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mercoledì 16 dicembre 2009

Giovane Italia: Prove di "ventennio"

"ABOLIRE IDV E RIFONDAZIONE" : LA PROPOSTA DEI GIOVANI DEL PDL DI TREVISO

Treviso
– Abolire i soggetti politici che inneggiano alla violenza. Alla violenza nei confronti di Berlusconi.

Dopo l’aggressione subita dal premier a Milano, non si abbassano i toni. E i giovani del Pdl di Treviso propongono di presentare un disegno di legge che abolisca i “soggetti politici che hanno come unico scopo l'inneggiare alla violenza e alla disobbedienza civile”.

Gli eredi dei Circoli della libertà trevigiani individuano come tali soggetti l'Italia dei Valori e Rifondazione.

Il movimento giovanile trevigiano del Pdl non ha fatto una semplice boutade: intende portare all'attenzione del partito una istanza che chiede che venga varata una vera e propria legge abolitiva. I giovani pidiellini si dicono convinti della necessità "di un intervento istituzionale molto forte".

"Porteremo ai rappresentanti politici del Pdl – hanno annunciato - questa nostra istanza. Siamo a un punto di non ritorno in cui è necessaria la più ferma presa di posizione contro partiti che non hanno nulla a che fare con la democrazia: le parole di Di Pietro lo confermano. Risulta palese che l'obbiettivo di questi eversivi è quello di scatenare una vera e propria guerra civile".

L'intenzione non sarebbr eliminare i partiti che non la pensano come il premier ma "mettere al bando, per legge, quelli che calunniano e infamano Berlusconi creando un pericolosissimo clima di odio”.

Una proposta che porta alla memoria il periodo fascista. Così almeno la pensa Flavio Arzarello, coordinatore nazionale della Fgci (Federazione Giovanile Comunisti Italiani).

"Quanto chiesto dai giovani del Pdl di Treviso lo abbiamo già sentito durante il ventennio – commenta il giovane comunista - quando le sedi dei partiti antifascisti venivano chiuse per legge o con il manganello".

"L'uso della parola libertà nel nome della loro organizzazione è davvero uno stupro verbale - aggiunge Arzarello -. Chiediamo al presidente dei giovani del Pdl, nonché ministro che ha giurato sulla Costituzione democratica se è d'accordo con questa richiesta. Un suo silenzio getterebbe un'ombra inquietante anche su di lei".

LA REPLICA DEL PRESIDENTE DELL'ITALIA DEI DIRITTI

Il presidente dell'Italia dei Diritti replica alla proposta-choc dei giovani del PdL di Treviso: "Se tolleriamo un partito come quello di Bossi addirittura al governo, dove occupa quelle poltrone tanto demonizzate al grido di 'Roma ladrona', allora non vedo come si possa chiedere l'abolizione di altri partiti democratici"

Roma, 16 dicembre 2009 - "Ci vuole una bella faccia tosta da parte della Giovane Italia di Treviso a lanciare proposte del genere, questo sempre se la proposta sia stata avanzata seriamente. Se, invece, si tratta solo di una manovra pubblicitaria per ottenere un pizzico di visibilità, allora ci facciamo una risata, anche se ai promotori vanno i complimenti per aver ottenuto il loro scopo. Ma, partendo dal presupposto di seriosità dell'iniziativa, la cosa mi preoccupa non poco. Nascendo poi il tutto in una provincia dove il PdL coesiste in alleanza con la Lega Nord, molto rappresentativa, la proposta assume i contorni del paradosso". È uno dei passaggi chiave del commento pronunciato da Antonello De Pierro, presidente dell'Italia dei Diritti, in merito all'iniziativa alquanto singolare e provocatoria promossa dalla Giovane Italia di Treviso, il movimento giovanile del Popolo della Libertà: abolire per legge quei partiti e quei personaggi pubblici che, a loro dire, inneggiano all'odio verso il premier Silvio Berlusconi. I giovani pidiellini puntano naturalmente il dito contro l'Italia dei Valori e Antonio Di Pietro, contro Rifondazione comunista, Marco Travaglio e Michele Santoro, rei con le loro accuse di aver istigato la violenza contro il Cavaliere.

Poi, il massimo esponente dell'Italia dei Diritti rincara la dose sulla Lega Nord: "Stiamo parlando di un partito che da sempre inneggia al razzismo, all'omofobia e, quindi, all'odio verso persone considerate, secondo il loro pensiero distorto, 'diverse'. Non dimentichiamo, per ultimi, i cori di Matteo Salvini contro i napoletani e le sempre forti e discutibili frasi pronunciate dal vicesindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini. E se odio genera inevitabilmente violenza, per quanto riguarda la Lega l'equazione è stata da sempre esplicitata da frasi che non lasciano spazio a dubbi di sorta, su tutte vorrei ricordare le seguenti 'Il tricolore lo uso per pulirmi il culo', 'Imbracceremo i fucili per fermare i romani', 'Pulizia etnica contro i culattoni'. Perciò - prosegue deciso De Pierro - se tolleriamo, seppur a mio parere in maniera indecorosa, un partito come quello di Bossi addirittura al governo, dove occupa quelle poltrone tanto demonizzate al grido di 'Roma ladrona', ma che poi diventano molto comode per le terga padane, allora non vedo come si possa chiedere l'abolizione di altri partiti democratici".

Quanto all'aggressione di cui il presidente del Consiglio è stato vittima domenica sera, Antonello De Pierro, nel rinnovare la sua ferma condanna verso il gesto di Massimo Tartaglia, osserva: "In questi giorni avevo deciso di non parlare della campagna di odio, spesso alimentata da Berlusconi, contro fondamentali organi istituzionali, ma in questa occasione non posso astenermi. Al contrario dei leghisti non posso affermare che il premier abbia mai istigato esplicitamente alla violenza, tuttavia non si può certamente negare che abbia usato espressioni forti contro la magistratura, contro il Capo dello Stato, contro la Consulta, contro chiunque abbia cercato di svolgere il proprio dovere istituzionale nel migliore dei modi, anche se spesso ciò era inviso al premier, e persino contro gli stessi cittadini italiani che politicamente la pensano diversamente da lui, basti ricordare quando definì 'coglioni' gli elettori della sinistra. Quindi, il mio invito è a stemperare i toni, a riportare la contesa nei confini del leale confronto democratico e a rispettare gli organi di garanzia previsti dalla Costituzione. Chiedere la soppressione per legge dell'Italia dei Valori equivale a dire 'aboliamo chi in Parlamento cerca spesso invano di affermare i principi di legalità e giustizia'. Chiedere, invece, di procedere duramente contro professionisti come Santoro e Travaglio significa avere un concetto autoritario del giornalismo, volto al controllo totale dell'informazione, come già avviene in larga parte. In un paese democratico è l'informazione che controlla la politica e non viceversa, e Santoro e Travaglio, insieme ad altri pochi, stanno svolgendo semplicemente il loro mestiere di giornalisti, in un scenario desolante di servi della comunicazione mistificata genuflessi al potere".

In chiusura del suo intervento il numero uno dell'Italia dei Diritti si dice d'accordo con il provvedimento di segnalare quei siti web che inneggiano alla violenza e all'odio, ma chiarisce: "Sono d'accordo con questa iniziativa, però mi suscita qualche perplessità che tali ferme prese di posizione siano emerse solo ora, mentre la presenza di gruppi facinorosi su Facebook si verifica da tempo. Mi chiedo come mai tali saldi principi non siano stati espressi per i gruppi pro-Totò Riina, per quelli che decantano la mafia o altre forme di criminalità".

"Non prendo lezioni da questa maggioranza..."

Berlusconi, Maroni: «In Cdm misure contro i siti che istigano alla violenza»


Io confesso
di Marco Travaglio

Ebbene sì, han ragione Cicchitto, Capezzone e Sallusti, con rispetto parlando. Inutile negare l’evidenza, non ci resta che confessare: i mandanti morali del nuovo caso Moro siamo noi di Annozero e del Fatto, in combutta con la Repubblica e le procure rosse. Come dice Pigi Battista sul Corriere, abbiamo creato “un clima avvelenato”, di “odio politico”, roba da “guerra civile”. Le turbe psichiche che da dieci anni affliggono l’attentatore non devono ingannare: erano dieci anni che il nostro uomo, da noi selezionato con la massima cura (da notare le iniziali M.T.), si fingeva pazzo per preparare il colpo.

E la poderosa scorta del premier che si è prodigiosamente spalancata per favorire il lancio del souvenir (come già con il cavalletto in piazza Navona) non è che un plotone di attivisti delle Brigate Il Fatto, colonna milanese Annozero. Siamo stati noi.
Abbiamo spacciato per cronaca giudiziaria il racconto dei processi Mills, Mondadori e Dell’Utri, nonché la lettura delle relative sentenze, mentre non era altro che “antiberlusconismo” per aprire la strada ai terroristi annidati nei centri di igiene mentale. Ecco perché non ci siamo dedicati anche noi ai processi di Cogne, Garlasco, Erba e Perugia: per “ridurre l’avversario a bersaglio da annichilire” (sempre Battista, chiedendo scusa alle signore).
Ci siamo pure travestiti da leader del centrodestra e abbiamo preso a delirare all’impazzata. Ricordate Berlusconi che dà dei “coglioni” alla metà degli italiani che non votano per lui, dei “matti antropologicamente diversi dal resto della razza umana” ai magistrati, dei “golpisti” agli ultimi tre presidenti della Repubblica, dei fomentatori di “guerra civile” ai giudici costituzionali e ai pm di Milano e Palermo, dei “criminosi” a Biagi, Santoro e Luttazzi, che minaccia Casini e Follini di “farvi attaccare dalle mie tv” perché “mi avete rotto il cazzo” e invoca “il regicidio” per rovesciare Prodi? Ero io che camminavo in ginocchio sotto mentite spoglie e tre chili di cerone. Poi, già che ero allenato, mi sono ridotto a Brunettaper dire che questa “sinistra di merda” deve “morire ammazzata”. Ricordate Bossi che annuncia “300 uomini armati dalle valli della Bergamasca”, minaccia di “oliare i kalashnikov” e “drizzare la schiena” a un pm poliomielitico, sventola “fucili e mitra”, organizza bande paramilitari di camicie verdi e ronde padane perché “siamo veloci di mano e di pallottole che da noi costano 300 lire”? Era Santoro che riusciva a stento a coprire il suo accento salernitano con quello varesotto imparato alla scuola di dizione.
Ricordate Ignazio La Russa che diceva “dovete morire” ai giudici europei anti-crocifisso? Era Scalfari opportunamente truccato in costume da Mefistofele. E Sgarbi che su Canale5 chiamava “assassini” i pm di Milano e Palermo e Caselli “mafioso” e “mandante morale dell’omicidio di don Pino Puglisi”? Era Furio Colombo con la parrucca della Carrà. E chi pedinava il giudice Mesiano dopo la sentenza Mondadori per immortalargli i calzini turchesi? Sandro Ruotolo, naturalmente, camuffato sotto le insegne di Canale5. Chi si è introdotto nel sistema informatico di Libero e poi del Giornale di Feltri e Sallusti per accusare falsamente Dino Boffo di essere gay, Veronica Lario di farsela con la guardia del corpo, Fini di essere un traditore al soldo dei comunisti? Quel diavolo diPeter Gomez. Chi ha seviziato Gianfranco Mascia, animatore dei comitati Boicotta il Biscione? Chi ha polverizzato la villa della vicedirettrice dell’Espresso Chiara Beria dopo una copertina sulla Boccassini? Chi ha spedito a Stefania Ariosto una testa di coniglio mozzata per Natale? Noi, sempre noi. Ora però ci hanno beccati e non ci resta che confessare. Se ci lasciano a piede libero, ci impegniamo a non dire mai più che Berlusconi è un corruttore amico di mafiosi. Lui è come Jessica Rabbit: non è cattivo, è che lo disegnano così.

Da: Il Fatto Quotidiano


La Puglia abbassa le tasse, lo dicono Svimez, Bankitalia e Istat

La Regione Puglia abbassa le tasse. Alla abolizione della imposta regionale sulla benzina decisa dal 1° Novembre (-2,6 centesimi di € al litro) ora si aggiunge anche l'abolizione della addizionale IRPEF per i redditi più bassi fino a 28.000€. Questo smonta una delle principali fesserie della opposizione di centrodestra, circa tasse ai pugliesi e compagnia bella. La Puglia è la Regione italiana che ha resistito meglio alla crisi, lo dicono nei loro rapporti Svimez, Istat e e Bankitalia. Il prodotto interno lordo pugliese è decresciuto solo dello 0,2%. Questo non significa naturalmente che viviamo tutti felici e contenti, le crisi agricole ed industriali ce lo dimostrano purtroppo ogni giorno, ma ci sono le condizioni per ripartire.

La Regione Puglia non è stata a guardare. Sono stati numerossissimi gli interventi economici per il finanziamento ed il co-finanziamento delle casse integrazioni. Se qualcuno ha un minimo reddito su cui contare spesso lo deve al massiccio intevento della Regione Puglia. Certo, resta fuori l'immensa area del lavoro nero ed atipico, su cui è stata strenua la battaglia del centrosinistra. Iniziata proprio dal settore caldo della Sanità. Ma la Regione è intervenuta anche sul fronte scuola. 639 Istituti in tutta la Puglia hanno potuto reimpiegare personale scolastico precario, tagliato fuori dalla Gelmini grazie al Progetto “Diritti a Scuola” contro la dispersione scolastica. Da ultimo importantissimo il fatto che dei 76 milioni di € “avanzati” (compartecipaziove iva non sanitaria) una parte la si è destinata per il 2010 all'abolizione dell'addizionale regionale ed il resto (12 mln di euro) se il Consiglio Regionale la proposta dell'Assessore Pelillo destinata all'agricoltura che sta soffrendo l'ennesima crisi, una delle più gravi.

La somma verrebbe utilizzata dalla aziende agricole esposte con il sistema bancario per tamponare i debiti che continuano ad accumularsi e ottenere prestiti a breve senza pagare interessi, finanziati dalla Regione Puglia. Una ciambella di salvataggio più che opportuna in un periodo in cui un quintale di olive ha lo scandaloso prezzo di 25-30. Ci aspettiamo non solo che il Governo vari iniziative straordinarie per l'agricoltura (l'ultimo Consiglio dei Ministri non ne ha parlato) ma anche che si sblocchi il Piano Attuativo Regionale rispetto ai FAS Fondo aree sottoutilizzate), fondi importantissimi e vitali per la Regione Puglia Sia le assicurazioni di Scajola sia quelle di Fitto si sono rivelate, nella migliore delle ipotesi, tese solo a prender tempo. Il sospetto che ci siano anche manovre elettorali tese a penalizzare la Puglia e la sua Giunta anche sul fronte contabile è forte, l'ha ribadito lo stesso Presidente Nichi Vendola e il segretario del PD Sergio Blasi.

Bari, 5 Dicembre 2009 Il Consigliere Regionale del PD Paolo Costantino

PROPOSTA: bollino viola per segnalare chi non vìola i valori

del prof. Luigi Bosco
Anche per dimostrare che ce l'abbiamo con Berlusconi non perché si chiama Silvio ma perché è l'emblema del berlusconismo che è diffuso nel territorio, invitiamo i candidati alle prossime elezioni regionali a sottoscrivere una dichiarazione che l'impegni e li vincoli nei confronti degli elettori.

I candidati con il bollino viola, devono dichiarare di
a) non aver condanne penali e procedimenti penali in corso,
b) di non aver alcun conflitto d'interessi, nè direttamente nè nella loro cerchia familiare,
c) di impegnarsi alla piena e totale trasparenza (pubblicazione delle informazioni fiscali proprie e della propria famiglia, dati sulle le loro proprietà, etc.),
d) di non aver nel loro passato rapporti di affari e o di lavoro con personaggi condannati anche solo in primo grado per fatti di mafia, malavita organizzata o per reati contro la pubblica amministrazione,
e) di impegnarsi fin da oggi ad evitare qualsiasi comportamento che impedisca o rallenti un eventuale indagine giudiziaria e/o giornalistica sul loro operato o sull'operato di un qualsiasi altro eletto,
f) di impegnarsi contro ogni forma di discriminazione basata sulla razza, sul colore della pelle, sugli orientamenti sessuali, sul genere.

Se sottoscrivono tale dichiarazione e si impegnino alle immediate dimissioni nel caso nel quale non prestino fede a quanto dichiarato, possono ottenere un bollino viola dal movimento.

PINELLI VIVE NELLA LOTTA


di alcuni anarchici
Il 12 dicembre 1969 esplode una bomba nella banca nazionale dell'agricoltura in Piazza Fontana a Milano causando 17 morti. E' una strage che rimarrà impunita, una strategia della tensione messa in atto dall'estrema destra con l'aiuto dei servizi segreti per reprimere e screditare i movimenti sociali, causando fermi e arresti di innocenti riconducibili all'area antagonista, e in special modo anarchica.
Nella notte del 15 dicembre 1969 muore Giuseppe Pinelli dopo essere precipitato dal quarto piano della questura di Milano. Nonostante la prima testimonianza del Commissario Calabresi parlasse di suicidio, dovuto al fatto che l'alibi del ferroviere anarchico si era rivelato falso, la versione verrà poi confutata dalla credibilità dell'alibi stesso.

A quarant'anni dalla sua uccisione abbiamo voluto ricordarlo a Genova con uno striscione di 20 metri esposto sul Ponte Monumentale, sopra via XX Settembre, in pieno centro, e un manichino nell'atto di cadere, legato con una fune alla caviglia. Sullo striscione compariva la scritta "15/12/69 _ 15/12/09 LO STATO UCCIDE ANCORA, Pinelli vive nella lotta", a evidenziare la macabra attualità delle morti misteriose nelle questure e nelle carceri. Torce luminose hanno per un attimo illuminato il crepuscolo e attratto l'attenzione della frenetica folla dedita allo shopping natalizio. Nel giro di poco tempo le balde forze del disordine si sono accorte dell'accaduto e si sono prodigate a cancellarne le tracce. I nostri maldestri eroi in divisa non hanno però fatto attenzione a tagliare le corde e Pinelli si è trovato per una seconda volta steso sul freddo suolo dopo una lunga caduta. Potrebbero anche stavolta chiamarlo suicidio. Forse anche stavolta qualcuno gli crederà.

da Indymedia

IRAQ - L’asta per il petrolio in mano a Cina e Russia

Dopo sei anni e mezzo di guerra in Iraq che sono costati a Washington almeno duemila miliardi di dollari, sembra entrare in crisi una delle ragioni fondamentali dell’intervento degli Stati Uniti: il controllo delle riserve di petrolio del paese. “Non avremmo mai creduto che il piano di Cheney e di Rumsfeld sarebbe finito così: le grandi compagnie americane non si sono aggiudicate l’asta per le concessioni sui pozzi di petrolio iracheni, che invece è stata vinta in larga parte da compagnie petrolifere russe e cinesi”, afferma Pepe Escobar su Asia Times.

“Il premio di consolazione” di Cheney è stata la conquista da parte di un’alleanza di Exxon-Mobil-Shell della riserva di West Qurna. Exxon e Mobil erano la favorite anche per la riserva di Rumalia, che è stata vinta invece da un’alleanza della cinese Cnpc con la britannica Bp. “In generale le compagnie statunitensi hanno firmato dei contratti molto meno favorevoli a quelli che avevano rifiutato di firmare a giugno scorso, per non essere del tutto escluse dal ricco mercato del petrolio iracheno”, racconta il New York Times.

Nei prossimi anni l’Iraq sarà probabilmente in grado di aumentare la sua produzione di petrolio quotidiana, che è scesa durante la guerra a livelli molto più bassi di quelli raggiunti durante il governo di Saddam Hussein.

“Il dipartimento dell’energia iracheno ha dichiarato di voler passare da 2,5 milioni di barili al giorno a sette milioni di barili al giorno in sei anni”, scrive il New York Times.

Le riserve di petrolio irachene sono tra le più vaste al mondo, 115 miliardi di barili stimati, ma il paese non è nella lista dei primi dieci produttori. Se il paese dovesse essere in grado di produrre sette milioni di barili al giorno, potrebbe influenzare il prezzo del petrolio sul mercato mondiale ed entrare in conflitto con l’Opec.

“C’è una grande incertezza sul futuro politico dell’Iraq. Con le elezioni parlamentari che si avvicinano, un nuovo governo potrebbe cambiare le regole del gioco e annullare i risultati dell’asta”, commenta Escobar.

“Quello che possiamo ipotizzare per l’inizio del 2010 è l’ascesa di un Iraq controllato dagli sciiti, alleato dell’Iran e del Libano. In sostanza l’ascesa del mondo sciita in Medio Oriente. Gli amici degli Stati Uniti nel Golfo grideranno ancora al ritorno degli sciiti e i think tank statunitensi saranno tentati di paragonare Nouri al Maliki a Saddam Hussein”, continua Escobar. Una cosa è certa: i tentativi dell’amministrazione Bush di controllare quella zona dell’Asia non hanno portato i risultati sperati.

da Internazionale