è alzato in cielo e la folla ha cominciato a urlare “morte al dittatore”. La polizia ha lanciato lacrimogeni e i disordini sono continuati per quattro ore, durante le quali sono stati sospesi i collegamenti internet e telefonici.–El País, Spagna

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Copenaghen, gli Stati Uniti vogliono rimandare al prossimo anno.

John Kerry, capo della commissione affari esteri del senato degli Stati Uniti, ha dichiarato che il mese che ci separa dal summit sul clima di Copenaghen è troppo breve perché sia realisticamente possibile trovare un accordo definitivo. Gli Stati Uniti quindi propongono di preparare in Danimarca solo un piano che porti a un accordo definitivo “il prossimo anno o il prima possibile”. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha però ricordato che aspettare tutto questo tempo potrebbe essere rischioso.–The Guardian, Gran Bretagna

da Internazionale

È fatta, il Trattato di Lisbona entrerà in vigore

Con la firma del presidente ceco, l’entrata in vigore del trattato di Lisbona a dicembre è ormai certa. Ora l’Ue dispone degli strumenti per funzionare al meglio, ma sarà tutto inutile se i suoi leader non cambiano atteggiamento, avverte la stampa europea.

Era ora. Dopo mille ostacoli, senza cerimonie, senza giornalisti né fotografi, il 3 novembre il presidente ceco Václav Klaus ha firmato il trattato di Lisbona, poche ore dopo che la Corte costituzionale ceca aveva dato il suo via libera. “Non era d’accordo, ma ha firmato ugualmente” titola Mladá Fronta Dnes sopra la foto della firma tanto attesa dagli altri leader europei.
Come ultima stoccata, Klaus ha dichiarato che con questo trattato “la Repubblica ceca smette di essere un Paese sovrano”. “La penna è più saggia della bocca”, commenta Martin Komárek sul quotidiano di Praga. Il giornalista ricorda che tutti gli stati membri hanno ceduto “una parte della loro sovranità per entrare nell’Unione, nella quale i loro rappresentanti possono difendere in ogni caso gli interessi del paese”.

Bruxelles “ha di che brindare”, constata De Volkskrant. Ma ora, scrive il quotidiano olandese, “è necessario che tutti gli esponenti politici promettano solennemente di rinunciare ad ‘aggiustare’ l’edificio europeo almeno per un po’”. Il giornale lamenta poi che “le riforme istituzionali hanno fatto dell’egocentrismo e dell’autocompiacimento il passatempo più diffuso a Bruxelles. È giunta l’ora che l’Europa mostri ai suoi cittadini di essere veramente una guida per il progresso”.

“Grazie alle regole fissate dal trattato di Lisbona, l’Europa ha l’opportunità di fare un grande balzo in avanti” scrive Jacek Pawlicki su Gazeta Wyborcza. Ma il commentatore ricorda che “i trattati, a prescindere da quanto siano perfetti, resteranno lettera morta se nessuno avrà la volontà di trasformarli in realtà. Il successo di Lisbona è costato già troppe energie e determinazione. Questo capitale adesso non deve andare sprecato”.

Dopo otto anni di negoziati e di referendum, tuttavia, il trattato di Lisbona non ha certo risolto tutto: “L’Unione non era seducente prima di Lisbona e questo documento adesso non le spianerà le rughe, anzi” taglia corto Martin Komárek su Mladá Fronta Dnes. “Anche se democratizza e semplifica il funzionamento delle istituzioni, il dibattito su un trattato complesso e incomprensibile non dissipato la percezione dell’Unione come progetto elitario”, sostiene l’Irish Times. “Il trauma di Lisbona forse è ormai alle spalle, ma la disaffezione dei cittadini resterà una sfida cruciale per i leader europei”.

Rzeczpospolita dubita dell’ottimismo europeo e si chiede a che cosa serva dotarsi di belle istituzioni se poi l’Europa commette un “suicidio di civiltà”. Nel momento stesso in cui Klaus firmava il trattato, il Tribunale europeo dei diritti dell’uomo condannava l’Italia per la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche. Tagliando le radici cristiane dell’Europa, la giurisdizione di Strasburgo “capovolge il mondo dei valori fondanti della comunità europea” scrive il quotidiano conservatore polacco. “Noi non siamo più legati dalla chiesa di Santa Maria di Cracovia, dalla cattedrale di Notre-Dame e dalla Cappella Sistina, ma dal trattato di Lisbona, da Mtv, dalle pance piene, dalle vacanze a Ibiza e dalla tolleranza nei confronti dei gay”.

“L’elite politica europea ha mostrato il consueto sdegno nei confronti della volontà popolare”, sostiene il Times. Ma ora che il trattato di Lisbona è stato ratificato, è ora di passare ad altro. “Per quanto sia esasperante che in politica le cose cambino di continuo, dovete cambiare strategia” ammonisce il quotidiano londinese. Ed è esattamente quanto David Cameron ha reso noto di voler fare, abbandonando l’idea di un referendum sul trattato se nella primavera prossima sarà eletto premier.

La vicenda, tuttavia, non è ancora conclusa. Osservando che i conservatori britannici sperano sempre di approfittare dell’adesione della Croazia per ottenere qualche clausola di esenzione per il loro paese, la promessa che la sua entrata in vigore metta fine alle dispute costituzionali e istituzionali per una generazione ha tutta l’aria di essere una pia illusione: “Non proprio una prospettiva di cui rallegrarsi”.

L’articolo per intero su presseurop.eu

da Internazionale

Salvate il lavavetri Kadir

Amara Lakhous è uno scrittore nato ad Algeri nel 1970. Vive a Roma dal 1995.

Il giorno prima dell’entrata in vigore dell’ordinanza antilavavetri del comune di Roma, sono partito in missione con due amici. Obiettivo: salvare il lavavetri Kadir. Volevamo avvertire il nostro amico bengalese dei possibili guai che poteva avere con i vigili urbani e, soprattutto, volevamo risparmiargli una multa da cento euro se fosse stato trovato ancora una volta ai semafori. Per fortuna, qualcuno ci aveva preceduto.

L’abbiamo trovato un po’ su di giri e siamo andati con lui a prendere un caffè al bar. Kadir era sempre il solito, ironico e ottimista. “Amici”, ci ha detto, “è cominciata la stagione della caccia. L’anno scorso ce l’avevano con i bambini rom, quest’anno con i lavavetri, l’anno prossimo non si sa”.

Kadir è sulla trentina e vive a Roma da una decina d’anni. È un lavoratore instancabile. La mattina vende l’aglio al mercato, la sera i fiori nei ristoranti di San Lorenzo e nei giorni di pioggia gli ombrelli. Inoltre, nel tardo pomeriggio lava i vetri delle macchine ai semafori. Ogni mese riesce a mandare in Bangladesh 150 euro per mantenere la famiglia. È sposato e ha quattro figli. Paga altri 250 euro mensili per un posto letto in un appartamento con altri connazionali. Tuttavia, continua a coltivare il sogno di aprire un negozio di alimentari.

“Sono altri i problemi di questa città”, ci ha spiegato Kadir. “Il traffico, la mancanza di parcheggi, i cantieri che rimangono aperti per mesi, le buche nell’asfalto…”. Ma il sindaco Gianni Alemanno sembra pensarla diversamente perché ha deciso di puntare sulla “lotta al degrado” per garantire “una migliore vivibilità per i cittadini”.

Prima di salutarci, Kadir ci ha detto che per il momento sospenderà la sua attività di lavavetri. Bisogna lasciare che la tempesta passi, sapendo che poi tutto tornerà come prima. Per ora, è meglio non dare troppo nell’occhio. Amara Lakhous

da Internazionale