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venerdì 5 febbraio 2010

Matto da (s)legare


Il caso Morgan dimostra quanto stonato sia il paese del belcanto. Un divo pop che è spesso in tv, presunto drogato, racconta con straordinaria lucidità momenti delicati della sua esistenza. Un intero sistema, presunto nemico della droga, gli rovescia addosso con allucinata ferocia tutto il suo biasimo.
Poche ore dopo il putiferio sull'uso anti-depressivo che il cantante avrebbe fatto della cocaina, con una solerzia che il consiglio di sicurezza dell'Onu se la sogna, la Rai ha deciso di escluderlo dall'imminente Festival di Sanremo.

Inchiodato nel ruolo di cattivo maestro e sciupagiovani da autorevoli membri del governo, il reo-confesso viene invitato a stare a casa o a entrare in comunità. Perché puoi fare tutto, persino concederti una pipa di crack ogni tanto, basta che poi non vai a sbandierarlo in giro. Vabbè, se succede si può ritrattare. Ma se poi non funziona gridi al mondo il tuo pentimento. Così ha fatto in sequenza anche Morgan, come Bertolaso dopo la sparata di Haiti. Solo che lì la mossa frutterà forse una poltrona da ministro, mentre qui Morgan potrà al massimo tornare sul palco di Sanremo per cantare la sua canzone. Dopo beninteso aver letto un breve testo del ministro Meloni in cui si intima ai «milioni di giovani in ascolto» di non farlo, per carità. Gioverà di certo allo share e il festival apparirà per quel che è o può essere: un ottimo programma di recupero.
Pazienza. Era molto meglio il Morgan incasinato e sognatore, come nel film Morgan - Matto da legare, rispetto all'eterno sconfitto Henry Morgan, il pirata ridotto a dare la caccia ai pirati. Chi si droga è complice della mafia, gli ricorda Castelli, perché il problema è l'outing e non l'ideologica ipocrisia delle politiche proibizioniste. Torneremo a fare gran titoli sulla stupefacente percentuale di cocaina che circola nelle nostre reti fognarie. Ma se arriva uno che dice sì, un po' di quella pipì era mia, anziché essere usato per andare oltre il dato che il laboratorio offre al dibattito, chiedersi i come e i perché, viene messo in croce. Persino il Codacons, protettore di ben altri consumatori abituali, plaude alla Rai e aggiunge consigli procedurali: sostituitelo con uno dei cantanti esclusi. Verrebbe da chiedersi e con chi, sennò?, se non fosse che Don Gelmini ha pronta la risposta: mandiamoci uno dei «miei» ragazzi. A quel punto tanto varrà dargli la vittoria a tavolino.
Nel silenzio vigliacco del suo mondo - salvo rare eccezioni - e della presunta sinistra, Morgan arretra, ritratta. Ma l'aveva detta giusta almeno da un punto di vista farmacologico, denunciando i pericoli derivanti dall'abuso degli psicofarmaci...
In un contesto così dissonante, anche la battuta che ieri andava per la maggiore nei bar - facciamo il test anti-doping a tutti i cantanti del festival - è diventata subito imperiosa proposta politica. E al fianco della solita Alessandra Mussolini stavolta c'è Dj Aniceto, celebre non tanto come mischiadischi quanto come membro - squillino le trombe e si aprano le virgolette - della Consulta nazionale degli operatori ed esperti per il Dipartimento per le politiche antidroga che come mischiadischi. «Sono contento per la sua esclusione», ha ghignato, da operatore o esperto, chissà. E sia. Facciamolo questo test, ai cantanti, agli orchestrali, ai giornalisti in sala stampa. Sono categorie sensibili e arischio, come i camionisti e i piloti. Facciamolo agli scrittori prima del Campiello e agli stilisti prima delle sfilate. E pure ai modelli, che modelli lo sono almeno due volte. Facciamolo a tutti. Magari non ai politici, per evidente oltreché legittimo impedimento. Ma non dimentichiamo i bambini delle favelas, dove il crack uccide molto più che nei salotti.

da Il Manifesto

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