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sabato 12 dicembre 2009

PIAZZA FONTANA







Regionali Puglia: no di Vendola al salvagente per Emiliano

Il primo cittadino in aula consiliare ribadisce: "Non sono disponibile, resto al mio posto"

Nichi Vendola aveva fatto annegare la proposta, ma a gonfiare il "salvagente" che tiene a galla la candidatura di Michele Emiliano alle prossime regionali, sono stati alcuni consiglieri della maggioranza. Lo hanno fatto firmando ieri pomeriggio un emendamento durante la discussione in consiglio regionale, con il quale verrebbe dato lo stop - a cominciare dalle prossime elezioni regionali del 2010 - alla ineleggibilità per i sindaci e i presidenti delle amministrazioni provinciali destinati a concorrere per la poltrona di presidente della Regione Puglia. Sarebbe da cassare, cioè, la norma, che attualmente impone al sindaco di lasciare il Municipio due mesi prima delle elezioni regionali, rinviando nello stesso emendamento al 2015 l´entrata in vigore della soglia di sbarramento del 4 per cento. Un regalo a Emiliano, che però ribadisce: «Non sono disponibile ad abbandonare la guida della mia città».

Eppure, proprio il governatore regionale, ieri aveva aperto la discussione in Consiglio bollando come «di bassa cucina l´idea di mettere mano in quel modo alla legge elettorale». In aula ha fatto riferimento alla discussione che mettesse al centro i princìpi, come ad esempio il ruolo delle donne. «Se invece si pensa di fare della legge elettorale - ha proseguito - l´abito che serve di giorno in giorno a servire un interesse contingente dico che si va di fronte al pubblico nella peggiore delle maniere e probabilmente i protagonisti inciamperanno perché senza principi, senza un orizzonte, senza una bussola non si va da nessuna parte».
I "sarti" però, erano molto più vicini di quanto immaginasse: dieci consiglieri della maggioranza che hanno proposto un emendamento che di fatto consente la candidatura al sindaco di Bari. Primo degli otto consiglieri firmatari del Pd è Nicola Canonico, che il presidente del gruppo An/Pld Roberto Ruocco si è divertito a definire «desaparecido per un´intera legislatura, di cui non conosciamo la voce, che per primo ha firmato l´Emilianum». A seguire Giuseppina Marmo, Enzo Russo, Vincenzo Cappellini, Giuseppe Romano, Donato Pentassuglia, Francesco Ognissanti e Sergio Povia. Firmatari anche i consiglieri Giacomo Olivieri dell´Idv e Mimmo Lomelo dei Verdi.
La discussione riprenderà in Consiglio il 19 gennaio, ma intanto la spaccatura è evidente. Innanzitutto per come è maturata: la proposta era infatti già emersa nella riunione del centrosinistra nella mattinata, ma il capogruppo Pd, Antonio Maniglio, aveva incassato il secco "no degli alleati e anche di componenti del gruppo". Dura la reazione della giunta. Per l´assessore all´Ambiente Onofrio Introna, «l´eventuale salva Emiliano vuole destabilizzare il quadro amministrativo della Puglia» ed è più diretto Mario Loizzo, per il quale «avevano detto che Vendola si stava sbracciando per fare i fatti suoi, mentre qualcuno vuole farli per legge». Paradossale la situazione dei consiglieri Udc, che in realtà vedrebbero di buon occhio la candidatura di Emiliano. «Avremmo gradito sottoscrivere l´emendamento - sostengono Scalera e Laurora - se qualcuno però ce l´avesse chiesto e francamente avremmo gradito maggiore coinvolgimento, ma così non è stato».
Per il capogruppo del Pdl, Rocco Palese l´emendamento è «un mercimonio con cui il Pd concede ai cespugli del centrosinistra l´eliminazione dello sbarramento, in cambio del lodo Emiliano». Il coordinatore regionale Idv, Zazzera pretende «discontinuità e non le primarie» e il deputato Pd, Gero Grassi sottolinea che «etica in politica è ricoprire un solo incarico»

http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/regionali-no-di-vendola-al-salvagente-per-emiliano/2117004

Aginter Press


Agenzia di stampa con sede centrale nel Portogallo di Salazar dietro la quale si cela un'organizzazione internazionale armata fascista con diverse articolazioni politiche e militari in diretto contatto con i servizi segreti occidentali, in particolare quelli USA. Ha agito in ogni parte del mondo soprattutto in Europa e Centroamerica. Agisce in collaborazione con le alte gerarchie della struttura Stay Behind della NATO (Gladio in Italia). Vincenzo Vinciguerra, neofascista italiano, condannato all'ergastolo per la strage di Peteano del '72 la indica come l'ispiratrice della strage di Piazza Fontana a Milano. Risulta inoltre stare dietro alle bombe esplose a Francoforte nel '75.


Quella strana agenzia di stampa con sedi a Lisbona e Parigi L' AGINTER PRESS

MILANO . Dalle spedizioni anticomuniste in Salvador fino al putsch delle Azzorre, passando per le bombe in Europa. Solo ora si scopre la funzione dell' Aginter Press. Della rete diretta da Guerin Serac si era parlato anche al processo di Catanzaro, concluso con l' assoluzione di Stefano Delle Chiaie e di Franco Freda. Delle Chiaie interrogato sul progetto di una sede romana dell' agenzia, rispose: "Ho sempre avuto due idee fisse, la politica e il giornalismo. L' idea di avere un' agenzia di stampa internazionale cui appoggiarmi mi faceva gola, perche' la ritengo un' arma politica di assoluta importanza". Ma nella centrale dell' agenzia a Lisbona fu scoperta la vera natura della stuttura dell' ex legionario Yves Guerin Serac. Nei sotterranei fu ritrovato il materiale dei corsi, ai quali parteciparono molti italiani: c' erano lezioni di sabotaggio, esplosivi, interrogatorio, pedinamento, alibi, esfiltrazione. Tra i "professori" Otto Skorzeni, l' ufficiale delle SS che libero' Benito Mussolini. Negli anni Settanta su richiesta della Cia, l' Aginter Press invio' un commando di camerati italiani e francesi in Costarica. Di li' , i soldati dell' "Armata invisibile" penetrarono in Salvador e distrussero un campo di guerriglieri comunisti. Dopo la rivoluzione in Portogallo, la stessa agenzia da Parigi studio' un colpo di mano nelle Azzorre per garantire agli USA il controllo della grande base aerea. Venne creato un fantomatico "Fronte di liberazione" e furono reclutati anche militanti di Avanguardia nazionale. Una delle specialita' era lo spionaggio nelle formazioni di sinistra e anarchiche. In un appunto recuperato a Lisbona c' era una mappa delle cellule "sovversive" in Italia con l' elenco degli agenti infiltrati. Una rete che si rivelo' fondamentale nei depistaggi, condotti anche dopo Piazza Fontana. Ma dopo venticinque anni l' inchiesta sulla bomba che inauguro' la strategia delle tensione fa ancora paura. E c' e' ancora chi in tutta Europa opera per tenere i magistrati lontani dalla verita' .

da Il Corriere della Sera


Cuori neri o cuori di Stato?

La presenza dei fascisti dentro l'Onda ripropone la questione già emersa nel Sessantotto: ribellione di destra o provocazione? Storie di infiltrati e provocatori eccellenti: da Mario Merlino a Guido Paglia


di Gianni Barbacetto
Cuori neri dentro l'Onda? Il movimento degli studenti contro la riforma Gelmini ha fatto riemengere la questione della presenza dei fascisti dentro i movimenti di lotta e, di riflesso, dentro il prototipo di tutti i movimenti, quello del Sessantotto. Il Secolo d'Italia , quotidiano di An, ha aperto le danze rivendicando un posto dentro l'Onda anche per gli studenti di destra: «Non demonizziamo gli studenti e non regaliamoli a Veltroni», ha scritto Luciano Lanna. «C'è chi demonizza i ragazzi, si rinchiude a riccio davanti alle loro aspettative. Come i benpensanti e i superficiali fecero alla vigilia del Sessantotto, spingendo a sinistra tutta una generazione». Si ripropone così oggi, pur in maniera più ovattata, la frattura interna alla destra tra chi sosteneva, già negli anni Sessanta, che bisognava stare dentro il movimento e cavalcare la protesta giovanile; e chi invece chiedeva legge e ordine e invocava la repressione.

Nelle scuole e nelle università ci sono oggi gruppi di giovani, vicini ad An, che hanno manifestato contro la riforma Gelmini insieme agli altri studenti. E anche i gruppi fascisti a destra di An hanno rivendicato una loro presenza dentro il nuovo movimento. Blocco studentesco e Lotta studentesca (costola di Forza nuova) sostengono di voler creare un fronte comune anti-Gelmini insieme agli studenti di sinistra. Poi sono arrivati i bastoni di Blocco studentesco in piazza Navona, le cinghie dei neri contro gli studenti trasmesse da Chi l'ha visto e il conseguente assalto punitivo dei camerati di Casa Pound e Forza nuova alla Rai di via Teulada. E il quadro si è offuscato: da che parte stanno i gruppi di destra? A che cosa puntano? Sostengono davvero il movimento oppure vogliono radicalizzare lo scontro per provocare la repressione? Domande già fatte a proposito del Sessantotto. Anzi: ciò che oggi è farsa (o quasi) allora era tragedia.

Foto di gruppo a Valle Giulia

Valle Giulia, il 1 marzo 1968, è considerata il primo atto del Sessantotto "militante": per la prima volta gli studenti romani reagiscono all'attacco della polizia e riescono a mettere in fuga i "celerini". C'è una fotografia degli scontri che mostra in prima fila i neofascisti. Vi sono riconoscibili Mario Merlino, Stefano Delle Chiaie, Guido Paglia, Adriano Tilgher, Maurizio Giorgi, Franco Papitto, Ugo Gaudenzi, Stefano Bettini, Roberto Palotto, Adriano Mulas, Tonino Fiore. Personaggi che hanno fatto la storia del neofascismo italiano, ma anche delle compromissioni con gli apparati dello Stato. Allora erano dentro il movimento giovanile del Msi. Vengono allontanati poco dopo. La rottura avviene il 16 marzo, quando Giorgio Almirante e Giulio Caradonna guidano l'assalto fascista alla Sapienza per liberarla dagli occupanti, dando il segnale che il Msi stava dalla parte dell'ordine e non degli studenti "contestori". Agli sconti di Valle Giulia, racconta in seguito Nico Azzi, partecipa anche Annamaria, la fidanzata napoletana di Delfo Zorzi, «abile nell'uso della fionda». Dettagli. Ma interessanti perché Zorzi è il camerata processato (e poi assolto) per la bomba di piazza Fontana. E Azzi è il neofascista che, copia di Lotta continua in tasca, il 7 aprile 1973 viene ferito nella toilette del treno Torino-Roma dall'innesco della bomba che stava preparando. Un sanbabilino dal cuore nero, Azzi. Ma oggi sappiamo (lo rivela Il sangue e la celtica di Nicola Rao, Sperling & Kupfer) che alle riunioni in cui è stata organizzata quella che avrebbe dovuto essere una strage nera da addebitare ai rossi era presente un uomo dello Stato: il capitano del Sid Antonio La Bruna.

La battaglia di Valle Giulia è rimasta nella memoria collettiva come uno spartiacque. Meno nota è invece la storia di una piccola Valle Giulia milanese: il 7 giugno 1968 un corteo del Movimento studentesco va a protestare davanti alla sede del Corriere della sera . Tomaso Staiti di Cuddia, nel suo libro Confessione di un fazioso (Mursia), racconta che quel giorno nel corteo c'era anche lui, con un manipolo di fascisti: «Dato che gli extraparlamentari di sinistra mancavano d'iniziativa, avevamo iniziato a spostare e incendiare le macchine parcheggiate in via Statuto. L'esempio fu contagioso... La guerriglia durò fino a notte, i bagliori delle fiamme l'avrebbero rischiarata e i lacrimogeni l'avrebbero avvelenata: avevamo raggiunto il nostro scopo».

Qual era «il nostro scopo»? I protagonisti rispondono: radicalizzare la lotta contro il "sistema", anche al fianco dei "rossi", ai quali volevamo semmai strappare l'egemonia sul movimento. Oppure l'obiettivo era quello di accrescere il disordine e la violenza, richiamando infine la repressione? È l'eterna, irrisolta domanda che resta aperta a proposito della destra radicale: cuori neri, soggettività rivoluzionarie, identificazione con i movimenti (e contrasti durissimi invece con la destra d'ordine e di governo); oppure presenza come provocatori dentro i movimenti?

I cuori neri esistono. Uno di essi, Vincenzo Vinciguerra, ha rivendicato l'attentato di Peteano contro i carabinieri e ha scelto "l'ergastolo per la libertà", pur di affermare la propria identità nazional-rivoluzion aria contro le compromissioni con gli apparati dello Stato di tanti suoi camerati. Ha voluto autodenunciarsi, per affermare che il suo gesto era stato l'atto di un "soldato politico" in guerra contro quello Stato «i cui rappresentanti non meritano rispetto da vivi, né pietà da morti». Ma sono davvero cuori neri, puri rivoluzionari, quelli che stavano a Valle Giulia?

Mario Merlino è l'infiltrato più noto della storia italiana. Entra nel gruppo anarchico Bakunin di via Baccina 35 a Roma e nell'autunno 1969 guida la scissione che lo porta a fondare, insieme a Pietro Valpreda, il circolo 22 Marzo, dove gli apparati dello Stato vanno subito a colpo sicuro a cercare il colpevole designato per la strage di piazza Fontana.

Stefano Delle Chiaie, detto "er Caccola", è il fondatore di Avanguardia nazionale, è stato indagato per la strage di Piazza Fontana e poi per quella di Bologna. Sempre prosciolto: le indagini, tra oscurità e depistaggi, non sono mai riuscite a provare la sua responsabilità personale negli attentati. Ma hanno constatato la presenza di Avanguardia nazionale in tutte le manovre eversive dagli anni Sessanta in poi. Lo conferma anche un testimone d'eccezione, Paolo Emilio Taviani, più volte ministro democristiano dell'Interno dal 1962 al 1974. Taviani dichiara ai magistrati che Umberto Federico D'Amato, poliziotto e gourmet, responsabile dell'Ufficio affari riservati del ministero dell'Interno, gli faceva periodiche relazioni sui rapporti che intratteneva con i neofascisti: «Il D'Amato, oralmente, ebbe a relazionarmi più volte in ordine a rapporti diretti con elementi della destra estrema per fini difensivi».

Chissà quali erano, i «fini difensivi». Certo è che D'Amato a Taviani faceva anche relazioni scritte sui due gruppi neofascisti dell'epoca: Avanguardia nazionale di Delle Chiaie e Ordine nuovo di Pino Rauti. Rauti - secondo i magistrati di Bologna - era un "agente Z" del Sid, cioè un agente sotto copertura del servizio segreto militare (come Guido Giannettini, coinvolto nelle indagini su piazza Fontana). Delle Chiaie riferiva invece al servizio civile, cioè agli Affari riservati di D'Amato. Sono giunte - scrivono i magistrati di Venezia ­- «plurime deposizioni di segno convergente e pertinenti ai rapporti, diretti o indiretti, coltivati dal dirigente dell'ufficio Affari riservati Umberto Federico D'Amato con l'estremista di destra Stefano Delle Chiaie, dirigente della struttura Avanguardia nazionale, dotata di un livello clandestino. Da tali atti poteva evincersi che il D'Amato medesimo avesse organizzato l'attività eversiva del Delle Chiaie distraendo, a favore della struttura di Avanguardia nazionale, parte dei fondi assegnati al suo ufficio».

Delle Chiaie, dunque, era una fonte di D'Amato, che ne finanziava e organizzava l'attività eversiva. Un alto funzionario del ministero dell'Interno lo ha confermato ai giudici di Venezia: «Delle Chiaie, anche se si diceva che era un violento, non è mai stato arrestato, anche se inquisito. Mi fu presentato nell'ufficio di D'Amato da quest'ultimo, che mi riferì che questi era un suo confidente nonché infiltrato nella struttura di Avanguardia nazionale». Infiltrato? Ma Delle Chiaie di Avanguardia era il fondatore e leader indiscusso...

Il terzo dei neri presenti a Valle Giulia, Guido Paglia, è invece il personaggio più enigmatico e con la storia meno nota. Oggi è un alto dirigente Rai in quota An, direttore della Comunicazione e delle Relazioni esterne, dopo essere stato vicedirettore e capo della redazione romana del Giornale di Berlusconi. Recentemento ha dichiarato: «Il Msi nel Sessantotto era il partito d'ordine, la quintessenza del perbenismo, l'anima reazionaria anticomunista. Noi giovani eravamo i romantici movimentisti, rivoluzionari. La Repubblica sociale era il nostro punto di riferimento». Ma prima di raccontare la sua storia, è utile tornare ai primi anni Sessanta.

Cavalcare la tigre

Nel 1961 Julius Evola pubblica un libro che nutre l'ala radicale del neofascismo italiano: Cavalcare la tigre . Vi scriveva: «Se si riesce a cavalcare una tigre, non solo si impedisce che essa ci si avventi addosso, ma non scendendo, mantenendo la presa, può darsi che, alla fine, di essa si abbia ragione». Nel 1965, le giovani promesse del neofascismo che a Evola si erano abbeverate vengono convocate al convegno sulla "guerra rivoluzionaria" organizzato dell'istituto di studi strategici Alberto Pollio (qui ho tolto una virgola che non c'entrava niente) e finanziato dagli ambienti militari e dell'intelligence. Tra le giovani promesse, Stefano Delle Chiaie e Mario Merlino, ma all'hotel Parco dei principi di Roma sono presenti anche Guido Giannettini e Pino Rauti. Il convegno teorizza la "guerra non ortodossa", nuova fase della lotta anticomunista in Occidente.

È la declinazione italiana delle dottrine propugnate dall'Aginter Press, la centrale eversiva internazionale nata in ambiente atlantico e guidata da Yves Guerin Serac. Nel documento La nostra azione , in seguito scoperto a Lisbona nella sede dell'Aginter Press, si teorizzano le "azioni di infiltrazione nei gruppi filocinesi" e le "azioni di propaganda" da attribuire agli avversari politici per aumentare il clima di instabilità e creare una situazione di caos. Inizia la stagione delle infiltrazioni a sinistra, delle "bombe anarchiche", delle stragi "rosse" a cui doveva seguire la restaurazione dell'ordine da parte dei militari sostenuti da gruppi di civili in armi.

Mario Merlino s'infiltra tra gli anarchici a Roma, Giovanni Ventura tra i filocinesi a Padova. Meno noto il primo caso conosciuto d'infiltrazione in Italia: avviene nell'ottobre 1967, quando Robert Leroy - francese, cattolico tradizionalista, ex Waffen Ss e infine braccio destro di Guerin Serac - partecipa a Torino alle riunioni del Fronte rivoluzionario clandestino, un gruppo filocinese che intende spingere i militanti di sinistra sul terreno dell'illegalità, come documentato dell'inchiesta del giudice di Milano Guido Salvini. Solo sette mesi prima, Leroy era stato presente al convegno di Nuovo Ordine Europeo che si tiene ad Abbiategrasso nel marzo 1967, a cui partecipano molti camerati italiani, tra cui Carlo Maria Maggi, che è stato poi processato (e anch'egli prosciolto) per la strage di piazza Fontana e oggi è imputato per la strage di Brescia. Leroy era in contatto operativo anche con Delle Chiaie e Merlino.

In quegli anni era in corso un'operazione che è considerata il primo atto della cosiddetta "strategia della tensione": l'operazione "manifesti cinesi", condotta da Delle Chiaie, secondo quanto lo stesso "Caccola" ammette a Vinciguerra. In molte città d'Italia vengono affissi manifesti inneggianti a Mao e con slogan contro il Pci. I manifesti erano stati fatti stampare e pagati dagli Affari riservati di Federico Umberto D'Amato, poi affidati a Mario Tedeschi, direttore del Borghese , che li aveva passati agli uomini di Delle Chiaie per l'affissione. Quante conferme, dei rapporti tra Delle Chiaie e D'Amato: ne parla anche Gaetano Orlando, coinvolto nel tentato golpe del 1970, che testimonia di avere partecipato a Madrid, intorno al 1975, a una riunione cui erano presenti, fra gli altri, Federico Umberto D'Amato, Guerin Serac e Stefano Delle Chiaie, allora latitante.

E quante azioni "rosse" fatte dai fascisti: un cuore nero, Paolo Pecoriello, racconta al giudice Salvini le sue attività "di sinistra": «È accaduto almeno quattro o cinque volte che io stesso, pur essendo un militante di destra, e anzi proprio per questo, abbia partecipato a manifestazioni, affisso manifesti o fatto scritte di sinistra. La prima volta accadde a Roma nel 1964 allorquando affissi dei manifesti di ispirazione marxista-leninista, un'altra volta accadde in Toscana per l'Epifania del 1966. Io e altri fascisti affiggemmo manifesti di ispirazione marxista-leninista che propugnavano la fuoriuscita a sinistra dal Partito comunista in occasione di un congresso di tale partito. Ricordo che alcuni fascisti furono fermati dalla polizia (a Livorno) mentre affiggevano questi manifesti e vennero immediatamente rilasciati. Un'altra volta, allorquando mi trovavo a Terni, feci delle scritte murali di ispirazione marxista e un'altra volta ancora, sempre nel periodo in cui mi trovavo a Terni, mi recai a Roma per partecipare a una manifestazione dell'estrema sinistra di fronte all'ambasciata americana. Si trattava di una manifestazione di tipo pacifista e io avrei dovuto gettare una bomba a mano contro l'ambasciata con lo scopo, se possibile, di colpire qualche sentinella e provocare così una reazione contro la manifestazione. So che anche altri avevano ricevuto il mio stesso incarico. A dare tale genere di incarichi era la dirigenza di Avanguardia nazionale».

In Veneto gli attacchini neri per i manifesti "rossi" sono una squadra d'eccezione: ne fanno parte Martino Siciliano e Delfo Zorzi, che vanno a ritirare i "manifesti cinesi" da Mestre a Padova con l'auto di Maggi: il vertice di Ordine nuovo veneto, poi rimasto coinvolto nelle indagini sulle stragi di Milano e di Brescia. Racconta Martino Siciliano: «Procedemmo all'affissione affiancandola, di nostra iniziativa, a scritte fatte con bombolette spray inneggianti Mao Tsetung. Facemmo queste scritte sulla macchine parcheggiate nella zona, per infastidire i residenti e sviluppare al massimo questa iniziativa di provocazione. Ricordo che era circa la metà del 1968 in concomitanza con le prime manifestazioni giovanili e con i primi moti studenteschi».

Manifesti di un sedicente Partito comunista marxista-leninista sono stati affissi anche a Reggio Calabria (lo racconta un militante di Avanguardia di quella città, Carmine Dominici) e in Sicilia (lo testimonia un dirigente di Ordine nuovo, Pierluigi Concutelli).

Sull'operazione "manifesti cinesi" il giudice Salvini scrive: «Tale azione, sul piano della ricostruzione complessiva, è tutt'altro che trascurabile, in quanto si inquadra nella strategia coltivata a Padova nel 1967-1968 soprattutto da Giovanni Ventura e, parallelamente, a Roma dagli esponenti di Avanguardia nazionale. Una strategia di disinformazione, di creazione di confusione e infiltrazione nel campo dell'avversario. E altresì nella strategia della costruzione di una possibile linea difensiva, anticipata ed estremamente duttile, in relazione alle indagini che sarebbero state comunque svolte dopo l'inizio della campagna di attentati. Giovanni Ventura, infatti, durante le indagini condotte sulla cosiddetta pista nera, si è presentato agli inquirenti come "uomo di sinistra", con simpatie filocinesi, che quindi non poteva avere condiviso o condiviso sino in fondo, dopo i primi attentati dimostrativi, una campagna terroristica che colpiva cittadini innocenti».

Fuoco di Paglia

Torniamo a Guido Paglia, che oggi definisce il suo passato «rivoluzionario, movimentista, romantico». Dopo aver fondato con Delle Chiaie Avanguardia nazionale, ne diventa presidente e reggente, non appena Delle Chiaie è costretto alla latitanza. Nella primavera del 1968 fa parte della comitiva di cuori neri che partecipa al viaggio premio organizzato dai servizi segreti italiani nella Grecia dei Colonnelli. È ospite in un collegio militare insieme a Mario Merlino, Adriano Tilgher e Roberto Palotto. Subito dopo l'infiltrazione di Merlino tra gli anarchici e la strage di piazza Fontana, ha un piccolo contrattempo: subisce un borseggio, gli sfilano il portafoglio, o forse lo smarrisce. Subito denuncia lo smarrimento dei documenti. La vicenda sembra chiudersi positivamente il 10 gennaio 1970, quando il portafoglio viene rinvenuto in una cassetta delle lettere di Roma. Peccato che la polizia, a cui viene portato, nel portafoglio trovi alcune cose inquietanti: un elenco (scritto a mano da Paglia) con nomi e numeri di telefono di anarchici romani del gruppo Bakunin, il circolo infiltrato da Mario Merlino; e un "elenco della spesa" di materiale piuttosto imbarazzante (saponette d'esplosivo, rotoli di miccia, detonatori, capsule elettriche), con a fianco di ogni voce la quantità del materiale. La dotazione della struttura occulta di Avanguardia nazionale?

Solo due anni dopo, nel 1972, Guido Paglia cambia casacca: esce da Avanguardia e diventa giornalista del Resto del Carlino . Ma diventa anche (o lo era già prima?) informatore del Sid, nome in codice: fonte Parodi. Alla fine di quell'anno consegna al capitano Antonio La Bruna una relazione su Avanguardia nazionale scritta per il generale del Sid Gian Adelio Maletti. Nella relazione racconta com'è strutturata Avanguardia, chi sono i suoi dirigenti, come funziona il suo apparato clandestino, diretto da Maurizio Giorgi, Flavio Campo, Giulio Crescenzi, Fausto Fabbruzzi e Cesare Perri (oltre che, naturalmente, da Stefano Delle Chiaie). Racconta che la notte del golpe Borghese, tra il 7 e l'8 dicembre 1970, un gruppo di Avanguardia, capeggiato da Flavio Campo, era riuscito a penetrare nel ministero dell'Interno, sfruttando alcune complicità interne, ed aveva già occupato l'archivio e l'armeria. Poi era arrivato il contrordine e il gruppo aveva lasciato il ministero. Non prima che due del gruppo, Roberto Palotto e Saverio Ghiacci, si fossero impadroniti di alcune pistole mitragliatrici per poterle esibire in futuro come prova delle coperture di cui avevano goduto.

Ma anche da giornalista Guido Paglia è un personaggio speciale, tanto da riuscire a fare uno scoop impossibile: dare una notizia prima che accadano i fatti. Succede quando scrive sul Resto del Carlino , l'11 novembre 1972, che in un casolare nei pressi di Camerino è stato ritrovato un arsenale dei "rossi": mitragliatrici, munizioni, bombe a mano Mk2, mine anticarro, polvere da mina, detonatori, micce, timer, bottiglie incendiarie, tritolo, pentrite, oltre a carte d'identità rubate, fionde, vernice spray e un cifrario. Paglia nel suo articolo precisa che i documenti cifrati trovati nel casolare provavano «inoppugnabilmente l'attività eversiva e paramilitare di taluni gruppi di estremisti di sinistra». L'arsenale era a disposizione infatti di «estremisti di sinistra di tutta Italia e in particolare delle zone di Roma, Perugia, Trento, Bolzano e Macerata».

Mai scoop fu così preveggente. Una divinazione. Infatti nel momento in cui Paglia scriveva il suo articolo, il 10 novembre 1972, l'arsenale era appena stato scoperto e certamente ancora nulla si sapeva dei fogli cifrati, che saranno decrittati solo cinque giorni dopo. E solo due mesi dopo, nel gennaio 1973, saranno incriminati quattro giovani di sinistra provenienti proprio dalle città incautamente anticipate da Paglia, perché indicati negli elenchi cifrati trovati nell'arsenale e decrittati, guarda caso, da un ufficiale del Sid mandato a dare una mano alle indagini.

La verità che emerge in seguito è che l'operazione di Camerino è una provocazione costruita dai servizi segreti. È un'azione in cui per la prima volta - scrive il giudice Salvini - c'è la prova che l'intervento degli apparati dello Stato «non si limita più all'omissione di atti di indagine o alla copertura dei responsabili, ma si concretizza nell'intervento diretto in un'azione eversiva»: sono stati i carabinieri a preparare l'arsenale, sotto la regia del Sid di Maletti, ad accumulare armi ed esplosivo e ad aggiungervi i fogli cifrati per poter arrestare i militanti «delle zone di Roma, Perugia, Trento, Bolzano e Macerata». Paglia, passato da pochi mesi dalla militanza in Avanguardia al giornalismo teleguidato, ha poi messo in circolazione la notizia, anche se con una fretta che ha finito per rovinare l'opera.

Certamente i cuori neri insorgeranno, rivendicando la loro purezza rivoluzionaria non scalfita dalle compromissioni di alcuni con gli apparati dello Stato. Il problema è che nella storia italiana il confine tra cuori neri e cuori di Stato è difficile da tracciare.

La strategia della tensione: da Piazza Fontana al golpe Borghese, il periodo "nero"


Dal 12 Dicembre 1969 con la strage di P.zza Fontana si apre la "strategia della tensione" pianificata da gruppi eversivi fascisti in combutta con i servizi segreti italiani e Nato. Per piú di dieci anni le stragi fasciste insanguineranno l'Italia che nella notte del 7 Dicembre 1970 sará ad un passo dal colpo di Stato, in quella che verrá chiamata la notte piú buia della Repubblica

Il 25 Aprile 1969 con le bombe che esplosero a Milano (nello stand della Fiat alla fiera campionaria) gli italiani entarono in una nuova quanto nefasta fase storica trovandosi improvvisamente faccia a faccia con il terrorismo nero, che perdurerá per piú di 10 anni. L'anno prima era stato il '68 con le rivolte studentesche in tutto il mondo, in seguito era venuto l'Autunno Caldo con le lotte operaie e le rivendicazioni di condizioni lavorative migliori.

Di fatto la saldatura tra il movimento studentesco e quello operaio, crearono in Italia un nuovo soggetto politico al momento autonomo, destabilizzando l'assetto politico e sociale dell'Italia. Nello stesso anno le trame nere svilupparono il loro attacco piazzando bombe su numerosi treni , fino ad arrivare a quel maledetto 12 dicembre 1969 e la strage di piazza Fontana iniziando di fatto una vera e propria guerra criminale e segnando l'inizio del terrore stragista di stampo fascista. Il bilancio di questa assurda giornata fu di 27 morti e 88 feriti. Il resto della storia purtroppo é risaputo, dalla favoleggiante teoria che a compiere gli attentati furono gli anarchici Pinelli e Valpreda, sino ad accertare con certezza assoluta che la strage di piazza fontana fu opera dell'eversione nera.

Da qualche parte nell'estrema sinistra si ricavò dagli attentati, specie quello di piazza Fontana, materiale più che sufficiente per alimentare il sospetto e la paura di un rischio di "golpe neofascista". La strage, intesa anche come un atto di guerra contro le lotte e il movimento del Sessantotto, spinse le tensioni sociali che alimentavano la protesta di sinistra ad assumere più intensamente forme eversive e rivoluzionarie. Tutti questi attentati facevano indubbiamente parte di un "qualcosa" di concertato e oscuro, di cui già si percepiva la potenza, insomma l'inizio di un piano criminale ben organizzato. E proprio le stragi nere del periodo 1969-1974 non sono state altro che piccoli tasselli di un grande mosaico cospiratorio e golpista, oltre che criminale.Il periodo che va dal 1969 al 1974 rappresenta l'inizio della "strategia della tensione" operata dalla manovalanza del terrorismo nero.

Ci fu indubbiamente un rapporto previlegiato da parte degli estremisti di destra con una parte del potere e parallelamente anche una profonda attivitá di copertura da parte dei servizi segreti italiani e della cia che era arrivata persino ad infiltrare in formazioni eversive della destra alcuni suoi uomini. In tutto questo calderone di rapporti ambigui tra lo stato, i suoi servi e l'eversione nera si colloca un episodio a dir poco sconcertante, il nuovo tentativo di colpo di stato, (dopo quello progettato dal generale de Lorenzo), colpo di stato guidato da Valerio Junio Borghese ex comandante fascista della "Decima Mas", durante la Repubblica di Saló.

Il piano golpista chiamato "Piano Tora Tora" ha inizio nella tarda serata del 7 dicembre del 1970 nella cosidetta notte dell'Immacolata , quando gruppi di militanti dell'estrema destra , militari e civili si radunano in luoghi di strategica importanza come il Ministero degli Interni, il Ministero della Difesa, la sede della televisione italiana, gli impianti telefonici e di radiocomunicazione, il piano inoltre comprende l'elenco delle persone da arrestare e il luogo della loro deportazione ed il proclama alla Nazione da leggere in diretta televisiva.

Questo manipolo di uomini era stato riunito da Borghese sotto la sigla Fronte Nazionale in stretto contatto con Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale la sua costituzione era stata redatta sin dal 1968 con un regolarissimo atto notarile, le finalitá erano quelle di "perseguire qualsiasi azione utile alla difesa e al ripristino dei massimi valori della civiltá italiana". A partire dal 1969, il Fronte Nazionale del principe Borghese aveva favorito la fondazione di gruppi clandestini armati, aveva stretto relazioni con uomini e settori delle Forze Armate, aveva coltivato rapporti con faccendieri e intermediari collegati all'amministrazione statunitense ed ai comandi Nato..

Proprio quando l'epilogo della vicenda si stava per compiere ovvero quando Borghese si apprestava a leggere il proclama alla nazione dell'avvenuto colpo di stato , lo stesso Borghese ricevette l'ordine di sospendere l'operazione e di rientrare, riconsegnando le armi, chi dette quell'ordine Borghese non ce lo ha mai detto e solo un anno e mezzo dopo l'Italia inizió a sapere quello che era successo quella notte del 7 Dicembre 1970. Borghese sparí misteriosamente dall'Italia e rifugió in Spagna dove durante una perquisizione nel 1974, venne rinvenuto morto. Dopo innumerevoli insabbiamenti e manovre politico giudiziare da maestri, lo stato fece passare l'episodio come una "manifestazione eclatante,ostile di per sé inidonea a realizzare l'evento previsto", la magistratura assolse tutte e 78 le persone coinvolte "perché il fatto non sussiste".

Di quanto accadde a Roma in quella notte dell'Immacolata del 1970 una sola cosa è certa: i servizi segreti sicuramente sapevano. Lo proverà la documentazione che Andreotti consegnerà alla magistratura romana soltanto cinque anni dopo. La Strategia della Tensione abbraccia e divora, quindi, un ben definito periodo della storia dell'Italia repubblicana. Ma il mistero delle sue trame è ancora praticamente integro.

(tratto da Senza Soste n.2, dicembre 2005)

da Indymedia

L'Onda riempe lo sciopero generale e travolge i divieti!



Una grande giornata per il movimento dell'Onda, migliaia di studenti e studentesse hanno attraversato lo sciopero generale del mondo della formazione dentro i cortei di Roma Torino Milano Bologna e altre città. Manifestazioni alle quali l'Onda ha partecipato con propri spezzoni autonomi, ribadendo la sua irrapresentabilità, rompendo i divieti a Roma, resistendo alla violenza della polizia a Torino. Onda che ha saputo sfruttare ed attraversare lo sciopero generale di scuole e università, andando a chiudere un autunno tiepido, anche alla luce della cambiata fase, rispetto allo scorso e intenso anno di mobilitazione, dentro le scuole (che comunque sono state ancora espressione di un dissenso e di una conflittualità diffusa con occupazioni e cortei) e le università (nelle quali si è ripartiti da quanto, di importante, sedimentato l'anno scorso). Un'Onda che ha saputo parlare e praticare il linguaggio del conflitto, irriducibile dinnanzi a divieti e limitazioni poliziesche, determinata nell'opposizione alla riforma disegnata dal ministro dell'istruzione Gelmini, in combutta con il ministro dell'economia Tremonti, sotto il quale ministero è andato a concludersi, conquistandoselo, il corteo dell'Onda nella capitale.

Le cronache dalle città

Molto alte, tra il 50 e il 60%, le adesioni allo sciopero dell'impiego pubblico indetto dalla CGIL. In 100mila hanno sfilato a Roma, in 70mila a Milano, 20mila a Bologna, mentre a Napoli e Reggio Emilia erano in 10mila e a Modena in 5mila. Significativa e importante in molte città la presenza degli studenti medi e degli universitari. In più città si sono verificati momenti di tensione con le forze dell'ordine. Cariche a Roma, Torino e Milano.

Tre cortei, della Cgil, dei medi e degli universitari, hanno sfilato stamattina per le strade di Roma. Un serpentone di 100000 lavoratori del pubblico impiego aderenti alla Cgil si è mosso da piazza della Repubblica verso piazza del Popolo. Il concentramento per migliaia di universitari e precari della ricerca da tutta Italia era invece, nonostante il divieto della questura, a Piazzale Aldo Moro. Violando ancora una volta il protocollo l'Onda si è mossa verso stazione Termini dove la polizia ha cercato, invano, di impedire, caricando più volte, la prosecuzione della manifestazione. Una decina gli universitari feriti. Con una manif sauvage, l'Onda è riuscita comunque a raggiungere il Ministero dell'Economia per poi ritornare, nuovamente in corteo, verso La Sapienza. Intanto anche gli studenti dei licei romani, circa 5000, partiti da Piramide, dopo tensioni con le forze dell'ordine, sono riusciti a raggiungere il ministero dell'Istruzione. Davanti un grande striscione: "Ci vogliono ignoranti, ci avranno ribelli. Bloccare la riforma, riprenderci il futuro".

A Milano 70mila sono stati i partecipanti al corteo della Cgil, mentre 15mila tra studenti medi, universitari e precari hanno sfilato per le vie della città per quello che avevano lanciato come il "No Gelminy Day". Attimi di tensione si sono registrati intorno alle 9, quando un gruppo di studenti che arrivava al concentramento del corteo ha tirato petardi, uova e vernice contro un gazebo della Lega in via Larga. Il corteo si è poi significativamente concluso in piazza Fontana, dove gli studenti hanno rilanciato l'appuntamento per domani, quando anche loro scenderanno nuovamente in piazza per una manifestazione a ricordo della strage alla banca dell’Agricoltura, di cui ricorreranno domani i 40 anni.

A Torino un corteo di 1500 studenti medi è partito da piazza Arbarello. In coda anche uno spezzone di universitari, ricercatori e lavoratori dell'università. Numerose cariche a freddo della polizia si sono avute intorno a metà corteo, quando gli studenti hanno cercato di raggiungere la sede della Provincia. Diversi, almeno una decina, gli studenti medi feriti, di cui alcuni sono finiti all'ospedale. A conclusione del corteo gli studenti hanno convocato una conferenza stampa davanti a Palazzo Nuovo per denunciare le violenze e la brutalità delle forze dell'ordine.

A Bologna, mentre in 20mila sfilavano al corteo sindacale, circa 300 tra student* e precar*, si sono dati appuntamento in piazza Verdi e hanno poi sfilato per le vie del centro cittadino dietro lo striscione Reddito contro la crisi - Stay on the barricades for a better education. Sotto le due torri con un murales gli student* hanno voluto ricordare Alexis, il ragazzo greco ucciso l'anno scorso. Durante il percorso è stato sanzionato anche il consolato greco e la sede dell'Unicredit di via Rizzoli, istituzione bancaria che gestirà il sistema del prestito d'onore a Bologna tramite la partecipazione ai Cda e la contribuzione alla gelminiana Consab SPA.

Oltre 1500 studenti e studentesse hanno partecipato anche a Brescia alla manifestazione promossa dal Kollettivo Studenti in Lotta contro i tagli all'istruzione voluti dalla Gelmini. "No ai tagli No privatizzazioni Stop Gelmini Effetto tagli: autunno caldo" si leggeva sullo striscione di apertura del corteo.

da Infoaut

Al cuore dello Stato


di Valentino Parlato
Siamo a una crisi istituzionale, dell'equilibrio tra i poteri costituzionali della Repubblica, come non ne ricordo. A questo punto mi viene da scrivere che siamo alla vigilia di un colpo di stato o al 25 luglio di Silvio Berlusconi (per i più giovani ricordo che il 25 luglio il Gran consiglio fascista liquidò Benito Mussolini). L'aggressività smodata del presidente del consiglio è sintomo della sua insicurezza e, quindi, della volontà di fare il colpo di stato, sferrare l'attacco finale. Vorrei ricordare che il 12 ottobre di quest'anno Il Giornale (la proprietà è nota) scriveva: «Se eleggessimo noi l'uomo al Quirinale?» L'annuncio della volontà di fare dell'Italia una repubblica presidenziale, non all'americana, ma piuttosto fascista.
Silvio Berlusconi ha scelto il congresso del Partito popolare europeo, a Bonn, per sferrare un attacco durissimo, e con la volgarità che si accoppia alla violenza, alla magistratura, alla Corte costituzionale e ai presidenti della Repubblica (gli ultimi tre, tutti di sinistra e tutti responsabili dei suoi guai). In sintesi l'attacco centrale è alla Costituzione che va violata, roba di un passato da rigettare. Mai un riferimento negativo al fascismo o, positivo, alla resistenza o anche alle potenze che sconfissero Hitler e Mussolini. Di conseguenza, il suo stato maggiore chiama a una grande manifestazione a Milano dei suoi sostenitori.
A Bonn non mi risulta che abbia avuto applausi, la Merkel si è tenuta al no comment. In Italia ci sono state le reazioni non solo di Di Pietro, ma anche di Fini che ha voluto ricordare a Berlusconi gli articoli 1, 134 e 136 della Costituzione che per Fini è ancora vigente. E, sempre Fini, si augura che «il premier trovi modo di precisare meglio il suo pensiero». Ma un Berlusconi che proclama, anche a Bonn, di «avere le palle» non rettifica. Sarebbe un suicidio. Anche il Quirinale (dove c'è il terzo presidente di sinistra) ha espresso «profondo rammarico e preoccupazione» per «il violento attacco» alla Costituzione. Bene, ma questo non mi sembra tempo di «rammarichi». Eloquente il silenzio (almeno fino a ieri sera) del presidente del Senato.
Ripeto, e temo di non sbagliare, siamo alla liquidazione della Costituzione e di tutti i poteri costituenti, compreso il Parlamento. Occorre produrre, d'urgenza una risposta proporzionata al pericolo. E, francamente Bersani, il segretario del maggiore partito di opposizione, non può limitarsi a dar ragione a Napolitano e dire che i popolari europei, sentendo Berlusconi si sono resi conto dei pericoli del populismo. Lui, Bersani e il suo partito, che fanno?
Oggi a Roma c'è una grande manifestazione sindacale, di lavoratori qualificati e importanti: pubblico impiego e istruzione: lo Stato e la cultura. Non possono fermarsi alle legittime e giuste rivendicazioni sindacali. Debbono andare oltre. In queste settimane è in gioco la democrazia, l'eguaglianza (almeno formale) tra i cittadini.
Tutti dobbiamo metterci in movimento: non possiamo attendere tranquilli la grande manifestazione di Milano per l'aspirante duce Silvio Berlusconi.

da Il Manifesto

BANDA BASSOTTI - LUNA ROSSA



BANDA BASSOTTI - LUNA ROSSA

Il pomeriggio del 12 Dicembre
in piazza del Duomo ce l'avete illuminato
ma in via del Corso non ci sono le luci
per l'Autunno caldo il comune le ha levate
In piazza Fontana il traffico è animato
c'è il mercatino degli agricoltori
sull'autobus a Milano in poche ore
la testa nel bavero del cappotto alzato
Bisogna fare tutto molto in fretta
perché la banca chiude gli sportelli
oh come tutto vola così in fretta
risparmi e gente tutto così in fretta
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l'unica giustizia borghese si è spenta
scende dicembre sopra la sera
sopra la gente che parla di Natale
se questa vita avrà un futuro
metterò casa potrà anche andare
Dice la gente che in piazza Fontana
forse è scoppiata una caldaia
là nella piazza 16 morti
li benediva un cardinale
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l'unica giustizia borghese si è spenta
Notti di sangue e di terrore
scendono a valle sul mio paese
chi pagherà le vittime innocenti?
chi darà vita a Pinelli il ferroviere?
Ieri ho sognato il mio padrone
a una riunione confidenziale
si son levati tutti il cappello
prima di fare questo macello
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l'unica giustizia borghese si è spenta
Sulla montagna dei martiri nostri
tanto giurando su Gramsci e Matteotti
sull'operaio caduto in cantiere
su tutti i compagni in carcere sepolti
Come un vecchio discende il fascismo
succhia la vita ad ogni gioventù
ma non sentite il grido sulla barricata
la classe operaia continua la sua lotta!
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l'unica giustizia borghese si è spenta
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l'unica giustizia borghese si è spenta