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sabato 7 novembre 2009

ISOLA POSSE - STOP AL PANICO



DOCUMENTARIO HIP HOP ITALIANO ANNI '90
SUONI DALLA CITTA'















Diossina. 80 agnelli sacrificali


Hanno pascolato nei terreni accanto alla Copersalento di Maglie. 80 agnelli contaminati da diossina sono stati abbattuti oggi su disposizione della Asl di Maglie

Altri 80 animali abbattuti. Stavolta si tratta di pecore. Si aggiungono agli 80 bovini che solo alcuni mesi fa sono finiti sulle pagine dei giornali perché ammazzati, su ordine della Asl, che aveva riscontrato nella carne e nel latte delle mucche valori di sostanze cancerogene superiori alla norma.

Le 80 pecore fatte uccidere oggi appartengono allo stesso allevamento dal quale provenivano i bovini. Ne restano altre 70, destinate anch'esse all'abbattimento. Le mantengono in vita perché su di loro la Asl di Maglie ha disposto uno studio di controllo dell'andamento della diossina, del quale si sta occupando l'Istituto zooprofilattico di Teramo.
Da quando nel luglio 2008 l'Arpa rilevò valori della dannosa sostanza 420 volte superiori al limite consentito per legge, infatti, l'azienda sanitaria ha dato il via ad un vero e proprio studio sui capi di bestiame che sui terreni accanto alla Copersalento hanno sempre pascolato e si sono cibati.
Franco Leomanni, dirigente Asl di Maglie, responsabile dell'area C (Igiene allevamenti e produzioni geotecniche) ci spiega più nel dettaglio lo studio avviato.

Dottor Leomanni, in che cosa consiste lo studio che avete disposto?
"Nell'analizzare i capi di bestiame contaminati da diossina per studiare il comportamento di questa dannosa sostanza sul loro organismo. Vogliamo scoprire quanto tempo la diossina ristagna nei loro corpi e in quale percentuale ed in quali tempi può essere smaltita. Per determinare questi andamenti, stiamo realizzando prelievi sulle carni degli animali, sui fegati e sui feti".
Che cosa cercate?
"L'analisi delle carni ci permette di conoscere la concentrazione di diossina nell'organismo dell'animale; quella sul feto ci indica in quale percentuale la contaminazione è trasmissibile da madre in figlio; quella sul fegato, di stabilire dopo quanto tempo la diossina può essere smaltita. Nel fegato, che è l'organo preposto al filtraggio del sangue, si accumulano i grassi; e la diossina, che è liposolubile, si deposita nei grassi; studiando il fegato riusciamo dunque a stabilire la concentrazione di diossina nell'organismo".
E' dunque possibile che pecore contaminate abbiano dato vita ad agnelli contaminati?
"E' ciò che stiamo cercando di stabilire; la contaminazione potrebbe avvenire attraverso l'allattamento. Per questa ragione anche gli agnelli sono sotto osservazione".
Avete effettuato prelievi anche nei capi abbattuti oggi?
"Sì. Li abbiamo effettuati sulle carcasse. Ci sono comunque determinate analisi che vengono realizzate per protocollo ministeriale sin dai tempi del morbo della "mucca pazza" e che oggi si eseguono di routine".
Di che analisi si tratta?
"Vengono realizzate sul tronco encefalico a partire dai 18 mesi di vita dell'animale; nel caso delle mucche servono a diagnosticare il morbo "mucca pazza", mentre nel caso delle pecore, la scrapie, ovvero l'encefalopatia spongiforme".
Che fine hanno fatto, dopo le analisi, le carcasse degli animali abbattuti?
"Sono stati inviati alla "Imesa" dei fratelli Cavaliere di Trani, un'azienda che si occupa di smaltire msr, materiale specifico a rischio, e le carcasse di animali infetti da diossina sono materiale pericoloso. Presso la Imesa vengono bruciate a 2000°. Dalle ceneri si ricavano delle farine speciali che vengono bruciate una seconda volta."
A quali risultati vi hanno portato gli studi che avete condotto fino a questo momento?
"Ci hanno permesso di constatare come nei bovini i livelli di diossina rimangano costanti nel tempo. Nel caso degli ovini hanno invece andamento altalenante con picchi di concentrazione e ricadute. E' un dato interessante che stiamo cercando di spiegare".

da IlTaccoD'Italia

La Prestigiacomo dovrebbe cambiare mestiere, smentita la bufala della nave passeggeri affondata nel 1917

Sembra incredibile ma anche questo succede nell'Italia di oggi. Vi ricordate lo scandalo delle navi radioattive affondate nel Mediterraneo e più specificatamente quella al largo delle coste Calabresi dove si intravedeva addirittura un teschio da un oblò? Bene, quello che stiamo per raccontare ora ha dell'incredibile....Dopo l'estate scoppia quindi il caso delle navi radioattive con una prima attività esplorativa condotta dal sig. Riccardo Bocca, pilota del Rov - Remotely Operated Vehicle, il congegno meccanico dotato di telecamera per l'esplorazione dell'ambiente sottomarino - che il 12 settembre scorso scese a 470 metri per verificare se nelle stive di quello scafo c'erano o no dei bidoni sospetti. E secondo la sua indagine scaturisce che fosse appunto una nave recente piena di fusti affondata apposta per far sparire materiale radioattivo non facilmente gestibile.



Qualche giorno fa arriva la nave oceanografica pagata dal Governo per fare luce sulla vicenda e probabilmente per offrire la verità di comodo che di volta in volta viene propinata agli italiani. Bene tra un commento e l'altro la Ministra Prestigiacomo, che tutto potrebbe fare tranne il ministro per l'ambiente, auspicava che l'indagine si concludesse nel periodo più breve possibile visto che costava 40.000 euro al giorno. Strano che tali auspici non vengano rivolti anche alle Brambille di turno che si fanno prendere da casa con la macchina blu per farsi portare a lavoro pagando con i soldi nostri, strano che tali auspici non vengono rivolti verso il Capo del Governo e i suoi degni ministri che amano volare da una parte all'altra dell'Italia con gli aerei di Stato in barba alla casta e alla spesa pubblica.

Comunque sia come era facile aspettarsi esce la verità di comodo che salva la 'Ndrangheta e il Governo, la nave calabrese che tanto scalpore fece, è una nave passeggeri affondata nel 1917. Tutti felici e tutti allegri per il pericolo scampato e per i soldi risparmiati. Bene, oggi 6 Novembre 2009 l'Espresso pubblica il resoconto invece del pilota del ROV che fece la prima immersione confermando che in realtà la nave governativa ha detto una bufala visto che si è scostata parecchie miglie dal punto in cui c'è la nava radioattiva e visto che le misure della vecchia nave non corrispondono a quanto lui ha visto. Conferma inoltre la stiva piena di bidoni tanto che "neppure i pesci riuscivano a passarvi".

Bene, tutti felici e contenti là nel Governo, ma a noi rimane una nava radioattiva e chissà quante altre. Che vergogna ministro!

da GrandeSalento

Nucleare: incidente a Tricastin in un impianto Edf

Un incidente si e' verificato nella centrale nucleare francese di Tricastin, durante la ricarica di una parte delle barre di uranio. Le operazioni di manutenzione al reattore numero 2 della centrale sono state quindi sospese. Il gruppo Edf spiega che l'edificio che ospita il reattore 'e' stato bloccato per motivi di prevenzione e e' stata disposta una vigilanza continua. La direzione della centrale propone di classificare l'evento al livello 1' su una scala da 0 a 7.


da GrandeSalento

BARI - Afgani e iracheni, il letto è una strada


Arriva l´inverno, scatta l´emergenza per trecento immigrati

di Mara Chiarelli
Sulle panchine di piazza Umberto, sotto i portici dell´estramurale Capruzzi, agli angoli più riparati delle strade. Si rianima, di notte, il Murattiano e la zona nei dintorni della stazione. Ad utilizzare come rifugi improvvisati marciapiedi e "stanze di cartone" sono circa trecento persone, per la maggior parte afgani e iracheni, con regolare permesso di soggiorno perché riconosciuti rifugiati politici o comunque tutelati da una forma di protezione internazionale. Popolo di invisibili, usciti dal Cara, quando finisce la procedura che ha concesso loro l´autorizzazione a restare in territorio italiano, sono senza casa.
Ma non sono soli. Oltre a loro, a Bari c´è un´altra categoria di persone, circa duemila solo nell´ultimo anno, di età compresa fra i 20 e i 35 anni: sono coloro che dalla commissione del Cara hanno avuto il "no" al riconoscimento dello status di protetti. Hanno però diritto, come prevede la legge, a presentare contro il diniego un ricorso al tribunale ordinario, in base ai principi di competenza territoriale, e dunque a quello barese. In attesa che la loro udienza venga fissata, la questura rilascia loro un nuovo permesso di soggiorno con richiesta di asilo che ha validità per tutta la durata del ricorso. Un tempo non ben definito che, stando ai normali ritmi di lavoro del tribunale barese, può essere anche di un anno.

La situazione è davvero grave, ora che l´unico dormitorio ancora attivo è quello del Comune di Bari, "Andromeda", per il quale i senzatetto fanno ormai la fila. Chiusa la stazione ferroviaria a lungo occupata da extracomunitari, chiuso il rifugio di via Toscana, al quartiere San Paolo, con il Ferrhotel che già è presidiato dai 48 somali, senza acqua né luce e organizzati in squadre per la pulizia della struttura abbandonata, agli altri non resta che la strada. O, in alternativa, l´ospitalità del centro Caritas "Don Vito Diana" nei pressi del sottopasso Duca degli Abruzzi. Per far fronte alla situazione, proprio oggi alle 9, negli uffici dell´assessorato comunale al Welfare, gli assessori Abbaticchio, Losito, Masciopinto e Giannini si incontrano per istituire un tavolo tecnico sull´emergenza freddo e sugli interventi a favore dei senza fissa dimora.

In esponenziale aumento anche i ragazzi di età compresa fra i 15 e i 17 anni, soprattutto afgani, che continuano a sbarcare clandestinamente al porto e che il tribunale per i minorenni di Bari colloca regolarmente nelle comunità dell´intera provincia. Ma anche lì le strutture sono ormai avviate al collasso. Sull´intera emergenza abitativa si è mobilitata nei giorni scorsi anche l´università di Bari, con una raccolta di firme partita dal docente di Sociologia, Onofrio Romano, per chiedere agli enti locali che il termine "accoglienza" non sia solo uno slogan in campagna elettorale.

da LaRepubblicaBari

Influenza A-H1N1: che cosa si nasconde dietro il vaccino?


Le perplessità sul vaccino per l’influenza A H1N1 continuano ad aumentare così come aumentano i decessi e i ricoveri degli ammalati in gravi condizioni nei reparti di terapia intensiva e di rianimazione di molti ospedali italiani. Cosa si nasconde dietro tutto questo pandemonio?

Alla fine del mese di aprile i media lanciarono allarmi su una possibile pandemia di febbre suina.

Quando alla fine del mese di aprile i media lanciarono i primi allarmi aventi per oggetto una futura pandemia di febbre suina, si distingueva molto chiaramente la mano di Big Pharma protendersi a sostenere un’operazione dai contorni indefiniti, foriera di lucrosi profitti per le grandi multinazionali farmaceutiche, il cui fatturato è ormai superiore perfino a quello dell’industria degli armamenti.
Sostanzialmente una manovra simile a quella messa in atto con la Sars e l’influenza aviaria, volta ad instillare la “giusta” dose di paura fra le popolazioni, sufficiente per creare il fertile humus necessario a rendere giustificabile l’investimento di miliardi di euro di denaro pubblico in farmaci antivirali e vaccini tanto dannosi quanto inutili.

Oggi a distanza di circa 6 mesi la febbre suina, ribattezzata nel frattempo influenza A, è arrivata anche in Italia, quasi contemporaneamente alle prime delle 24 milioni di dosi di vaccino ordinate dal nostro governo, che comporteranno un esborso di denaro pubblico nell’ordine del mezzo miliardo di euro.

Tutto non sembra però essere andato come previsto, ad iniziare dai risultati della campagna di “terrore per la pandemia” portata avanti a livello mondiale nei mesi precedenti, vaticinando milioni di contagi e centinaia di migliaia di morti.

Gli italiani sembrano infatti avere molta più paura del vaccino, piuttosto che non dell’influenza A e tanto le autorità quanto i grandi media deputati ad orientare il pensiero delle masse si ritrovano in palese difficoltà nell’affrontare un argomento che li costringe giocoforza a cadere continuamente in contraddizione. Come se non bastasse la pericolosità del vaccino sembra risultare ogni giorno più evidente ed anche le dinamiche con cui si manifesta il virus presentano alcuni punti oscuri di assai difficile interpretazione.

Il Ministero (che non esiste più) della Salute, presieduto da Ferruccio Fazio, ha scelto fin dall’inizio una linea di condotta estremamente pacata, lontana dall’allarmismo che spesso veniva diffuso all’estero ed orientata a presentare l’eventualità della pandemia come un fenomeno facilmente controllabile e tutto sommato di scarsa pericolosità. Tale linea di condotta, fortemente condivisibile, si manifestava però in profonda distonia rispetto alla decisione di spendere una cifra astronomica nell’acquisto di un vaccino di cui non sono comprovate né l’efficacia, né tanto meno la scarsa pericolosità. Lasciando in questo modo intuire la posizione del governo, conscio della natura squisitamente commerciale dell’operazione pandemia, ma al tempo stesso costretto a chinare la testa (ed aprire il portafoglio) di fronte ad una rappresentazione teatrale alla quale sarebbe stato comunque costretto a partecipare.

Per quale ragione si è deciso di spendere mezzo miliardo di euro per acquistare il vaccino relativo ad una malattia 20 volte meno letale perfino rispetto all’influenza tradizionale? Anche di fronte alle prime morti determinate dall’influenza A nel nostro paese ed alla palese reticenza a vaccinarsi messa in mostra anche da quelle categorie (medici e personale sanitario in testa) che teoricamente avrebbero dovuto essere le più condiscendenti, Fazio non ha perso assolutamente la calma, continuando a ribadire come il virus dell’influenza A sia fondamentalmente molto meno (fino a 20 volte) letale rispetto a quello dell’influenza tradizionale e come la scelta di vaccinarsi resti a totale discrezionalità del singolo individuo.
Parole anche in questo caso condivisibili, ma che continuano a lasciare aperta tutta una serie d’interrogativi. Per quale ragione si è deciso di spendere mezzo miliardo di euro per acquistare il vaccino relativo ad una malattia 20 volte meno letale perfino rispetto all’influenza tradizionale? Per quale ragione a fronte di un virus di pericolosità molto modesta si sta provvedendo ad inoculare nella popolazione ritenuta a rischio un vaccino altamente pericoloso (perfino larga parte dei medici sembrano ritenerlo tale) la cui efficacia oltretutto risulta ad oggi assolutamente sconosciuta? Per quale ragione il Ministero della Salute non sembra essere in grado di produrre argomentazioni di natura scientifica riguardo al virus e al vaccino, ma si limita alla diffusione di messaggi generalisti che sembrano avere il solo scopo di evitare l’eventuale diffusione di panico e prendere tempo?

Nel corso dell’ultima settimana i casi di contagio da virus dell’influenza A in Italia sono aumentati notevolmente, così come anche il numero dei decessi (attualmente a quota 25) e degli ammalati ricoverati in gravi condizioni nei reparti di terapia intensiva e di rianimazione di molti ospedali italiani.
I decessi sembrano concentrarsi particolarmente nel napoletano, dove sono morte 10 persone, e la somministrazione del vaccino ormai iniziata sta iniziando a produrre “effetti collaterali” anche di grave entità. Come se non bastasse alcuni fra i pazienti in pericolo di vita non risultano essere persone già affette precedentemente da gravi patologie (presupposto ritenuto finora indispensabile perché il virus porti a gravi conseguenze) bensì soggetti che godevano di un perfetto stato di salute.

Sono moltissime le persone che dopo avere ricevuto il vaccino si sono ritrovate a letto con febbre e dolori muscolari E’ di oggi la notizia che fra i 40 medici e sanitari sottoposti nei giorni scorsi alla vaccinazione presso l’ospedale Cardarelli di Napoli, tre di loro hanno avvertito improvvisamente forti malori quali vertigini, perdita di senso e sudorazione e per uno dei soggetti si è reso perfino necessario il ricovero nel reparto di terapia intensiva. Mentre sono moltissime le persone che dopo avere ricevuto il vaccino si sono ritrovate a letto con febbre e dolori muscolari e all’estero, soprattutto in Finlandia e Svezia, già si riscontrano alcuni decessi “sospetti” la cui causa potrebbe essere attribuibile proprio alla somministrazione del vaccino contro l’influenza A.

A Torino nei giorni scorsi un uomo di 44 anni senza nessuna patologia pregressa è stato ricoverato a causa dell’influenza A in condizioni disperate all’ospedale Molinette, dove viene mantenuto in vita per mezzo della circolazione extracorporea. Sempre a Torino una ragazza di 25 anni in ottimo stato di salute, dopo avere contratto il virus è stata ricoverata in fin di vita nel riparto rianimazione dell’ospedale Maria Vittoria. In entrambi casi i primari hanno parlato di situazioni apparentemente “inspiegabili”, così come inspiegabile è parsa la scomparsa di Emiliana D’Auria, la bimba napoletana di 11 anni deceduta all’ospedale Santobono a causa dell’influenza A, senza che presentasse alcuna patologia pregressa.

Il ministro Fazio, oggi in visita a Napoli, ha continuato a rassicurare la popolazione, affermando che la situazione è sotto controllo ed il virus meno pericoloso di quanto si potesse prevedere. Invitando, come già ha fatto nei giorni scorsi, a non affollare i pronto soccorso, bensì a consultare il medico di famiglia, consigliando la vaccinazione per i soggetti a rischio. I giornali si muovono sulla stessa falsariga, nell’evidente intento di non provocare allarmismo, pur mantenendo alta l’attenzione sull’argomento al fine di giustificare la campagna di vaccinazione.

Gli italiani non danno la sensazione di essere in preda al panico, ma iniziano a prendere coscienza del fatto che autorità e media sembrano davvero non sapere che pesci prendere, limitandosi ad un’informazione generalista che non entra nel merito del problema ed è incapace di offrire risposte concrete alle domande che ogni cittadino, soprattutto se compreso fra i soggetti a rischio, non può mancare di porsi.

Siamo di fronte semplicemente all’ennesima bufala pandemia messa in scena con il solo scopo d’ingrassare i profitti di Big Pharma o la situazione (in tutto o in parte) è sfuggita di mano a qualcuno? Siamo di fronte semplicemente all’ennesima bufala pandemia messa in scena con il solo scopo d’ingrassare i profitti di Big Pharma o la situazione (in tutto o in parte) è sfuggita di mano a qualcuno? Ha senso ricorrere alla vaccinazione quando i rischi ad essa connessa potrebbero essere superiori a quelli determinati dal virus stesso? Quanto sono attendibili i dati concernenti il numero dei contagiati stante il presupposto che la stragrande maggioranza di coloro che si ammalano non vengono sottoposti ad alcun esame volto a rilevare la presenza o meno del virus H1N1? Perché si provvede alla somministrazione di un vaccino che per ragioni temporali non ha avuto modo di essere testato in maniera attendibile, a fronte di una malattia giudicata scarsamente pericolosa? Come è possibile che lo stesso virus che produce nella maggioranza dei soggetti colpiti solo effetti di scarsa entità, risolvibili con qualche antipiretico e un paio di giorni di riposo, determini in alcuni casi conseguenze gravissime tali da condurre in fin di vita anche soggetti che non hanno alcuna patologia pregressa?

Di fronte a tante domande che probabilmente resteranno a lungo senza risposta non resta che affidarsi al vecchio buon senso, tenendosi alla larga soprattutto dal vaccino, che allo stato attuale delle cose sembra essere potenzialmente ben più pericoloso del virus che promette di combattere.

da Indymedia

Piacenza - Ancora un morto di carcere


CARCERI: DETENUTO MUORE PIACENZA; BERNARDINI, SERVE INDAGINE (ANSA) - PIACENZA, 6 NOV
Un detenuto tunisino di 27 anni è morto l'altro ieri alle 22.20 nella Casa Circondariale di Piacenza.
Era solo in cella. Un agente l'ha trovato a terra e a nulla è valso l'utilizzo del defibrillatore per soccorrerlo. «Si sospetta abbia usato il gas di una bomboletta. «Si sospetta abbia usato il gas di una bomboletta. Suicidio?»'. A ricordare la vicenda e porre l'interrogativo è Rita Bernardini, deputata radicale in commissione Giustizia. «Ieri il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, - ha aggiunto - rispondendo all'interrogazione radicale sul decesso di Stefano Cucchi, ha detto che non si vede l'utilità di un'indagine conoscitiva sui decessi in carcere perchè 'da sempre l'Amministrazione se ne occupà. Questa risposta ci dà una ragione in più per chiedere ufficialmente, come delegazione radicale nel gruppo del Pd, un'indagine conoscitiva secondo quanto previsto da regolamento della Camera». Il detenuto era stato trovato senza vita durante il controllo delle celle dalla polizia penitenziaria. I primi accertamenti hanno ipotizzato che abbia aspirato gas dal fornello in dotazione per 'sballarsì, e che l'inalazione gli sia risultata fatale. L'uomo stava scontando una pena di sette mesi per reati minori. Sarebbe uscito dalle Novate nel marzo 2010«

da Indymedia
Appuntamento al muro


Achtung Berliners (ma non solo)! L’artista Martin Butler cerca 33mila persone per ricostruire – temporaneamente – il muro di Berlino in occasione dei vent’anni dalla sua caduta.

L’idea è quella di formare una muraglia umana lungo il percorso in cui si trovava quella in muratura. Appuntamento il 9 novembre prossimo alle 20.15: il tutto dovrebbe durare circa quindici minuti. Per prenotarsi, e prenotare anche il punto in cui ci si vuole inserire, ci si può iscrivere qui. Hanno già risposto centinaia di persone, e non tutte tedesche.

Ps. Intanto, in occasione del concerto degli U2, giovedì, alla porta di Brandeburgo, è stata costruita una barriera di sicurezza per tenere lontane le persone senza biglietto…

I migranti guadagnano il 23 per cento in meno degli italiani

Il gap retributivo tra dipendenti italiani e stranieri si attesta a 238 euro a favore dei primi: se un italiano mediamente guadagna 1.245 euro netti al mese, uno straniero arriva a 962 euro, cioè quasi il 23 per cento in meno: è il dato principale che emerge da uno studio della Fondazione Leone Moressa che ha analizzato i livelli retributivi e i relativi differenziali tra i dipendenti italiani e immigrati nel secondo trimestre del 2009, sulla base dei dati Istat.
Nel sud i livelli retributivi dei dipendenti stranieri sono più bassi che nel nord e tra italiani e immigrati la differenza di guadagno è più marcata. Nel Nord, invece, i dipendenti stranieri, oltre a ricevere un salario mensile più cospicuo, mostrano una retribuzione più simile a quella dei colleghi italiani. Comunque, è da sottolineare che nella regione in cui la differenza percentuale tra i due salari è minore, e cioè il Trentino Alto Adige, un italiano guadagna sempre in media il 16 per cento più di un immigrato.
I maggiori gap retributivi e i minori livelli reddituali si osservano, in contemporanea, proprio nei settori in cui la presenza degli stranieri è più forte: i servizi alle imprese e alle persone. La differenza di stipendi, rispettivamente, è del 22,7 e del 29,7 per cento, e il compenso mensile si attesta mediamente a 883 euro per il primo e a 704 euro per il secondo comparto.
Per quanto riguarda le posizioni professionali, quasi il 90 per cento dei dipendenti immigrati ricopre il ruolo di operaio e percepisce una retribuzione media di 934 euro mostrando un differenziale retributivo di 11,2 punti percentuali in meno rispetto agli operai italiani. Le differenze retributive tra italiani e stranieri per tipologia contrattuale risultano significative se si fa riferimento ai contratti a tempo indeterminato, dove il gap salariale si attesta al 24,2 per cento [gli stranieri percepiscono mediamente una retribuzione di 978 euro]. Un centinaio di euro in meno ricevono invece i dipendenti con un contratto a termine, registrando una differenza rispetto agli italiani di soli 7 punti percentuali in meno. Inutile dire che all’interno di questa situazione già significativa le donne guadagnano sempre meno degli uomini.

da Carta

Caso Cucchi. Il pestaggio prima dell'arrivo a Regina Coeli

Lesioni gravi al volto, lesioni vertebrali e un sospetto di trauma cranico addominale: queste le condizioni in cui versava Stefano Cucchi, secondo i medici, quando il pomeriggio del 16 ottobre è stato portato al carcere del Regina Coeli. Pronti gli avvisi di garanzia per le forze dell'ordine e i medici.

Ogni giorno che passa, si aprono crepe nel muro di omertà, complicità e negligenze innalzato da pezzi dello stato nella vicenda della morte di Stefano Cucchi, il giovane di 31 anni arrestato il 16 ottobre per il possesso di venti grammi di hascish e morto nel reparto penitenziario dell’ospedale “Pertini” il 22 ottobre.
Le foto segnaletiche di Stefano all’entrata del carcere di Regina Coeli, pubblicate oggi da Repubblica, evidenziano il “trattamento” riservatogli dalle forze dell’ordine la notte in cui è stato arrestato: lividi, contusioni, escoriazioni. La pubblicazione delle foto ha “illuminato” la memoria di tre medici del reparto di Regina Coeli che questa mattina sono stati ascoltati dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, che ha aperto un’indagine sulla morte del giovane.

Lesioni gravi al volto, lesioni vertebrali e un sospetto di trauma cranico addominale: queste le condizioni in cui versava Stefano Cucchi, secondo i medici, quando il pomeriggio del 16 ottobre è stato portato al carcere del Regina Coeli. ‘’Siamo ancora all’inizio – ha spiegato il presidente della commissione Ignazio Marino – ma i medici sono stati molto precisi circa la condizione fisica di Stefano nel momento di ingresso al carcere di Regina Coeli’’. Dalla loro descrizione e dalla cartella clinica, “è evidente – aggiunge Marino – che il ragazzo aveva già lesioni gravi, al volto, aveva il sospetto di un trauma cranico addominale e sicuramente delle lesioni vertebrali’’. La nausea di Chucchi, secondo i medici, era il sintomo di un danno nervoso centrale. Sul fatto che non sia stata effettuata una Tac di controllo, ha concluso il presidente della commissione, “bisogna fare un approfondimento con i medici dell’ospedale Fatebenefratelli’’.

Ora si fa più chiara la ricostruzione dell’intera vicenda. Stefano viene fermato il 16 ottobre alle 23,30 al parco degli Acquedotti dai militari della stazione Appia di via del Calice dove gli viene notificato il fermo. La prassi prevede che proprio durante questa fase, il soggetto fermato possa nominare il suo avvocato di fiducia. Secondo quanto riferisce un ufficiale dell’Arma, il giovane avrebbe rifiutato di nominare un legale. Secondo la famiglia Cucchi, invece, al giovane sarebbe stata negato di nominare il legale di famiglia Stefano Maranella e, durante l’udienza di convalida, è stato difeso dall’avvocato d’ufficio Giorgio Rocca. All’1,30, avviene la perquisizione nell’abitazione di Cucchi, in via Ciro da Urbino, dove Stefano viene visto dalla madre in buone condizioni. Il ragazzo, a quel punto, viene portato di nuovo nella caserma della stazione Appia per la notifica dell’avvenuta perquisizione. Poco prima delle 4, Stefano viene trasferito alla stazione Tor Sapienza di via degli Armenti, dove passa la notte in cella di sicurezza. Qui si sente male, viene chiamato il 118 ma, secondo le testimonianze, lui avrebbe rifiutato il ricovero. Alle 9 di mattina viene accompagnato a piazzale Clodio e consegnato alla polizia penitenziaria che lo custodisce nelle celle del tribunale. Alle 12,50 viene portato in aula. Lì incontrerà il padre, lo abbraccerà all’inizio e alla fine dell’udienza.

“Non è vero che lui avesse rotto con i familiari – ha detto l’avvocato Fabio Anselmo – Il primo ottobre era il suo compleanno e si scambiò due sms molto affettuosi con la sorella. Qualche contrasto in famiglia c’era, a causa delle sostanze, ma non ci fu alcuna rottura dei rapporti”. Intanto, come riferito dall’avvocato Anselmo, i legali hanno richiesto la riesumazione del corpo per una nuova autopsia. Alla luce delle novità, il pubblico ministero Vincenzo Barba sta indagando in due distinte direzioni: sul personale di polizia che ha avuto in consegna Stefano e nei riguardi del personale medico che successivamente lo ha avuto. “Verità e giustizia per Stefano”: queste le parole d’ordine del corteo cittadino che domani attraverserà le strade di Torpignattara, il quartiere dove abita la famiglia Cucchi. Appuntamento alle 15 davanti l’Aquedotto Alessandrino.

da Carta

Talpe Dda: chiesti 8 anni per Cuffaro


Palermo. I procuratori generali di Palermo Daniela Giglio e Enza Sabatino, hanno chiesto la condanna a otto anni di carcere per l'ex governatore della Regione siciliana Salvatore Cuffaro, imputato di favoreggiamento aggravato e rivelazione di segreti di ufficio nel processo di appello delle talpe alla Dda. In primo grado Cuffaro era stato condannato a cinque anni per favoreggiamento semplice. Il tribunale ritenne infatti che il Governatore non aveva intenzione di dare un contributo a Cosa nostra con le due rivelazioni che gli sono state contestate: quella del 2001, relativa alla presenza di una microspia a casa del capomafia di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, e quella del 2003 relativa all'inchiesta a carico del manager della sanità privata, Michele Aiello. Per Aiello i Pg hanno chiesto la condanna a 17 anni e otto mesi per associazione mafiosa (in primo grado era stato condannato a 14 anni) e a otto anni e otto mesi per Giorgio Riolo ex maresciallo dei Ros che sarebbe stato una delle talpe dalla Dda, condannato in primo grado a 7 anni per favoreggiamento. L'accusa ha chiesto anche la conferma delle sentenza di primo grado per tutti gli altri imputati, a esclusione di Adriana La Barbera che è deceduta.

ANSA
da AntimafiaDuemila

NIRVANA - The Man Who Sold The World



The Man Who Sold The World

We passed upon the stair
We spoke of was and when
Although I wasn't there
He said I was his friend
Which came as a surprise
I spoke into his eyes
I thought you died alone
A long long time ago

Oh no, not me
We never lost control
You're face to face
With The Man Who Sold The World

I laughed and shook his hand
And made my way back home
I searched for form and land (Alt: I searched for foreign land)
For years and years I roamed
I gazed a gazeless stare
At all the millions here (Alt 1: We walked a million years)
(Alt 2: With multimillionaires)
(Alt 3: We walked a million hills)
I must have died alone (Alt: I must have died along)
A long, long time ago

(x2)
Who knows?
Not me
We never lost control
You're face to face
With the Man who Sold the World


L'uomo Che Vendette Il Mondo

Passammo per le scale, parlammo del passato
sebbene io non fossi lì, lui disse che ero suo amico
questo per me fu una sorpresa, lo guardai negli occhi e gli dissi:
pensavo fossi morto solo, tanto tempo fa

oh no, non io
non abbiamo mai perso il controllo
sei faccia a faccia
con l'uomo che vendette il mondo

risi e gli strinsi la mano, e feci ritorno verso casa
cercai per terre e mari, (alt: nelle terre straniere)
ho vagato per anni e anni
il mio sguardo divenne fisso, verso il milione di persone qui
(alt1: abbiamo camminato per un milione di anni)
(alt2: con multimilionari)
(alt3: abbiamo camminato per un milione di colline)
devo esser morto solo, (alt: devo essermi spento)
tanto tempo fa

chi lo sa? io no
non abbiamo mai perso il controllo
sei faccia a faccia
con l'uomo che vendette il mondo (x2)

Se ne va Diario, esempio di giornalismo orgoglioso


di Emanuele Giordana
Ci son tanti modi per «celebrare» la chiusura di un giornale. Uno di questi – il più nobile per noi - è fare la conta di chi perde il lavoro. Ma nel caso del «Diario mensile», già quindicinale e -ancora prima di una violenta cura dimagrante - settimanale (diretto e fondato da Enrico Deaglio e dallo scomparso Renzo Foa), si fa in fretta. Sette persone, compresi grafici, segreteria, direzione, redazione. Gli stessi, forse un po' meno, che in una trasmissione tv preparano un format che va in onda per un'ora. Gli stessi che, ai tempi d'oro del giornalismo, erano responsabili di far uscire tre pagine su un quotidiano. Pubblicità compresa.
Proprio la pubblicità (mancata) è uno dei grandi registi di questo diaricidio, rivista di buone letture che aveva abituato i suoi collaboratori a due modelli che non si usano più, desueti ormai come la carta stampata, il giornalismo indipendente e le buone maniere: la bella scrittura – nel senso della scorrevolezza ma anche di una certa attenzione alla parola e alla sintassi – e l'inchiesta, un genere di cui si è ormai già celebrato, salvi rarissimi casi, più di un funerale. I lettori (7.500, seimila dei quali lo compravano in edicola) sono i meno colpevoli. Lo «zoccolo duro» di quel giornale, pur disorientato da quattro formule editoriali nel giro di pochi anni, avevano continuato a comprarlo pagandolo 7 euro (uno a redattore potremmo dire) e forse ne avrebbero pagati anche 10 per quelle 150 pagine di buona fattura incredibilmente impacchettate dai nostri magnifici sette.
Ma non c'è stato appello, né il desiderio di sperimentare nuove vie e di trasformarlo – a prezzo di un'ennesima cura dimagrante – per garantirne la sopravvivenza.
Il padre del «Diario», Luca Formenton, editore puro e assai attaccato alla sua creatura, questa volta non ha voluto sentir ragioni. Neanche indagare se ci fosse un signor Rothschild disposto a metterci qualche centone. Era così attaccato al suo bambino – dicono gli intimi - da preferire l'infanticidio alla condivisione. L'annuncio della chiusura sul «Diario» da oggi in edicola per la penultima volta. L'ultimo numero, a dicembre, avrà per titolo, ironia della sorte, «Futuro».

da IlManifesto

"La fabbrica di Nichi. Idee, esperienze, progetti del Sud che cambia"

L’hanno tutti annunciata come la manifestazione che sancirà ufficialmente il via alla campagna elettorale per la riconferma alla presidenza della Regione Puglia. Ma il governatore in carica, Nichi Vendola, non mostra particolare predilezione alle autoinvestiture. Così, su quanto avverrà il 15 novembre alla Fiera del Levante, Vendola continua ad alimentare le attese, ma senza dar corda a quanti vogliono fargli pronunciare la fatidica formula: «Mi ricandido».

Intanto è partito il passaparola tra sostenitori e simpatizzanti. Sul web, e in particolare sui social network come Facebook, la locandina che pubblicizza l’evento di domenica prossima, allo spazio 7 del quartiere fieristico barese, a partire dalle 10, sta girando ormai già da qualche giorno. Tanto il manifesto, quanto il titolo della manifestazione («La fabbrica di Nichi. Idee, esperienze, progetti del Sud che cambia») non contengono elementi che possano ricondurre in maniera esplicita all’argomento politico per eccellenza, ovvero la corsa per la riconquista del governo della Regione.

L’idea è che ci sia qualcosa in costruzione, qualcosa che ricorda - questo sì in maniera davvero poco implicita - il grande cantiere di idee e partecipazione popolare, che trascinò Vendola prima ad imporsi nelle elezioni primarie e quindi a diventare governatore contromolti pronostici della vigilia che non lo davano per favorito. Il presidente parla con apparente distacco della questione ricandidatura. Si mostra tuttavia carico quando gli chiedono di anticipare qualcosa di ciò che accadrà domenica prossima.

«Quello che farò il 15 di novembre lo farò il 15 di novembre. Prevalentemente, in quell'occasione, farò un bilancio di questi cinque anni di governo e racconterò l’idea che ho del futuro della Puglia, la mia visione del nostro territorio, del Sud, del Mediterraneo. Questo sarà il cuore della giornata. Poi, da qui al 15, possono accadere tante cose». Intanto, intorno al nome del governatore si accalcano voci di veri e presunti veti (l’Udc di Pierferdinando Casini, ad esempio, indicato come partito cardine dell’auspicabile allargamento della coalizione) o di generale insoddisfazione. Sull’Udc, come ormai da giorni, Vendola ripete: «Noi non abbiamo veti, abbiamo la buona volontà di discutere con tutti coloro che possono arricchire la cultura riformatrice».

L’insoddisfazione è invece quella dei «compagni» del Partito dei comunisti italiani (Pdci). In una nota a firma di Giuseppe Merico, il partito che Vendola rivorrebbe in coalizione, si rimprovera al governatore la «mancanza di un segnale forte di discontinuità nei metodi di governo e nella gestione delle risorse pubbliche». Il tentativo di riaprire il dialogo è «tardivo» e tuttavia un dialogo col centrosinistra è possibile se si verificano tre condizioni: «No a alleanze con formazioni politiche sfacciatamente di destra, né a strumentalizzazioni della questionemeridionale; no alla distruzione di pratiche politiche comunitarie e democratiche a beneficio di modelli ispirati al berlusconismo; non alla denigrazione del Pdci come forza politica incapace di assumere responsabilità di governo».

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