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giovedì 10 dicembre 2009

NARDO' NO B. DAY - DI PIAZZE E COLORI


Sarà perché qua è continuato a essere buio e cupo il cielo anche nel pomeriggio, ma l’atmosfera del “no b day” a nardò non era affatto euforica e allegra, non era festante e spensierata, né vivace e partecipata.
C’eravamo, comunque, con i cartelli e gli striscioni, con le ragioni del nostro “no” a questo governo e al suo capo, con il megafono e le nostre voci. Al viola “d’ordinanza”, scelto su scala nazionale a connotare la giornata, abbiamo voluto accostare le nostre bandiere e i nostri simboli, a dichiarare la nostra identità, significare che un’opposizione è possibile, anzi esiste.Grazie ai telefonini ricevevamo notizie da quell’altra piazza, quella dei grandi numeri e dell’entusiasmo, della gioia di vedersi in tanti, mentre noi gelavamo e non solo per il vento tagliente che pure c’era. La gente passava, alcuni si fermavano a leggere i tazebao, qualcuno si intratteneva a parlare, pochi firmavano le petizioni, molti tiravano via infastiditi, parecchi ci guardavano divertiti, come fossimo uno spettacolo di folklore, i più ci giudicavamo dei pazzi scatenati. Sapevamo già che Nardò è una piazza amara, eppure, dai primi giorni, da quando l’iniziativa è nata su facebook e con il tam tam dei post ha cominciato a crescere e a farsi “voce di popolo”, sapevamo pure che noi ci saremmo stati, dividendoci fra Roma e il territorio : a Roma, a contribuire a dare consistenza e sostanza al gridare uniti un poderoso “NO”; nelle diverse città a fare l’eco, a farne rimbalzare il suono, a trasmettere l’onda; nelle città a dare volto e identità locale alla protesta diffusa. Il pericolo che temevamo, puntualmente concretizzatosi, era che la risposta che sarebbe venuta dalla piazza fosse “oscurata” in caso di successo o che si dicesse “quelli di Roma sono molti, ma i soli”.

A roma un popolo viola, un’onda variegata e plurale ha preso vita, ha lasciato la piazza virtuale riversandosi (“carne e anima”, usando le parole di A.Gilioli) in quella reale, a dimostrazione del fatto che la rete, luogo della pluralità culturale e dell’accesso democratico alle informazioni, ha gli strumenti per creare forme organizzative dal basso, offre una comunicazione orizzontale, se ne infischia dei giochi tattici e ignora (un po’ perché proprio non li conosce, un po’ perché non le ritiene importanti) le posizioni della “politica” ufficiale, sistemica.
Un’altra chiara indicazione è che a questa moltitudine la questione morale importa e come, anzi costituisce forse la questione centrale, quella da porsi e stabilirsi “a prescindere”, quasi un condizione sine qua non di qualsiasi elaborazione o ipotesi politica. La stessa cosa si è vista, anche nelle altre piazze d’Italia : una per tutte, Cagliari.
A Nardò non è andata così : la voce al megafono “parlava, parlava”, inutile, fine a se stessa. Nardò sembrerebbe un universo parallelo, eppure…



Qualche “riserva”, comunque, ce l’avrei:
il colore: il viola, scelto perché si voleva qualcosa di nuovo, che non escludesse nessuno, mi sta bene, ma non mi piace più se passa a significare equidistanza, imparzialità o peggio qualunquismo.
la legalità : è un valore antico, ma non può significare solo rispetto delle leggi, cosa che di per sé dovrebbe essere lapalissiana e ovvia (i delinquenti dovrebbero stare “naturalmente” in galera), ma piuttosto che le leggi e le regole devono salvaguardare i diritti dei più deboli, delle minoranze, delle “differenze”; devono essere condivise e valere sempre e per tutti, senza deroghe o interpretazioni o aggiustamenti ad personam.
movimento vs. partito : condivido il fastidio verso il modello politico fin qui invalso, quello degli accordi sottobanco, degli intrallazzi, degli scambi e dei favori, quello della schizofrenia fra gli slogan da interventi pubblici e la pratica spregiudicata del favore o, peggio, la connivenza; rivendico, però, la diversità di chi è coerente e perciò credibile, di chi è dichiaratamente schierato, partigiano, di chi non chiede poltrone, ma garanzie di diritti uguali per tutti, nel rispetto di regole uguali per tutti. c’è differenza fra chi è coinvolto nel malaffare e chi lo denuncia, c’è differenza fra chi si serve della cosa pubblica per proprio tornaconto e chi considera la politica un servizio, c’è differenza fra chi ha le mani in pasta e chi ha le mani pulite.


Mi piacerebbe che la novità del popolo viola non fosse solo episodica, estemporanea, effimera; mi piacerebbe che il potenziale non andasse disperso in proteste pittoresche e divertenti, ma in definitiva funzionali al sistema; mi piacerebbe che la partecipazione esprimesse forme concrete di cambiamento o, meglio ancora, di alternativa . “you may say i’m a dreamer, but i’m not the only one : I hope some day you’ll join us and the world will be as one…”(lennon, imagine).



Claudia Raho
sinistra e libertà-nardò

BLOB - ELEGIA MAFIOSA





Lega Nord - RAZZISTI SENZA VERGOGNA

In tutto il Nord le nuove regole volute dalla Lega creano un clima di apartheid. Che testimonia come ormai anche l'intolleranza sia accettata da intere comunita'. Ecco come.

Bregnano e' un piovoso paesino della provincia di Como, se si vuole consultare la cartografia ufficiale. Ma e' anche un Comune della 'locale' di Cermenate, secondo i territori con cui la 'ndrangheta ha suddiviso la Lombardia. Ed e' stato perfino un avamposto segreto dei mafiosi di Toto' Riina nel traffico di armi e soldi con la Svizzera. Pero' se leggi il programma della nuova giunta di centrodestra eletta sei mesi fa, il pericolo da combattere va sotto il titolo di 'Immigrazione, sicurezza e ordine pubblico'. Non un solo accenno alla piaga criminale che ha reso gli italiani famosi nel mondo.
Anche perche' il piano sicurezza di Bregnano non e' stato pensato e scritto a Bregnano: e' un banalissimo copia-incolla, paro paro, del 'Programma elettorale per i Comuni 2009' sotto il simbolo 'Lega Nord - Bossi', stampato e distribuito dal comitato centrale del senatur. Lui le pensa e i suoi amministratori in camicia verde le devono mettere in pratica. Sara' per questo che il neo sindaco di Bregnano, Evelina Arabella Grassi, bionda leghista di 35 anni, professione contabile, alla domanda de 'L'espresso' "Qual e' la chiave del suo successo elettorale?", candidamente risponde: "Sinceramente non lo so".

Ci sarebbe da ridere se non stessimo precipitando dalla xenofobia al vero razzismo. L'importante e' sfruttare ogni occasione per dividere, aprire ghetti mentali e alimentare il sacro fuoco del consenso. La Svizzera boccia i minareti? Facciamolo pure noi. Anche se nessuno si e' mai lamentato dell'unico, piccolo, minareto costruito al Nord, all'ingresso di Milano 2, il quartiere che rese famoso l'impresario edile Silvio Berlusconi. Il Tricolore? Mettiamoci in mezzo una croce, come vorrebbe il sottosegretario leghista, Roberto Castelli. Anche se a Venezia il suo principale, Umberto Bossi, aveva annunciato pubblicamente che con la bandiera degli italiani ci si sarebbe pulito il culo. Il risultato e' un'Italia sempre piu' spinta verso l'apartheid e sempre meno disposta a investire sui suoi nuovi cittadini. Grazie soprattutto a questa generazione di sindaci e assessori che con la superbenedizione del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e l'approvazione di milioni di elettori, stanno smascherando il volto della tolleranza zero. Contro le infiltrazioni di mafia e camorra? Ma no, il programma clone dei leghisti non ne parla. Altrimenti Bossi e Maroni dovrebbero spiegare ai loro elettori che ci fanno al governo dalla parte di un viceministro sotto inchiesta per camorra, come Nicola Cosentino, e nella stessa coalizione di un senatore condannato in primo grado per reati di mafia, come Marcello Dell'Utri. Piu' facile prendersela con gli immigrati. Non votano, non hanno partiti, non hanno sindacati, nemmeno controllano i programmi tv e al massimo possono essere espulsi. Cosi' perfino il mansueto Comune di Bregnano sta dando filo da torcere a una residente che dopo essere stata convocata in municipio per l'assegnazione di un monolocale, se l'e' visto sfilare legalmente sotto il naso. L'interessata, 47 anni, vedova, operaia in un'impresa di pulizie a meno di 500 euro al mese, e' cittadina italiana. Ma e' nata in Marocco, ha un nome arabo e il suo accento non apre le vocali come fanno gli abitanti nati in questi paesi al confine tra la Brianza milanese e comasca. Per non parlare di Coccaglio, provincia di Brescia, dove la prima uscita pubblica del neo assessore alla sicurezza, Claudio Abiendi, avrebbe dovuto coprire di vergogna l'Italia intera. Perche' chiamare 'White Christmas' un'operazione di polizia municipale significa attribuire connotati religiosi e di colore all'applicazione della legge. E la legge, in uno Stato laico, non ha colore ne' religione. Invece? Invece il ministro Maroni ha approvato di persona. Del resto i controlli casa per casa alla ricerca di lavoratori irregolari fanno parte del programma clone leghista, adottato a Bregnano, a Coccaglio e da tutte le piccole giunte locali del Nord. Punto due, pagina 12: 'Potenziamento della vigilanza municipale in modo tale che, nel corso delle attivita' di verifica, si richieda l'esibizione del permesso di soggiorno'. Se l'avessero chiamato 'aggiornamento dell'anagrafe' l'assessore Abiendi e il sindaco di Coccaglio, Franco Claretti, 38 anni, architetto, avrebbero avuto il loro minuto di popolarita'? ProprioMaroni, dopo aver dato piu' potere ai sindaci con il pacchetto sicurezza, aveva chiesto loro di amministrare con fantasia. Ed eccolo servito. A San Martino dall'Argine, 1.800 abitanti a 45 chilometri da Mantova, il sindaco invita a denunciare tutti i clandestini.

Agli abitanti, se si rileggono i risultati in zona delle elezioni amministrative 2009, piace cosi'. Perche' con gli slogan xenofobi i primi amministratori leghisti hanno fatto pubblicita' alle loro citta'. Prendete Treviso con le proposte razziste e i vagoni piombati dell'ex sindaco Giancarlo Gentilini. Treviso ha piu' o meno gli stessi abitanti di Caserta, 82 mila contro 78 mila. Ma Treviso in questi ultimi anni e' stata completamente restaurata. Ed e' una delle province con il piu' alto tasso di integrazione. Mentre a Caserta i caporali e la camorra continuano a controllare la manodopera straniera della ricca agricoltura. E a Napoli un giudice considera una minorenne nomade a rischio di recidiva criminale solo perche' 'pienamente inserita nella cultura rom' e la tiene agli arresti. "Se il prezzo da pagare e' una maggiore severita' contro gli immigrati, viva la severita'", dice un commerciante del centro di Coccaglio che aggiunge di non sentirsi affatto razzista. E chiede l'anonimato perche', rivela, ha paura. Ma alla domanda su cosa lo spaventi di piu', non sa dare risposta. Coccaglio e Bregnano sono due esempiu' dell'attuale espansione leghista, nella testa e nel voto della gente. Per anni gli elettori di questi due paesi, 8 mila e 6 mila abitanti, hanno scelto il centrosinistra. In giugno hanno fatto il ribaltone. Il perche' va cercato anche nei dati demografici. Soprattutto a Coccaglio. In dieci anni, dal '98 al 2008, gli stranieri residenti sono passati da 177 a 1.562. Cioe' dal 2 al 18,5 per cento. Un incremento che nell'Inghilterra degli anni Settanta ha portato a sanguinosi scontri razziali. E che qui e' stato finora governato.

Da questo punto di vista la storia recente puo' essere riletta chiamando in causa Confindustria, che nelle imprese del bresciano ha una grande base. una storia identica a tutto il Nord Italia. La massiccia immigrazione ha compensato il calo demografico nelle fabbriche. E in molti settori ha permesso di ridurre il costo del lavoro. Ma girando in queste zone e' impossibile trovare cosa abbiano fatto gli industriali dell'ultima generazione per sostenere l'integrazione nelle scuole e nei paesi. Non si trova perche' non hanno fatto nulla. Se non scaricare sulle amministrazioni locali, quindi sulla gente, i problemi che hanno accompagnato l'arrivo di nuova manodopera. E nello stesso tempo sostenere le scelte estreme del governo. A cominciare da Berlusconi che a giugno a Milano aveva liquidato cosi' il futuro del Paese: "C'e' chi vuole una societa' multietnica e multiculturale, ma noi non siamo di questa opinione".

La crisi economica ora rende tutto maledettamente piu' difficile. Perche' chi perde il lavoro puo' rinnovare il permesso soltanto per sei mesi. Poi, senza un'altra assunzione regolare, e' fuori: diventa clandestino. Quanti immigrati irregolari avete trovato durante i controlli casa per casa? "Nessuno", risponde Donato Nardelli, comandante dei vigili di Coccaglio. Nessuno? "L'ultimo clandestino l'abbiamo fermato e accompagnato in questura a inizio aprile. Aveva fatto un incidente stradale ed era senza permesso di soggiorno". Tanto clamore, l'operazione White Christmas e nessun clandestino? " cosi'", risponde il comandante: "I nostri controlli sono nei confronti degli stranieri residenti, per aggiornare l'anagrafe. E cancellare chi non abita piu' qui. Ma noi, intendo noi della polizia locale, in nessun atto l'abbiamo mai chiamata White Christmas". L'operazione viene definita cosi' la prima volta il 6 novembre su un giornale locale. Al quale l'assessore Abiendi dichiara: "Ora la musica e' cambiata, gli extracomunitari non fanno piu' quello che vogliono".

la forza della Lega. Inventano minacce e problemi. Adattano la legge ai propri slogan. E si propongono come soluzione. Poco importa che a Coccaglio l'ultimo clandestino sia stato fermato in aprile. Se proprio non fanno paura le notizie in paese, si cercano nella cronaca del circondario. E spesso a ragione. Come nella vicina Rovato. Pochi giorni fa un marocchino, pieno di cocaina, accoltella un ragazzo e violenta per ore la sua fidanzata, 19 anni. Qualche sera dopo durante una manifestazione degli abitanti, un gruppo di estremisti di destra ferisce a bastonate due stranieri scelti a caso. Ma c'e' notizia e notizia. Sempre a Rovato l'inverno scorso viene condannato a 6 anni in primo grado Roberto Manenti, l'ex sindaco leghista. Ha promosso retate contro le prostitute, firmato ordinanze contro i musulmani che si avvicinavano alle chiese e intitolato una piazza ai fascisti di Salo'. Il reato dell'ex sindaco? Stupro di gruppo di una prostituta. Ma in questa Italia dalla memoria corta nessuno, nemmeno i leghisti di Rovato si ricordano piu'.

Il riferimento all'apartheid non e' un'esagerazione. la legge. "Un immigrato ha solo sei mesi di tempo per trovare un nuovo lavoro, pena la perdita del permesso di soggiorno", spiega l'avvocato Domenico Tambasco: "Un immigrato deve necessariamente avere un alloggio idoneo secondo la normativa regionale per poter stipulare un contratto di lavoro e mi chiedo cosa c'entra. Un impiego pubblico o che comporti un incarico di pubblico servizio puo' essere attribuito solo ad un cittadino italiano. Se hai un grave infortunio che ti compromette irrimediabilmente le capacita' lavorative e non hai la carta di soggiorno, non puoi percepire la pensione di invalidita'. Risultato: non hai piu' redditi, perdi il permesso, vieni espulso". La discriminazione riguarda anche la burocrazia. Se uno straniero in regola chiede la casella di posta elettronica certificata all'Inps, gli rispondono che solo i cittadini italiani possono averla. Per provare una parentela e ottenere il ricongiungimento familiare, un immigrato deve sottoporsi al test del Dna. E, a differenza di un italiano, non deve dimenticare i documenti a casa. Anche se lavora sotto la pioggia, deve avere sempre con se' l'originale, mai la fotocopia. In caso contrario e' punito con l'arresto e una multa fino a 2 mila euro. Sempre grazie al pacchetto sicurezza voluto da Berlusconi e Maroni. "I vigili nei paesi, ma anche i poliziotti, non fanno sconti", rivela Alessandra Ballerini, avvocato a Genova: "Arrivano casi di lavoratori, madri e padri di famiglia che rischiano il carcere e faranno fatica a pagare la multa".

Per Najat B., l'operaia di Bregnano, dimenticare i documenti non e' piu' un pericolo. cittadina italiana. Il suo caso e' ugualmente finito davanti all'associazione Tribunale per i diritti dell'immigrato di Milano e all'Ufficio antidiscriminazioni razziali del ministero per le Pari opportunita'. In ottobre il Comune di Bregnano convoca Najat e un'impiegata dell'ufficio tecnico le mostra la piantina dell'alloggio assegnato, in via Rampoldi. "Mi ha anche abbracciato per congratularsi", racconta Najat nella denuncia. In quei giorni gli alloggi disponibili sono tre. Poi si riducono a uno, assegnato a una famiglia italiana. Najat e' subito dietro. Sempre secondo la denuncia, il sindaco Evelina Arabella Grossi, alla presenza di un avvocato del Tribunale per i diritti dell'immigrato, "ha detto che dovevamo capirla perche' avevano la cittadinanza che faceva pressioni su questo caso". A 'L'espresso' il sindaco spiega invece che le decisioni le prende l'Aler, l'azienda case popolari, e che gli appartamenti vuoti devono essere ristrutturati.

La prima domenica di Avvento a Bregnano, nella chiesa di San Michele Arcangelo, ci sono soprattutto pensionati. Il parroco, don Aldo Milani, predica dal pulpito: "Quando qualcuno dice: vogliamo togliere il crocifisso dalle scuole, dagli ambienti pubblici, io dico: vai a casa tua, no, come io rispetto te, tu rispetti le mie usanze. Quando io sono andato in Turchia, il collarino da prete non l'ho messo... Per cui ho rispettato la sua identita', la sua usanza. Quando vieni qui tu, rispetti le mie. Non sono io che devo adeguarmi". Messa cosi', sembra siano gli immigrati musulmani in Italia a voler far togliere il crocefisso dai luoghi pubblici. Eppure chi ha sollevato la questione davanti alla Corte di Strasburgo e' una cittadina italiana, di origine finlandese. Ma se lo dice il parroco, sara' pur vero. E tutti ascoltano impassibili. Secondo una ricerca della Cooperazione per lo sviluppo dei Paesi emergenti, il 23 per cento delle violenze sugli stranieri e' commesso da rappresentanti delle istituzioni. Dopo anni di propaganda leghista, siamo un Paese senza piu' anticorpi. Lo dimostrano le fredde reazioni agli insulti razzisti al calciatore dell'Inter Mario Balotelli. Per chi puo' l'alternativa e' scappare all'estero. Oppure unirsi alla supplica che qualcuno ha scritto sui muri del centro di Genova: 'Immigrati, non lasciateci soli con gli italiani'.

da Indymedia

Più rigore per il Milan

Il quotidiano svizzero Le Temps è preoccupato per il taglio di fondi di Fininvest al Milan, il club calcistico di Silvio Berlusconi. “Assediato da problemi giganteschi, Silvio Berlusconi può ogni tanto prendere una boccata d’aria. Grazie al Milan, il suo club. È incredibile quanto ci sia affezionato: il 21 ottobre scorso, durante un incontro con Putin a San Pietroburgo, Berlusconi non faceva che controllare il telefonino perché Adriano Galliani, l’amministratore delegato della società calcistica, gli aveva promesso che l’avrebbe tenuto al corrente dei gol segnati nella partita contro il Real Madrid. La Fininvest, però, ha deciso di chiudere i suoi generosi rubinetti e destinare meno soldi alle spese della squadra”.

Il Financial Times si occupa invece della richiesta di risarcimento da parte di Enel a Greenpeace per i danni provocati durante alcune proteste contro le centrali a carbone in Italia, l’estate scorsa. “La società energetica italiana Enel ha chiesto più di 1,6 milioni di euro di danni a Greenpeace per le presunte perdite dovute alle proteste organizzate dal gruppo ambientalista nel luglio scorso contro quattro centrali elettriche a carbone sparse sul territorio italiano. Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italy, ha annunciato che la sua organizzazione contesterà la richiesta di risarcimento”.

da Internazionale

REPUBBLICA CECA - Il razzismo contro i rom comincia nelle scuole

Un terzo dei bambini rom cechi finisce in scuole per disabili mentali. Una crudeltà che si ritorce contro lo stato, che spende molti soldi in un progetto razzista e antieconomico, scrive Respekt.

Ormai sono quasi vent’anni che le organizzazioni non governative, nazionali e internazionali, avvertono che troppi bambini rom finiscono nelle scuole speciali. Una realtà confermata di recente dalla prima inchiesta ordinata dal ministero dell’istruzione ceco. Il 30 per cento dei bambini rom frequenta infatti scuole per disabili mentali.

Il tasso tra gli altri bambini è del 2 per cento, che corrisponde alla media mondiale. La maggior parte del resto dei bambini rom frequenta le “scuole gitane”, dove i risultati non sono molto migliori di quelli delle scuole per disabili.

A Brno la segregazione scolastica è nota alla popolazione locale. Ma il comune nega questa realtà. Secondo un consigliere municipale non esistono “classi per rom” e tutti i bambini frequentano la scuola che gli è stata assegnata a seconda della loro residenza.

La pressione esercitata dalla popolazione affinché i rom siano emarginati è molto forte: gli abitanti di Brno, come la maggior parte dei cechi, sono convinti che i bambini rom siano più stupidi e indisciplinati dei loro figli e più inclini alla violenza. E come scrivono gli autori di una petizione, “visto che dobbiamo vivere con loro, almeno non fateceli incontrare a scuola”.

Un’anomalia pericolosa
La Repubblica Ceca ha un numero quattro volte maggiore di bambini che frequentano scuole speciali rispetto all’Austria e cento volte superiore rispetto alla Svezia. La percentuale di rom cechi definiti “ritardati mentali” è dieci volte superiore al normale. Due sono le possibili spiegazioni: o i rom cechi sono meno intelligenti di quelli degli altri paesi, o la società ceca è razzista e li obbliga sistematicamente, fin dall’infanzia, all’emarginazione.

“Dobbiamo cambiare questa mentalità, ma non sarà facile”, osserva Jana Zapletová, psicologa e direttrice dell’Istituto di consultazione psicologica..

Per Zapletová il cambiamento di metodi passa attraverso una trasformazione delle scuole primarie. “È indispensabile aumentare i fondi a loro disposizione per creare delle classi più piccole, formare gli insegnanti, assumere degli assistenti e seguire i bambini in modo individuale”.

Non dimentichiamo il freddo calcolo degli economisti, che dimostra come ogni anno la Repubblica Ceca perda 16 miliardi di corone a causa di un sistema scolastico che sforna milioni di disoccupati e di emarginati. Da questo punto di vista investire miliardi nel miglioramento del sistema sarebbe una scelta economica decisamente più intelligente. (con presseurop.eu)

Questo articolo di Michal Komárek è uscito su Respekt con il titolo Deti na odpis.

da Internazionale

NO B. DAY