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giovedì 8 aprile 2010

Pasolini e la morte di Enrico Mattei. Il mistero “scandaloso” della storia italiana

La tragica morte dello scrittore legata a filo doppio a quella del fondatore dell’Eni Enrico Mattei. Un’inchiesta giudiziaria finita nell’archivio di Pavia e la probabile riapertura delle indagini a Roma. Un filo rosso che lega la “storia criminale” della nostra Repubblica e che ripercorriamo nei suoi aspetti più incredibili

L’indagine del magistrato Calia e la morte di Mauro De Mauro


Vincenzo Calia, magistrato della Procura di Pavia, sembra uscito dalle pagine di un romanzo di Carofiglio. Nel 2001 decise di riaprire il “caso Pasolini”, che poi fu archiviato per l’impossibilità di farlo arrivare ad un processo. Nonostante ciò, Calia ha maturato una convinzione precisa sulla morte di Mattei e su quella dello scrittore friulano. L’ha riassunta il maresciallo Enrico Guastini, responsabile della parte investigativa, secondo il quale Pasolini era arrivato alle medesime conclusioni del giornalista palermitano Mauro De Mauro, scomparso il 16 settembre 1970 (in realtà ucciso da esponenti mafiosi con il metodo della lupara bianca). Com’è noto, De Mauro era stato assoldato dal regista Francesco Rosi per fare un’indagine sulla morte di Mattei, che poi sarebbe stata utilizzata per il film che Rosi avrebbe diretto con Gian Maria Volontè. Lui stesso aveva confidato agli intimi di aver scoperto una “verità sconvolgente” sulla morte di Mattei, orgoglioso del più importante scoop della sua carriera di cronista investigativo.
[Mauro De Mauro, vittima della lupara bianca]

Mauro De Mauro, vittima della lupara bianca
Secondo il maresciallo Guastini, furono parecchi quelli che, avendo incrociato la tragica sorte di Mattei, ci lasciarono le penne e precisa: «L’ipotesi che l’ambiente politico-economico avesse tutto l’interesse ad eliminare Pasolini merita un serio approfondimento, specialmente dopo che Pelosi ha fatto le sue ammissioni. Diciamo che è una possibilità logica». Pelosi, infatti, dopo trent’anni di silenzio ha ammesso che, la famosa sera del 2 novembre 1975, non era solo con Pasolini. L’ex assessore alla cultura del Comune di Roma Gianni Borgna che, su ispirazione di Walter Veltroni, ha promosso la costituzione di parte civile del Comune in un’eventuale nuovo processo, ha affermato: «Noi abbiamo sempre pensato che non si tratta di un omicidio sessuale ma politico. Nel caso Pasolini si voleva eliminare una voce scomoda, facendo passare tutto per un delitto sessuale. Il caso Mattei è una possibile chiave». Borgna precisa anche che «in quei mesi le sue accuse (di Pasolini, ndr) erano diventate sempre più dure e circostanziate, cominciava a fare dei nomi. Bisognerebbe collegare il suo omicidio con “Petrolio” e con il fatto che proprio in quel periodo Pasolini maneggiava materiale incendiario».

Un omicidio necessario

Chi non nutre alcun dubbio sulla morte di Pasolini sono due bravissimi giornalisti dell’Ansa di Palermo, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza che, nel febbraio 2009, danno alle stampe “Profondo nero”, la più completa inchiesta sulla morte di Pasolini in collegamento con la vicenda Mattei-Cefis. Partendo dalla inchiesta del pubblico ministero Scalia, gli autori illustrano e commentano, con un abbondante materiale indiziario, le conclusioni cui essa giunge, che sono così riassumibili: «Il cuore di “Petrolio” è tutto qui. Nella denuncia della ramificazione criminale del potere economico in Italia. Nella scoperta delle origini della strategia della tensione, orchestrata e finanziata dai potentati economici, con un gioco perverso tollerato dai più alti rappresentanti delle istituzioni. Nella consapevolezza della totale manipolazione degli organi di informazione in un Paese che non ha mai conosciuto e forse non conoscerà mai, una vera libertà di stampa. Nella individuazione di un progetto eversivo, che corre parallelo alla storia repubblicana degli anni Settanta, e che funziona come perenne arma di ricatto, di corruzione, di potere».

[Il pm Vincenzo Calia, autore dell'inchiesta sulla morte di Mattei]

Il pm Vincenzo Calia, autore dell'inchiesta sulla morte di Mattei
Un unico filo – rosso di sangue – legherebbe, dunque, numerosissimi misteri italiani, che avrebbero una data di inizio proprio a Bascapè nel 1962, tanto che Amintore Fanfani ebbe a dichiarare: «Forse l’abbattimento dell’aereo di Mattei è stato il primo gesto terroristico nel nostro Paese». Basti a tal fine considerare quanto si riferiva in una nota riservata del Sismi (il servizio segreto civile), allegata alle carte dell’inchiesta del giudice Calia: «La Loggia P2 è stata fondata da Eugenio Cefis che l’ha gestita fino a quando è rimasto presidente della Montedison». Ancora una volta, spunta fuori la Loggia massonica apparentemente capeggiata da un oscuro mercante di materassi, Licio Gelli, al crocevia di infiniti misteri, tutti irrisolti ma che molto probabilmente era soltanto un prestanome di personaggi più autorevoli e potenti.

L’ultimo tassello: Marcello Dell’Utri

Ad ingarbugliare ancora di più i nodi di una matassa che forse non sarà mai districata ci si è messo anche il senatore Marcello Dell’Utri. Il 2 marzo scorso, durante una conferenza stampa, il senatore berlusconiano ha annunciato con grande clamore di essere entrato in possesso del famoso capitolo pasoliniano, “Lampi sull’Eni” e che lo stesso sarebbe stato esposto alla Mostra del Libro Antico a Milano il 12 marzo. Ma poi, si scopre che si tratta di un bluff. Dell’Utri successivamente ha affermato che quelle carte, in realtà, le ha potute soltanto visionare ma il reale possessore, spaventato dal clamore della vicenda, si è rifiutato di concederle. Incredibile affermazione,
smentita soltanto a distanza di pochi giorni. Tanto che il sostituto procuratore di Roma Francesco Minisci ha chiesto l’audizione del parlamentare per chiarire la reale portata di quanto dichiarato. Lo stesso magistrato cui, nel 2009, è stata indirizzata una richiesta di riapertura delle indagini da parte dell’avvocato Stefano Maccione. Proprio nei giorni scorsi, lo stesso legale ha annunciato l’esistenza di un testimone, finora sconosciuto, il quale avrebbe confermato la presenza di almeno un’altra persona la notte dell’omicidio all’Idroscalo di Ostia, una persona mai comparsa nelle indagini, della quale avrebbe fornito nome e cognome.

Come scrive acutamente Carla Benedetti, critico letterario de “L’Espresso” e stimata filologa, «Finché l’assassino siede sul trono di Danimarca, il fantasma del re ucciso non trova pace. E nemmeno il figlio. Non ci sarà pace finché il mondo resterà così fuori dai cardini, con i colpevoli impuniti e le storie letterarie che raccontano di Pasolini ucciso mentre tentava di violentare un ragazzo». Una violenza che, invece, fu interamente rivolta contro Pier Paolo Pasolini. Ed il movente potrebbero essere quelle sue parole: "Io so".

da Indymedia

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