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venerdì 4 dicembre 2009

Nardò: No Berlusconi Day


Domani alle ore 16:00 Sinistra e Libertà, Rifondazione Comunista, Italia dei Valori e l’associazione That’s Amore organizzano un presidio informativo in concomitanza del No Berlusconi Day di Roma. Sarà un momento per esercitare dal basso i diritti di cittadinanza e quello di informazione. In totale dissenso con le politiche oscurantiste del governo si cerche rà di attivare sinergie atte ad indurre curiosità ed attenzione circa le tematiche più evidenti dell’attuale crisi democratica. In particolare si parlerà di:

- origine di Forza Italia;
- intrecci tra mafia e politica,
- verità e giustizia per i morti di stato (Carlo Giuliani, Stefano Cucchi, Federico Aldroivandi e Gabriele Sandri);
- no agli sgomberi degli spazi sociali;
- no al pacchetto sicurezza;
- no alla Bossi-.Fini;
- no alla repressione dei movimenti;
- no al disegno di legge sulle intercettazioni;
- no alle leggi ad personam;
- no alla permanenza di Rete 4 fra le reti in chiaro;
- no agli editti bulgari;
- la legge è uguale per tutti;
- il rispetto della laicità dello stato;

Chiediamo ai cittadini di sostenere l’iniziativa e di contribuire alla discussione.

NAUFRAGHI A PORTO SELVAGGIO

La forza della disperazione
ci spinge lontani naufraganti
stipati sopra un barcone
fra miglia di mare vaganti.

Se a viver ci viene permesso
in questo mondo di ipocriti omini,
da solo mi chiedo perplesso:
chi parte da lungi con donne e bambini?


A volte si parte sin dalla Persia,
si vive un epico viaggio,
si grida la rabbia dell’Asia
e si approda a Porto Selvaggio.

Chi lucra su questa missione,
chi annoda gli agganci di mafia mondiali,
chi specula su contrabbandi di queste persone
merita solo pene letali.

E noi occidentali che guerre meniamo pe’ questo mondo
fra gelide gesta di imperialismo:
davvero crediamo che “l’altro” sia immondo?
com’e’ che covando cotanto cinismo
in questa babele di tanti animali
ancor non capiamo che siam tutti uguali.


di Angelo Cleopazzo

Libia: parlano i respinti. “Picchiati dagli italiani e deportati nel Sahara”

ROMA – Picchiati dai militari italiani e deportati nel Sahara. Parlano i respinti. Per la prima volta. Dalle celle di un carcere in mezzo al deserto libico, mille chilometri a sud di Tripoli, dove sono finiti dopo essere stati respinti in Libia dalle navi militari italiane. Li abbiamo raggiunti telefonicamente. Sono 38 somali. Tutti uomini. Parte dell’equipaggio di 81 somali partiti da Tripoli lo scorso 27 agosto 2009 e respinti dalle autorità italiane dopo tre giorni in mare, il 30 agosto.

A. è uno di loro. Ha 17 anni. “Siamo partiti la notte del 27 agosto – racconta -. Con noi c’erano 17 donne, 7 bambini e una donna anziana, eravamo tutti somali”. Dopo due giorni di navigazione verso nord, il gommone incontrò una motovedetta maltese. “Ci dettero acqua e giubbetti di salvataggio. Chiedemmo la direzione per Malta, non volevamo andare in Italia, per paura dei respingimenti. Ci indicarono la rotta e ripartimmo. Fu solo dopo cinque ore di navigazione che capimmo che stavamo andando verso la Sicilia”. M., un compagno di cella di 29 anni, conferma.

Il racconto di quelle ore coincide con la cronaca delle agenzie di stampa del 30 agosto. A 24 miglia di distanza da Capo Passero, in provincia di Siracusa, l’imbarcazione viene intercettata dalle unità italiane. Quattro passeggeri, tra i quali una donna e un neonato, vengono trasferiti in ospedale alla Valletta. Un quinto uomo viene ricoverato a Pozzallo, in Sicilia. Gli altri passeggeri vengono trasbordati su un pattugliatore di altura della Guardia di Finanza che parte in direzione di Tripoli, dove arriverà il giorno dopo. Fin qui la cronaca ufficiale. Ma cosa successe davvero a bordo?

“Quando ci presero a bordo non ci dissero dove ci stavano portando – racconta A. -, ma a un certo punto era chiaro che tornavamo in Libia, perché eravamo in mare da troppo tempo, ci abbiamo messo 28 ore a raggiungere Tripoli”. Fu allora che sul ponte scoppiò una dura protesta. “Ci avevano diviso. Le 17 donne con i 7 bambini stavano da una parte. Gli uomini dall’altra. Le donne piangevano, gli uomini gridavano. Per fortuna c’erano tre uomini che parlavano inglese e facevano da interpreti con gli italiani. ‘No life in Libya’ dicevano. Gli abbiamo spiegato che eravamo somali, che in Somalia c’è la guerra e che non potevamo tornare in Libia. Piuttosto, dicevamo, potevano rimandarci in Sudan, dove non avremmo corso rischi, ma non in Libia”.

Inizialmente – racconta A. – i militari italiani sembravano comprendere le loro ragioni. A. ricorda il più anziano a bordo. “Era un signore con i capelli bianchi. Piangeva, era commosso a vedere le donne e i bambini in lacrime, e la signora anziana, al pensiero di rimandarci in galera”. A. sostiene che quell’ufficiale abbia contattato il comando, per sapere cosa fare. Ma la motovedetta non ha mai invertito il timone. E a metà rotta ha incontrato la motovedetta libica su cui doveva trasbordare i respinti. Lì le proteste sono aumentate. “Alcuni uomini minacciavano di buttarsi in mare, gridavano, i militari italiani sono dovuti intervenire con la forza, si sono accaniti a manganellate contro un ragazzo. Finalmente hanno deciso di non trasbordarci e siamo rimasti a bordo fino al porto di Tripoli”. Appena a terra, sul molo, le proteste sono immediatamente finite, racconta A. “Chi parlava veniva subito picchiato dai libici”.

Da lì sono stati trasferiti nel carcere di Tuaisha, vicino all’aeroporto di Tripoli. E dopo un mese sono stati smistati in diversi centri di detenzione. Trentotto di loro – tra cui nessuna donna - sono finiti a Gatrun. Mille chilometri a sud di Tripoli. Vicino alla frontiera con Chad e Niger, in pieno deserto. Il viaggio da Tripoli è durato tre giorni, chiusi dentro un container. Qui si trovano al momento 245 detenuti, tutti somali. Stipati in tre camerate, dormono a terra, senza coperte e senza materassi, di notte fa freddo, alcuni si sono presi la scabbia. Una delle camerate è per le donne, che sono 54 e stanno insieme ai quattro bambini, uno dei quali ha solo pochi mesi ed è nato in carcere, a Benghazi. Già perché la maggior parte dei detenuti di Gatrun proviene proprio dal centro di Benghazi, a Ganfuda.

Rircordate? Ne avevamo parlato in un’inchiesta a settembre, quando avevamo pubblicato le foto dei somali feriti a coltellate dalla polizia libica durante la durissima repressione di un tentativo di evasione di massa dal carcere, il 9 agosto scorso, concluso con l’uccisione di sei somali.

Anche a Gatrun hanno tentato la fuga in massa. È successo venerdì scorso. Hanno sfondato la porta della cella e sono fuggiti in 91. La polizia libica è riuscita a riprenderne solo 32. “Sono stati picchiati duramente – racconta M. – e poi riportati qua. Per noi e per loro non c’è nessuna soluzione. Siamo qui da mesi, non abbiamo ancora visto l’Onu. Ma all’Onu e all’Europa a questo punto chiediamo di rimpatriarci. Piuttosto che rimanere chiusi in questa galera, preferiamo morire in guerra a Mogadiscio”. Mogadiscio dove si continua a sparare, gli ultimi a morire sono stati quattro ministri del governo di transizione.

da FortressEurope

“Sinistra e Libertà” diventa partito


“Sinistra e Libertà” diventa partito
Assemblea Costituente
Roma 19 – 20 dicembre


S&L-NARDO'- La cronaca degli ultimi mesi ha imposto all’attenzione dell’opinione pubblica questioni fondamentali che interrogano tutti i cittadini : le minacce alle regole democratiche nel nostro Paese, il ruolo dell’Italia nelle zone di guerra, i ripetuti attacchi alla libertà di espressione, l’utilizzo della tv come strumento di propaganda di regime, le misure razziste adottate nei confronti dei migranti, l’emergenza lavoro in tutti i settori produttivi, i tagli sempre più spregiudicati all’istruzione e alla ricerca, i feroci attacchi alla magistratura, l’impunità per politici corrotti perseguita colpi di leggi ad personam, lo squallore morale dei recenti scandali che ha svelato il malcostume dilagante, il linguaggio mafioso e oltraggioso usato dal presidente del consiglio nei confronti dell’impegno contro la criminalità organizzata : tutti questi sono segni evidenti dell’arroganza con cui il governo Berlusconi sta imponendo alla nazione misure e leggi sempre più reazionarie e autoritarie,senza che ci siano gli spazi e gli strumenti
per un reale controllo e rispetto delle regole costituzionali.

La crisi economica intanto si continua a decimare posti di lavoro e potere d’acquisto de salari, mentre diritti che pensavamo garantiti, come il contratto nazionale di lavoro, sono messi in discussione e nessuna soluzione si intravede per i lavoratori costretti in condizioni di precariato e instabilità permanente.
La sinistra, che dovrebbe costituire l’opposizione a questo sistema, si presenta frammentata e divisa, quando non debole e appiattita per opportunismo su posizioni centriste. La bufera della questione morale che ha investito ampie fasce del PD e del centrosinistra, ha contribuito non poco a creare diffidenza e scetticismo in una parte considerevole del suo tradizionale elettorato.

Si sente il bisogno di aggregare le forze della sinistra su posizioni più chiare e compiute rispetto al PD sul piano dei diritti individuali e collettivi, della difesa della democrazia e delle sue regole, delle politiche ambientali, del modello di sviluppo.
Si sente il bisogno di una sinistra che sappia riprendere l’iniziativa politica nei confronti di una destra che ha vinto nel Paese più per demeriti e incapacità altrui che per meriti propri.

La sinistra che vogliamo è una sinistra costruita dal basso, plurale, che comprenda tutte quelle forze che hanno un progetto comune : ripristinare le regole democratiche e ridurre le differenze sociali, difendere i diritti dei lavoratori, rispettare l’ambiente e la salute dei cittadini, garantire il principio di uguaglianza come sancito dall’art. 3 della Costituzione, ripudi la guerra.
Il solo antiberlusconismo non può bastare alla costruzione di questa sinistra. : la sinistra che vogliamo deve saper elaborare nuove forme di convivenza e sviluppo.

La sinistra che vogliamo c’è ed è formata dagli uomini e dalle donne che resistono, che non si rassegnano al malcostume, che credono nella possibilità democratica, che vogliono partecipare al farsi politico, che votano nella speranza di cambiare le cose.
“Sinistra e Libertà” ha bisogno di loro per crescere e loro hanno bisogno di un soggetto politico che ne raccolga le istanze, un partito che sappia elaborare nuove strategie, che risponda ai bisogni e ai sogni delle persone, di ogni persona.

L’adesione a “Sinistra e Libertà” è un atto di volontà politica con il quale si testimonia che si vuole andare avanti, oltre ogni idea di cartello elettorale e con più urgenza, verso l’obiettivo di dare all’Italia ciò che oggi non ha : una nuova grande forza della sinistra. Una forza popolare, aperta, inclusiva di vecchie e nuove culture politiche,che faccia del lavoro e della sua dignità, dell’ecologia, della libertà della pace e della legalità le colonne portanti della sua struttura politica, i paradigmi fondamentali della sua azione politica e programmatica.

Aderire a “Sinistra e Libertà” significa dare una risposta concreta a quanti ne volevano l’affossamento; significa sottoscrivere un impegno perché il progetto politico disegnato da Nichi Vendola possa vivere e crescere.

“Movimento per la Sinistra”/ “Sinistra e Libertà” – Nardò

A Nardò le adesioni a “Sinistra e Libertà” si raccolgono presso la sede di “movimento per la sinistra”-“Sinistra e Libertà”, via N.Ingusci n.6, ogni pomeriggio dalle 16.30.

Contatti :sinelib.nardo@libero.it ; bloginfonardo@gmail.com

Nasce la Federazione della Sinistra.


Rilanciare la sinistra non significa certo «superare» Rifondazione, era questa la posizione di Ferrero al congresso di CHIANCIANO TERME, ma si sa solo i fessi non cambiano idea...



da www.aprileonline.info

Nasce sabato prossimo la Federazione della Sinistra. I promotori sono quattro: due partiti, Rifondazione comunista e i Comunisti italiani, e due associazioni, Socialismo 2000, nata in origine nei Ds e guidata da Cesare Salvi, Lavoro e Solidarietà, associazione nata da una costola di sinistra della Cgil e guidata da Giampaolo Patta
"...porte aperte per Vendola".


Tesseramento subito, aperto a realtà organizzate e singoli cittadini, congresso tra un anno: con una grande assemblea al teatro Brancaccio di Roma, convocata nel giorno del No Berlusconi day e a quattro passi da piazza san Giovanni, nasce sabato prossimo la Federazione della Sinistra. I promotori sono quattro: due partiti, Rifondazione comunista e i Comunisti italiani, e due associazioni, Socialismo 2000, nata in origine nei Ds e guidata da Cesare Salvi, Lavoro e Solidarietà, associazione nata da una costola di sinistra della Cgil e guidata da Giampaolo Patta.

"E' tempo di smetterla - spiega il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero nel corso di una conferenza stampa alla Camera - con le divisioni a sinistra. Parte un processo costituente aperto a tutti". Anche al governatore della Puglia Nichi Vendola?
"Certamente...", replica Ferrero, che all'ex compagno di partito dedica un passaggio proprio con riferimento alle elezioni pugliesi: "Lì c'è stato un processo democratico che ha portato quel presidente, è impensabile che lo si possa cambiare con una manovra di palazzo".

A ridosso di piazza san Giovanni, Ferrero, Diliberto e Salvi proveranno a mettere in secondo piano le sigle (a cominciare dal nome comunisti) e daranno il via ad un soggetto federativo, già deliberato dagli organismi dirigenti. Ospiti di eccezione Lothar Binsky della Linke e il segretario di Akel, il partito comunista cipriota. I posti a sedere sono 2800 ma gli organizzatori prevedono molte più persone: complice il No B. Day, via Merulana sarà invasa da bandiere rosse e striscioni.
"Sarà la più grande manifestazione di opposizione al governo Berlusconi- dice Paolo Ferrero- e noi ci andiamo convintamene, con le nostre bandiere".

La Sinistra unita non teme la concorrenza di Antonio Di Pietro: "Il problema non è essere in tanti a sinistra, ma essere in pochi", dice Ferrero, "siamo ben contenti quando c'è sovraffollamento, pensiamo che se si radicalizza l'opposizione è un bene".
Con Di Pietro, la neonata federazione condivide anche le accuse nei confronti del Pd: "Se il Pd avesse aderito alla manifestazione non avrebbe legittimato la Rai a non trasmettere la diretta". "Il Pd non è qui, fa la corte all'Udc...", chiosa Cesare Salvi parafrasando un antico - e più crudo - slogan anti-Pci dell'estrema sinistra degli anni ‘70.
Coi Democratici i rapporti non sono idilliaci. "Abbiamo incontrato Bersani, crediamo nella costruzione di un'opposizione ma ad oggi non ci sono grandi segnali di apertura. Staremo a vedere...", spiega ancora Ferrero.

Oliviero Diliberto, leader del Pdci, sostiene dal canto suo che "c'è un bisogno disperato di sinistra in questo paese: la prova è nel voto di ieri al Senato sulle missioni, Afghanistan compreso. vNessuno ha votato contro, sta vincendo il pensiero unico".
Secondo Diliberto, "escludere i comunisti dalle istituzioni significa escludere tutti quegli italiani che sono contro la guerra". E Salvi aggiunge che è allo studio "un quesito per il referendum abrogativo della norma che consente il rifinanziamento delle missioni". Se tecnicamente non si potrà realizzare, "ne faremo una petizione popolare, la gente ha il diritto di dire la sua sui una guerra che ci costa mille euro al minuto, come ha detto il ministro La Russa".

SUD: VENDOLA, FONDO FAS? E' SCOMPARSO, ANCHE DA AGENDA CIPE

"Il Fas è scomparso, è come una pallina da ping pong e non c'é ministero che sappia renderne conto". Lo ha detto a margine della Conferenza delle Regioni il governatore della Puglia Nichi Vendola commentando il fatto che l'assegnazione alle Regioni e l'impegno dei fondi del Fas destinati alle aree sottoutilizzate non è entrato nell'ordine del giorno del Cipe in calendario per oggi.

"Dopo continui rinvii - ha aggiunto - siamo a Natale e la cometa del Fas non brilla ancora. Nel cielo del centrodestra brillano altre stelle. Questo governo non vuole consentire alle Regioni di cantierizzare i soldi del Fas. Su queste somme credo si voglia fare una sporca campagna elettorale", ha detto ancora, riferendosi alle prossime regionali. (ANSA).