HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

mercoledì 19 maggio 2010

Draquila:la fotografia di una città, il ritratto di una nazione

Il cinema era gremito sabato sera. Plinius, in viale abruzzi, secondo spettacolo.Gli spettatori all’uscita erano basiti. Durante la proiezione restavano attoniti

Eh sì, perchè il racconto che Sabina Guzzanti fa della vicenda di L’Aquila, in parte la conoscevamo tutti, ma certi particolari, certe “finezze burocratiche” che hanno originato tutto il marasma di questa immensa speculazione ai danni, in primis dei terremotati, in secondo luogo di tutti gli italiani, è davvero sconcertante. Vedendo il film si pensa, tutti, “come sia possibile arrivare a tanto”.
L’inizio è ironico: Berlusconi ritratto come l’Adamo della cappella sistina, l’immenso numero di “intervenuti” (giornalisti, scout, preti, suore, forze armate,cuochi ecc..) subito dopo che si diffuse la notizia del terremoto e la decisione di Sabina di “partire anche lei” facendosi accogliere come una benevola buffona intenzionata, contro ogni apparenza, a gettare qualche luce sugli eventi.

Il film si dipana in un crescendo di drammaticità: le interviste ironiche della prima parte lasciano via via spazio alle immagini, inedite, di opere d’arte sfigurate, di macerie che non hanno piu’ il fiato di parlare di cio’ che è stato, di case ormai inesistenti, di persone tramortite psicologicamente e incerte quindi spesso bisognose di aggrapparsi a lui, a quell’uomo che tutto puo’ e da cui tutto procede: Silvio Berlusconi.

Del quale non si puo’ fare a meno di ammirare, in fondo, la genialità: la questione di “Protezione civile s.p.a.” poi naufragata per la vicenda dei “ridaroli” della mattina del 6 aprile, è il risultato di abili escamotage tutti linguistici per cui cambiando poche parole delle delibere che regolano l’azione della protezione civile è divenuto possibile agire nella totale indifferenza per le leggi dello stato. Lo stesso concetto di “emergenza” cambiando, togliendo e aggiungendo pochi aggettivi,viene definitivamente consegnato all’arbitrio delle autorità, che possono dichiararlo anche per la commemorazione di un santo di paese.

Il racconto della Guzzanti non è solo il resoconto -fedele e assolutamente non parziale, giacchè i filoberlusconiani intervistati sono la stragrande maggioranza dei cittadini che fanno dichiarazioni nel film- di quest’ evento tra le surreali inquadrature e le paradossali situazioni in cui lei fa immergere lo spettatore, ma è il ritratto dell’Italia intera.

Un paese in cui esistono “due” stati: uno “normale” formato da cittadini che in buona fede votano quegli uomini che dan loro fiducia e che credono che questi provvederanno alle loro necessità collettive e uno stato “cattivo”: che accolla alla spesa pubblica tutti gli oneri, relativi alle piu’ svariate esigenze della “classe scelta” del paese: dalle transenne, ai portaceneri del G8, ai tiranti per le case de L’Aquila lasciate in macerie, al progetto C.A.S.E. che accontenta (si fa per dire) solo il 30% degli sfollati lasciando al loro destino gli altri. Uno stato “cattivo” dicevo, che progetta con una freddezza che fa star male al pensiero, che ogni piu’ piccolo guadagno sia dirottato, aggirando le leggi con cavilli minuziosissimi, verso le tasche di imprese gestite da “parenti, amici, prestanome, teste di legno, vaticano,” ecc..ecc…ecc….

Il momento dello “spolpo” del cadavere-Italia (di cui l’Aquila è simbolo) è rappresentato da Sabina con la stessa perizia di un coroner che volesse capire le ragioni di un omicidio, intravedendo nei fatti: complotto, programmazione, premeditazione e movente. E, da piu’ che discreta cineasta, sa rendere questa sequenza di tragedie comunicando l’angoscia crescente di chi, volendo vedere le cose senza pregiudizi, nell’angoscia stessa è costretto ad immergercisi. Lo spettatore infatti segue dall’esterno le peripezie di questi abruzzesi sfortunati ed è portato ad empatizzare con i loro problemi e anche con i loro smarrimenti, al punto che si riesce a capire perfettamente l’impatto emotivo e il conseguente favore che un berlusconi ha potuto riscuotere in un popolo così traumatizzato e condizionato.

In due scene le “vittime” mi hanno colpito in modo particolare: Sabina ad un certo punto intervista una donna che simpatizza apertamente per Berlusconi che dice che “ha fatto bene a fare così (le C.A.S.E. ndr.), altrimenti sarebbero tutti ancora in un container” Con un’operazione di maieutica, facilitata forse dal fatto che questa donna ha preso in simpatia Sabina comunque, la signora ammette, piano piano, che la parola “container” è stata demonizzata ripetutamente dalla televisione e che questa sua convinzione, effettivamente, potrebbe essere stata indotta dal messaggio martellante.

In un’ altra scena l’ex titolare di un piccolissimo giornale locale racconta di aver lavorato- subito dopo la “stranamente breve” riunione che la protezione civile tenne a L’Aquila il 30 marzo per discutere se le scosse che si ripetevano da mesi e mesi potessero preludere ad una scossa rovinosa e la prot civile aveva frettolosamente concluso che no- per diffondere le rassicurazioni della protezione civile stessa con il suo giornalino.

L’uomo ci aveva creduto. Aveva sposato al 100% la propaganda tranquillizzante che la protezione civile aveva espresso come diktat alla popolazione. Al punto che la notte del 6 aprile, quando la catastrofe colpiva la citta’ erano presenti solo poche decine di vigili del fuoco a tamponare il disastro: niente piano di evacuazione, niente previsione nemmeno minima di questa possibilità. Ebbene quest’uomo, dopo aver rassicurato i suoi due bambini che si erano svegliati di notte preoccupati, li ha persi sotto un crollo. Entrambi.

Il condizionamento “autorevole”, le costrizioni e le bugie, il bisogno di un uomo forte, la convinzione che la comunicatività di Berlusconi sia sintomo di “amore”: questi fattori hanno portato gli aquilani a farsi guidare come un gregge al loro destino. Poche, sporadiche e anarchiche le ribellioni (una signora e un vecchio professore). Tutti hanno seguito il tracciato che Berlusconi, nemmeno 48 ore dopo il sisma, ha presentato agli aquilani: stato di emergenza, “dieta del terremotato” , sfollamenti e tende: tutto finalizzato ad una speculazione edilizia già pronta, come Sabina dimostra, per qualunque evenienza avesse colpito qualunque città d’Italia. Non era predisposto nulla per la sicurezza pubblica: solo la speculazione.

Chi ci ha guadagnato sono le migliaia di anonime, fantasmatiche, estranee, ditte coinvolte. Che, come ho detto, han provveduto ad ogni cosa: dalle suppellettili per il g8 e per le nuove C.A.S.E ai regali per Obama e per gli altri capi di stato. Dai puntelli per le case di una città fantasma alle spianate antisismiche costate uno sproposito e inutili, come si testimonia nel film, allo scopo per cui sono state adibite.

La vicenda di L’Aquila ci appare oggi come un tassello ormai passato di un immenso complotto che fa arrivare i tentacoli anche nel presente. Brava la Guzzanti a parlarne, come fa, con ironia ma anche con precisione, con lungimiranza storica e con un immenso rispetto per la tragedia di questa gente. Andate pure a vederlo con fiducia, non vi deluderà.

Da Indymedia

Nessun commento:

Posta un commento