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martedì 1 giugno 2010

GIOVANI MERIDIONALI SENZA FUTURO CONDANNATI ALLA MORTE CIVILE

L’ Italia è un paese per vecchi, alla domanda di futuro che emerge dalle viscere della società non v’è risposta.
Scorrendo il rapporto annuale dell’ Istat si arriva alla conclusione che i giovani meridionali sono senza futuro, un milione fra essi non studia e non lavora.
Gli istituti di ricerca per definire questa tipologia di cittadini usano l’ acronimo “ Neet “ ( not in education, employment or traning ) e l’ Italia vanta il primato europeo di Neet.
La metà dei Neet è concentrata nel Mezzogiorno.
Si resta a vivere in famiglia non perché si è bamboccioni, ma perché la famiglia è l’ unica forma di protezione sociale, nonostante che il reddito disponibile delle stesse sia sceso del 2,7% e il potere d’ acquisto si sia contratto del 2,5%.
Dal 1983 i 30-34enni che rimangono in famiglia sono triplicati: in tutto sono 7 milioni.
Coloro che rimangono in famiglia non lo fanno per scelta ma per questioni inerenti alla sopravvivenza stessa.
Inoltre le giovani donne, i giovani in generale, stanno subendo i contraccolpi più feroci della crisi economica senza avere su le proprie spalle alcuna responsabilità.
Occorre tenere presente che la crisi italiana parte da lontano e se guardiamo solo l’ ultimo decennio si evince che l’ Italia è sempre cresciuta meno rispetto alle medie europee: l’ 1,4% contro il 10% dell’ Eurozona e il 12,1% della UE.
Il tasso di occupazione giovanile femminile nell’ ultimo anno è sceso al 46,4% ( la media europea è del 58,6% ): nel Sud fino al 30,6% ( 105mila posti di lavoro in meno ), contro il 57,3% del Nord-Est.
Il direttore dell’ Istat Giovannini nel suo rapporto enuclea evidenze che segnalano gravi debolezze del sistema formativo e lavorativo, alcuni rischi per la coesione sociale e segnali di disagio espressi direttamente dai giovani.
I laureati sono solo il 21,6% dei giovani tra i 25 e i 29 anni, valore lontano dal 40% proposto da Europa 2020, progetto UE.
I nostri quindicenni, poi, sono incompetenti non solo nelle materie scientifiche perché anche nella lettura mostrano una capacità inferiore alla media internazionale: 469 punti contro 492.
Non deve sorprendere quindi se nel 2009 il 13,2% dei giovani compresi tra i 15 e i 29 anni, cioè più di un milione e 200mila, non ha letto neanche un libro.
Record negativo per l’ Italia è rappresentato dal numero di giovani, tra i 18 e i 24 anni, che abbandona gli studi senza aver conseguito il diploma di scuola superiore: siamo al 19,2% nel 2009, pari a 4 punti percentuali in più della media europea e 9 punti sopra l’ obiettivo fissato dalla strategia di Lisbona e riproposto in strategia Europa 2020.
Occorre aggiungere che il titolo di studio conseguito spesso non corrisponde al tipo di lavoro richiesto dalle imprese, con due conseguenze:
c’è un gruppo di persone comprese tra i 15 e i 34 anni che ha un livello di istruzione medio-alto che, arrivato nel mondo del lavoro, deve accontentarsi di contratti a termine e la crisi dell’ ultimo biennio si scaglia soprattutto su queste fasce di lavoratori; il secondo gruppo è costituito da sottoinquadrati di almeno 35 anni: ci sono 2 milioni e 600mila persone con scarse possibilità di migliorare le proprie condizioni di lavoro.
I dati dell’ Istat dimostrano che il Paese ha fallito il suo compito fondamentale: dare un futuro ai giovani. Che ormai sono diventati solo un tema dei varietà domenicali.
A dirlo è il Presidente delle Puglie Vendola che proseguendo la sua analisi sui dati forniti dall’ Istat continua esclamando: “ la nuova generazione ha saltato il turno del diritto al lavoro, candidandosi involontariamente alla morte civile “. Oltre ad esser d’accordo con Vendola credo, scientemente che
noi giovani del meridione senza un’ organizzazione politica capace di inoltrare una lotta di civiltà rischiamo di perdere oltre al lavoro anche il treno della natalità e dell’ esistenza stessa.

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